30 April 2013

Lancia..da combattimento!

L’azienda di Borgo San Paolo vanta un passato di successi sportivi che vanno al di là delle più celebri affermazioni nei rally. Negli anni Cinquanta ha infatti corso in Formula 1 e nelle grandi gare su strada: dal 1979 al 1986 si è distinta nel mondiale endurance....

Gli inizi

Ci sono 107 anni di storia, dal 1906 ad oggi. Ci sono le molteplici innovazioni tecniche e stilistiche, dalla scocca portante della Lambda datata 1922 alla raffinatezza dei motori con doppia sovralimentazione (turbo + volumetrico) utilizzati sulle Delta S4 nel 1986. Ci sono 15 titoli mondiali rally vinti tra il 1973 e il 1992: 11 per costruttori (record ancora oggi imbattuto) e 4 per piloti. Tanta roba, per dirla in termini moderni. Ma per dirla proprio tutta, la storia della Lancia si compone di altre imprese forse poco conosciute ma non meno importanti e prestigiose. Parliamo sempre di competizioni, perché è in questo ambito che le automobili si sono sempre misurate e confrontate.

 

Parliamo di Lancia nelle competizioni e parliamo innanzitutto di Mille Miglia, una corsa italiana conosciuta che si è disputata tra il 1927 e il 1957 attraversando mezza Italia a tutta velocità. Da qui, in pratica, è iniziata la storia della Lancia nelle corse, anche se già nei primi anni del ’900 le vetture di Vincenzo Lancia qualche buon risultato lo ottennero. Ma al fondatore dell’azienda torinese, seppur pilota a suo tempo, non interessava l’attività sportiva svolta a livello ufficiale. Solo con il figlio Gianni l’approccio allo sport automobilistico divenne molto più serio e metodico. Siamo quindi alla Mille Miglia del 1951. La Lancia ha appena sfornato la sportiva Aurelia B20 GT, modello che alla Mille Miglia del debutto fa subito scalpore. Con i biellesi Giovanni Bracco e Umberto Maglioli conquista il secondo posto dietro alla Ferrari 340 America di Gigi Villoresi. Altre due B20 si piazzano nei primi sette posti e le nuove granturismo dettano legge nella classe due litri. L’impresa si ripete nel 1952, anno durante il quale Gianni Lancia getta le basi per il grande passo verso la F1.

 

 

Dalla Targa alla Formula 1

Se l’Aurelia B20 GT ha spianato la strada delle competizioni per la Lancia, nel 1952 viene dato incarico a Vittorio Jano di impostare il progetto per una nuova vettura sportiva. È la D20, coupé sportivo costruito nel 1953 co motore V6 di 2.962 cc e 217 Cv di potenza. Debutta alla Mille Miglia dello stesso anno conquistando il terzo posto con Felice Bonetto. Con Umberto Maglioli si aggiudica, invece, la Targa Florio. Dalla D20 deriva la successiva D23. Una spider con lo stesso motore ma con l’innovazione delle sospensioni posteriori con ponte De Dion anziché a ruote indipendenti. La D24 è l’ulteriore evoluzione della D23, con motore maggiorato e passo accorciato di 200mm (da 2.600 a 2.400 mm), vettura costruita in appena due mesi dal via dei lavori all’esordio in corsa.

La D24 sfrutta il meglio della tecnologia dell’epoca: il telaio in tubi di acciaio al cromo molibdeno di piccolo diametro è rigido e leggero, il motore è fissato in più punti come elemento di irrigidimento. Le sospensioni riprendono quelle della serie D, con braccio oscillante inferiore, braccetto di guida superiore collegato alla barra antirollio e una balestra trasversale sull’assale anteriore. Il motore è V6 di 60° con cilindrata portata a 3.284 cc e una potenza che oscilla tra 230 e 240 Cv. È dotato di doppia accensione con due distributori montati sulla estremità posteriore degli assi a camme di aspirazione. La particolare architettura degli organi meccanici rende la D24 stabile ma richiede anche una grande abilità di guida. Per questo la Lancia si assicura i migliori piloti del momento, grazie ai quali la vettura conqui- sta 11 vittorie sulle 17 gare disputate nel 1953. L’asso argentino Juan Manuel Fangio si aggiudica la massacrante Carrera Panamericana Mexico, seguito dai compagni di squadra Piero Taruffi ed Eugenio Castellotti. Un vero trionfo. Con questo fortunato modello si conclude anche il programma delle vetture sportive Lancia, perché il 18 ottobre 1954 la Casa di Borgo San Paolo annuncia il ritiro dalle gare per vetture sport per dedicare tutte le energie all’ambizioso programma della Formula 1.

 

La monoposto che segna l’ingresso della Lancia in Formula 1 è molto avanzata per i suoi tempi. Si chiama D50 ed è realizzata secondo i nuovi regolamenti che prevedono l’utilizzo di motori aspirati di 2.500 cc oppure sovralimentati di 750 cc. Le iniziali difficoltà nella sua messa a punto ritardano il debutto che avviene al GP di Spagna a Barcellona, ultima gara della stagione. Il progettista è sempre Jano, che propone una vettura fuori dagli schemi. È ben evidente l’impostazione con tre “corpi”, con i due esterni che hanno la funzione di serbatoi del carburante ma anche di migliorare la aerodinamica tra le ruote anteriori e posteriori. Il telaio è a traliccio di tubi sottili e ancora una volta il motore, un compatto V8, funge anche da elemento strutturale.

Grazie all’inclinazione in pianta dell’asse del motore, l’albero di trasmissione passa a fianco del pilota consentendo di abbassare al massimo il sedile. Il cambio è in blocco col ponte posteriore per un perfetto centraggio dei pesi che resta invariato in gara perché i serbatoi laterali sono in posizione baricentrica. Il motore, dotato di 260 Cv a 8.000giri/minuto, è dotato di quattro assi a camme in testa, doppia accensione con due magneti e 4 carburatori verticali a doppio corpo Solex 40 PII. Un albero collega il motore alla scatola posteriore che alloggia un rinvio conico, la frizione bidisco, il cambio a 5 rapporti e il differenziale autobloccante collegato al cambio da una coppia cilindrica. Le sospensioni anteriori sono indipendenti a parallelogrammi trasversali con bracci costruiti in tubi saldati anziché forgiati mentre il ponte posteriore è De Dion.

Le molle sono a balestra trasversali, anteriore e posteriore, mentre gli ammortizzatori sono interni e azionati da bilancieri. I freni a tamburo sono montati sulle ruote e non come in precedenza all’interno. Al GP di Spagna la Lancia si presenta con due vetture per Gigi Villoresi e Alberto Ascari. Quest’ultimo è l’autore della pole position, ma in gara saranno entrambi costretti al ritiro per guasti alla trasmissione. La stessa coppia viene riproposta ai nastri di partenza della stagione 1955. Al GP di Argentina alla squadra Lancia si aggiunge anche Castellotti. È ancora debacle: Ascari esce di pista mentre è al comando, Villoresi e Castellotti abbandonano per problemi al motore. Il secondo appuntamento è sul circuito cittadino di Montecarlo. Le Lancia D50 sono quattro, con Ascari, Castellotti, Villoresi e il locale Louis Chiron. Gli ultimi tre concludono la gara in seconda, quinta e sesta posizione. Ascari, di nuovo mentre è al comando, è autore del celebre tuffo in mare: l’auto affonda ma il pilota è illeso. Poi arriva il giovedì nero. È il 26 maggio 1955. Ascari è a Monza per seguire alcune prove di Castellotti con una Ferrari. Decide anche lui di provare quella vettura. Al terzo giro esce di pista. Un’uscita fatale che gli toglie la vita.

Nel 1979...

Gianni Lancia è sotto shock per la perdita del suo pilota, tragico evento che lo porta a decidere per l’abbandono immediato delle corse. In questo periodo la Ferrari si trova in difficoltà e Lancia decide di donare le sue D50, i pezzi di ricambio, le attrezzature e i progetti al Cavallino. Lo stesso Vittorio Jano si trasferisce a Maranello per sviluppare le D50 da rimettere in pista nella stagione 1956. Si riparte dal GP di Argentina, dove la Lancia-Ferrari D50 di Luigi Musso e Manuel Fangio ottiene la sua prima vittoria. Quella di un nuovo corso.

Dopo l’acquisizione della Lancia da parte della Fiat, si evidenzia, nel 1978, una situazione delicata nell’ambito dell’automobilismo sportivo, nel quale i due Marchi torinesi si contendono il primato nel mondiale rally con le 131 Abarth e le Stratos. Ragioni commerciali suggeriscono di proseguire gli impegni rallystici con le Fiat e di riversare l’esperienza anche in pista utilizzando le vetture Lancia. Nell’estate del 1978, il Comitato Corse del Gruppo Fiat avvalla la proposta di Cesare Fiorio approvando il progetto di costruzione di una Lancia Gruppo 5 Silhouettes per partecipare al Campionato Mondiale Marche.

Dopo tanti anni di assenza, la Lancia torna dunque alle corse in pista a partire dalla stagione 1979. Viene scelta la Beta Montecarlo, una coupé di avanzata concezione tecnica e particolare impostazione meccanica, che ben si addice al regolamento delle vetture Gruppo 5. Dal momento in cui si dà il via al progetto Montecarlo Turbo – questo il nome del modello da corsa – alla presentazione del primo esemplare passano poco più di cinque mesi. Dopo altri tre la vettura scende in pista per i primi collaudi. In nove mesi, i tecnici dell’Abarth e l’ingegner Dallara, responsabile della progettazione della scocca e delle sospensioni, completano la trasformazione dando vita alla prima Silhouettes a firma tutta italiana. Il motore della Montecarlo Turbo mantiene il basamento dell’originale quattro cilindri Beta 1.800 cc costruito per gli Stati Uniti, ma la cilindrata viene ridotta a 1.400 cc per adottare la sovralimentazione. Altre caratteristiche sono le quattro valvole per cilindro, l’alimentazione meccanica Bosch Kugelfischer e lo scambiatore aria/aria.

La potenza è di 400-450 Cv a 9.000-9.500 giri (secondo le versioni e i rapporti del cambio). Il debutto in gara avviene nel maggio 1979 alla 6 Ore di Silverstone con Riccardo Patrese e Walter Rohrl. Poca fortuna, però. Dopo due giri la Montecarlo Turbo si ritira per la mancanza di un tappo nel circuito di raffreddamento. Nella prima stagione di corse si capisce subito che la Montecarlo Turbo ha della “stoffa”. Portata in gara da Patrese, Carlo Facetti, Eddie Cheever, Rohrl, Giorgio Pianta e Markku Alen, ottiene il primo successo assoluto alla Coppa Florio (con Patrese e Facetti), una gara di sei ore disputata nell’autodromo siciliano di Pergusa. A fine stagione la Lancia conquistava anche il titolo nella divisione fino a 2 litri. Dopo questa stagione di apprendistato, la Lancia torna in pista ancora più combattiva. Partecipa a 10 delle 11 gare in calendario del 1980 con due vetture, affiancata a Le Mans e a Vallelunga da una terza Montecarlo, avvalendosi di uno staff di piloti di prim’ordine: dalla Formula 1 Patrese e Cheever, dai rally Rohrl, Bernard Darniche e Alen, ai quali si aggiungono i giovani talenti Michele Alboreto, Piercarlo Ghinzani e Andrea De Cesaris, e gli esperti collaudatori Hans Heyer e Pianta. Meritato applauso al direttore d’orchestra Cesare Fiorio. Le intenzioni erano serie e i risultati non le avrebbero smentite: vittoria del Mondiale Marche (fermando il dominio Porsche che durava dal 1976) e del Campionato Tedesco Sport.

 

 

Beta Montecarlo Turbo

Non c’è due senza tre e nel 1981 la Beta Montecarlo Turbo bissa con autorità il titolo iridato nel Campionato del Mondo Marche Endurance. Sul finire della stagione, la Montecarlo Turbo, quasi pensionata a causa dell’avvento dei nuovi regolamenti, centra la vittoria e il secondo posto nella 6 Ore di Watkins Glen (Patrese-Alboreto e De Cesaris-Pescarolo), terminando così una carriera trionfale. Anno strano il 1982. Cambiano i regolamenti del Mondiale Marche Endurance, ora riservato alle vetture Gruppo C, ma la Lancia non è pronta e si presentava con una vettura Gruppo 6, senza la possibilità di prendere punti per il titolo costruttori. La Casa torinese utilizza il motore della Montecarlo, rivisto in alcuni particolari, su un nuovo telaio monoscocca. Nasce così la Endurance Turbo Gr. 6, con motore da 450 Cv e telaio con centine di rinforzo in magnesio per motore-cambio e sospensioni anteriori. La Endurance Turbo centra alcune vittorie (6 Ore di Silverstone e 1000 km del Mugello) e dà la possibilità di battersi per conquistare il titolo piloti. L’esperienza accumulata in queste prime quattro stagioni di corse è utile per la progettazione della LC 2, la prima Gruppo C della Lancia.

Il motore V8 di 2.599 cc e 4 valvole per cilindro arriva dalla Ferrari: è alimentato con un’inedita iniezione elettronica indiretta della Weber e sovralimentato con due turbine KKK. La potenza è di circa 950 Cv. La monoscocca del telaio è costruita in avional con le centine anteriore e posteriore in magnesio. Pininfarina si occupa delle ricerche aerodinamiche e della definizione della carrozzeria che è dotata di un apprezzabile effetto suolo. Nella stagione del debutto (1983) la LC 2 non ottiene grandi risultati: complici i difetti di gioventù, sono da segnalare alcune pole e la vittoria a Imola, nell’ultima gara in calendario con Teo Fabi-Hans Heyer. Nei tre anni successivi (1984, ’85 e ’86) la LC 2 non subisce grandi modifiche, ma i risultati non sono eclatanti: nel 1984 una doppietta di Patrese-Nannini e Wollek- Barilla (1000 km di Kyalami), nel 1985 un successo di Patrese-Wollek-Baldi (24 Ore di Spa) e nel 1986 un secondo posto per De Cesaris-Nannini (Monza).

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