Basta il nome di un tecnico come Carlo Chiti, di un paio di piloti della fama di Teodoro Zeccoli o Ignazio Giunti, e di due o tre modelli quali Giulia TZ e TZ2, Giulia GTA e tutta la serie delle 33 da pista per capire perché, a 50 anni dalla nascita e nonostante la chiusura sia avvenuta di fatto quasi trent’anni fa, la fama dell’Autodelta sia ancora così radicata e significativa. La storia dell’Autodelta nasce e prospera in parallelo con quella dell’Alfa Romeo degli anni ‘60, un periodo d’oro per il Biscione.
Una storia agevolata dal passato sportivo della Casa, ma costruita con la tenacia e la validità di uomini e mezzi che, soprattutto in pista, per un lungo periodo non hanno avuto rivali in tutti i circuiti mondiali. La nascita dell’Autodelta si deve a due uomini, Carlo Chiti e Lodovico Chizzola, che il 4 marzo del 1963 fondano a Feletto Umberto (UD) la Auto Delta S.p.A.; e all’appoggio, molto importante, di un terzo: il presidente dell’Alfa Romeo Giuseppe Luraghi.
Il primo è un tecnico affermato con trascorsi da progettista, oltre che all’Alfa, anche alla Ferrari e alla meteora ATS, mentre il secondo, concessionario del Portello per la zona di Udine, mette a disposizione della neonata società strutture e ambienti di lavoro. L’Auto Delta nasce come preparatore di Alfa da corsa. Il primo “compito” è invece la produzione delle 100 Giulia TZ necessarie per l’omologazione nella categoria Gran Turismo, operazione troppo piccola per una grande industria. Fin da subito, quindi, l’Auto Delta agisce come reparto corse del Biscione, proseguendo una tradizione nata con l’Alfa Corse degli anni Trenta.
Uomini e macchine
L’aspetto logistico è determinante nella decisione presa l’anno dopo di spostare sede e struttura della società da Udine a Settimo Milanese, nell’hinterland milanese, a poca distanza dal nuovissimo stabilimento di Arese e dal Portello. Qui avviene la consacrazione dell’Autodelta -che nel frattempo ha mutato ragione sociale e qualche mese dopo sarà assorbita nell’Alfa Romeo- soprattutto con la vettura che forse più di ogni altra ha interpretato lo spirito e la raffinatezza tecnica della società, ovvero la Giulia GTA nelle sue varie declinazioni motoristiche. D’altra parte, con una struttura che vedeva Carlo Chiti in veste di Direttore Generale, piloti del calibro di Consalvo Sanesi, Teodoro Zeccoli, Nanni Galli e Andrea de Adamich, e il sostegno di una struttura come l’Alfa Romeo, è difficile pensare a un risultato diverso.
Quello che fa però la società in quel periodo è notevole, con vittorie a raffica in quasi tutte le gare a cui partecipano le varie Giulia TZ, TZ2, Sprint GTA. Vittorie che spingono l’Alfa Romeo a entrare nella categoria Sport, dove a partire dal 1967 le 33 con motore a 8 e 12 cilindri a telaio tubolare (TT) e poi scatolato (SC) vincono tutto quello che c’è da vincere per un decennio abbondante. L’ulteriore passaggio verso la F1 non sarà invece coronato da altrettanti successi. I motivi sono tanti, ma i principali sono l’abbandono di una personalità efficace e carismatica come Giuseppe Luraghi e l’invadenza sempre maggiore della politica che usa l’Alfa Romeo come merce di scambio rendendo sempre più complicato il lavoro di uomini abituati a parlare di tecnica e mercato.
I Rally e la fine Verso fine anni Ottanta l’Alfa Romeo, sempre tramite l’Autodelta, si affaccia anche nel mondo dei Rally, sfruttando l’Alfetta GTV con motore turbo due litri a carburatori: anche qui un’avventura breve, con una vettura carica di potenzialità ma non adeguatamente sviluppata che, in un paio di stagioni, vede nascita, maturità e declino susseguirsi senza soluzione di continuità. Sono questi in pratica gli ultimi atti dell’Autodelta “autentica”, che cessa le attività nel 1983. Rinascerà come Alfa Corse qualche anno dopo per curare la preparazione e la partecipazione delle 155 e 156 ai vari campionati europei Turismo. Ma non sarà più la stessa cosa.