Di nuovo disegno sono anche le camere di combustione ed è stato incrementato il rapporto di compressione. Non “gratta” più A questo punto non resta che trovare conferma delle qualità della 90 salendo a bordo. L’impressione è di entrare in una vettura curata. L’impianto di climatizzazione è efficiente e ha numerose bocchette orientabili. I tessuti della selleria e dei pannelli porta sono di buona qualità (la finizione in pelle è opzionale per la 2.0 i e per la 2.5), il padiglione è ben rivestito e ha l’imperiale per alloggiare i comandi degli alzacristalli elettrici, le plafoniere e gli spot luminosi. Ottimi, come su tutte le Alfa, la profilatura dei sedili e l’assetto di guida. Tra quelli anteriori, oltre al bracciolo che fa da coperchio a un vano portaog getti, si nota la discussa impugnatura a maniglione della leva del freno a mano. Dal posto di guida i comandi e i servizi sono facilmente raggiungibili ed inseriti in un disegno razionale che cura anche l’aspetto cromatico, vista la colorazione bicolore della plancia. La 2.5 ha la dotazione più ricca: ci sono i fendinebbia, il trip computer, la doratura del quadrifoglio sulla plancia, la chiusura centralizzata e gli interruttori per la regolazione elettrica degli schienali dei sedili anteriori e dell’altezza del sedile del posto di guida, supplementi non previsti oppure offerti con sovrapprezzo negli altri modelli; c’è perfino la regolazione automatica dell’intensità dell’illuminazione degli strumenti; tetto apribile e condizionatore sono a richiesta, come sulle altre versioni. Una macchina di rappresentanza come la 90 non può avere la prima che “gratta”, come accadeva su Alfetta e Giulietta.
Si interviene perciò sul cambio, risolvendo il problema grazie a un nuovo sincronizzatore a doppio anello messo a punto in Alfa Romeo, in un quadro di interventi volti anche a ridurre l’escursione del comando. Gli innesti restano precisi, ma finalmente sono più brevi e rapidi. La maggior comodità viene anche dal servosterzo, di serie sulla 2.5, a pagamento sulle 2.0 e 2.4 TD. Versione attesa L’accoglienza che il mercato riserva alla 90 è inizialmente buona, pur con l’avvento delle nuove e ottime Fiat Croma, Lancia Thema e Saab 9000, figlie della stessa joint-venture. Ma poi le vendite calano e nel complesso il successo dell’Alfa 90 non è quello atteso. Il motivo va ricercato... ad Arese: nel maggio 1985 l’attenzione dei potenziali clienti è distratta dalla nuova Alfa 75, che ha una più spiccata vocazione sportiva. Come se non bastasse, circolano le prime voci su un’Alfa Romeo figlia dell’accordo di cui sopra. Si chiamerà 164 e sarà presentata nel 1987, anno in cui l’Alfa Romeo entrerà a far parte del gruppo Fiat. Il Biscione, per eliminare sul nascere qualsiasi perplessità, nel 1985 rilancia la gamma con la 2.0 V6 che monta il V6 di due litri derivato dall’Alfa 6. Una versione molto attesa, su cui è aggiunto il sistema CEM che sovrintende all’accensione e all’alimentazione. Se è la targhetta identificativa a distinguere dalle sorelle la nuova 90 due litri (oltre al volante con corona in pelle e doppio terminale di scarico come sulla 2,5), la differenza rispetto alla quattro cilindri è percepibile con chiarezza quando si avvia il motore. Il V6 gira rotondo ed è silenzioso anche ai regimi più elevati.
L’accelerazione è progressiva e la ripresa nei rapporti più alti è fluida. La scalatura dei rapporti si fa finalmente più sportiva, aggiungendo piacere di guida al comfort. La velocità massima si raggiunge ora in quinta (sulle altre 90 in quarta). La V6 ha 132 Cv contro i 128 del quattro cilindri: vista la presenza anche del variatore di fase, forse ci si poteva spingere un po’ più in su, per ripristinare il vantaggio sulle concorrenti. Nel 1986 c’è un aggiornamento alla gamma 90, che diventa “Super” con una denominazione tradizionale in casa Alfa: calandra con griglia a righe più fitte e sottili, scudetto ridisegnato, una nuova finitura dei paraurti e dei listelli sottoporta e, al posteriore, la cornice della targa in tinta carrozzeria. All’interno la plancia diventa monocolore e ci sono rivestimenti di più elevata qualità, a scelta in velluto o panno (per la 1.8 solo panno); la gamma colori è più ampia e ci sono miglioramenti alla climatizzazione e interventi mirati a ridurre i fruscii aerodinamici. Per la prima volta su un’Alfa Romeo, le versioni a sei cilindri possono montare a richiesta l’Abs. La gamma a benzina ha ora i rapporti al cambio sportivi come la 2.0 V6, mentre sulla turbodiesel c’è una turbi na più piccola per migliorare l’erogazione di coppia ai bassi regimi ed è aggiunto un riscaldatore termostatico nel condotto di alimentazione per agevolare l’avviamento alle basse temperature. Esce di listino la 2.0 a carburatori, mentre la 2.5 non si chiama più Quadrifoglio Oro e la strumentazione ritorna analogica. Questi correttivi, tuttavia, non risollevano le sorti del modello che in Italia esce dal listino nel 1987, dopo soli tre anni di vendite in Italia e, per ironia della sorte, gli anni Novanta non li vedrà neppure perché gli ultimi lotti di produzione, per l’estero, saranno completati nel 1989.