Lancia Appia Zagato GTZ

40 anni fa come oggi, le Lancia Appia più ricercate erano quelle carrozzate da Zagato: morbide, eleganti e sinuose, erano le preferite dei gentleman driver di buona famiglia. E il loro fascino non fece fatica a varcare l’Oceano per farne un must anche negli Stati Uniti

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La Lancia Appia Sport rappresenta un traguardo importante tanto per la Carrozzeria Zagato quanto per la Lancia: il punto d’arrivo di un’intesa avviata nel 1957 ma anche, nello stesso tempo, il punto di partenza d’una collaborazione ancora più intensa e proficua, che in seguito avrebbe dato vita a modelli di successo commerciale e sportivo come la Flavia Sport e la Fulvia Sport. Delle svariate Appia coupé firmate da Zagato nell’arco di più di cinque anni, probabilmente la più conosciuta al grande pubblico è l’ultima della serie: l’Appia Sport. Le cui linee basse e allungate hanno il caratteristico andamento curvilineo delle migliori Zagato, ma non gli eccessi e le improvvise gibbosità di altri modelli dello stesso carrozziere. L’impianto stilistico non presenta sensazionali differenze rispetto a quello della GTE che l’ha preceduta: le novità non colpiscono al primo sguardo, ma diventano apprezzabili attraverso l’osservazione di tanti piccoli particolari. L’avvio degli studi per l’Appia Sport coincise con l’arrivo in Zagato del giovane designer Ercole Spada, assunto nel 1960 all’età di soli 23 anni. Adattare le collaudate linee dell’Appia GTE alle dimensioni più contenute dell’autotelaio tipo 812.05, che misura 2,35 invece di 2,51 metri di passo fu il suo primo compito.

L'ARRIVO DI ERCOLE SPADA

Dal punto di vista tecnico l’intervento non fu impegnativo, ma permise di ridurre il peso di 20 kg a tutto vantaggio di una migliore maneggevolezza. Dal punto di vista estetico, invece, le nuove dimensioni dell’autotelaio autorizzarono proporzioni più compatte ma, come accennato, per Spada le novità non si dovevano fermare qui. L’evoluzione delle Appia Zagato aveva vissuto fino allora momenti diversi, tutti però guidati da un approccio orientato più all’immediata efficienza dell’auto che alla pura ricerca estetica. Tutto ciò cambiò in maniera significativa con l’arrivo di Ercole Spada. Con lui l’approfondimento si spinse oltre la ricerca dell’efficienza e andò a esplorare zone d’interesse sottovalutate in precedenza: l’integrazione dello spirito di marca del fornitore dell’autotelaio, la standardizzazione delle componenti, l’analisi delle forme in rapporto ai procedimenti costruttivi per ottenerle. L’abitacolo della Sport è in perfetto stile Zagato per sportività, ma anche in esemplare stile Lancia per i sedili e i fianchetti delle porte rivestititi dell’inconfondibile panno di qualità (o in pelle, con supplemento di 32.000 lire) e rifiniti con la cura del dettaglio tipica della Casa torinese. Si tratta di un bel progresso rispetto ai rivestimenti di finta pelle delle GT/GTZ o ai fianchetti delle porte, belli, ma inconfondibilmente Zagato e per niente Lancia, delle serie precedenti. Anche la finitura del cruscotto in nero raggrinzante della Sport è in perfetto stile Zagato per la semplicità e per l’efficienza antiriflesso, ma è anche in perfetto stile Lancia per la qualità della verniciatura, per l’effetto raggiunto e per il richiamo all’identico trattamento delle testate dei classici motori a Lancia a V stretto. Nelle porte le nuove maniglie a pulsante, al posto delle precedenti a incasso, rispondono certo a criteri di praticità e di minor costo, ma conferiscono alla fiancata l’aspetto più maturo di un’auto usabile tutti i giorni, non solo per correre. La calandra nella Sport è una rigorosa miniatura di quelle tipicamente Lancia delle Flaminia, mentre nelle GTE e nelle GTZ era una libera interpretazione di Zagato sullo stesso tema. Per ultimo osserviamo l’inserimento dei fanali nel corpo vettura: quelli anteriori avanzati della Sport compongono, insieme con la calandra, un perfetto frontale Lancia, mentre quelli posteriori incassati risolvono definitivamente una collocazione che non era stata del tutto felice nelle versioni precedenti, troppo prominente nelle GT/GTZ e troppo indecisa nella semi-incassatura con tegolino delle GTE.

 

La presentazione dell’Appia Sport avvenne nel marzo 1961 e contemporaneamente partì la produzione in serie, che tuttavia non segnò la fine della GTE, la quale invece adottò le modifiche della Sport (maniglie, fanali, allestimenti) e l’affiancò nel listino della Lancia fino all’aprile del 1962. L’inserimento nella gamma Lancia della GTE, avvenuto nel 1959, aveva rappresentato il primo riconoscimento ufficiale della Carrozzeria Zagato da parte di una Casa automobilistica. All’ufficializzazione della collaborazione da parte della Lancia sarebbe seguito un analogo riconoscimento da parte dell’Alfa Romeo, per conto della quale Zagato avrebbe realizzato la Giulietta SZ, la Giulia TZ, la GT Junior Z e altri successi: è quindi evidente l’importanza strategica dell’Appia nella storia del Carrozziere. Prima d’allora Zagato era sempre stato un indipendente: in pratica, acquistava (o faceva acquistare dai propri clienti) gli autotelai e vendeva direttamente l’auto finita attraverso una rete commerciale costituita più che altro da amici e da gentleman-driver convinti della bontà delle sue realizzazioni.

DA CLIENTE A FORNITORE

In questo modo Zagato aveva acquistato i primi autotelai Appia in base ai semplici accordi che allora regolavano i rapporti con tutti i carrozzieri: pagamenti alle date stabilite e l’impegno a non superare i limiti di peso e d’ingombro, giudicati critici dalla Casa. Da quel momento i rapporti fra le parti s’invertirono: Zagato da cliente divenne fornitore della Lancia, con il vantaggio di ottenere gli autotelai in conto lavorazione e non pronta cassa, ma pure con l’impegno di essere il diretto responsabile del prodotto finito verso Casa. Con la GTE, Zagato si esercitò nella fabbricazione di qualità, mettendo in campo quell’abilità di finisseur che sarebbe divenuta fondamentale per i successivi traguardi industriali e commerciali dell’azienda.

 

Anche sotto questo aspetto la GTE, e ancora di più la Sport che rappresenta il punto finale dell’evoluzione della serie delle Appia coupé di Zagato, possono essere considerate come modelli di svolta per il carrozziere milanese. Con un vantaggio in più: saper essere vetture ancora oggi davvero piacevoli.

GTE: L’APPIA GRAN TURISMO

Puntualmente, lo stile della piccola Lancia carrozzata da Zagato non mancò di far presa anche oltre Oceano. A partire dal gennaio 1959 Max Hoffman (il distributore statunitense di Mercedes e Porsche) iniziò a importare regolarmente anche piccoli lotti di Appia GTE negli Stati Uniti. Il primo comprese gli esemplari con i telai dal #2470 al #2474, fra i quali c’erano quelli che si recarono a Torino per ritirare direttamente le loro Appia Zagato, che poi esportarono con targhe EE. Fra loro vanno ricordati James Badger, che acquistò la #4177, Cesare De Feo (#4411) e Jeff Burk (#4887). L’acquisto diretto presso la Casa era una pratica comune per i residenti nei Paesi privi di un importatore ufficiale o di una filiale della Casa stessa, ma la rete di vendita della Lancia all’estero era piuttosto buona. Fra i più attivi rivenditori stranieri di Appia Zagato ricordiamo i libanesi Fratelli Frassati, il francese Roblou, la Messicana Motoritalia, la tedesca Auto Beker, le portoghesi Guerin Sarl. e Societad Universus, la venezuelana L.A.M.C.A., il greco P. Ch. Damascos, il belga Remy Mannes, l’austriaco Wolfgang Denzel e la società olandese Lancia Import. dal #2990 al #2993 e dal #3106 al #3110. Il totale delle esportazioni negli Stati Uniti nel solo 1959 fu quindi di una trentina d’esemplari: una bella dimostrazione della validità della sigla GTE, nella quale E significava, appunto, Esportazione. Nel 1960 il totale delle Appia Zagato importate da Hoffman risultò po’ inferiore perché alcuni parteciparono alla 12 Ore di Sebring con Harry Blanchard- Skipp Callahan, trentacinquesimi assoluti, Peter Baumberger-Walter Rohlfs, quarantesimi assoluti e Newton Davis-Charles L. Abry ritirati a poche ore dalla fine. Max Hoffman ritirò un secondo lotto di auto (telai dal #2530 al 2534, dal #2539 al #2541 e il #2554) nell’aprile 1959 e ne consegnò la maggior parte a piloti come Dick Gent, specialista delle piccole cilindrate nelle gare S.C.C.A. (Sport Car Club of America). Nell’ottobre 1959 Hoffman importò la #2889, la #2890, la #2891, la #2946 e la #2963. In dicembre chiuse l’anno con gli esemplari

CRONOLOGIA E VERSIONI

Non è agevole tracciare il percorso evolutivo delle Appia Zagato, perché come quasi tutte le auto costruite in piccolissime serie non hanno seguito uno sviluppo lineare. Questa scheda riporta comunque le principali tappe dell’evoluzione, con l’avvertenza che, specialmente nei primi anni, il sopraggiungere di un nuovo allestimento non sempre ha segnato la fine del precedente.

 

Salone di Torino 1956 – Debutta la cosiddetta Appia Cammello con la calandra a scudo Lancia stilizzato e con le classiche doppie gobbe Zagato sul tetto, sul cofano motore, sul bagagliaio.

 

Mille Miglia 1957 – Giorgio Lurani prende il via con una Cammello aggiornata (telaio #812.-*1005*) che conserva la calandra a scudo e le gobbe sul tetto, ma perde quelle sui cofani. Enrico Anselmi (numero di gara 024) corre invece con un’Appia siglata GTS Zagato, con il muso più basso, le doppie gobbe sul tetto e la coda ridisegnata nella zona del lunotto e dei parafanghi posteriori, i quali però non presentano le “pinnette”. Queste ultime invece compaiono sull’Appia GT di Luciano Mantovani (numero di gara 012, telaio #812.1026), che mostra pure il tetto senza gobbe e profili lucidi sulle fiancate.

 

Primi mesi del 1958 – Non si hanno tracce di altre Cammello. La produzione prosegue sull’impianto stilistico delle Appia di Anselmi e Mantovani, con la presenza variabile di gobbe, “pinnette” e fari ricoperti da calotte di plastica.

 

Estate 1958 – A Monza si fa notare un’Appia Zagato speciale più bassa e allungata, con un particolarissimo deflettore aerodinamico sulla calandra. Il nuovo disegno della carrozzeria, che prefigura quello della GTE, è utilizzato pure per altri esemplari speciali da corsa.

 

Salone di Torino 1958 – Debutta ufficialmente l’Appia GTE con fari arretrati e carenati e con una linea più bassa e allungata. Il modello entra nei listini ufficiali della Lancia al prezzo di 1.800.000 lire. La Casa offre un motore da 60 Cv, oltre quello da 53 Cv, senza però che ciò dia luogo a una variante ufficiale del modello.

 

Gennaio 1959 – Iniziano le consegne della GTE. Gli appassionati le appiccicano il nomignolo di Bassotto, prendendo spunto dal dépliant pubblicitario che la raffigura accanto a un cane bassotto con la pettorina a scacchi.

 

Primavera 1959 – Con l’Appia III Serie debuttano gli autotelai aggiornati con i cerchi di 14 pollici al posto di quelli da 15 della II Serie. Inizialmente gli autotelai dell’una e dell’altra serie si mescolano, aumentando la confusione.

 

Autunno 1959 – Sulle GTE destinate ad alcuni mercati, fra i quali quello italiano, i fari avanzano e perdono le carenature di plexiglas in ottemperanza alle nuove norme sulla circolazione.

 

Febbraio 1960 – Alcune GTE, come la #812.01 *3275* esportata in Norvegia, hanno di nuovo le doppie gobbe sul tetto.

 

Marzo 1961 – Al prezzo di 1.840.000 lire, iniziano le consegne delle Sport a passo corto che hanno la solita linea, ma pesano 20 kg meno delle GTE. Queste ultime rimangono in listino al nuovo prezzo di 1.751.000 lire. Nonostante la produzione sia la più standardizzata da quando il modello è entrato nella gamma ufficiale della Lancia, si notano alcune differenze fra esemplare ed esemplare, soprattutto riguardo ai lampeggiatori laterali che volte sono quelli rettangolari dell’Appia III Serie, altre quelli di produzione tedesca montati su alcuni modelli Volkswagen e Porsche.

 

11 aprile 1962 – Con la #812.03 *5245* termina la produzione della GTE.

 

31 gennaio 1963 – Con la #812.05 *1200* termina anche la produzione dell’Appia Sport.

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