09 January 2015

Parmalat, un “lattaio” in pole position

La storia del marchio di Collecchio è legata al motorsport, alla Formula 1 ed in particolare a Niki Lauda. Storie e retroscena di un lungo idillio

Parmalat, un “lattaio” in pole position

Tra gli addetti ai lavori sono in molti a metterci la mano su fuoco: a titolo personale, cioè rigorosamente “in nero”, Calisto Tanzi ebbe indietro da Bernie Ecclestone, allora “patron” del team Brabham, 350 milioni del miliardo e mezzo di lire passato dalle casse della Parmalat a quelle della della squadra britannica per la sponsorizzazione delle “pance” delle monoposto inglesi nel 1978. Vero o no, resta il fatto che, senza la Formula 1, la Parmalat di Calisto Tanzi non sarebbe stata la stessa azienda: nel bene e, più recentemente, nel male. Fiumi di latte sono passati da quando l’azienda di Collecchio legò il suo nome a Niki Lauda nell’ormai lontano 1976. Non tutti ricordano, tuttavia, che la Parmalat debuttò come sponsor nel mondo dello sci: erano gli anni della “valanga azzurra” e Gustav Thoeni era uno degli eroi preferiti dagli appassionati di sport. Fu proprio il campione altoatesino a inaugurare lo slogan “latte da campioni” che iniziò a rendere popolare la Parmalat verso la metà degli anni 70.

 

TUTTO COMINCIÒ CON GUSTAV THOENI

All’inizio del 1975 l’azienda parmense sponsorizzò inoltre l’evento conclusivo della Coppa del Mondo di sci in Val Gardena, investendo la bellezza di 25 milioni di lire di allora. La gara passò alla storia per la sfida decisiva nello slalom parallelo proprio tra Thoeni e l’astro nascente Ingemar Stenmark e la vittoria dell’asso italiano costituì un vero e proprio trampolino di lancio per la Parmalat anche ben al di fuori dei confini nazionali. Quello stesso 1975 fu un anno storico anche per l’automobilismo: 11 anni dopo John Surtees, infatti, Niki Lauda riportò finalmente il titolo di campione del mondo di Formula 1 in casa Ferrari. Tanzi e i suoi uomini, sensibili all’ondata di popolarità del pilota austriaco e del suo compagno di squadra Regazzoni, non ebbero esitazioni: dal 1976 il marchio Parmalat comparve sulla tuta dello stesso Niki Lauda e di Regazzoni. La dicitura in inglese (“the champion’s milk”, il latte dei campioni) sotto il marchio principale la diceva lunga sull’interesse che già allora il mercato internazionale rappresentava per la Parmalat: in una Formula 1 sempre più seguita dal pubblico televisivo, il marchio si ritrovò ben presto abbonato al podio, a cominciare dalla vittoria di Lauda nella gara inaugurale della stagione, il Gran Premio del Brasile a Interlagos. Lauda, insaziabile, vinse anche in Sudafrica, in Belgio e a Montecarlo, con Regazzoni primo a Long Beach nel Gp degli Stati Uniti Ovest. Lauda sembrava avviato a bissare il titolo di campione del mondo. La svolta (negativa) avvenne nel pomeriggio di un drammatico e ormai storico 1° agosto 1976: sulla lunga e difficile pista del Nürburgring la Ferrari di Lauda sbandò, urtando le barriere di protezione prima di prendere fuoco ed essere centrata dalle monoposto di Brett Lunger e Harald Ertl. Il campione austriaco ricevette l’estrema unzione all’ospedale di Mannheim, in pericolo di vita a causa dei vapori tossici respirati a bordo della vettura. Gravemente ustionato al volto (anche per avere perso il casco nell’incidente), Lauda tornò inaspettatamente in pista dopo soli 40 giorni, nel corso delle prove in vista del Gran Premio d’Italia a Monza. Per nascondere le ferite, oltre alle bende, calzò un cappellino (allora di colore blu e “firmato” dal fornitore di pneumatici) che sarebbe divenuto il suo segno di riconoscimento. Nonostante tutto, Lauda perse il titolo nell’ultima gara, a Fuji, in Giappone, a favore di James Hunt. Nel 1977 il cappellino di Lauda fu sponsorizzato da un’azienda austriaca di acque minerali (la Romerquelle), mentre la scritta Parmalat rimase sulla tuta di Niki e del suo nuovo compagno, l’argentino Carlos Reutemann. Nell’automobilismo, gli orizzonti della Parmalat si erano intanto allargati ai anche rally con la squadra Lancia e nelle formule minori. L’investimento della Parmalat si rivelerà produttivo: Niki Lauda tornò campione del mondo vincendo in Sudafrica, Germania e Olanda. Prima della fine dell’estate ci fu l’annuncio del passaggio di Lauda alla Brabham di Bernie Ecclestone. “Ispiratrice” (oltre che sponsor finanziaria) dell’operazione fu proprio la Parmalat, decisa ad allargare la sua presenza in Formula 1 comparendo in grande stile sulle fiancate di vetture in grado di puntare al titolo mondiale. In realtà, sul piano dei risultati sportivi quell’anno fu piuttosto avaro: Lauda, ormai inseparabile dal suo cappellino rosso della Parmalat, vinse il Gp di Svezia con la famosa vettura dotata di ventola posteriore per generare l’“effetto suolo”, poi proibita per regolamento. Il campione austriaco fu primo anche a Monza, in una corsa funestata dall’incidente che costò la vita a Ronnie Peterson; ma il titolo mondiale passò a Mario Andretti e alla Lotus. Nel 1979 i risultati furono ancora peggiori e, ancor prima della fine della stagione, in Canada, la Brabham passò dai motori Alfa Romeo ai Ford-Cosworth. Più clamorosa, in quello stesso fine settimana, fu la decisione di Lauda di ritirarsi dalle corse, in anticipo di due gare sulla fine del campionato. Con l’astro nascente Nelson Piquet, la Brabham-Ford tornò ai vertici nel 1980. In un’innovativa livrea bianca e blu, e con grandi scritte Parmalat sulle fiancate completate dai loghi Santàl (la linea di succhi di frutta della Parmalat) sul muso, la vettura permise a Piquet di vincere il primo Gran Premio a Long Beach, il secondo a Zandvoort e il terzo a Monza. Il brasiliano fu secondo nel campionato mondiale.

 

IL PRIMO TITOLO DA TEAM SPONSOR È DATATO 1981

L’anno dopo Piquet conquistò finalmente il titolo iridato, sia pure con un solo punto di vantaggio su Reutemann: la Parmalat coronò così finalmente il sogno di vincere il campionato del mondo di Formula 1. Nel 1982 il passaggio dai motori aspirati Ford ai turbo BMW impedì a Piquet e al suo nuovo compagno di squadra Riccardo Patrese di andare oltre una vittoria a testa. Ma forse più importante, per la Parmalat, fu il ritorno alle corse di Niki Lauda al volante di una McLaren: il campione austriaco era tornato a gareggiare, profumatamente pagato dalla squadra di Ron Dennis. Lauda conservò la Parmalat quale sponsor personale, con relativo e più che mai immancabile cappellino rosso con la scritta dell’azienda di Collecchio: tanta fiducia fu ripagata dalle vittorie nei Gp degli Stati Uniti Ovest e d’Inghilterra. Nel 1983 il campionato mondiale visse sulla sfida tra la Brabham-BMW di Nelson Piquet e la Renault di Alain Prost, con René Arnoux a fare da terzo incomodo sulla sua Ferrari. Pur tra le polemiche per l’uso di carburante ritenuto irregolare (ma comunque ammesso dalla FIA), la Brabham sponsorizzata Parmalat permise a Piquet di vincere il secondo titolo iridato nell’ultima corsa, il Gran Premio del Sudafrica a Kyalami. L’anno successivo “esplose” la McLaren spinta da motori TAG-Porsche: pur senza esserne lo sponsor principale, la Parmalat poté sfruttare l’abbinamento con Niki Lauda, clamorosamente tornato campione del mondo per la terza volta pur con solo mezzo punto di vantaggio sul compagno Prost. Nel 1985 l’azienda di Collecchio rimase in Formula 1 solo con lo stesso Lauda, abbandonando la Brabham che nel 1984 aveva vinto solo due gare con Piquet. E, con il definitivo ritiro di Lauda alla fine del 1985, anche la Parmalat chiuse la sua epopea in Formula 1, continuando però a sponsorizzare il cappellino del campione austriaco. Il nome Parmalat sarebbe in realtà ritornato in Formula 1 verso la metà degli anni 90, ma per iniziativa personale del pilota brasiliano Pedro Diniz piuttosto che per decisione del vertice del gruppo di Collecchio. Il pilota brasiliano approdò nel mondo dei Gran Premi nel 1995 con la Forti, proseguendo la sua carriera con Ligier (1996), Arrows (1997 e 1998) e Sauber (1999). La presenza del nome Parmalat fu dovuta a un accordo commerciale tra la filiale brasiliana dell’azienda italiana e la catena di supermercati brasiliani Pao de Azucar, di proprietà della famiglia Diniz. Con il ritiro di Diniz, il nome Parmalat rimase però fedelmente inalberato sulla testa di Niki Lauda. Almeno per qualche anno ancora: perché Lauda, abile come uomo d’affari almeno quanto come pilota, alla fine del 2002 “tradì” (a dicembre) l’azienda di Collecchio, interrompendo così un rapporto d’affari ormai più che ventennale, per firmare un contratto con la Viessmann, un’azienda tedesca produttrice di caldaie e impianti di riscaldamento, attratta dall’immagine di Lauda anche come commentatore televisiva RTL. Che le cose non andassero ormai più troppo bene per la Parmalat, a Collecchio come nel resto del mondo, lo si sarebbe forse potuto intuire anche da questo dettaglio…

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