Lancia Strato’s: il cuneo magico
Il 24 ottobre 1969 la Fiat diffuse un comunicato nel quale si leggeva testualmente:La Fiat informa in data odierna di aver rilevato le azioni della Società Lancia assumendo la conduzione dell’azienda e i relativi impegni”. Una lira ad azione per un milione di azioni: questo il prezzo (simbolico) pagato dal Lingotto per garantire la sopravvivenza dello storico marchio torineseLa Società -era scritto nel comunicato- riceverà senza dubbio il rilancio che la fama del suo nome e il ruolo d’avanguardia tecnica da sempre ricoperto nell’evoluzione dell’automobile meritano”. Detto e fatto, i primi frutti di questa acquisizione furono i modelli della famigliaBeta… Prima ancora, però, qualcosa di un tantino più rivoluzionario sarebbe apparso agli occhi del mondo automobilistico: laStrato’s.Facendo eco al comunicato appena ricordato, Gianni Agnelli commentò l’acquisizione Lancia da parte del Gruppo Fiat toccando un argomento molto caro agli appassionati:“L’attività sportiva sarà certamente continuata alla Lancia attraverso gli stessi uomini che l’assistono attualmente, con gli stessi piloti e con lo stesso tipo di budget”. Un sospiro di sollievo per tutti; un lampo negli occhi del direttore sportivo Cesare Fiorio che già intravvedeva nuove opportunità per la sua squadra e possibilmente una nuova vettura che portasse le gloriose insegne HF.In tutto questo tourbillon di cambiamenti, il primo a reagire concretamente fu Nuccio Bertone. AlSalone di Torino del 1970, per salutare la nuova epoca Lancia, l’atelier torinese si presentò conun prototipo che sembrava arrivare dallo spazio. Un oggetto che rompeva tutti gli schemi; una vettura bassa all’inverosimile; un cuneo pronto a fendere l’asfalto. E il marchio Lancia in bella vista sul frontale.Adottando la meccanica della Fulvia HF,la Stratos “Zero” di Bertone era perfettamente funzionantee centrò in pieno il suo obiettivo: quello di stuzzicare la fantasia negli uomini della “nuova” Lancia. In primis Pier Ugo Gobbato, direttore generale di Borgo San Paolo da quando l’azienda aveva cambiato proprietà. Gobbato intendeva risollevare le sorti della Casa in un momento difficile e puntò subito sulle competizioni ad alto livello. La seppur generosa Fulvia HF non sarebbe più bastata e la “Zero” offrì lo spunto giusto nel momento giusto.Con la consulenza di Fiorio -che “intervistò” piloti e tecnici per arrivare alla definizione di vettura da rally “ideale”- Gobbato diede quindi il benestare al progetto Strato’s.Molto sarebbe cambiato dall’iniziale proposta di Bertone al modello poi prodotto in serie, ma i concetti fondamentali rimasero: lo stile, l’architettura meccanica (motore centrale, trazione posteriore), l’essenzialità dei contenuti.
Il 24 ottobre 1969 la Fiat diffuse un comunicato nel quale si leggeva testualmente:
La Fiat informa in data odierna di aver rilevato le azioni della Società Lancia assumendo la conduzione dell’azienda e i relativi impegni”. Una lira ad azione per un milione di azioni: questo il prezzo (simbolico) pagato dal Lingotto per garantire la sopravvivenza dello storico marchio torinese
La Società -era scritto nel comunicato- riceverà senza dubbio il rilancio che la fama del suo nome e il ruolo d’avanguardia tecnica da sempre ricoperto nell’evoluzione dell’automobile meritano”. Detto e fatto, i primi frutti di questa acquisizione furono i modelli della famigliaBeta… Prima ancora, però, qualcosa di un tantino più rivoluzionario sarebbe apparso agli occhi del mondo automobilistico: laStrato’s.
Facendo eco al comunicato appena ricordato, Gianni Agnelli commentò l’acquisizione Lancia da parte del Gruppo Fiat toccando un argomento molto caro agli appassionati:“L’attività sportiva sarà certamente continuata alla Lancia attraverso gli stessi uomini che l’assistono attualmente, con gli stessi piloti e con lo stesso tipo di budget”. Un sospiro di sollievo per tutti; un lampo negli occhi del direttore sportivo Cesare Fiorio che già intravvedeva nuove opportunità per la sua squadra e possibilmente una nuova vettura che portasse le gloriose insegne HF.
In tutto questo tourbillon di cambiamenti, il primo a reagire concretamente fu Nuccio Bertone. AlSalone di Torino del 1970, per salutare la nuova epoca Lancia, l’atelier torinese si presentò conun prototipo che sembrava arrivare dallo spazio. Un oggetto che rompeva tutti gli schemi; una vettura bassa all’inverosimile; un cuneo pronto a fendere l’asfalto. E il marchio Lancia in bella vista sul frontale.
Adottando la meccanica della Fulvia HF,la Stratos “Zero” di Bertone era perfettamente funzionantee centrò in pieno il suo obiettivo: quello di stuzzicare la fantasia negli uomini della “nuova” Lancia. In primis Pier Ugo Gobbato, direttore generale di Borgo San Paolo da quando l’azienda aveva cambiato proprietà. Gobbato intendeva risollevare le sorti della Casa in un momento difficile e puntò subito sulle competizioni ad alto livello. La seppur generosa Fulvia HF non sarebbe più bastata e la “Zero” offrì lo spunto giusto nel momento giusto.
Con la consulenza di Fiorio -che “intervistò” piloti e tecnici per arrivare alla definizione di vettura da rally “ideale”- Gobbato diede quindi il benestare al progetto Strato’s.Molto sarebbe cambiato dall’iniziale proposta di Bertone al modello poi prodotto in serie, ma i concetti fondamentali rimasero: lo stile, l’architettura meccanica (motore centrale, trazione posteriore), l’essenzialità dei contenuti.
