28 January 2013

Audi quattro, la storia

La nascita della prima quattro è un complicato intreccio tra tentativi di guida sulla neve, conoscenze tecniche e lampi di genio. Questa l’idea geniale: sistemare nel cambio un albero cavo....

Introduzione

La nascita della prima quattro è un complicato intreccio tra tentativi di guida sulla neve, conoscenze tecniche e lampi di genio. Questa l’idea geniale: sistemare nel cambio un albero cavo in grado di trasmettere la forza del motore all’asse anteriore e a quello posteriore. Perfezionata con un differenziale centrale, dal quale si evolse in seguito il sistema Torsen, la prima quattro fu commercializzata alla fine del 1980. La Coupé dalla linea spigolosa divenne subito un bestseller perché offriva, grazie alla sua trazione integrale permanente e al cinque cilindri turbo 200 Cv, una performance sportiva di classe ricorrendo a una tecnologia a suo modo rivoluzionaria.

 

Sulle piste da rally la quattro si aggiudicò dal 1982 al 1984 ben quattro titoli mondiali; le spettacolari imprese dei leggendari piloti restano tutt’oggi indimenticabili. Anche sull’asfalto emerse la superiorità della trazione integrale permanente; i piloti delle touring Audi conquistarono i trofei più prestigiosi messi in palio negli USA e in Europa.

Sorpresi dal VW Iltis…

Ferdinand Piëch, dall’agosto 1975 Presidente della Audi e Responsabile del settore dello sviluppo tecnico, si pose come obiettivo di posizionare il marchio Audi ai massimi livelli attraverso alcune innovazioni tecniche. Nel febbraio 1977, dopo un viaggio in Finlandia d’inverno, il suo ingegnere tecnico Jörg Bensinger gli riferì di essere stato particolarmente colpito dalla potente trazione e dalla convincente tenuta di strada del fuoristrada Iltis da 75 cavalli rialzato. Durante questo viaggio le altre vetture e i prototipi in prova, tutte berline della classe media a motorizzazione più alta, avevano dovuto confrontarsi con la grinta dell’instancabile e irriducibile VW Iltis.

Bensinger fu subito convinto dall’idea di realizzare un concetto di trazione simile, anche tenendo conto delle necessità di comfort nettamente aumentate sulle vetture di  classe media. In effetti l’obiettivo strategico della Casa automobilistica era quello di entrare a far parte della ristretta  fetta di mercato che contava di più. Insieme all’allora Capo del settore dello sviluppo Walter Treser, propose a Piëch di iniziare alcuni test sulla Audi 80. Poi, diversamente da quanto pensato dall’ingegnere tecnico, il consiglio direttivo propose una soluzione ancor più coraggiosa: una coupé sportiva ad alta motorizzazione con la trazione integrale permanente e la capacità di dare il meglio di sé sia in ambito sportivo, sia sulla strada, in qualsiasi condizione.

 

Piëch sapeva quale potenziale si nascondesse nella trazione integrale; già suo nonno Ferdinand Porsche si era dedicato moltissimo a questo progetto e aveva realizzato alcune idee: un treno militare per l’esercito austriaco, la vettura elettrica Lohner con 4 motori nei mozzi delle ruote e infine una vettura da corsa italiana della Cisitalia. Lo sviluppo si basò sul concetto di trazione della Iltis, con l’intenzione originaria di dedicare la nuova concezione di trazione a un modello di omologazione per un’auto che doveva spiccare nel panorama delle auto sportive da rally.

La tecnologia quattro

 


Un’auto che distribuisce la forza propulsiva su tutte e quattro le ruote riesce a ottenere su ciascuna di esse più tenuta laterale di quanto non faccia un’auto a trazione posteriore o anteriore; migliori anche la sua trazione e il suo comportamento in curva. Su questi principi fisici la Audi ha evidentemente riflettuto con più accuratezza della concorrenza: furono essi la scintilla iniziale da cui scaturì la storia delle quattro. L’avventura Allrad iniziò nella primavera del 1977; il progetto venne contrassegnato con il numero d’archivio 262. A fungere da padri c’erano tre giovani ingegneri Audi: Jörg Bensinger, Responsabile dell’area sperimentazione chassis, Walter Treser, Responsabile di progetto, e il Dr. Ferdinand Piech, Direttore del settore tecnologie. Come prototipo si usò, dopo apposite modifiche, una Audi 80 della prima generazione con passo leggermente allungato, con il cinque cilindri turbo del futuro modello 200 montato longitudinalmente. Il propulsore trasmetteva la sua potenza alla trazione integrale del veicolo fuoristrada militare Volkswagen Iltis, sviluppato alla Audi. Come sospensione posteriore si usò un secondo avantreno McPherson, ruotato di 180 gradi. Sui percorsi ripidi e innevati dell’Altura di Turrach in Stiria, Austria, la vettura sperimentale con la sigla IN - NC 92 nel gennaio 1978 poté esibire convincentemente i suoi punti di forza in termini di trazione. Sull’asfalto asciutto invece, nei tornanti stretti, insorgevano percettibili tensioni. Nelle curve, infatti, le ruote anteriori compiono un tragitto leggermente maggiore di quelle posteriori, per questo devono essere in grado di girare più velocemente. Nei prototipi non si riusciva a farlo, appunto perché – al contrario dell’Iltis con la sua trazione anteriore disinseribile – gli assali erano collegati rigidamente. I progettisti Audi avevano due obiettivi: la loro nuova trazione integrale doveva essere di tipo permanente e doveva cavarsela senza differenziale centrale separato con tanto di secondo albero cardanico – questi componenti di gran peso erano ancora standard negli anni Settanta.

 

Un'idea semplice...

A Franz Tengler, caporeparto nella progettazione dei cambi, venne in mente un’ idea tanto semplice quanto geniale: sistemò nel cambio un albero secondario cavo e lungo 26,30 cm attraverso il quale il moto poteva fluire in due direzioni. Con la sua estremità posteriore esso azionava la scatola del differenziale centrale a bloccaggio manuale; integrato nel cambio, indirizzava attraverso l’albero cardanico il 50 percento della forza motrice al retrotreno, che disponeva di un proprio blocco differenziale. L’altra metà della forza veniva scaricata sul differenziale dell’avantreno attraverso un albero condotto collocato all’interno dell’albero cavo.

Per la prima volta nella storia dell’ automobile l’albero cavo consentiva la realizzazione di una trazione integrale leggera, compatta e di rendimento globale, che si prestava – e questo era il fattore decisivo– non più soltanto per le fuoristrada e gli autocarri ben alti da terra, bensì in modo tutto particolare per le vetture sportive. -Il differenziale Torsen Con l’anno modello 1987 il concetto quattro fu rivisitato e venne introdotta un’ importante innovazione: il differenziale Torsen, un ingranaggio elicoidale autobloccante, andava a sostituire il differenziale a bloccaggio manuale. Il nome del dispositivo viene dall’inglese “torque sensing”, che significa “sentire la coppia“. Il dispositivo Torsen distribuisce la coppia costantemente a seconda delle necessità; in casi eccezionali sull’asse con trazione migliore ne viene scaricata addirittura il 75 percento.

Grazie al differenziale Torsen, la cui azione bloccante si attiva solo sotto l’effetto della trazione, il sistema ABS resta sempre efficace al momento del bisogno. Oggi il differenziale Torsen è affiancato e coadiuvato da moderne tecnologie quali il bloccaggio elettronico del differenziale sugli assi e dal sistema elettronico di controllo della stabilizzazione ESP.

La capostipite

 


“Era nostro intento realizzare un’auto che sembrasse attaccata alla strada, che fosse il simbolo stesso della tenuta di strada. Non doveva balzare all’occhio per l’eleganza, ma per le sue potenzialità. Proprio questa è stata l’idea che alla fine è risultata giusta, onesta e vincente”, ha avuto modo di dire Hartmut Warkuß, allora Responsabile del design, parlando della prima quattro. Derivata dalla Audi 80 Coupé, ma rivestita da una carrozzeria spigolosa, fu presentata il 3 marzo 1980 in un palazzetto di pattinaggio artistico vicino all’area fieristica di Ginevra. La Coupé a cinque posti aveva un passo compatto di 2524 mm, una lunghezza di 4404 mm e montava cerchi fucinati in alluminio da sei pollici della casa Fuchs. Ferdinand Piech era già allora cosciente di aver aperto un nuovo capitolo nell’ industria automobilistica. Concluse il suo intervento con la frase: “Questo è il debutto della trazione integrale per vetture da strada.” La quattro ottenne un riscontro entusiasta; il suo rivoluzionario concetto di trazione e la sua sportività convinsero subito la stampa. Il cinque cilindri con 2144 cm3 di cilindrata, con aria di alimentazione raffreddata e a pressione di alimentazione di max. 0,85 bar, erogava una potenza pari a 147 kW/200 CV; a 3500 giri era disponibile una coppia di 285 Nm. In 7,1 secondi la quattro scattava con i suoi 1290 chili di massa da 0 a 100; la velocità toccava buoni 220 km/h. La trazione permanente, l’assetto sportivo e compatto e i funzionali allestimenti interni facevano della nuova arrivata un veicolo senza fronzoli, nato per viaggiare in ogni condizione. La quattro risultava essere il culmine assoluto della gamma di allora, non solo per le sue notevoli prestazioni, ma anche in termini di prezzo: costava infatti 49.900 marchi tedeschi. Ciò nonostante la sua vendita, apertasi nel novembre del 1980, ebbe un avvio eccezionale. Già in ciascuno dei primi due anni interi di produzione la Audi ne costruì, nel capannone N 2 di Ingolstadt dedicato alla realizzazione dei modelli unici, quasi 2000 esemplari: secondo il regolamento del Gruppo 4 dei mondiali di rally ne sarebbero bastati 400 per ottenere l’ ammissione della Casa alle competizioni. Fino al maggio 1991 la quattro, ormai divenuta per gli appassionati “la capostipite delle quattro”, restò ancora in catalogo; la produzione cessò a un totale di 11.452 esemplari. Nei primi anni le modifiche resero gli interni sempre più raffinati e si limitarono, per il resto, a qualche piccola rivisitazione tecnica: display digitali e allarmi parlanti, introduzione del sistema frenante antibloccaggio e modifiche allo chassis. Nell’aggiornamento dell’autunno 1987 i modelli quattro furono dotati, oltre che del differenziale Torsen, di un cinque cilindri leggermente più grande. Pur erogando sempre 147 kW/200 CV, il propulsore raggiungeva la sua coppia a regime un poco minore.   - Aggiornamenti nel 1989 Nel 1989, grazie a una nuova testata a quattro valvole, la potenza aumentava a 162 kW/220 CV e la velocità massima toccava i 230 km/h. Nel 1984 uscì un modello speciale della stessa famiglia che gode, a tutt’oggi, di una fama leggendaria: la Sport quattro con passo di soli 2204 mm. Il suo nuovo turbo quattro valvole di nuova evoluzione con basamento in alluminio era in grado di erogare 225 kW/306 CV e il generoso impiego di Kevlar e altri materiali per costruzioni leggere ne facevano una vettura a vocazione rallistica per la strada. La “Corta”, come fu soprannominata, ebbe una tiratura di 224 unità. Con questo modello la Audi omologò le sue vetture da competizione nel Gruppo B.

 

La quattro nello sport

Una trazione integrale veloce è importante per tutti gli automobilisti, non solo d’inverno o sulle strade bagnate. Questo fu il risultato che affiorò con i primi successi sportivi. L’avventuroso rally da Parigi a Dakar alla sua prima edizione nel 1979 si chiamava ancora Rally Oasis. Nell’anno successivo Freddy Graf Kottulinsky vinse questa gara, che metteva a durissima prova sia i piloti che i materiali. Il suo fuoristrada Iltis, sviluppato dalla Audi, con il suo motore da 130 cavalli relativamente scarso, grazie alla trazione integrale superava imperterrito dune, pietre e rocce, lasciando nella polvere tutti i concorrenti. Freddy Graf Kottulinsky e gli uomini del team di Roland Gumpert, che aveva portato avanti il progetto e che comunque arrivò nono con la sua Iltis, erano sicuri: questo sistema di trazione andava bene anche per l’asfalto, sia in città, sia in gara. Ma ora si doveva mettere in scena in modo spettacolare la rivoluzionaria, velocissima trazione integrale del marchio Audi. E niente si prestava meglio del campionato del mondo di rally. Nel 1979 la star finlandese Hannu Mikkola dopo appena 30 minuti di test espresse un giudizio estremamente positivo: “Oggi ho visto il futuro, la quattro cambierà radicalmente la scena.” Hannu Mikkola firmò un contratto di un anno e nel 1981 gareggiò per la prima volta con una Audi. Vicino a lui c’era il suo copilota di lunga data Arne Hertz. Con Michèle Mouton e Fabrizia Pons il team rally Audi appena fondato per la stagione 1981 era completo.

Il rally di Montecarlo, tradizionalmente la prima corsa del campionato del mondo di rally, portò al team Audi, pieno di aspettative, sia gioie sia dolori. Michèle Mouton dovette accostare dopo poche centinaia di metri. Diagnosi: acqua nel carburante. Questo era troppo anche per il robusto motore da cinque cilindri della quattro. Le gioie vennero dal risultato di Mikkola/Hertz dopo il primo intermedio: sei minuti netti di vantaggio. Increduli e battuti, i concorrenti declassati si fecero da parte di fronte alla nuova fuoriclasse. Ma Hannu Mikkola non mantenne fino all’arrivo il vantaggio. Dopo aver urtato alcuni ostacoli, perse la testa della classifica, la vecchia classifica venne nuovamente ristabilita. Come andasse valutata la nuova situazione lo spiegò in seguito Walter Röhrl, davanti alle telecamere: “Qui è stata impiegata una tecnica innovativa, che supera chiaramente tutte le precedenti. Probabilmente questa tecnica batterà anche me.” Durante il primo anno, che fu dichiarato un anno di prova per i progetti futuri, il team Mikkola/Hetz vinse in Svezia e Inghilterra. Michèle Mouton e Fabrizia Pons diedero lo spettacolo della stagione, durante il rally di San Remo e furono la prima squadra di donne a vincere una gara di campionato del mondo. Dopo le vittorie in Svezia, Portogallo, Argentina e Finlandia, Hannu Mikkola e Arne Hertz vinsero il campionato del mondo nel 1983. L’anno seguente la coppia svedese dell’Audi quattro composta da Stig Blomqvist e Björn Cederberg conquistò una doppia vittoria, vincendo il titolo mondiale piloti e assicurando così alla Audi anche il titolo costruttori. La coppia Mikkola/Hetz si classificò seconda.


Nel 1985, il famoso “successo attraverso la tecnica” si ridimensionò. La concezione della Audi, molto vicina alla produzione in serie, aveva battuto la concorrenza con elementi che erano decisivi solamente nelle gare automobilistiche. Già durante la stagione 1984 la Audi aveva presentato in gara un primo modello della Rallye quattro con la piccola Sport quattro. A fine luglio 1985 nel rally di Argentina, un nuovo modello di Sport quattro fece la sua apparizione. Questa auto viene chiamata S1 ed è dotata di potenti spoiler frontali e un imponente alettone. Un’auto che poteva essere domata solo da un ristretto numero di piloti particolarmente dotati. La massima potenza raggiungeva 450 cavalli turbo, una forza che anche i migliori facevano fatica a dominare. Quando gli vennero chieste spiegazioni sul potere di accelerazione della S1, Hannu Mikkola rispose in questo modo: “Immagina di essere tranquillamente fermo al semaforo rosso e di aspettare che scatti il verde. Al giallo fai andare la macchina a 8500 giri e poi al verde lasci andare la frizione, a questo punto la macchina parte in modo talmente brusco, che ti viene da pensare che un autocarro da cinque tonnellate ti abbia tamponato con tutta la sua forza, è veramente incredibile!” Incredibile o no, le quattro perdono sempre più terreno dalle nuove generazioni di auto speciali costruite e progettate solo ed esclusivamente per i rally.

 

 

La fine dell’epoca dei rally più spettacolare di tutti i tempi arrivò con un tragico incidente durante il rally del Portogallo. Il campione locale Joaquim Santos durante la prova speciale schiva bruscamente una personanon riesce più a controllare la sua Ford e piomba sugli spettatori. Una donna e due bambini muoiono, 30 spettatori rimangono feriti. Questo incidente segnò la fine delle auto di gruppo B, e la stagione 1987 venne caratterizzata nuovamente dalle auto del gruppo A, più vicine a quelle di serie che a quelle sportive. Il team esclusivamente bavarese composto da Röhrl/Geistdörfer sulle Audi 200 quattro si batte discretamente con una berlina modificata e mette sotto forte pressione le veloci auto concorrenti a trazione integrale. Il team Audi uscì dalla scena internazionale dei rally in modo spettacolare in occasione del safari-rally in Kenia. Due Audi 200 alla partenza, due al traguardo, Röhrl/Geistdörfer vincono davanti a Mikkola/Hertz. Ancora una volta viene utilizzata la S1.

Pikes Peak

 


Il Pikes Peak nel Colorado è alto 4301 metri. Dal 1916 i piloti americani si danno battaglia sulla pista sterrata lunga 20 chilometri, partendo dalla valle per salire su fino in cima. Fino a quel momento nessuno era riuscito a percorrere questa pista in meno di 11 minuti. Nel 1987 il muro degli 11 minuti venne abbattuto: Walter Röhrl lasciò libero sfogo ai 600 cavalli della sua quattro S1 appositamente preparata per questa gara in montagna e segnò un nuovo record. Lo scalpore suscitato dai media dopo questo record diede motivo alla Audi di tentare nuove strade nel campo dei motori sportivi. La serie Trans-Am offrì la possibilità di dimostrare la superiorità del motore della quattro. Nel 1988 la Audi fa la sua apparizione oltreoceano sulla scena delle corse automobilistiche. Seguendo il regolamento in vigore, vengono costruite e modificate tre Audi 200: 530 cavalli per 1100 chili di pura forza. Hurley Haywood, venditore Audi a Jacksonville in Florida, si presenta per 14 volte al via e si aggiudica il titolo assoluto, di tanto in tanto aiutato dai suoi colleghi tedeschi Hans-Joachim Stuck e Walter Röhrl. Nel 1989 Stuck finisce al terzo posto della categoria americana IMSA/GTO, dopo sette vittorie con la sua Audi 90 quattro. Anche se questo primato lo rendeva il pilota più bravo di questo campionato molto duro e combattuto strenuamente, Stuck dovette rinunciare al titolo perché il team Audi non aveva partecipato alle prime due gare del campionato su percorsi lunghi. Durante la stagione seguente Hans-Joachim Stuck gareggia nuovamente davanti al pubblico tedesco con una Audi V8 quattro nel campionato turismo tedesco, che vinse con distacco, per sé e per l’Audi. Con quattro V8 quattro e gli altri piloti Frank Biela, Frank Jelinski e Hubert Haupt, la Audi inizia la sua battaglia per difendere il titolo. Riuscirono a imporsi, per la prima volta nella storia dei campionati tedeschi, e nonostante i notevoli handicap di peso che le quattro dovettero tollerare a causa della loro superiorità. Frank Biela, il dominatore assoluto della stagione, viene nominato campione tedesco della classe turismo nel 1991. L’anno seguente le Audi, abituate alla vittoria, devono superare un periodo difficile, che non ha niente a che fare con le piste da gara, ma piuttosto con l’Autorità per i Motori Sportivi (ONS) che dichiarò che l’albero a gomiti dell’ otto cilindri della Audi non era conforme alle norme dettate dal regolamento, anche se due test effettuati in precedenza avevano riscontrato la perfetta regolarità degli alberi. Di conseguenza la Audi esce dalle competizioni della classe turismo in Germania. Nel 1996 con la Audi A4 Supertouring arrivarono una nuova serie di successi: oltre alla prestigiosa coppa D1 ADAC Superturismo, con l’aiuto degli importatori nazionali la Audi vinse ancora sei campionati nazionali in Italia, Inghilterra, Belgio, Spagna, Sud Africa e Australia.

 

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