23 April 2015

Epoca, la Fiat Abarth SE035 (1979)

Esemplare unico, è l’episodio finale dell’evoluzione della 131 in chiave sportiva. Un progetto voluto da Fiat e messo in pratica in Corso Marche, che ha dato molti e notevoli frutti: titoli iridati Rally e tecnologia per i progetti degli anni a venire....

Epoca, la Fiat Abarth SE035 (1979)

Bella sfida quella di far passare la berlina Fiat 131 come un’auto dal carattere sportivo. Una sfida quasi impossibile, persa in partenza. Invece, con un po’ di ingegno, tanta esperienza e un pizzico di fantasia, quei matti dell’Abarth hanno colto nel segno portando a buon fine l’impresa affidata loro da mamma Fiat. Il tutto ha inizio tra il 1974 e il 1975. Nello sport automobilistico il Gruppo torinese è al top con quasi tutti i suoi marchi. Lancia e Fiat, in particolare, si danno battaglia sullo stesso campo: i rally. Da una parte la berlinetta Stratos, dall’altra la 124 Abarth che ha ormai una certa età. Per sostituirla si pensa alla X1/9.

Una scelta che si rivela subito vincente. In corso Marche a Torino nascono una manciata di esemplari di X1/9 Abarth Prototipo motorizzati con il quattro cilindri 1.850 cc tipo 232B già usato sulle 124 Gr. 4, partecipano con successo ad alcune gare ma il programma viene presto stoppato dai vertici Fiat. La motivazione sembrerebbe essere quella di non gradire due vetture ai vertici nelle competizioni che sfoggino anche il marchio del carrozziere Bertone. Stratos e X1/9, infatti, sono proprio creazioni dell’atelier guidato da Nuccio. Nel frattempo, siamo al Salone di Torino nell’ottobre del 1974, arriva la nuova 131, la berlina media che sostituisce la 124 ed è disponibile da subito in tre varianti di carrozzeria: tre volumi a due e quattro porte oppure station wagon (Familiare).

I motori sono quattro cilindri con albero a camme laterale azionato da aste e bilancieri, da 1.297 (65 CV di potenza) e 1.585 cc (75 CV). Lo schema meccanico è del tutto tradizionale, con motore e cambio anteriori, trazione posteriore, sospensioni anteriori indipendenti e posteriori ad assale rigido. Niente di sconvolgente, quindi. Ma soprattutto un oggetto lontano anni luce dall’impiego agonistico. Comunque sia, gli ordini sono ordini e nell’ufficio tecnico dell’Abarth ci si rimbocca subito le maniche per accontentare il management Fiat e rendere competitiva sotto il profilo sportivo la 131.

Da 131 a 031

La prima mossa si concretizza con il progetto Abarth SE031 completato per la partecipazione al Giro d’Italia del 1975. Una vetrina importante per il debutto in grande stile della 131 da corsa. La SE031 nasce sulle tracce della SE030, vettura-laboratorio che si era classificata al secondo posto assoluto nel Giro d’Italia 1974 con Giorgio Pianta alla guida. Questa, all’apparenza, è del tutto simile alla Lancia Beta Montecarlo, ma adotta un telaio specifico costruito dalla Pininfarina e dotato di parti mobili realizzate in vetroresina. Il motore -montato in posizione centrale- deriva dal V6 Fiat portato a 3.500 cc e completato da un collettore di aspirazione specifico accoppiato a tre carburatori Weber 44 IDF.

 

 

Dal cofano motore spunta il caratteristico snorkel per assicurare una generosa portata di aria fresca al motore. Il tutto è completato dal cambio ravvicinato ZF e dalle sospensioni tipo McPherson. Dopo la bella prestazione al Giro d’Italia la SE030 è accantonata. Le sue parti meccaniche, però, sono riciclate per la successiva SE031, ovvero la Fiat 131 3500 V6 vincitrice del Giro d’Italia 1975 con Giorgio Pianta e Bruno Scabini. Il motore, comunque, è ulteriormente modificato con l’adozione del carter secco a causa della ridotta altezza del cofano motore della 131 che impone la riduzione della coppa dell’olio. I radiatori dell’olio sono montati appena dietro la mascherina anteriore, mentre quelli dell’acqua sono in serie e posizionati all’interno dei parafanghi posteriori nascosti da vistose prese d’aria. Il cambio è posteriore in blocco con la frizione tridisco.

 

Mondiale

Con il successo al Giro d’Italia del 1975 la 131 ottiene il definitivo battesimo sportivo, tanto che in Abarth arriva il via libera per l’ambizioso programma che prevede la partecipazione al mondiale rally a partire dalla stagione 1976. Con la Fiat Abarth 131 Rally la Casa torinese conquisterà tre titoli iridati, 18 vittorie, 5 doppiette e 2 triplette in rally del Campionato del mondo disputati fino al 1981. Il motore di questa versione è sviluppato sulla base del bialbero Fiat a quattro cilindri, dotato però di testa a 16 valvole. All’inizio si usano carburatori doppio corpo, poi sostituiti dall’iniezione Kugelfisher.

 

 

La lubrificazione a carter umido, con ingranaggi maggiorati della Nuova Campagnola, lascia il posto al carter secco. Viene anche omologato un albero motore a otto contrappesi, più pesante ma anche più rigido, che permette al motore di salire di regime. La vettura è alleggerita con l’adozione di cofani e parafanghi anteriori e posteriori in vetroresina e di porte in alluminio. Dietro, il pianale è modificato per poter ospitare i duomi dei gruppi McPherson posteriori. Il ponte posteriore vede l’adozione di un differenziale specifico a lamelle studiato dalla ZF. Per le sospensioni, si ricorda l’adozione di articolazioni su uni-ball per una maggior precisione di guida. Poi si adotta un avantreno con braccio traversale in lega leggera forgiata, più leggero e rigido di quello in acciaio di serie.

 

Moby Dick

L’ultimo esperimento transgenico attuato dall’Abarth che vede protagonista la 131 si registra nel 1979. Questa volta il nome in codice è SE035 e identifica la Fiat 131 Volumetrico che ricorda molto la precedente SE031. La sua caratteristica principale è l’utilizzo del compressore, utilizzato per la prima volta in corso Marche sotto la spinta e l’entusiasmo dell’amministratore Aurelio Lampredi, che vuole sviluppare un motore sovralimentato con questo tipo di compressore. Viene utilizzata una delle ultime scocche rimaste della 131 Rally e si esegue una sorta di copia rivista e corretta della SE031: alcuni timori di Lampredi sul circuito dell’acqua fanno preferire un radiatore anteriore in rame spostando quelli dell’olio nel baule (con una bella presa d’aria sullo sportello).

 

In questo modo viene raffreddato l’olio di recupero e inviato al serbatoio, simile a quello della 131 Rallye posto anch’esso nel baule. Il motore è quello della 131 Rally, sovralimentato con un compressore di origine Ferrari 1949, richiesto personalmente da Lampredi a Maranello. Per guadagnare tempo, si prepara una 131 Rally con una carenatura in polistirolo per simulare la forma finale, che inizia una prova di durata in Campo Volo a Torino. Per le sue forme “esagerate”, la vettura è subito soprannominata “Moby Dick”. Addirittura si ipotizza la partecipazione alla 24 Ore di Le Mans, ma presto in Abarth si rendono conto che le prestazioni velocistiche non certo eccezionali della SE035 potrebbero essere insufficienti a qualificarsi per la gara.

Per migliorarle si pensa anche di abbassare il tetto dell’abitacolo e ridurre quindi la sezione maestra, ma anche così non ci sarebbero garanzie. Il progetto è quindi abbandonato: la vettura, montata ma ancora da verniciare, è accantonata. Ma a Moby Dick resta il merito di aver dato il via definitivo allo sviluppo dei propulsori dotati di compressore volumetrico, che in pochi anni diventeranno il fiore all’occhiello della produzione sportiva di casa Abarth: basti pensare alle straordinarie Lancia Rally 037 e Delta S4. Per fortuna è ancora possibile ammirare l’esemplare unico di SE035, acquistato all’epoca da un appassionato e mai più passato di mano.  

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