Lotus 7 S1-S4, amore in scatola

All’inizio fu venduta in kit di montaggio. Leggerissima, fu poco amata da Chapman a cui servì per fare cassetta. Ma colpì il cuore degli appassionati fanatici della guida. La S1 è una sorta di moto a 4 ruote; la S4 la versione più “comoda”. In mezzo, la S3, su cui ancor oggi si basano le Caterham 7

Lotus 7 S1-S4, amore in scatola

Quando nasce nel marzo del 1970, la Lotus S4, quarta serie del modello Seven, ne migliora tutte le caratteristiche: diventa più abitabile, più equilibrata, ugualmente divertente da guidare e appena più economica da produrre, tanto da permettere alla Lotus di ricominciare a guadagnare qualcosa su ogni esemplare venduto. Gli estremi per il successo ci sarebbero tutti ma l’auto, per ragioni soprattutto estetiche, non piace, al punto che gli appassionati la bollano come “The plastic one, the car not to buy” (tradotto: quella di plastica, da non comprare).

 

I motivi del rifiuto hanno radici antiche. La Lotus Seven debutta, nel 1957, in una veste essenziale: una sorta di… motocicletta su quattro ruote venduta in scatola di montaggio. L’intento di Colin Chapman è di offrire una vetturetta assai meno costosa della barchetta “Eleven”, che possa essere acquistata anche in scatola di montaggio per evitare la tassa d’acquisto, ma ugualmente dedicata agli appassionati della guida pura, che con essa possono partecipare alle gare Club con un mezzo competitivo. Emblema della filosofia costruttiva di Colin Chapman, condensata nell’assunto to add lightness (aggiungere leggerezza), la Seven è fatta di un telaio tubolare rivestito da pannelli piani di alluminio (con la sola esclusione del musetto bombato che è modellato dai battilastra) per un peso di poco più di 400 kg tutto compreso. La meccanica, con la sola eccezione delle sospensioni anteriori ereditate dalla Eleven, è assemblata con componenti presi dalla produzione di grande serie: cambio Ford a tre marce o BMC a quattro; freni Ford a tamburo; ponte posteriore della Nash Metropolitan e, per finire, tre opzioni per il motore. Si può scegliere tra il Ford 100E di 1.172 cc, il BMC “A” di 948 cc ed il Coventry Climax FWA di 1.098 cc con potenza rispettivamente di 36,5, 39 e 75 CV per la versione denominata Super Seven. Per gli U.S.A. si allestisce anche la Seven America, dotata del BMC tipo “A” ma con due carburatori e specifiche dell’Austin Healey “Sprite”, da 50 CV. Divertente anche con il fiacco Ford 100E (10,9 kg/CV) accoppiato al cambio a tre marce, nella versione più potente Super Seven (5,3 kg/CV) diventa un vero razzo in grado di stregare chiunque si sieda al volante. Ed ecco fatto: il mito era nato!

 

COLIN CHAPMAN NON LA VUOLE PIÚ

Nel 1960 è presentata la versione S2, che si distingue dalla precedente anche per la possibilità di avere a richiesta (di serie dal 1965) parafanghi anteriori più avvolgenti in vetroresina, al pari di quelli posteriori e del musetto. Un’altra novità importante è l’adozione del ponte posteriore della Standard “Ten”. I primi fremiti di disapprovazione dei “puristi” per la modifica ai parafanghi, che allontana la loro beniamina dalla semplicità motociclistica, sono neutralizzati dalla Casa ampliando la gamma dei motori disponibili, con potenze superiori per le versioni top. Alla cancellazione del Coventry Climax, troppo costoso e di difficile messa a punto, fa da contrappunto l’introduzione di altre quattro unità, tutte di provenienza Ford. Da subito è disponibile il 105E di 997 cc (39 CV); a giugno del 1961 è la volta del 109E elaborato Cosworth di 1.340 cc (85 CV); nel settembre 1962 si aggiunge il 116E di 1.498 cc della Ford Cortina nelle versioni standard (66 CV) e Cosworth (95 CV) riservato alla Super Seven; infine, a febbraio 1968, sul finire della produzione della S2, arriva anche il tranquillo 225E Crossflow 1.599 cc (84 CV) che sarà, assieme con il fratellino di 1.298 cc da 72 CV, il cavallo di battaglia della successiva S3. Presentata nell’agosto 1968, la S3 è, come vedremo, la Seven che tutti conosciamo e possiamo acquistare ancor oggi con il marchio Caterham: in un primo tempo nessuno avrebbe potuto prevederlo, visto che rimane in produzione meno di due anni. Il suo debutto vede l’importante novità dei freni anteriori a disco di serie e il retrotreno della Ford Escort Mexico. Dal gennaio 1969 il motore di 1.599 cc è disponibile anche nella versione elaborata dalla Holbay (azienda artigianale specializzata nell’elaborazione di motori fondata nel 1959 da John Read) con due carburatori e 120 CV; nell’ottobre dello stesso anno, finalmente, diventa disponibile come optional anche il 1.558 cc.

 

Lotus a doppio albero a camme e due carburatori da 115 CV (versione standard) e 125 CV (elaborata dalla Holbay). A questo punto della storia, nonostante i buoni numeri di vendita, Colin Chapman è ormai stanco della Seven che, peraltro, non ha mai completamente amato: progettista di auto da corsa spesso rivoluzionarie, le sue energie ed i suoi gusti erano proiettati al futuro, e l’aggiornamento di questa auto archeologica è l’ultimo dei suoi pensieri. La stampa inglese ricorda come Chapman si vergognasse addirittura un po’ della presenza nel listino del la Casa di questa “kit-car”: temeva che ricordasse le origini artigianali della Lotus sminuendo le raffinatissime Elan ed Europa. Non va dimenticato che all’epoca la Lotus ha già vinto tre titoli mondiali in F1: un cambiamento di mentalità derivante da tale acquisizione di prestigio è inevitabile. Fu la cocciutaggine di Mike Warner, nuovo amministratore delegato della Lotus Components, a portare alla nascita della Seven S4, di cui si vede un esemplare in questo servizio. Si tratta di una delle pochissime arrivate in Italia da nuova: immatricolata a Verona nel 1973, è una delle ultime autentiche Seven della Lotus e appartiene a un appassionato del Marchio che possiede anche un’Elise R340, ultimo ed estremo sviluppo dello stesso concetto. Del tutto originale, la “nostra” S4 monta le ruote optional uguali, a parte il sistema di fissaggio, a quelle della Elan Plus 2 ed il motore Lotus Twin Cam in versione da 115 CV. Le uniche licenze sono il musetto e la striscia sul cofano di colore contrastante e i filtri aria K&N metallici al posto del convogliatore originale.

 

DALLA LOTUS ALLA CATERHAM

Sulla S4 le novità sono importanti, tanto da renderla rivoluzionaria rispetto alle altre Seven: Warner vuole un’auto da poter vendere in circa duemila unità annue con profitto. Si devono ridur re i costi (che portavano a perdere 100 sterline ogni S3 venduta) e nel contempo offrire più spazio, comodità e sicurezza in modo da poterla proporre anche sul mercato U.S.A. Per ottenere questi risultati il telaio è del tutto ripensato togliendo tubi ed aggiungendo pannelli di irrigidimento, la carrozzeria diventa tutta in vetroresina ed è molto più larga e lunga, consentendo di avere due posti comodi e un parabrezza finalmente degno del suo nome tanto che, potendo posizionare su di esso gli attacchi, è offerto a richiesta per la prima volta il tetto rigido. Le sospensioni anteriori sono le stesse della Lotus Europa ma senza barra antirollio, il cambio è quello della Ford Corsair 2000E mentre la scelta dei motori è semplificata: Ford 225E 1,6 litri e Lotus Twin Cam standard e in versione Holbay. Tutto questo porta ad un profitto di circa 150 sterline per ogni esemplare, con un aumento di peso limitato a una quarantina di kg, un’agilità immutata e un calo delle prestazioni pressoché inavvertibile. Tutto perfetto, quindi? No! La S4 rimane ferma in mezzo al guado: troppo civilizzata per i puristi, troppo poco per interessare la clientela delle spider normali: delle auspicate duemila unità annue se ne costruiscono soltanto seicentosessantaquattro in totale e la S4 diventa il punto di svolta della storia della Seven. Distributrice in esclusiva del modello fin dal 1967, la Caterham Cars rileva a questo punto dal deluso Colin Chapman, nel giugno 1973, i diritti di costruzione della Seven e tutti i pezzi rimasti dopo il fermo alla produzione del 1972. Giocoforza, le prime Caterham prodotte sono trentasette S4 assemblate con avanzi di magazzino. Esaurite le scorte, Graham Nearn (il titolare della Caterham) pensa bene di tornare alla rimpianta S3 (su cui si basa ancor oggi la produzione, avendo la piccola Casa inglese acquistato i diritti di questa sola versione), invocata a gran voce da tutti gli appassionati. Il primo lotto di venticinque esemplari costruiti nel 1974 per sondare il terreno è venduto in un attimo e da lì ricomincia la produzione in serie che dura ancora oggi: ogni anno si sono sempre trovati in giro per il mondo dai 500 ai 700 entusiasti pronti ad acquistarla. La quantità di motori utilizzati da allora è enorme e nemmeno elencabile in maniera corretta ed esaustiva in quanto vi sono state ricorrenti piccole serie ultrapotenti prodotte in poche unità con i più svariati propulsori. Il grosso della produzione però è dotato fino alla fine degli anni ’80 di motori Ford Kent 1.600 cc da 84 e 110 CV oppure dei Cosworth BDR 1.600 cc da 155 CV e BDR HPC 1.700 cc da 170 CV; nel 1990 è stato introdotto l’Opel 2.000 cc 16 valvole trasformato a carburatori da 175 CV. Nel 1992, assieme con il nuovo avantreno a doppi bracci triangolari, la versione d’accesso è stata equipaggiata con il motore Rover K 1.4 da 105 CV ad iniezione elettronica, che apre la strada all’1.6 da 120 CV e all’1.8 VCC da 160 CV con variatore di fase. Ciononostante i Ford non sono abbandonati: nel 1995, però, i Kent sono stati sostituiti dai nuovi Zetec SE (detti anche “Sigma”)  nelle versioni 1.6 da 125 e 150 CV e Duratec due litri, anche elaborato dalla Cosworth, con potenze comprese tra 200 e 260 CV. Quest’ultimo gruppo di motori è rimasto fino ai giorni nostri. Negli ultimi trentacinque anni la Caterham ha apportato alla Super Seven due modifiche importanti: nel 1985 il ponte De Dion e nel 1993 il cambio a sei rapporti; ma ce n’è un’altra particolarmente stuzzicante che merita la giusta menzione: nel 1992 i parafanghi anteriori tornano di tipo motociclistico (gli altri rimangono come optional), con un magnifico passo indietro a conclusione del percorso di ritorno alla purezza originaria.

 

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