Torna la Coppa Intereuropa: Barilla racconta della sua Monza e di Senna

Sabato 18 e domenica 19 prossimi. Paolo, vicepresidente del gruppo alimentare, ha vinto Le Mans 1985. Oggi si dedica, quando può, alle storiche: la sua esperienza a Monza 2015 e il fascino dello Stradale. Il ricordo di Senna e del suo kart, esposto nella mostra che l’Autodromo dedica al pilota brasiliano

Torna la Coppa Intereuropa: Barilla racconta della sua Monza e di Senna

Paolo Barilla ha vinto la 24 Ore di Le Mans nel 1985 su Porsche 956 del Team Joest. Tra il 1983 e il 1988 è stato uno degli specialisti delle Sport-Prototipo, correndo oltre che per la Casa tedesca anche con Lancia. Nel 1989 e 1990 è in Formula 1 con Minardi, dopo essere stato per un paio d’anni anche pilota-collaudatore Toyota in Giappone, paese dove ha gareggiato nella supercompetitiva Formula 3000 locale. I suoi esordi nell’automobilismo datano a metà anni ‘70, con il karting, categoria della quale è stato Campione Italiano 100 cc nel 1976.

 

Paolo, il prossimo fine settimana in Autodromo a Monza ci sarà la Coppa Intereuropa, di cui tu sei stato protagonista lo scorso anno con una Williams di F1. Che esperienza è stata?

Beh di Monza si subisce sempre il fascino, e anche l’anno scorso è stato così: avverti il privilegio di essere in un luogo storico. In giro per il mondo ci sono bellissime piste nuove, dove peraltro io non ho mai corso, ma quelle storiche sono un’altra cosa. Il solo fatto che metti le ruote dove le hanno messe tutti i più grandi campioni da Nuvolari a Clark, da Lauda a Vettel, ti mette i brividi. Senti di far parte di una storia lunga decenni, qualsiasi auto tu abbia sotto, e questo è bellissimo.

 

Cosa pensi del fatto che ogni anno si metta in dubbio qualcosa della vita di questo impianto?

Penso che l’Autodromo debba avere un futuro e si debba permettere di darglielo. Intendo dire che deve essere lo stesso ambiente circostante a contribuire a mantenerlo, la collettività; se i brianzoli dovessero perderlo, sono sicuro che se ne pentirebbero amaramente.

Penso che sia anche giusto che esistano nuovi circuiti e nuove geografie dell’automobilismo, ma gli impianti come Monza, Silverstone, Brands Hatch, il Nürburgring, Paul Ricard, non devono andare perduti: la Storia non va mai interrotta. Monza tra l’altro è un brand che richiama alla parte migliore dell’Italia, un nome memorabile che tutti pronunciano e riconoscono. Questo significa che hai la possibilità di lavorare con quel marchio, ci puoi fare delle cose importanti.

 

Qual è la tua storia con Monza? Che ricordi ne hai?

A Monza ho debuttato nel 1980 con la Formula Fiat Abarth, credo fosse il mese di Giugno, come adesso. Lì ho assistito in diretta alla prima gara della mia vita, la 1000 Chilometri del 1973, avevo 12 anni; l’anno seguente assistetti al GP d’Italia di F1. Per un bambino appassionato di corse come ero io Monza era un luogo di culto, faceva parte del mio immaginario dell’automobilismo. Il primo giro della pista che feci, in macchina, è stato indimenticabile.

 

Con quali categorie hai corso sullo Stradale brianzolo?

Dopo la F. Fiat Abarth sono tornato con la Formula 3 due volte, entrambe finendo sul podio. Sono ricordi molto belli. Poi ho fatto le 1000 Chilometri con la Lancia LC2 nel 1984, arrivando terzo insieme a Mauro Baldi, mentre nel 1986 con la Porsche ero in testa ma si ruppe la frizione a dieci giri dalla fine.

 

Quindi la pista ti piaceva?

Si molto, soprattutto mi piacevano Lesmo e la prima variante, che oggi non ci sono più. Può sembrare strano, ma la prima “esse” era disegnata molto bene, era impegnativa. Dovevi sacrificare un po’ la prima parte per uscire veloce dalla seconda, e con la frenata secca che la precedeva era molto impegnativo ripeterla uguale giro dopo giro. Ci sono curve che dopo un po’ diventano una routine, invece quella non la era mai. E di Lesmo, beh non c’è molto da dire: era la curva del brivido, ci arrivavi e pensavi: “La faccio in pieno adesso o alzo un filo?”. Era una sfida giro dopo giro.

Cosa hai provato in quel debutto nel 1980?

A quel tempo era un sogno che si realizzava. Dico a quel tempo non a caso, perché 30-40 anni fa avevamo un senso del sogno che oggi forse i ragazzi non hanno più. Non voglio essere retorico, ma forse oggi i giovani sono limitati in questo dal fatto di avere a disposizione moltissimo, tanto da non avere quasi più sogni. Per me, come per altri miei colleghi piloti, era lo stupore di esserci, un privilegio stesso di esserci. Una cosa a cui avevi pensato così a lungo, e alla fine eri lì: quasi incredibile.

 

Tu hai disputato lo scorso anno la gara della F1 con una Williams: cosa comporta correre a Monza con le storiche?

Correrci con un’auto d’epoca comporta che ti rendi conto di come gli standard di sicurezza siano cambiati e migliorati. Mi spiego: fare il Gp d’Italia nel 1980 con quella Williams mi avrebbe fatto pensare “però, com’è migliorata la sicurezza rispetto a dieci anni fa”. Lo stesso avrei pensato facendo la gara del 1990, rispetto a dieci anni prima. Correre oggi con le storiche ti fa pensare il contrario, e anche l’età ti porta a essere più cosciente dei rischi. Perciò io ho vissuto la mia gara dal punto di vista del piacere della guida, di gustare la macchina e il circuito con tutto il suo contorno.

 

E per il pubblico qual è la parte migliore di un evento come la Coppa Intereuropa?

Secondo me è proprio il fatto di lasciarsi affascinare dalla vista di com’erano le auto e come sono oggi, della loro evoluzione. Tra l’altro è un’opportunità straordinaria per il pubblico che può osservare a distanza di pochi mesi macchine di epoche lontane e metterle a confronto con la F1 moderna, che in quest’ottica può piacere anche di più.

 

Quest’anno alla Coppa Intereuropa il pubblico, oltre a seguire le gare, avrà la possibilità di visitare la mostra dedicata ad Ayrton Senna, con le foto di Ercole Colombo e i testi di Giorgio Terruzzi. Tra i cimeli esposti c’è anche il famoso kart DAP, che tu hai guidato. Che impressione ne hai avuto?

Si, l’ho guidato nel 2012 a Jesolo, invitato da Angelo Parilla qualche anno fa. Per me è stato un privilegio, quel kart verde lo conoscevo bene perché io e Ayrton correvamo nello stesso periodo. Si distingueva per il colore e perché era velocissimo. Ayrton aveva un talento superiore e al di fuori delle comuni possibilità. Il suo kart era altrettanto fuori del comune, un mezzo perfetto ancora oggi per assetto, equilibrio e possibilità di essere guidato al limite. E naturalmente quel limite era cosa per pochi, per Ayrton e basta in effetti. Direi che si tratta di un mezzo frutto dello sviluppo congiunto di un tecnico e di un pilota di primo livello.

 

Ci puoi raccontare un aneddoto legato al tuo rapporto con Senna?

Ayrton era molto concentrato: il paddock e il circuito per lui erano un posto di lavoro. Non eravamo esattamente amici, ma ci salutavamo sempre, anche perché lui era molto educato. Ci conoscevamo fin da ragazzi, avevamo fatto molte gare in kart insieme, poi lui era passato alla F. Ford in Inghilterra perdendoci un po’ di vista. Ci siamo ritrovati in F1, ma da due parti opposte: lui

campione in pole position e io in fondo alla griglia; però facevamo spesso due chiacchiere veloci. Un giorno, eravamo a Imola per dei test privati; io quel giorno non giravo e per quel motivo avevo invitato mio padre a trovarmi. Lui era già anziano e non volevo fargli vivere la cosa con l’ansia che io fossi in auto. Mio padre ammirava Senna, oltre che per il fatto di essere un fuoriclasse, anche perché io glielo avevo descritto come uomo. Camminando nel paddock lo incrociammo: Ayrton quando camminava dal garage al camion del team andava sempre a passo spedito. Lo salutai e gli presentai mio padre, che era intimidito, lo salutò ma rimase zitto, senza dire una parola. Ayrton capì al volo la situazione e gli disse “Venga, la porto a vedere la mia auto”. Se lo portò nel box e gli dedicò dieci minuti del suo tempo. Rimasero soltanto loro due per quei minuti. Mio padre dopo mi disse “Quello è un ragazzo che merita”, e in effetti Ayrton era così: molto esigente con gli altri ma per primo con se stesso, quindi aveva sempre un grande rispetto di sé e del prossimo.

 

Di recente hai partecipato al GP Storico di Monaco, con la Ferrari ex-Regazzoni. Hai in programma altre gare per il resto dell’anno?

Se potessi correrei tutti i fine settimana... Spero di fare una gara con la Williams entro fine anno. Ma non ne sono per nulla certo, ogni anno mi riprometto di fare almeno due-tre gare e poi... Quindi anche nel 2017 spero di farcela. E una spero proprio che sia l’Intereuropa, che abbia di nuovo in programma la F1. Gli inglesi e gli altri stranieri che fanno il campionato son tutti estremamente dispiaciuti di non essere a Monza quest’anno.

 

Per informazioni su programma e costo dei biglietti della Coppa Intereuropa: www.monzanet.it.

© RIPRODUZIONE RISERVATA