La risposta fu travolgente – l’azienda fu inondata di richieste dei clienti, mentre l’opinione pubblica si domandava se mai BMW avesse avuto davvero il coraggio di costruire l’automobile. BMW taceva, ma, dietro le porte “blindate” lo sviluppo per una produzione di serie procedeva alacremente. Era evidente che, per le insolite caratteristiche del design e dei materiali usati, la Z1 sarebbe stata costruita in gran parte a mano. E altrettanto evidente era che questo avrebbe significato una produzione limitata e un prezzo al pubblico elevato. Ciononostante, il Consiglio di Amministrazione di BMW decise di andare avanti con il lancio.
Quasi esattamente due anni dopo aver finalizzato lo studio della Z1 e un anno dopo l'annuncio del concept, il 10 agosto 1987 BMW mise in tavola le sue carte con il seguente annuncio: “Il tempo delle speculazioni è finito, l’enigma è svelato: BMW AG presenterà la Z1 Roadster al Salone di Francoforte”. L’accelerazione del processo di sviluppo era stato un compito pilota per questo progetto e, dopo uno sviluppo di soli tre anni, un numero limitato di quest’auto sportiva con motore centrale da 170 CV, applicato nella porzione anteriore, sarebbe entrato in produzione su piccola scala a partire dal giugno 1988. “Quando la produzione su ordinazione marcerà a pieno ritmo, ogni giorno, sei appassionati potranno iniziare a godere di un piacere di guida puro e non limitarsi a sognarlo.”
L’inchiostro dell’annuncio non si era ancora asciugato, che a Monaco arrivarono i primi pre-ordini. Il Salone dell’Auto di Francoforte non era nemmeno iniziato, quando una rivista di automobilismo scrisse: “L’ondata di euforia dà motivo di sospettare che l’ultima persona che inoltrerà un ordine immediato non metterà le mani sulla Z1 prima del 2000!”
BMW e lo storico Salone dell’Auto di Francoforte del 1987
Quando finalmente il Salone aprì i battenti, l’11 settembre, i visitatori accorsero a frotte allo stand BMW per vedere una straordinaria collezione di numeri primi, tutti destinati a entrare nella storia dell’automobilismo. Furono presentate in anteprima mondiale la 750i motorizzata con il primo 12 cilindri prodotto in Germania dal dopoguerra, la prima Serie 3 Touring di tutti i tempi, che aprì la strada a una nuova tipologia di auto, e, ovviamente, l’avanguardistica Z1, la prima roadster BMW da circa trent'anni. La roadster era esposta con grande risalto, su uno sfondo costituito da una parete di acqua, per un effetto strabiliante; una rivista di attualità tedesca ritenne che fosse “l’automobile probabilmente più fotografata di tutto il Salone”.
Con così tanti clienti disperatamente impazienti di essere tra i primi a ordinare una Z1, una rivista di automobilismo tedesca decise di tentare la fortuna acquistando direttamente la Reed Green esposta nello stand. Nonostante i 150.000 DM offerti in contanti, il team BMW fu irremovibile: proprio non era possibile, perché quella Z1 era una delle dieci automobili di prova, e tutte erano strettamente necessarie. Inoltre, la Z1 doveva ancora effettuare le prove di omologazione, per cui in nessun caso sarebbe stato possibile vendere la roadster – neanche a fronte dei due milioni di marchi tedeschi, pari al costo effettivo del prototipo!
Così iniziò il temporeggiamento – che durò oltre un anno, perché si giunse all'autunno 1988 prima che la Z1 entrasse in produzione. Il prezzo previsto era di 80.000 marchi tedeschi. Nel frattempo, la clientela potenziale poteva consolarsi con il primo dépliant commerciale dal titolo “Per pura passione di guida: la BMW Z1 High-Tech Roadster”.
Ottobre 1988: la Z1 – un approccio del tutto diverso
La Z1 era veramente diversa in tutto e per tutto. Una monoscocca autoportante composta da singole parti in lamierino di acciaio costituiva l’ossatura dell’automobile. Dopo essere stato saldato, l’intero telaio era stato galvanizzato per immersione a caldo, non solo per garantire alla monoscocca una protezione continua contro la corrosione, ma anche per renderla più rigida: il rivestimento di zinco fungeva da elemento di congiunzione e supporto, soprattutto intorno alle linee di giunzione dei pannelli e sulle sovrapposizioni di giunti. Il risultato fu una maggiorazione di circa il 25% della resistenza alla torsione della monoscocca.
La seconda peculiarità della scocca della Z1 era il pianale incollato e in parte avvitato al telaio – e realizzato in plastica. In collaborazione con gli specialisti di MBB – adesso fusa in EADS – gli ingegneri di Z1 avevano sviluppato un materiale che combinava il peso ridotto con un’elevata capacità di carico, era immune alla corrosione, sicuro nelle collisioni e produceva contorni regolari della sottoscocca. La soluzione era una combinazione di materiali in fibra composita uniti “a sandwich”. La struttura risultante di due strati di resina epossidica rinforzata con fibra di vetro inframmezzati di schiuma poliuretanica, formava un pianale di soli 15 chilogrammi.
In più, questa struttura aveva il valore aggiunto di poter preassemblare l’unità pianale separatamente, prima di incollarla al telaio e, in alcuni punti, avvitarla alla struttura in acciaio. Speciali rinforzi di irrigidimento, integrati nella struttura a sandwich, consentivano di applicare forze elevate in prossimità, per esempio, dei punti di montaggio del telaio e dei sedili. In sostanza, questo pianale aumentava la resistenza alla torsione statica della monoscocca di un ulteriore dieci per cento.
Con l’ausilio ulteriore dei longheroni laterali alti e sovradimensionati e dell’incastellatura del motore, questa struttura si caratterizzava per la resistenza e la sicurezza straordinarie in caso di incidente. Un tubo trasversale nella zona del cruscotto veniva combinato con il tubo utilizzato per rinforzare il telaio del parabrezza, così da assicurare una protezione altamente efficace anche in caso di collisione laterale. E poiché il tubo inserito nel telaio del parabrezza collegava direttamente i due montanti A, esso garantiva anche una protezione contro il ribaltamento.