Ci accomodiamo al posto di guida, dopo aver cercato all’interno della porta la maniglia d’apertura, inesistente all’esterno come impone il minimalismo della scuola Shelby. Dentro l’abitacolo sembra di essere in un’utilitaria degli anni ’80, in versione base. Brutta plastica tristemente grigia dappertutto, neanche la strumentazione riscalda il cuore. I sedili invece sono molto belli, rivestiti in pelle ma, ahimè, grigi anche quelli. Mettiamo in moto con qualche precauzione. Un attimo di attesa e il brontolio dei dieci cilindri si fa sentire, appena accennato ma profondo. La frizione è abbastanza dura, ma tollerabile, molto più morbida di quella delle berlinette di Maranello, tanto per dire.
Si parte con grande souplesse senza la minima difficoltà, solo lo sterzo in manovra è piuttosto pesante. Proseguiamo con prudenza per toglierci dalle stradine e guadagnare spazi più liberi, ben più adatti alle dimensioni della Viper. Ecco di fronte a noi un bel rettilineo immerso nel verde, senza traffico. Il piede affonda in seconda e cadono i veli: in un lampo si superano i 4.000 giri, il brontolio diventa un ruggito, siamo sparati in avanti con brutalità incredibile e cerchiamo la terza con urgenza. Ingranata la quale, quella manona gigantesca che ci spinge accentua la sua forza e ci fa capire che a quel punto non si scherza più. Arriva una rotonda, valutiamo con grande margine lo spazio di frenata e affondiamo il piede sul freno: per fortuna siamo stati previdenti, più che frenare rallentiamo nonostante il polpaccio faccia del suo meglio. Arrivati dentro alla rotonda un po’ più allegri del previsto ne approfittiamo per saggiare il retrotreno, di cui tutti ci hanno raccontato fatti e misfatti. Ci siamo seduti sopra, quindi contiamo di riuscire a sentirne con immediatezza i movimenti. Resta fermo, incollato alla strada in maniera incredibile, tanto da mettere in crisi l’avantreno, che invece tende a partire per la tangente. Altro tentativo, tecnica differente. Velocità d’ingresso lievemente ridotta: l’avantreno si inserisce bene, acceleriamo dolcemente fino al primo avvertimento del retrotreno. È un avvertimento secco, che però va controllato subito e di misura, con decisione ma dolcemente. Il perché ce lo insegna l’esperienza e ce lo chiarisce il proprietario della Viper, rimasto stranamente sereno: la sbandata del retrotreno va ripresa subito, con attenzione, perché se si agisce in ritardo lo sterzo a raggio molto ampio non è più sufficiente a correggere la sbandata e l’inerzia dei 1600 kg di massa ti porta al testacoda. Di contro, se in fase di correzione non moduli attentamente il gioco sterzo-acceleratore, gli enormi pneumatici posteriori prendono improvvisamente aderenza e ti sparano diritto all’interno della curva. Insomma, è proprio una Viper(a), pronta a farti brutti scherzi se abbassi la guardia e non la tratti con la dovuta deferenza.