08 February 2013

Porsche 911 Turbo 3.0 - 3.3

Il tratto caratteristico di tutte le Porsche di serie è sempre stato quello della sportività. Una sportività particolare però, con un approccio completamente diverso rispetto alle concorrenti....

Introduzione

Il tratto caratteristico di tutte le Porsche di serie è sempre stato quello della sportività. Una sportività particolare però, con un approccio completamente diverso rispetto alle concorrenti,soprattutto quelle italiane. Lì a Zuffenhausen, nel sud ovest della Germania - dove costruiscono le macchine con la cavallina nera sul cofano - anche quando non realizzavano modelli di altissima cilindrata e prestazioni superlative, hanno sempre badato anche all’affidabilità e al confort. L’attività sportiva, poi - sempre ben presente - accresceva il fascino delle sue macchine, anche se le vittorie raccolte le sue macchine erano confinate alle classi di partecipazione.

Malgrado l’evoluzione dei modelli, da 356 a 911, e il conseguente incremento delle cilindrate e delle prestazioni, a ritmi regolari la situazione cambiava di poco. Anche se, va detto, ormai il monopolio Porsche nelle classi di gara a cui le sue vetture potevano prendere parte, assomigliavano più a un campionato monomarca che a un campionato ufficiale. Alla metà degli anni 60 la 917 tenevano molto alto il nome Porsche ai massimi livelli, mentre le tante 911 delle classi minori cominciavano a risentire dei tanti attacchi alla loro leadership che arrivavano da altri Costruttori.

917 con turbocompressore

Per mantenere il dominio nelle corse, serviva qualcosa di nuovo. La Federazione, per di più, stava preparando delle norme nuove che avevano il chiaro intento di limitare lo strapotere della 917, e quindi bisognava muoversi anche in fretta. Chiamandosi Porsche, la strada da intraprendere non poteva essere altro che quella della ricerca tecnologica. Nascono, così, le 917 con turbocompressore, così potenti e veloci da spaventare anche piloti di provata esperienza. E al quartiere generale tedesco di Zuffenhausen non ci hanno messo molto a trasferire le esperienze pistaiole su una vettura da produrre in serie.

Così, al Salone dell’auto di Parigi del 1974, viene presentata al pubblico la 911 Turbo, sigla di progetto 930. L’obiettivo è di arrivare a costruire i 400 esemplari richiesti per l’omologazione, ma, nei primi mesi del 1974, l’auto non è ancora pronta. La vettura presentata al salone è poco più che una maquette e si deve aspettare ancora qualche mese prima di poterla vedere su strada. La linea, comunque, è conosciuta.
 

Il design

Si tratta di una 911 che sembra aver subìto una cura intensiva a base di steroidi. I parafanghi sono allargati per contenere gomme di sezione maggiore (utili soprattutto ai fini delle corse), l’assetto è ribassato e al posteriore fa la sua comparsa un alettone di ampie dimensioni. Nei primissimi prototipi, inoltre, sotto il paraurti anteriore è posto, in bell’evidenza, un grande radiatore destinato a raffreddare l’olio. Questo ultimo tratto sparirà nella versione di serie definitiva, ma verrà abbondantemente utilizzato per le versioni da competizione. A completare l’aspetto “cattivo” pensano dischi freno e pinze maggiorate e sedili avvolgenti.

 

Tecnica

La scheda tecnica è impressionante: 260 CV di potenza massima, 35 kgm di coppia a 4.000 giri e il chilometro con partenza da fermo percorso in 25,15 secondi. Il motore, sigla di progetto 930/50 per le versioni “resto del mondo” e 930/51 per le versioni USA, è derivato dal Carrera 3.0 (codice 911/77) e pesa circa 25 kg in più del fratello aspirato. I pistoni sono forgiati e hanno la testa piatta per ridurne il rapporto di compressione a 6,5:1. Le canne dei cilindri sono in Nikasil, gli alberi a camme su quattro supporti e i getti dell’olio maggiorati. L’alimentazione è gestita dall’iniezione meccanica Bosch K-Jetronic e il raffreddamento è assicurato da una ventola ad 11 pale che gira 1,67 volte più velocemente dell’albero motore. La parte “aggiunta” è una turbina KKK che, spinta dai gas di scarico, aumenta la pressione di 0,80 bar. Viste le dimensioni piuttosto abbondanti delle palette, la turbina necessità di parecchia spinta da parte dei gas per pompare in modo giusto.

 

Questa caratteristica, conosciuta come “turbo lag” (ovvero un certo ritardo nella prontezza della risposta) è ben marcata sulla 911 Turbo 3.0 e, malgrado Porsche utilizzi un sistema di recupero dei gas per ottenere un più veloce richiamo, era questo il tratto distintivo della Turbo. Da un lato il ritardo della risposta è spettacolare perché genera un netto “calcio” nel momento in cui la turbina inizia a svolgere appieno la sua funzione. Dall’altro, il suo ingresso a un numero di giri elevato rende la 911 Turbo, sotto certi aspetti, facile da guidare come una normale aspirata. Infatti, se non se ne sfruttano le prestazioni a fondo, il turbo non lavora e non ci si accorge nemmeno della sua presenza. Ben diverso, invece, il comportamento dell’auto quando il pilota decide di esplorarne i limiti.

 

Su strada

La massa sospesa dietro, unita all’arrivo di tanta, ma veramente tanta, potenza improvvisa, rende la 911 Turbo 3.0 una vera belva da domare per non trovarsi sempre in “testa-coda”. E se, sull’asciutto, la situazione è più o meno gestibile, sul bagnato peggiora ulteriormente mettendo in difficoltà anche i veri “manici”. Per far fronte a un simile carattere non bastavano i “normali” pneumatici Pirelli CN36 da 185 davanti e 215 dietro e sono sempre stati preferiti i ribassati Pirelli P7 da 205/50 e 225/50-15 e successivamente gli 205/55 e 225/50- 16. Queste caratteristiche così spinte hanno fatto della Turbo una vera icona sia dentro le piste, sia sulla strada. La versione stradale, poi, sposa queste prestazioni a un allestimento lussuoso e curato nelle finiture. Infatti l’elenco della dotazione di serie prevedeva quasi tutto quello che si poteva desiderare.

Tetto apribile, fari fendinebbia, sedili ergonomici con regolazioni elettriche, tergifari, interno in pelle o in Tweed, radio, e, su tanti mercati, anche aria condizionata e vetri atermici. La stessa vernice metallizzata era inclusa nel prezzo che, equivaleva a quello di un bell’appartamento. Se si desiderava ancora qualcosa in più, restavano il differenziale autobloccante e l’interno, compreso di cruscotto e tunnel, “tutto pelle” oltre, alla possibilità di accedere al programma personalizzazione di casa Porsche che permetteva, ieri come oggi, di farsi tagliare l’auto su misura.


 

La prima versione


La 3.0 Turbo viene commercializzata per tre anni con lievi modifiche ogni “Model Year” (i dettagli sono illustrati nella tabella a pagina 94). In questa prima versione le evoluzioni principali sono l’utilizzo delle lamiere zincate anticorrosione per il “Model Year 76” e l’adozione del servofreno e di barre antirollio di maggiore diametro accoppiate a gomme da 16” sul Model Year 1977. 1977: aumenta cilindrata e potenza Nell’agosto del 1977, come MY 1978, viene presentata la vera evoluzione della Turbo: la 3.3. E’ una vettura dalle profonde differenze meccaniche ma, come da tradizione Porsche, con una chiara similitudine di linea e di carattere con la versione precedente. All’interno le modifiche sono di dettaglio, con il fondo scala del contachilometri che ora arriva a 300 e un nuovo manometro del turbo. Il resto cambia profondamente. Il motore, dal nuovo codice 930/60, è rivisto nelle dimensioni dell’alesaggio e della corsa. Per mantenere inalterata l’affidabilità, l’albero motore ha spessi rinforzi e i supporti più grandi e la superficie di attrito dei sei cilindri è rivestita in Nikasil. Il rapporto di compressione viene portato a 7,0:1 e la vettura viene dotata di un intercooler aria/aria, posizionato sotto lo spoiler posteriore di dimensioni più grandi e con una forma più elabora- ta, che abbassa la temperatura dell’aria aspirata di 50/60 gradi, rendendola più densa e quindi più ricca di ossigeno. La potenza arriva a 300 CV, ma è soprattutto la coppia che aumenta arrivando a 41,2 (dall’agosto del 1980 a 43,0 kgm a 4.000 giri). Cresce anche la portata della pompa dell’olio e la ventola gira 1,8 volte più veloce del motore (questa base, aspirata, verrà poi usata sulle 911 SC). Aggiornato anche l’impianto frenante con dischi di diametro maggiorato (rispettivamente da 304 mm davanti e 309 mm dietro), entrambi autoventilanti e forati. Le pinze Alcan, a 4 pistoncini, vengono impreziosite dal logo Porsche bene in vista. Le altre modifiche estetiche, oltre a quella dell’alettone posteriore, si limitano a uno spoiler anteriore più grande e squadrato e alle frecce anteriori che non incorporano più le luci di posizione.


La 3.0 Turbo viene commercializzata per tre anni con lievi modifiche ogni “Model Year” (i dettagli sono illustrati nella tabella a pagina 94). In questa prima versione le evoluzioni principali sono l’utilizzo delle lamiere zincate anticorrosione per il “Model Year 76” e l’adozione del servofreno e di barre antirollio di maggiore diametro accoppiate a gomme da 16” sul Model Year 1977. 1977: aumenta cilindrata e potenza Nell’agosto del 1977, come MY 1978, viene presentata la vera evoluzione della Turbo: la 3.3. E’ una vettura dalle profonde differenze meccaniche ma, come da tradizione Porsche, con una chiara similitudine di linea e di carattere con la versione precedente. All’interno le modifiche sono di dettaglio, con il fondo scala del contachilometri che ora arriva a 300 e un nuovo manometro del turbo. Il resto cambia profondamente. Il motore, dal nuovo codice 930/60, è rivisto nelle dimensioni dell’alesaggio e della corsa. Per mantenere inalterata l’affidabilità, l’albero motore ha spessi rinforzi e i supporti più grandi e la superficie di attrito dei sei cilindri è rivestita in Nikasil. Il rapporto di compressione viene portato a 7,0:1 e la vettura viene dotata di un intercooler aria/aria, posizionato sotto lo spoiler posteriore di dimensioni più grandi e con una forma più elabora- ta, che abbassa la temperatura dell’aria aspirata di 50/60 gradi, rendendola più densa e quindi più ricca di ossigeno. La potenza arriva a 300 CV, ma è soprattutto la coppia che aumenta arrivando a 41,2 (dall’agosto del 1980 a 43,0 kgm a 4.000 giri). Cresce anche la portata della pompa dell’olio e la ventola gira 1,8 volte più veloce del motore (questa base, aspirata, verrà poi usata sulle 911 SC). Aggiornato anche l’impianto frenante con dischi di diametro maggiorato (rispettivamente da 304 mm davanti e 309 mm dietro), entrambi autoventilanti e forati. Le pinze Alcan, a 4 pistoncini, vengono impreziosite dal logo Porsche bene in vista. Le altre modifiche estetiche, oltre a quella dell’alettone posteriore, si limitano a uno spoiler anteriore più grande e squadrato e alle frecce anteriori che non incorporano più le luci di posizione.
 

Model Year 80

 

Tutto resta invariato fino al MY 80, quando a causa delle sempre più stringenti normative antinquinamento negli USA, la Turbo è ritirata dal mercato americano. Per cercare di non uscire del tutto dal mercato debutta la 911 Turbo per il mercato canadese, ma i numeri di vendita, rispetto al potenziale, saranno sempre minimi. Il “resto del mondo”, invece, continua a godersi le gioie della “930”, per chi preferisce continuare a chiamarla con la sigla del progetto. Dal punto di vista meccanico il Model Year 80 presenta alcune modifiche. L’impianto di scarico adotta un doppio terminale posizionato a sinistra e un coperchio punterie con alcune venature di rinforzo. All’interno spicca il contachilometri che perde la spaziatura ogni 50 km/h e ne adotta una che evidenzi la velocità raggiunta ogni 20.

 

L’anno dopo la garanzia sulla corrosione viene portata a 7 anni (dal Model Year 86, arriverà a 10 anni). Sempre con il MY 81, i ripetitori delle frecce sono po-sti sui parafanghi anteriori e l’impianto tergifari perde le caratteristiche “torrette”. Nei due anni successivi vengono introdotti alcuni affinamenti al propulsore con un’ottimizzazione dell’alimentazione grazie a un miglior rapporto stechiometrico prima e all’iniezione poi con il duplice scopo di migliorare i consumi e di ridurre le emissioni. Questi accorgimenti sono tutto il contrario della versione da gara per il “Gruppo B”, omologabile con lievi modifiche in questa categoria e dotata di una potenza “base” di 360 CV.

 

Model Year 84 e 86

Nel Model Year 1984, lo spoilerino deviatore d’aria applicato al tetto apribile diventa in pezzo unico di colore nero e i fendinebbia vengono integrati con lo spoiler nella bandella sotto il paraurti anteriore. Ma è il Model Year 1985, però, che porta le modifiche più evidenti, con l’aumento ulteriore delle barre antirollio (22 mm davanti e 20 mm dietro) e un cambio di nuovo tipo dotato di radiatore dell’olio. All’interno spicca l’adozione di un volante a quattro razze e di sedili con il poggiatesta più alto oltre alla leva del cambio con la cuffia in pelle.

- Model Year 86

Con il Model Year 1986 la 911 Turbo, ora catalizzata, ritorna sul mercato USA e festeggia allargando la famiglia: disponibile finora solo nella versione coupé, adesso si può anche chiedere Cabriolet e Targa, col tetto rigido asportabile. La Cabrio diventa fin da subito il sogno proibito di chiunque conosca le auto e non voglia solo pensare alla pista. A tetto chiuso assomiglia tanto, nelle sue forme, alla coupé, ma da aperta è la quintessenza della sensualità su quattro ruote. La Targa, nella versione aspirata vera icona anni ‘60, incontra meno successo. Via di mezzo tra le due sorelle, non accontenta chi vuole sfruttare tutte le prestazioni della Turbo e allo stesso tempo non soddisfa abbastanza chi sogna un lungomare e il vento nei capelli (oggi la Targa è senza dubbio la versione più rara, visto che alla fine ne sono stati prodotti solo 262 esemplari per il mercato “resto del mondo” e 228 per il mercato USA).


In occasione della perdita del tetto arrivano anche alcune migliorie. Il sistema lavavetri diventa sdoppiato e ad alta pressione, i cer-chi ruota passano al posteriore alla misura 9Jx16 H2 con pneumatici 245/45 VR 16 e le manopole dell’aria condizionata abbandonano la forma a calice rovesciato per un più comune aspetto a manopola cilindrica. L’anno successivo, nell’87, nel parafango anteriore compare una ventola destinata a migliorare le prestazioni del radiatore dell’olio. Cambiano i retronebbia ora incorporati nel catarifrangente posteriore che adotta anche la scritta Porsche grigia al posteriore che è nera. E’ possibile richiedere anche la versione speciale “flatnose”, con i fari a scomparsa e i parafanghi schiacciati. Nel 1988, con lo scopo di risolvere un problema atavico delle 911, i cofani che non restano aperti, vengono utilizzati nuovi pistoncini pneumatici di sollevamento. La situazione migliora, ma il peso che grava su quello posteriore, zavorrato dal motorino del tergilunotto, condotto di aspirazione, ventola e radiatore dell’aria condizionata, continua a farsi sentire e accorcia drasticamente la vita utile degli ammortizzatori del cofano posteriore.

 

Model Year 89

Nell’ultimo anno di produzione (e va dato merito alla Porsche di aver continuato lo sviluppo fino alla fine), la 911 3.3 Turbo subisce importanti modifiche. Innanzitutto, con il MY 89, arriva, finalmente, la V marcia. Per farlo, la Turbo adotta il nuovo cambio G50 (sempre della Getrag) che ha anche lo scopo di diminuire rispetto a prima il rumore di trasmissione in folle e a bassa velocità. A causa della sua conformazione e dei supporti in gomma, il G50 obbliga i progettisti ad arretrare di ulteriori 3 cm il motore con conseguenti necessari lavori su assetto e regolazioni ad adottare una barra antirollio posteriore più piccola (da 20 a 18 mm).

Inoltre, vista la forma diversa della campana del cambio, la traversa posteriore viene ridisegnata.Il G50 per il mercato svizzero che applica normative antirumore più severe, adotta rapporti più lunghi rispetto a quelli destinati agli altri mercati europei (IV da 1,125:1 e V da 0,889). A fine luglio termina la produzione e, dopo la pausa estiva, debutta la sorella da 3,6 litri, più moderna e civile. Ma, per gli appassionati, la vera Turbo, resta sempre la “prima serie”: quella che faceva urlare dalla gioia; ma anche dal terrore quando partiva in controsterzo...
 

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