I giardini di marzo

Quanti parallelismi vengono in mente fra oggi e quando Alfa Romeo da Arese faceva battere i cuori. Oggi, al suo posto, un centro commerciale e qualche speranza in meno

I giardini di marzo

Giovedi 14 aprile 2016. Sto andando in redazione. Sono in macchina (moderna, ahimé). Alla radio locale un notiziario informa che è il giorno dell’inaugurazione del nuovo centro commerciale, il più grande d’Europa. Sorge ad Arese, dove c’era lo stabilimento Alfa Romeo. Una non-notizia: si sapeva da tempo, era tutto definito, programmato, uscita dell’autostrada fatta-quasi-ad-hoc compresa.

 

Ma a notizie così non si è mai del tutto preparati. Per carità, i posti di lavoro, il giro d’affari, l’economia che deve girare. Va bene tutto, però... La cosa scatena dei pensieri. Dove si costruivano auto tra le migliori e più belle del mondo, oggi ci sono boutique di vestiti, ristoranti, eccetera. All’epoca si parlava di massificazione perché lì dentro ci lavoravano migliaia di operai in catena di montaggio. Oggi di questo centro commerciale si parla soltanto in termini positivi, ma probabilmente qualche sociologo mi spiegherebbe che la massificazione si è trasferita dalla produzione al consumo.

 

Basta, cambio stazione. Lucio Battisti, “I giardini di Marzo”. Un capolavoro della canzone italiana; del 1972, anno in cui fu presentata l’Alfetta. Il testo è una metafora delle difficoltà di quel periodo, in cui l’Italia era all’alba degli anni di piombo, e che erano gli stessi problemi, o molto simili, di 40 anni prima. Penso che oggi ci sono molte difficoltà che assomigliano a quelle di 40 anni fa: il terrorismo, ora internazionale; la Crisi economica; le guerre in giro per il mondo; l’Italia senza una linea politica adeguata ai tempi in cui si vive.

 

Una cosa certo è cambiata: ci sono meno negozi e molti centri commerciali. Anche un’altra cosa è cambiata: nelle difficoltà degli anni ‘70, c’era qualche speranza che veniva dagli ideali oggi scomparsi, come la fabbrica delle Alfa Romeo. Mi metto nei panni di tanti nostri giovani lettori che amano le Giulia e le Alfette con le quali, chissà, forse cercano di vivere le sensazioni che non hanno potuto vivere negli anni Settanta, quando c’era meno omologazione.

 

Voglio dire che si stava meglio quando si stava peggio? Io vorrei... non vorrei... ma se vuoi...

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