Enrico Barbano - 26 January 2023

Renault 5 Turbo: il piccolo diavolo

Ecco la storia di un’auto che da utilitaria si trasformò in arma affilatissima nel mondo dei Rally, ma costituisce ancor oggi un sogno proibito per moltissimi appassionati

Nel luglio 1977 Renault debutta nel mondiale di Formula 1 con una monoposto completamente realizzata “in casa”, telaio e motore. Il suo motore è sovralimentato con turbocompressore: per questo motivo, la cilindrata è di soli 1,5 litri, come prevede il regolamento tecnico in vigore.

Nel 1976, Règie acquisisce l’Alpine, con cui già aveva uno stretto rapporto tecnico, per acquisire anche il progetto della A441 Sport Prototipo, che l’anno prima vinse il campionato europeo della categoria. Renault decide quindi di essere vincente sia in F1, sia a Le Mans. Per questo secondo obbiettivo, l’A441 è ancora “debole”, dato che il suo motore 2 litri V6 aspirato non è abbastanza potente (circa 270 CV). Così, si decide di potenziarlo, naturalmente montando un turbo. Nel giro di un paio d’anni, la Renault-Alpine A442 vince la 24 Ore di Le Mans. A quel punto la Casa può concentrarsi sulla F1 dove, nonostante i tanti ritiri per rottura di motori e di turbine, s’intravvede che la strada possa essere quella giusta. Infatti, nel 1979 arriva la prima vittoria, al GP di Francia.

A quel punto la Règie identifica il turbo come la tecnologia del futuro e avvia uno sviluppo anche sulle auto di serie, che porterà ad avere in listino almeno una versione sovralimentata per ciascun modello in produzione, comprese le utilitarie.

La 5 Alpine Turbo diviene quindi protagonista sia nelle vendite che in pista, con il famoso trofeo a lei riservato. Oltre alla passione della sfida sportiva e al gusto della vittoria, il mondo delle competizioni offre l’opportunità di sviluppare tecnologie d’avanguardia di cui in seguito potranno avvalersi, direttamente o indirettamente, anche i modelli di serie.

Motore centrale e trazione posteriore

Scocche in viaggio per la trasformazione

La 5 Turbo 2 del 1982

Guidare oggi una 5 Turbo

Ai giorni nostri 160 CV fanno quasi sorridere, ci sono tanti turbodiesel che ne hanno molti di più, non parliamo poi delle pochissime compatte sportive rimaste, che arrivano senza problemi a 200. Eppure la "cavalleria" della 5 Turbo si sente, eccome, prima di tutto perché ci sono da spostare all’incirca 1.000 kg di peso. Ma anche per la particolare erogazione del piccolo 1.400 cc , ben diversa da quella dei turbo più recenti, che spingono forte fin da subito ma con un’erogazione così lineare da rasentare spesso la noia. Certo, fino a 3.500/4.000 giri il 4 cilindri Renault fa quel che può, ma quando il turbo inizia a “soffiare” come si deve arriva un bel calcio nel fondoschiena che spinge in un attimo l’ago del contagiri a 5.500; poi è inutile insistere, pena un drastico calo della spinta. Insomma, dal punto di vista pratico avere sì e no 2.000 giri di utilizzo non è granché, ma il bello dei turbo anni ’80 era anche questo, oltre alla purezza del sound di scarico che non viene filtrata e alterata da catalizzatori e ammennicoli vari.

Guidare la 5 Turbo è comunque un’esperienza che lascia il segno per altre ragioni, o meglio, che può diventare indimenticabile man mano che si cerca di scoprirne il limite. Già, perché nonostante i pneumatici dalla spalla alta quanto quella di un furgoncino, in percorrenza di curva il grip è sorprendente, ma lo è ancora di più la rapidità con cui la coda allarga al rilascio del gas. È una caratteristica tutt’altro che rassicurante sulle prime, ma basta poco per capire che la si può sfruttare per chiudere prima la traiettoria. Bisogna però essere immediati nel controsterzo, altrimenti è un attimo finire in testacoda. Per compiere la manovra con successo bisogna però sempre avere l’accortezza di tenere il motore sopra i 3.500 giri, anticipare l’apertura del gas per contrastare il ritardo di risposta del generoso turbo Garrett T3 e cercare di non rilasciare mai completamente il pedale destro.

Curva dopo curva è un vero e proprio piacere domare questo “mostriciattolo”, che ti fa sentire un po’ come il pilota di una Gruppo B degli anni ‘80 tanto riesce a coinvolgerti. Ma, a differenza di gran parte delle sportive dei giorni nostri, per generare le prime scariche di adrenalina non bisogna raggiungere velocità da capogiro prendendosi degli inutili rischi. Uno dei pochi nei di questa sportiva senza tempo è la mancanza del differenziale autobloccante, che renderebbe ancora più coinvolgente un’esperienza di guida comunque unica.

(Fabio Suvero)

Scheda tecnica

Motore 4 cilindri in linea, posteriore-centrale longitudinale Alesaggio x corsa 76 x 77 mm Cilindrata 1.397 cc Rapporto di compressione 7:1 Potenza 160 CV a 6.000 giri Coppia 21,4 kgm a 3.250 giri Distribuzione monoalbero a camme laterale, aste e bilancieri, 2 valvole per cilindro Raffreddamento a liquido Alimentazione Iniezione meccanica indiretta Bosch K Jetronic, sovralimentazione con turbocompressore Garrett T3

Trasmissione Trazione posteriore Frizione bidisco a secco Cambio a 5 rapporti + RM Pneumatici anteriori 190/55 HR 340, posteriori 220/55 VR 365

Corpo vettura Carrozzeria In lamiera d’acciaio saldata; padiglione, portellone posteriore e portiere in alluminio; cofano anteriore in poliestere stratificato

Sospensioni ruote indipendenti con quadrilateri deformabili (doppi triangoli sovrapposti) barre di torsione longitudinali anteriori, molle elicoidali posteriori, barra antirollio, ammortizzatori idraulici telescopici Freni a disco auto ventilanti Capacità serbatoio 93 litri in 2 serbatoi comunicanti Sterzo a cremagliera

Dimensioni (in mm) e peso Passo 2.430 Carreggiate anteriore/posteriore 1.346 / 1.474 Lunghezza 3.657 Larghezza 1.755 Altezza 1.325 Peso (kg) 970 in ordine di marcia Ripartizione del peso anteriore 386 kg (39,8%), posteriore 584 kg (60,2%)

Prestazioni Velocità massima oltre 200 km/h Accelerazione 0-100 km/h in 6”9, 0-400 m in 15”, 0-1.000 m in 27”8

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