Campionato Mondiale di Formula Uno 1961: la Lotus di Colin Chapman vuole infrangere il dominio della Cooper-Climax, fresca vincitrice della Coppa Costruttori e del Titolo iridato Piloti con Jack Brabham nel 1960. La Lotus è stata, dopo la Cooper, la prima scuderia a convertirsi al motore posteriore con il modello 18, presentato al GP d’Argentina del 1960. Nelle mani di Stirling Moss, la “18” si è imposta per la prima volta nel successivo GP di Monaco, in quella che di fatto fu la prima vittoria di una Lotus nel Mondiale di F1, pur se ottenuta dalla scuderia “privata” di Rob Walker. La 18 è seguita dalla “21”, che esordisce al GP di Monaco, prima prova della stagione 1961. A portarla in gara è lo scozzese Jim Clark, allora alle prime armi in F1, accanto al britannico Innes Ireland. Clark parte in prima fila con il terzo tempo (la pole fu di Moss, con la “18”), mentre Ireland, pur qualificatosi, non prende il via. La mancata partenza è causata dalla scarsa precisione del cambio Lotus: nel passaggio terza-quarta lungo il tunnel durante le prove, invece della quarta è entrata la seconda. La subitanea e inaspettata decelerazione provocata dal bloccaggio delle ruote motrici, con conseguente perdita di controllo della vettura, è causa di un grave incidente in cui Ireland riporta ferite che gli impediscono di disputare il GP.
Disteso Al di là del risultato finale (Clark chiude decimo), la “21”, con le sue forme morbide, basse e slanciate, fa subito intuire di essere un passo avanti rispetto alla “18”. Si nota soprattutto la migliore profilatura della parte anteriore, dovuta all’eliminazione del serbatoio sopra le gambe del pilota, compensata dalla maggior capacità dei serbatoi laterali. In più, Chapman disegna un posto di guida più basso, che obbliga il pilota ad assumere una posizione semi-distesa. Meno comoda, ma che permette di ottenere un più favorevole coefficiente di forma della carrozzeria e un’inferiore sezione maestra della vettura, a vantaggio della velocità massima. Non è cosa da poco con i motori aspirati di soli 1500 cc, che nel ’61 sostituiscono da regolamento i precedenti 2.5, perché la riduzione della resistenza dell’aria era l’unica via per ottenere una velocità di punta in grado di compensare, almeno in parte, l’inferiore potenza del quattro cilindri Coventry-Climax, soprattutto nei confronti del V6 Ferrari e dell’otto cilindri Porsche. Chapman, peraltro, ha progettato la “21” in funzione del V8 Coventry- Climax, ma il ritardo nell’approntamento della nuova unità motrice lo costringe a ripiegare sul vecchio quattro cilindri FPF e a modificare la parte posteriore della vettura. Un altro passo avanti, rispetto alla 18, viene dalla rigidezza del telaio per mezzo di tubi di sezione più generosa.
La “21” conserva il telaio tubolare, ma non sia mai che Chapman accetti di aumentare il peso; casomai toglierne un po’. La “21” ha, infatti, la carrozzeria in vetroresina al posto dei consueti pannelli in alluminio. Qualche modifica alla già evoluta sospensione posteriore della “18”, caratterizzata da lunghi puntoni di reazione (soluzione che tutti adotteranno), con l’obiettivo di renderne il movimento ancora più preciso, completa il pacchetto tecnico. Leggerezza, tenuta di strada, penetrazione aerodinamica, sono le armi con cui Innes Ireland e Jim Clark affrontano gli avversari nel 1961. A Montecarlo abbiamo visto come andò. A Zandvoort, teatro una settimana dopo del GP d’Olanda, si registra un fatto mai verificatosi prima in un GP iridato: tutte le monoposto schierate al via terminano la gara. E non solo: nemmeno una si ferma ai box per qualche noia.
Vinceil tedesco Wolfgang von Trips su Ferrari 156, ma la lotta che vede per protagonisti Clark e Phil Hill è emozionante. Prevale l’americano della Ferrari sullo scozzese della Lotus, che chiude terzo davanti alla “18” di Moss. Qui il Team Lotus schiera Trevor Taylor al posto di Ireland, ancora convalescente per le ferite riportate a Montecarlo. Il britannico, indisponibile la “21” di Ireland, è al volante anch’egli di una “18”. Belgio, Francia e Gran Bretagna ribadiscono la supremazia delle Ferrari che si aggiudicano i rispettivi GP con Phil Hill, Giancarlo Baghetti e di nuovo con Von Trips. In Belgio il podio è formato tutto da piloti di Maranello, con Von Trips e Ginther a occupare le piazze d’onore. Stessa situazione a Spa-Francorchamps, dove le 156 occupano addirittura i primi quattro posti. Poca fortuna in Belgio per le 21 di Clark e Ireland, che, partite in terz’ultima fila, patiscono una gara piena di problemi: Clark termina dodicesimo a sei giri dal vincitore, mentre Ireland si ritira al decimo giro con il motore in avaria. In Francia, il 2 luglio a Reims, la squadra Lotus schiera, accanto a Clark e a Ireland, una terza “21” affidata a Willy Mairesse, che non terminerà la gara per una panne di carburante dopo ventisei giri. Ad Aintree, in Inghilterra, sotto il diluvio, Clark e Ireland partono affiancati in terza fila con l’identico tempo.
Peccato che Clark si ritiri dopo sessantatre giri per una perdita d’olio, mentre Ireland è decimo a tre giri. Al Nürburgring è invece Stirling Moss a vincere: come già al GP d’Inghilterra, egli pilota una Lotus 18/21. Che significato ha questa sigla? A Rob Walker, titolare della scuderia che porta il suo nome (per inciso è anche proprietario della distilleria che produce il noto whisky marca Johnnie Walker) i vantaggi della nuova “21” non sono sfuggiti e chiede a Chapman di vendergliene una. Ci sono, però, opposte pressioni da parte delle compagnie petrolifere che patrocinano il team ufficialee quello di Walker e la risposta di Chapman è negativa. A Walker non resta altra soluzione che aggiornare la “18” con parti della “21”, in particolare la sospensione posteriore.
Ci sono modifiche anche al telaio, così che la linea diventa simile alla 21 ufficiale e questo è quanto si vede in Germania, dove Clark termina quarto mentre Ireland si ritira al secondo passaggio con la macchina che va a fuoco. Tragedia Sui lunghi rettilinei monzesi, dove si disputa il GP d’Italia, non c’è agilità che tenga: le Ferrari occupano cinque delle prime sei posizioni in griglia di partenza. La prima delle Lotus, quella di Clark, è settima, Ireland con la “18/21” è nono, Moss con una “21” undicesimo. In prova la monoposto di Moss è un cocktail di colori: la parte superiore è blu con il musetto contornato di bianco, che sono i colori di Walker, mentre quella inferiore è dipinta nel tradizionale verde inglese come le “21” ufficiali di Chapman. In più le ruote hanno i cerchi di colore giallo invece che il consueto grigio alluminio: come mai? Si tratta di... favori tra cugini, poiché sono parti prese a prestito dalle Lotus ufficiali.
Ci sono altre Lotus nello schieramento, ma sono vetture “private”. Vediamo le “18” di Tim Parnell, Gerry Ashmore e Gaetano Starrabba, quest’ultima con motore Maserati, le “18/21” di Masten Gregory e di Henry Taylor, iscritte dalla Scuderia UDT Laystall Racing Team che, come Walker, aveva operato l’aggiornamento delle proprie vetture. Ci sono Wolfgang Seidel e Michael May con le “18” della Scuderia Colonia e l’altoatesino Ernesto Prinoth con la “18” della Scuderia Dolomiti. Il parco iscritti è di trentotto concorrenti, ma la griglia di partenza ne ammette trentadue e quindi sei resteranno esclusi. Alla fine saranno nove le Lotus alla partenza. Monza consacra Phil Hill, vincitore del GP d’Italia, quale nuovo campione del mondo e la Ferrari quale vincitrice della Coppa Costruttori. Ma è un trionfo dal sapore amaro per la scomparsa di von Trips nel tremendo incidente innescato al secondo giro dalla Lotus di Jim Clark, che provoca la morte di quattordici spettatori assiepati lungo il terrapieno all’ingresso della curva Parabolica, sui quali piomba la monoposto del pilota tedesco.