Automobilismo d'epoca 11/12-2020

23 AUTOMOBILISMODEPOCA.IT |NOVEMBRE-DICEMBRE 2020 F erdinand Piëch, scomparso nell’agosto 2019, è stato uno dei più grandi personaggi nella sto- ria dell’automobilismo. Uno al- la Valletta, per intenderci; o alla Henry Ford. Tuttavia lui, figlio di Louise Por- sche e nipote del professore Ferdinand, aveva una cosa in più: lui le auto le di- segnava. Era ingegnere con una facilità di progettazione, evidentemente eredita- ta dal nonno, pari soltanto alle capacità gestionali. Difficile dire quale prevalesse sull’altra. Di certo la Porsche 917 fu ope- ra sua, e non soltanto dal punto di vista tecnico (almeno in parte) ma anche e so- prattutto da quello ideale. Fu lui, appena approdato al reparto corse di Zuffenhau- sen, poco più che neolaureato, a indica- re la strada: Le Mans. Ma Porsche da an- ni tentava di vincere la 24 Ore. La novità era che Piëch stabilì un impegno molto maggiore di quanto fin lì sostenuto, quan- do le decisioni erano prese da suo cugi- no “Butzi”, l’ideatore della 911. Bisogna- va partecipare per vincere, non solo tenta- re. Così impose la costruzione della 917, la poderosa Sport ideata secondo il regola- mento dell’epoca, la classe “da assoluto”, che imponeva la costruzione di 25 esem- plari. Uno sforzo enorme per un colosso, figuriamoci per una Casa che era si cre- sciuta moltissimo in vent’anni, ma resta- va in assoluto di piccole dimensioni. Ep- pure, il giorno dell’ispezione per l’omolo- gazione della vettura, le venticinque 917 erano lì, tutte in fila nel cortile della fab- brica. Tutte costruite. Una dimostrazione di volontà impressionante. Non stupisce dunque che, con Piëch al timone, il grup- po Volkswagen sia divenuto uno dei più grandi Costruttori al mondo, contenden- do a Toyota il primato nei numeri produt- tivi annuali. Quando i Porsche decisero di ritirarsi dalle questioni dirigenziali dell’a- zienda di famiglia, il nipote del “professo- re” aprì unproprio studiodi progettazione. Era il 1972. Tre anni più tardi entrava nel consiglio di amministrazione di Audi, por- tando subito la stessa determinazione che aveva in Porsche. Il primo frutto tangibile della sua presenza si vide presto: nel 1980 debuttò a Ginevra l’Audi quattro, come un fulmine a ciel sereno nel mondo dell’auto- mobile. Una sportiva a trazione integrale! Sensazionale. Il marchio dei quattro anel- li, fino a quel momento il terzo, se non il quarto, marchio tedesco, improvvisamen- te saliva sulla ribalta e diventava il riferi- mento di tutti, quello da battere. Nelle cor- se e fuori. Questa era la mentalità di Piëch che, con pazienza e competenza, mise le basi per creare un imperodi impressionan- te efficacia e qualità.Il segreto di Piëch è che alla competenza e all’ambizione univa un’altra, importantissima, dote: la passio- ne per l’automobile, che lo portava a speri- mentare sempre nuove soluzioni e tecno- LA GENESI DEL “W” In apertura, Ferdinand Piëch con una riproduzione della Audi quattro, l’ambizioso modello con cui nacque la Casa di Ingolstadt come la conosciamo oggi; più sopra, la busta con gli appunti per un motore a “W”, di cui qui a fianco vediamo la genesi, dall’accoppiamento di due “V” stretti che il gruppo VW (sembra un gioco di sigle) aveva già in produzione. Qui sotto, il giovane Piëch (a sinistra) alla seduta di omologazione della Porsche 917 a Weissach nel 1969.

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