23 February 2016

FIAT, UNA 124 SPIDER MOLTO PARTICOLARE

Un giovane appassionato torinese e Tom Tjaarda hanno dato vita a un esemplare unico con il design originario che Pininfarina bocciò per via dei costi...

Pagina 1

Era il 1964 quando Sergio Pininfarina incaricò il suo designer Tom Tjaarda di realizzare la versione spider della Fiat 124. L’allora trentenne americano -approdato in Italia nel 1958 fresco di laurea in architettura, assunto alla Ghia e poi passato nell’atelier di Grugliasco tre anni più tardi- aveva appena firmato la Chevrolet Corvette Rondine e si ispirò a essa per disegnare la nuova cabrio di casa Fiat. Il lavoro, però, si dimostrò più complicato del previsto: «Le dimensioni ridotte della 124 -ricorda oggi Tjaardacambiavano le proporzioni delle linee studiate per la Rondine. Nonostante ciò, le forme per la nascente vettura Fiat risultarono molto piacevoli.

 

SCALA 1:1
Partimmo subito con i disegni in scala 1:1 ma Sergio Pininfarina non approvò il progetto perché lo ritenne troppo costoso per una vettura del Lingotto. Serviva qualcosa di più semplice da costruire e con un design meno sofisticato. Così misi da parte le caratteristiche della Rondine per realizzare qualcosa di più tradizionale. Forse è stato meglio così, perché in questo modo la 124 Spider è stata prodotta per vent’anni in grande serie senza chiudersi in una piccola nicchia di mercato come accade per i modelli più raffinati». Questa, quindi, la genesi della 124 Spider. Tom Tjaarda, però, è sempre rimasto convinto della validità dello “stile Rondine” applicato alla spider Fiat: «Il frontale è molto aggressivo mentre la coda ha una forte personalità». Tanto che in seguito, negli anni Settanta, il designer inviò alcuni schizzi della 124 Rondine in California, dove un amico iniziò a trasformare un esemplare seguendo le tracce di Tjaarda: «Un progetto che si è fermato quasi subito per poi rimanere abbandonato in un angolo».

 

40 ANNI DOPO
Ben quarant’anni dopo, Tom Tjaarda conosce Filippo Disanto, un giovane avvocatotorinese appassionato di auto storiche. Tra i due nasce un’amicizia, con Disanto affascinato dalla figura del celebre designer, tanto che nel 2011 ne pubblica la biografia: «Più che una biografia è un romanzo -sottolinea Disanto- un diario di viaggio, la cronaca di una vita trascorsa nel mondo dell’auto». Mentre i due lavorano al libro ecco rispuntare la 124 “americana”: «Tom mi aveva informato dell’esistenza di questa vettura -racconta Disanto- e subito decisi che avremmo portato a termine quel progetto. Era il suo sogno. Andai a ritirarla al porto di Genova nel febbraio 2008 ma iniziammo i lavori nel 2011».

SPORTWAGON

«Abbiamo impostato il lavoro alla vecchia maniera -continua Tjaarda- modellando il polistirolo espanso direttamente sulla vettura. Una volta definite le forme, insieme a un ex-battilastra e modellista della Bertone abbiamo creato la pelle in lamiera del frontale e della parte posteriore». Et-voilà, la Rondine è pronta a spiccare il volo con il suo frontale morbido e arrotondato, l’ampia calandra che divide il paraurti e due piccole palpebre a nascondere i gruppi ottici (derivati da quelli più moderni della Lancia Delta Evoluzione). Dietro, le code di rondine si allungano verso l’esterno e alle loro estremità sono incastonati i piccoli fari protetti da plexiglas sagomato.

La 124 Rondine si fa notare per il colore particolare. Una tonalità difficile da calibrare, quasi cangiante in base alla luce ambientale. Non è, però, un colore scelto a caso. Riprende la tinta del modello “Sportwagon” creato da Tjaarda nel 1958 per un esame all’università. Un’esecuzione che gli valse il biglietto di sola andata per l’Europa e guadagnarsi la fiducia di Luigi Segre alla Ghia. «Al di là della forma -evidenzia Disanto- mentre il progetto andava avanti Tom si è davvero entusiasmato nel curare tanti piccoli dettagli e soprattutto l’allestimento dell’abitacolo. All’esterno si possono notare i cerchi in lega Mille Miglia con i mozzi modificati e l’aggiunta di borchie in alluminio. I rivestimenti interni sono stati disegnati da Tom Tjaarda, così come la plancia che ha un nuovo disegno con angoli molto smussati. Abbiamo montato gli strumenti della Dino dotandoli di ghiere simili a quelli della Ferrari 330, ma in ottone cromato anziché di plastica. I vari pomelli (cambio, freno a mano, leve alzacristalli e regolazione dei sedili) hanno tutti la stessa forma, ripresa anche dal pulsante del clacson. Il volante è un Ferreri dell’epoca, anche questo modificato con l’aggiunta di baffi sulle razze. Il tutto ideato da Tom».

TERMINALE A DOPPIA USCITA

L’esemplare di partenza è un 124 Spider America del 1979 con motore due litri. Anche sotto pelle gli interventi non sono mancati. La meccanica ha subìto una completa messa a punto, il propulsore è stato elaborato per raggiungere circa 160 CV di potenza massima seppur privilegiando la coppia motrice. Monta carburatori verticali Weber DCNF da 40 (gli stessi della Dino) abbinati ad un collettore d’aspirazione Alquati.

 

L’impianto di scarico comprende un terminale a doppia uscita. Spiega Disanto: «Siamo riusciti a montarlo perché abbiamo modificato e spostato il serbatoio del carburante. Quello originale è posizionato in basso nella parte sinistra del bagagliaio, per questo lo scarico è dalla parte opposta. Noi lo abbiamo montato di traverso lungo la paratia che divide l’abitacolo: in questo modo abbiamo ricavato più spazio all’interno del vano bagagli e la via d’uscita per i due terminali di scarico laterali». L’esperienza di Tom Tjaarda e di Filippo Disanto riporta quasi per incanto all’epoca in cui si costruivano le auto su misura. L’epoca in cui i designer modellavano gli oggetti quando non c’era tempo di sporcare la carta. L’epoca in cui molti sogni si riuscivano a realizzare.

© RIPRODUZIONE RISERVATA