Automobilismo d'epoca

56 AUTOMOBILISMODEPOCA.IT | MAGGIO 2023 Se c’è un’automobile che all’inizio degli anni 90 ha avuto il grande merito di riportare in auge lo spirito delle “spiderine” tanto in voga negli anni 60 e 70, questa è senza ombra di dubbio la Mazda MX-5, auto che deve gran parte del suo successo all’intuizione di riproporre in chiave moderna la ricetta magica delle più affascinanti e divertenti scoperte a due posti secchi del passato. Ispirandosi alla Lotus Elan prima serie (R26) e alla Triumph Spitfire, ma aggiungendo un ingrediente poco diffuso tra le inglesi, ovvero l’affidabilità, il tutto sommato ad una qualità costruttiva lontana anni luce da quella delle auto dell’epoca. Da quel momento in avanti è stato un susseguirsi di spider che hanno lasciato un segno più o meno profondo nel cuore degli appassionati, a partire da esempi come BMW Z3 e MG-F, andando in ordine rigorosamente alfabetico, ma senza dimenticare alcune più o meno riuscite divagazioni sullo stesso tema, sfruttando però uno schema tecnico meno raffinato, con il motore e la trazione anteriori. Ricordiamo a tal proposito l’Alfa Romeo Spider (916) e la Fiat barchetta, ma anche la meno diffusa e fortunata Lotus Elan, presentata anch’essa nel 1989 come la MX-5, ma non considerata dai puristi una vera Lotus proprio a causa dello schema “tutto avanti” e, come se non bastasse, dell’adozione di un motore turbo di origine Isuzu. Non ultimo, il prezzo della Elan superiore all’incirca del 50% rispetto a quello della Mazda. Seguendo alla lettera la filosofia di Colin Chapman, la compatta e leggerissima sportiva inglese è divenuta immediatamente un punto di riferimento per emozioni di guida e coinvolgimento. Nonostante i soli 120 CV del suo 1,8 litri Rover della Serie K questa è una Lotus al 100% di Fabio Suvero – foto di Thomas Maccabelli Fior di Loto LOTUS ELISE S1 Ci voleva un italiano A questo punto facciamo un salto temporale nel 1993 e mettiamoci nei panni dell’imprenditore Romano Artioli che, dopo aver acquisito il marchio Bugatti e costruito l’innovativo stabilimento di Campogalliano (MO) per la produzione della EB110, decide di rilevare e rilanciare anche la Lotus. Una realtà che non navigava certo in acque quiete dopo la “cura” General Motors, basti pensare che le perdite degli ultimi tre anni furono quantificate in 30 milioni di sterline all’anno (circa 90 miliardi di lire/anno). Responsabile di questo trend negativo fu anche la Elan (M100) citata in precedenza, ideata per “sfondare” nel florido mercato statunitense, ma che alla resa dei conti non è stata capace di capitalizzare l’appeal e il know how tecnologico di un marchio dall’incommensurabile passato agonistico come quello inglese. Alla luce di questo quadro, la strada da seguire nella definizione del nuovo modello del rilancio fu senza ombra di dubbio azzardata, ma per certi aspetti anche assolutamente lineare: seguire a occhi chiusi il credo di Colin Chapman: “Aumentare la potenza ti fa andare più forte sul dritto, togliere peso ti rende invece più veloce ovunque”. Azzardata perché, in un periodo in cui le dotazioni di sicurezza e quelle per migliorare il comfort stavano prendendo sempre più piede, proporre un’auto spartana ed essenziale nel pieno rispetto della filosofia Lotus avrebbe potuto essere controproducente. Lineare in-

RkJQdWJsaXNoZXIy MTQ3ODg3Nw==