Automobilismo d'epoca 8/9-2018

A inizio anni ‘60, un ragazzo romano di bor- gata passava le giornate disegnando, treni, aerei e soprattutto automobili. Nel 1965 in- viò alcuni suoi bozzetti a Nuccio Bertone... che decise di dargli una possibilità. Il diciannovenne Piero Stroppa fece una piccola vali- gia e prese il treno verso nord, sperando nel suo “mi- racolo” personale. La quotidianità a Torino era com- plicata, i salari bassi, ma l’atmosfera era di grande ot- timismo. Anche un autodidatta senza alcuna espe- rienza lavorativa aveva una possibilità. Piero Strop- pa ricorda in proposito: “Nuccio Bertone mi condus- se in uno stanzone al primo piano dell’azienda, dove era stato creato una sorta di centro stile, e iniziai su- bito a lavorare con Giorgetto Giugiaro: mi sembra- va di sognare. Fui scelto perché mi piaceva disegna- re anche i dettagli, in particolare gli interni dell’auto, che erano assai meno gratificanti per il capo.” A fine estate 1965, la piccola squadra del centro stile di Bertone era attesa da un enorme lavoro in vista del Salone di Ginevra del marzo seguente. In poco più di sei mesi doveva approntare tre nuovi prototipi: una roadster per l’importatore americano della Porsche, una Jaguar per l’importatore italiano (la futura Pi- raña) e un progetto misterioso commissionato da un impetuoso produttore di veicoli agricoli di Sant’Aga- ta, un paesino in provincia di Bologna. Come se non bastasse, Giugiaro aveva appena abbandonato Ber- tone per andare da Ghia, mentre il sostitutoMarcello Gandini doveva terminare il lavoro presso la Carroz- zeria Marazzi di Milano. Così Stroppa si ritrovò solo, per l’interomese di otto- bre 1965, nell’ufficio che Bertone gli aveva affidato. Stroppa si dedicò, in questa situazione, soprattutto al progetto della Porsche; egli rimase estraneo, per età e posizione, alle trattative tra dirigenti, ma non ai giorni e alle notti di lavoro dentro la Bertone, e vis- se per intero la genesi della Miura, tutte le sue fasi, e la sua opinione sulla paternità del progetto è chiara: la macchina è senza dubbio una creatura di Gandini. Stroppa si è immerso volentieri nello spirito del gioco di ricostruzione. Il suo racconto ci riporta con gran- de precisione non soltanto alle circostanze della cre- azione di un’automobile-mito, ma nelle atmosfere di un tempo segnato dall’entusiasmo, dalla semplicità delle procedure e delle relazioni umane pur inun am- biente di lavoro così competitivo. Prendere il toro per le corna Cintura di Torino, autunno 1965. Due giovani desi- gner, Marcello Gandini di 26 anni e Piero Stroppa di 20, hanno una missione: creare in poche settimane tre prototipi. Non hanno idea dell’eccezionale desti- no che li attende mentre in tutta fretta si mettono al lavoro su un telaio che sarà esposto al salone di Gine- vra dell’anno dopo. “Che fosse con Giugiaro prima o con Gandini dopo -racconta Stroppa- sempre in due eravamo a lavora- re dentro il Centro Stile. Soltanto noi due e Nuccio Bertone avevamo le chiavi. Lì dentro eravamo avulsi dal rigore che vigeva nel resto dell’azienda, poteva- mo fare quello che volevamo. Di notte ascoltavamo la radio ad alto volume e sempre le stesse canzoni pre- ferite per restare svegli. Giugiaro se n’era andato a fi- ne settembre e Gandini era arrivato a fine ottobre, e fino a dicembre venne soltanto di quando in quando. Il telaio della Miura lo potemmo vedere per la prima volta nel periodo del salone di Torino, dal 3 al 14 no- vembre e ci fu consegnato soltanto al termine della fiera. Una sera, mi sedetti nel telaio, per divertimen- to e per vedere cosa si provava. Visto che seguivamo tre progetti insieme, si può dire che la Miura sia nata quasi da un disegno, un modello e un prototipo: non MASCHERONE In apertura, Piero Stroppa con il bozzetto dei cerchi della Miura, ancora bellissimi dopo cinquant’anni. Sopra, il modello in scala del mascherone che fu usato per realizzare la carrozzeria dell’auto: il designer l’ha costruito di recente per suo ricordo. 63 “Con Giugiaro prima e con Gandini poi, fummo sempre in due a lavorare nel Centro Stile Nessun altro, a parte Bertone, vi aveva accesso”

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