23 November 2017

L'epopea dei rally-avventura allo stand di FCA Heritage a “Milano AutoClassica”

La Fiat 131 Diesel Abarth della Londra-Sidney e la Campagnola della Algeri-Le Cap
esposte al pubblico insiema alla Delta del Safari e alla Giulietta della Pechino-Parigi
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A “Milano AutoClassica”, da domani venerd 24 a domenica 26 novembre, FCA Heritage proporrà uno stand dedicato agli “Epic Journeys”, gli avventurosi rally e raid a cui parteciparono le auto del Gruppo allora Fiat dagli anni ‘5° agli anni ‘80. Vetture derivate da quelle di serie, ma capaci di superare sollecitazioni estreme. In dettaglio, si tratta delle Fiat Campagnola “Alger-Le Cap” del 1951, 131 Diesel Abarth “London-Sydney” del 1977 e 500 “Overland” del 2007; della Lancia Delta Integrale “Safari” del 1988 e dell’Alfa Romeo Giulietta t.i. del 1957, vettura quest’ultima che ha partecipato alla rievocazione della Pechino-Parigi nel 2007.

Fiat Campagnola “Alger - Le Cap” (1951)
Nel 1950 l’Esercito Italiano bandì una gara per la fornitura di veicoli polivalenti per impieghi speciali (in inglese MPV, cioè Multi Purpose Vehicle), che ricalcassero lo schema della Jeep Willys, il fuoristrada impiegato dalla truppe americane durante la campagna europea del secondo conflitto mondiale.
Due case automobilistiche di grande prestigio come l’Alfa Romeo e la Fiat si cimentarono nella progettazione di un tipo di automezzo che, fino a quel momento, non aveva ancora avuto nessun sviluppo nel panorama automobilistico italiano.
Ne scaturirono due modelli, entrambi siglati con la dicitura “A.R. 51”, dove le due lettere stanno per “Automezzo da Ricognizione”, che vennero presentati al vertici militari.
Per ragioni di praticità e facilità nella gestione e nelle riparazioni, la scelta cadde sul prototipo della Fiat, prodotto ingegneristico di Dante Giacosa, che venne così messo in produzione su larga scala.
A fine autunno del 1951 la dirigenza Fiat decise di battere il record di velocità della traversata dell’Africa da Città del Capo ad Algeri con una Campagnola A.R. 51. L’impresa fu portata a termine in 11 giorni, 4 ore e 54 minuti: un record ancora imbattuto, nonostante gli odierni mezzi tecnici e ritrovati tecnologici.
Pilota e organizzatore fu designato Paolo Butti, forte dell’esperienza maturata nel corso di precedenti rally in terra d’Africa, affiancato da un collaudatore Fiat con profonda conoscenza della Campagnola, cioè quel Domenico Racca incaricato qualche tempo prima della messa a punto del prototipo militare.
In realtà non si trattò “solamente” di percorrere il tragitto Città del Capo-Algeri bensì di effettuare prima il percorso al contrario, partendo da Algeri per raggiungere Città del Capo, organizzando via via le tappe ed i punti di rifornimento per il raid vero e proprio; per i componenti dell’equipaggio fu quindi una doppia traversata Nord-Sud-Nord del continente africano. Racca e Butti utilizzarono due identiche Campagnole, una per ciascuna tratta, in modo da poter avere quella “fresca”, spedita da Torino, per il tentativo, riuscito, di record.

Fiat 131 Diesel Abarth “London - Sydney” (1977)
Se oggi il pubblico degli appassionati si sta abituando a vedere automobili diesel impegnate e spesso vincenti nelle gare di durata, nel 1977 nessuno avrebbe mai pensato a un motore a gasolio per una gara, che fosse di resistenza o di velocità. L’impiego principale e sostanzialmente esclusivo di questo combustibile era appannaggio dei veicoli commerciali e agricoli, dotati ovviamente di prestazioni non entusiasmanti.
Non la pensavano in questo modo i tecnici Fiat, quando decisero di sviluppare una versione diesel della 131 berlina, modello in produzione dal 1974 e molto diffuso e apprezzato, equipaggiandolo di un motore SOFIM 4 cilindri in linea da 2445 cm3, in vista della presentazione al Salone di Torino del 1978.
Non solo: immaginando, giustamente, un possibile ritorno di immagine da un impiego prettamente sportivo di questo modello, venne chiesto all’Abarth di preparare quattro 131 Diesel (3 + 1 test car) per il Raid Londra-Sydney che si sarebbe corso nell’estate del 1977. In questo tipo di gara non serviva avere l’auto più veloce, ma quella più affidabile e con minori consumi.
Per alcune componenti, i preparatori Abarth usarono soluzioni di serie: ad esempio, il cambio a 5 marce e il differenziale autobloccante erano entrambi derivati dalla Fiat 131 Abarth.
Le tre vetture -condotte dagli equipaggi Robert Neyret/Marianne Hoepfner, Giancarlo Baghetti/Tommaso Carletti e Christine Dacremont/Evelyne Vanoni- si presentarono ai nastri di partenza a Londra il 14 agosto; dopo 45 giorni di raid ininterrotto e oltre trentamila chilometri percorsi, due 131 giunsero al traguardo a Sidney il 27 settembre e la vettura di Neyret/Hoephner vinse la categoria.
Grazie a questo risultato, la 131 Diesel 2500, che aveva lo stesso motore delle vetture in gara, ebbe una grossa spinta mediatica ancor prima ancora del suo debutto al salone dell’auto di Torino.

Lancia Delta Integrale “Safari” (1988)
Fra i modelli che la Lancia ha prodotto nei suoi 111 anni di storia, la Delta davvero non ha bisogno di presentazioni, non solo per essere stata un autentico best seller del marchio torinese, prodotta dal 1979 al 1993, ma anche per aver scritto alcune fra le più importanti e gloriose pagine del rally mondiale.
Nel maggio 1986 viene lanciata la prima versione a quattro ruote motrici, la Delta HF 4WD: è con quest’auto e con le sue successive quattro evoluzioni (denominate poi “Integrale”) che la Lancia inizierà il suo ineguagliato ciclo di vittorie nei rally: dopo i cinque titoli già ottenuti con vetture del calibro di Stratos e Rally 037, con la Delta la Lancia vincerà il Campionato Mondiale Rally per sei volte consecutive (1987-1992) mentre i piloti che guidarono questa autovettura vinsero quattro titoli: due con Miki Biasion (1988 e 1989) e altri due con Juha Kankkunen (1987 e 1991).
Tra gli innumerevoli successi conquistati dalla Delta nelle competizioni, il Rally Safari occupa un posto particolare. Questa importante competizione, chiamata confidenzialmente “il Safari”, venne istituita nel 1953 dalla East African Coronation Safari per celebrare l'incoronazione della Regina Elisabetta II e divenne una delle gare più impegnative a faticose per vetture ed equipaggi, costretti a sfrecciare lungo la savana, facendo i conti con i mille imprevisti che queste condizioni comportavano.
La Lancia aveva tentato ben dieci volte, senza successo, di riuscire a conquistare il gradino più alto del podio nella durissima gara africana. Finalmente nel 1988 l’esemplare in esposizione – guidato da Miki Biasion – riescì ad imporsi non senza difficoltà, tra cui l’ “incontro” con una zebra che ha lasciato il segno sul lato destro della vettura. L’importante risultato fu raggiunto nuovamente l’anno successivo e poi ancora nel 1991.

Alfa Romeo Giulietta t.i. (1957)
Nella prima metà degli anni Cinquanta l’Alfa Romeo, terminata momentaneamente l’esperienza ufficiale nelle competizioni dopo essersi ritirata imbattuta nei primi due campionati del mondo di Formula 1, si dedica alla costruzione di vetture “medie”, dotate di prestazioni notevoli e di un carattere prettamente sportivo. Si rivolge al grande pubblico, mantenendo una qualità più alta rispetto alla media.
La Giulietta, presentata nel 1954, incarna questa nuova impostazione programmatica della dirigenza del Portello: un motore di soli 1290 cm3, con basamento in lega e diversi elementi in alluminio, per garantire il miglior rapporto peso-potenza.
Nel 1957, presso l’Autodromo di Monza, viene presentata la Giulietta t.i. (Turismo internazionale), evoluzione del modello berlina, dotata un più elevato rapporto di compressione, carburatore doppio corpo e più ricca strumentazione. La potenza passa da 53 a 65 cavalli, per una velocità di punta che arriva ai 155 km/h.
Proprio con una Giulietta t.i. del 1957 la Scuderia del Portello, in collaborazione con l’Alfa Romeo, ha corso e terminato con onore l’edizione 2007 della Pechino-Parigi.
La vettura in esposizione ha percorso senza particolari problemi tutti i 16.000 chilometri che, attraverso due continenti, l’hanno portata a tagliare il traguardo, tradizionalmente fissato in Place Vendôme a Parigi, dimostrando la robustezza, l’affidabilità e la velocità di un modello dal fascino senza tempo.
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