A questo punto è doverosa una precisazione: Franco Cornacchia, presidente della Scuderia Guastalla e buon pilota, era un abile venditore di auto e fu fra i primi a ottenere il mandato dal Commendatore. La sua importanza nella strategia del Cavallino in quell’anno è paragonabile a quella di Luigi Chinetti negli Stati Uniti. Con Ferrari vi era quindi un rapporto speciale e poteva accadere che un’auto ufficiale corresse per la Scuderia Guastalla o viceversa. La denominazione berlinetta Speciale Le Mans indicava la destinazione delle tre gemelle che, infatti, si presentarono alla maratona francese per le verifiche tecniche e le prove. La # 0320AM, iscritta per Mike Hawthorn/Giuseppe Farina con targa provvisoria BO 23063 e numero di gara 14, subì piccoli ritocchi prima della corsa. Il più visibile era lo sportellino con tre feritoie che riduceva gli sfoghi dell’aria nei parafanghi posteriori.
Nelle prove Farina osservò che il motore non raggiungeva il massimo dei giri nei rettilinei. La circostanza non provocò allarme perché poteva essere un vantaggio per l’affidabilità in una gara così lunga. Enzo Ferrari si aspettava molto dalle tre berlinette, con potenze da 280 a 300 CV e peso attorno ai 1000 kg, che dovevano battere facilmente le Jaguar C-Type con 210/220 CV e peso attorno ai 900 kg. Ma le cose si misero subito male. Al 12° giro Mike Hawthorn portò la # 0320AM ai box per controllare i freni, i meccanici li regolarono e ripristinarono il livello dell’olio idraulico. Ma una vecchia norma del regolamento di Le Mans impediva di rabboccare liquidi prima del 28° giro. L’olio dei freni è un liquido, osservarono i commissari tecnici, e decretarono la squalifica. I responsabili della Ferrari si opposero adducendo motivi di sicurezza, ma la decisione era presa...
La strana norma sarebbe stata abolita solo nel 1954. La # 0318AM numero 12 di Alberto Ascari/Luigi Villoresi realizzò il miglior tempo sul giro (4’24”2, alla media di 181,642 km/h), poi si fermò alla 16ª ora con problemi al cambio. Tagliò il traguardo soltanto la # 0322AM numero 15 di Paolo e Giannino Marzotto, che si classificarono quinti assoluti dietro tre Jaguar C e, quel che è peggio, dietro la Cunningham C5-R Chrysler di Phil Walters/ John Fitch. È inutile riferire che Enzo Ferrari non fu contento del risultato e che la riunione con la squadra reduce da Le Mans fu animata.
AERODINAMICA
Apriamo ora una parentesi sulla filosofia costruttiva di Maranello che sopra tutto privilegiava il motore. Però perfino i freni potevano avere importanza! Non a caso le Jaguar di Le Mans montavano freni a disco e Briggs Cunningham, capita la lezione, si affrettava a modificare in tal senso le proprie C5-R. A Maranello si continuò a insistere sul motore e si decise di maggiorare la cilindrata delle due 340 berlinetta Speciale Le Mans. Ma ci fu una novità: per la prima volta si prese in considerazione l’aerodinamica. Era da un po’ che Lampredi batteva su questo tasto, lo testimonia una foto che lo ritrae trionfante accanto al musetto di una 166 MM molto abbassato in avanti. Lo aveva fatto disegnare così da Edmondo Casoli e aveva anche tentato di far realizzare i fari carenati, ma il Commendatore si era opposto. Torniamo alle berlinette di Le Mans, perché cominciò a farsi strada l’idea che le carrozzerie opponessero troppa resistenza all’aria. Si organizzò dunque una prova a Monza con la presenza di Pinin Farina.
Suo nipote Nino Farina mostrò che effettivamente il motore non prendeva tutti i giri, probabilmente anche per questioni aerodinamiche. Si decise allora di cambiare il frontale. Non si sa se “Pinin” si sia rifiutato di compiere l’operazione perché convinto della bontà della soluzione originale o per l’impossibilità di intervenire con la tempestività richiesta da Ferrari. In ogni caso i carrozzieri della Scuderia misero subito mano a martello e cannello e rifecero il frontale allungandolo in avanti, abbassandolo e dotandolo delle carenature sui fari alle quali questa volta il Commendatore non si oppose. Modificarono anche il padiglione aumentando la parte in lamiera a scapito della superficie trasparente. Considerando che il lunotto originale era in plexiglas leggero e che il profilo rimase invariato, la modifica non comportò vantaggi in peso o aerodinamici. Probabilmente fu un “contentino” per il Commendatore, che aveva giudicato il lunotto panoramico una frivolezza nelle auto da corsa.
PESCARA
Il 26 luglio la # 0320AM corse la 24 Ore di Spa con Alberto Ascari/Luigi Villoresi. Si ritirò al 216° giro per noie alla frizione, ma la # 0322AM affidata a Giuseppe Farina/Mike Hawthorn vinse davanti a due Jaguar C. Poco importa che fossero due esemplari privati, la vittoria mostrò la bontà delle modifiche. A ulteriore conferma, il 9 agosto la # 0322AM vinse a Senigallia con Paolo Marzotto e il 15 agosto la # 0320AM trionfò nella 12 Ore di Pescara con Mike Hawthorn/Umberto Maglioli. Tornata in fabbrica, la # 0320AM fu sottoposta a revisione e al montaggio di nuovi tamburi dei freni, al quale provvide il meccanico Walter Sghedoni. Il 7 ottobre la Casa rilasciò il certificato d’origine, documento indispensabile per l’immatricolazione, e poco dopo imbarcò la # 0320AM per la Carrera Panamericana, dove era iscritta dalla Scuderia Guastalla con il numero di gara 23 per Mario Ricci/Forese Salvati. La scuderia di Cornacchia aveva iscritto anche la # 0318AM per Antonio Stagnoli/Giuseppe Scotuzzi, la # 0322AM per Guido Mancini/Fabrizio Serena di Lapigio e la nuovissima 375 MM carrozzata berlinetta da Pinin Farina sul telaio # 0358AM con il frontale totalmente ripensato, con la calandra a strapiombo e i fari più bassi coperti da cupolette di plexiglas. Sul cofano, al posto del deflettore aveva una presa d’aria, mentre nei parafanghi posteriori tutte le prese d’aria erano soppresse e la modellazione seguiva un andamento “pulito”.
La gara messicana partì il 9 settembre e subito si mise in evidenza la Lancia D24 di Felice Bonetto, che vinse la prima tappa mentre lo scoppio di una gomma eliminava tragicamente la # 0318AM di Antonio Stagnoli/ Giuseppe Scotuzzi e la rottura del tappo del radiatore attardava la nuova # 0358AM di Umberto Maglioli/ Piero Cassani. La Lancia vinse anche la seconda e la terza tappa con la D24 di Piero Taruffi, ma nella quarta si impose la nuova berlinetta di Umberto Maglioli. Putroppo nella quinta il grippaggio del cuscinetto di una ruota pose fine alla corsa della # 0358AM e il forte pilota biellese, cosa ammessa dal regolamento, salì sulla # 0320AM al posto di Forese Salvati e vinse alla grande le ultime tappe: Durango-Parral (404 km), Parral-Chihuahua (300 km) e Chihuahua-Ciudad Juarez (358 km). In quest’ultima realizzò la spettacolare media di 222,2 km/h, stabilendo quello che resta il record per una corsa su strada. La folle rincorsa consentì alla # 0320AM di passare dall’ottavo posto nella classifica assoluta, dove la rilevò Maglioli, al sesto dopo tre Lancia, la # 0322AM di Guido Mancini/Fabrizio Serena di Lapigio e la Talbot T26 GS di Louis Rosier. La # 0320AM non tornò subito a Maranello e il 6 dicembre con Maglioli si impose nel Circuito di Guadalupe. La settimana successiva ancora con Maglioli si classificò seconda nella Carrera Jalisco-Guadalajara.