Fiat 130 Coupé: tutta colpa del Kippur...
Introduzione
La guerra arabo-israeliana innescò nell'
autunno del 1973 una crisi energetica
ed economica epocale, di cui fecero le spese molte delle più performanti
e
lussuose auto del periodo. Come la Fiat 130 Coupè, una raffinata due porte
a
sei cilindri firmata Pininfarina
Per la 130 Coupé il maestro torinese dello stile creò, ai primissimi inizi
degli anni '70 un disegno che esaltava la semplicità: con il minimo delle
linee
il massimo di eleganza.
La creazione di una vettura così dev'essere stata tuttavia meno semplice
di
quanto possa apparire a prima vista. Perché a ben guardare, ogni dettaglio
rivela un processo delicato e lungo d' affinamento dell'idea per dare
l'impressione di una naturalezza che invece è semplicità ricercata, raffinata.
Come raffinato era il propulsore che equipaggiava la 130 Coupè, un sei
cilindri
a V di 3.2 litri, disegnato dall'ingegner Aurelio Lampredi, ex progettista
di
motori Ferrari.
Gli interni
Le comode poltrone anteriori e posteriori
della 130 Coupè erano rivestite di un
sostanzioso tessuto vellutato dai colori spesso piuttosto forti, come il
rosso
aragosta o l' azzurro elettrico. Il cambio di serie era un automatico a
tre
marce, sicuramente più aprrezzato all' estero che in Italia. Un cambio
manuale
ZF a cinque marce era comunque a disposizione nella nutrita lista degli
optional, che comprendevano anche il condizionatore d' aria.
Le immagini
La linea
La fiancata è riuscitissima: una semplice
piega nelle lamiere (il cosìddetto
diedro) crea un contrasto di luci e d'ombre che slanciano visivamente l'
insieme. Il padiglione è decisamente squadrato, ottenuto con una semplice
intersezione di piani. Ma a ben guardare anche qui si scopre la maestria
del
carrozziere, che smussò leggermente i bordi superiori dei montanti del
parabrezza e del lunotto per evitare un aspetto massiccio.
Le immagini
Su strada
Lo studiò infatti un "ex"
della Ferrari, l'ingegner Aurelio Lampredi, nel
momento in cui gli fu chiesto di disegnare contemporaneamente due motori
a sei
cilindri a V: quello della 130 (sigla di progetto X 1/3) e quello della
Dino
nella versione con i cilindri in ghisa e cilindrata di 2400 cc. Inevitabilmente
alcune soluzioni d'impronta sportiva finirono con l' essere comuni ai due
motori.
Anche quello della 130 Coupé, per esempio, dava il meglio agli alti regimi
come
i motori delle vere Gt dell'epoca, mentre ai bassi si avvertivano lievi
vibrazioni. Era un sei cilindri a V di 3.233 cc capace di erogare una potenza
massima di 165 cavalli a 5.600 giri al minuto. La trazione era posteriore.
La
potenza era adeguata alla mole della vettura e l' accelerazione, pur non
essendo da vera sportiva, era brillante.
Su strada, si apprezza ancora oggi la potente frenata, ottenuta grazie
ai freni
a disco autoventilanti, una raffinatezza che poche vetture dell'epoca
possedevano. Lo sterzo è leggero ma conserva una buona precisione, in altre
parole rappresenta il giusto compromesso fra le esigenze del comfort e
quelle
della guida sportiva. Insomma, la 130 Coupé è una signora macchina sotto
tutti
gli aspetti e se si proprio si vuol trovarle dei difetti bisogna andare
a
cercare i colori un po' chiassosi degli interni di velluto (impeccabili
quelli
di pelle), certe ingenuità nelle finiture (le scritte sulla plancia che
si
scoloriscono) e il consumo non solo per i parametri odierni: già a 60 km/h
non
si percorrono più di 9 chilometri con un litro, mentre a 160 km/h se ne
fanno
circa 3.
Per questo motivo dal 1973 al 1975, in piena crisi petrolifera, le vendite
della 130 Coupé precipitarono, e nei due anni successivi calarono al punto
che
la Fiat decise di cessarne la produzione.In tutto ne sono uscire dalla
fabbrica
4.474, la cifra giusta per permettere alla bella coupé di diventare una
rarità,
tanto più che la maggior parte degli esemplari prodotti è stata demolita
negli
"anni di piombo".
Le immagini