A metà anni Sessanta la 1800 era un modello maturo. Le vendite erano in linea con le previsioni della Casa, nel 1966 la produzione totale superò quota 25.000, metà delle quali vendute oltreoceano. Adesso bisognava mantenere l’interesse sul modello: perciò, fu interessata la Carrozzeria Fissore per la realizzazione di una versione con coda fast-back, soluzione che negli Stati Uniti stava prendendo piede. La proposta di Fissore fu presentata al Salone di Torino del 1965 ma poi accantonata. Ci si limitò, nel 1967, a un semplice restyling, visibile nel nuovo profilo cromato lungo la fiancata, ora lineare e prolungato più indietro mentre prima era curvato verso l’alto all’altezza del finestrino posteriore. Per la meccanica arrivò un circuito di raffreddamento sigillato, un nuovo filtro aria e ulteriori modifiche alle sospensioni posteriori. Per il mercato americano, che domandava più potenza, fu reso disponibile un kit comprendente una testa con rapporto di compressione di 11,1:1 e valvole più grandi con relativo albero a camme, per ricavare 135 CV-SAE. Era un modo per assecondare le richieste dei clienti più sportivi, che usavano la 1800 anche in gara. Qualche soddisfazione era arrivata, come confermato dal secondo posto di classe alla 24 Ore di Daytona del 1967.
Di qui in avanti, con qualche costante affinamento visibile nelle nuove maniglie porta esterne, nel nuovo volante con tre razze, nel piantone dello sterzo sdoppiato e in alcune migliorie interne, si arriva alla vera novità del motore due litri adottato nel ‘68, con 118 CV-SAE e maggiore souplesse di marcia; la sigla del modello rimase inalterata e soltanto il logo “B20” sulla calandra dichiarava l’accresciuta cilindrata.
Questa due litri presentava importanti aggiornamenti. C’era il circuito frenante sdoppiato, un ventilatore di raffreddamento del motore più silenzioso, una nuova frizione, un cambio rinforzato, un diverso rapporto al ponte e un carburatore Zenith-Stromberg, sostituito nell’agosto ’69 dall’iniezione elettronica Bosch (motore B 20 E), più adatta alle previste norme anti-inquinamento americane che avrebbero comportato, per le sole vetture destinate a quel mercato, una riduzione della potenza massima a 112 CV-SAE (motore B 20 F).
La modifica fu resa palese sostituendo la S finale della targhetta identificativa con una E, dal tedesco “Einspritz” che significa iniezione. Questa modifica comportò l’adozione di un nuovo albero a camme, di valvole di aspirazione più grandi e fu aumentato il rapporto di compressione a 10.5:1. Altre novità furono i freni a disco su tutte le ruote, ora con cerchi più larghi e in alluminio, i nuovi strumenti sul cruscotto con sedi meno profonde, la plancia rivestita in finto legno e le migliorie all’impianto di climatizzazione. Davanti si notava la nuova calandra in lega leggera di colore nero opaco e sul parafango posteriore erano stati aggiunti gli sfoghi d’uscita dell’aria viziata dall’abitacolo chiusi da una griglia nera.
L’esigenza di nuove proposte, malgrado il modello reggesse ancora benissimo lo scorrere del tempo, si materializzò in alcuni prototipi. Accanto ad alcune idee poco convincenti, come la “Hunter” (vettura “da caccia”) e la “Rocket” (razzo), la casa disegnò un interessante modello dalla coda allungata, con padiglione piccolo, montanti sottili e lunotto fortemente inclinato che rimase lettera morta. Ma le idee migliori vennero da Fissore, che disegnò la fast-back vista al Salone di Torino nel 1965 e da Coggiola nel 1971, con una bellissima fast-back siglata ESC (ma è chiamata anche Viking) dal muso basso e affusolato, più adatta però ad una casa con tradizioni sportive che ad una Volvo. Ma Sergio Coggiola non aveva lavorato invano: nel suo atelier prese forma, infatti, la 1800 ES presentata nell’estate del 1971 su meccanica del coupé.