Alfa Romeo Alfetta GTV Turbodelta

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Shop- Abbonati, acquista le prove, i libri, le versioni digitaliUn sogno chiamato Ferrari Testa Rossa: la nostra nuova copertinaUn appassionato l’ha ricostruita con parti originali, partendo dal relitto di un telaio. In questo numero si parlaanche di Fiat coupé 2300, la prima Corvette, Maserati 3500 Vignale e un’auto del 1911 fece anche da schiacciasassi…Area Automobilismo dEpocaRegistratiSocialContatta la redazioneAutomobilismo d Epocaautomobilismodepoca@edisport.itSegnala problemi webwebmaster.moto@edisport.itArretrati e assistenzaassistenza.clienti@edisport.itin edicolaFCA HeritageTutto newsfascicolo di aprileUn sogno chiamato Ferrari Testa Rossa: la nostra nuova copertinaUn appassionato l’ha ricostruita con parti originali, partendo dal relitto di un telaio. In questo numero si parlaanche di Fiat coupé 2300, la prima Corvette, Maserati 3500 Vignale e un’auto del 1911 fece anche da schiacciasassi…90replica fedeleLa Miura Jota in esposizione al Museo Ferruccio LamborghiniFino al 15 giugno, nella sede di Funo di Argelato, si potrà ammirare l’unico esemplaredi Miura Jota, l’auto ideata nel 1970 dal celebre collaudatore Bob Wallace60a settembreUn evento, tre anime: a Best Of Italy Race il meglio di auto, moto e bici italianeGiunta alla terza edizione, la manifestazione è la sola che garantisce oltre 25 kmdi strade chiuse al traffico per godere dei propri veicoli. Una festa dell’italianità a 4 e 2 ruote0Alla 1000 Miglia del futuro soltanto auto certificate dal Registro omonimoPresentato a Technoclassica Essen, ideato dalla società organizzatrice sotto l’egida di ACI e FIVAPrevisti vari gradi di certificazione per esemplari, modelli, vincitrici di classe e assolute della gara di Velocità0ChiudirievocazioneTorna a maggio il Trofeo Tollegno, revival del Rally della Lana

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Un sogno chiamato Ferrari Testa Rossa: la nostra nuova copertina

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Un appassionato l’ha ricostruita con parti originali, partendo dal relitto di un telaio. In questo numero si parlaanche di Fiat coupé 2300, la prima Corvette, Maserati 3500 Vignale e un’auto del 1911 fece anche da schiacciasassi…

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fascicolo di aprileUn sogno chiamato Ferrari Testa Rossa: la nostra nuova copertinaUn appassionato l’ha ricostruita con parti originali, partendo dal relitto di un telaio. In questo numero si parlaanche di Fiat coupé 2300, la prima Corvette, Maserati 3500 Vignale e un’auto del 1911 fece anche da schiacciasassi…90replica fedeleLa Miura Jota in esposizione al Museo Ferruccio LamborghiniFino al 15 giugno, nella sede di Funo di Argelato, si potrà ammirare l’unico esemplaredi Miura Jota, l’auto ideata nel 1970 dal celebre collaudatore Bob Wallace60a settembreUn evento, tre anime: a Best Of Italy Race il meglio di auto, moto e bici italianeGiunta alla terza edizione, la manifestazione è la sola che garantisce oltre 25 kmdi strade chiuse al traffico per godere dei propri veicoli. Una festa dell’italianità a 4 e 2 ruote0Alla 1000 Miglia del futuro soltanto auto certificate dal Registro omonimoPresentato a Technoclassica Essen, ideato dalla società organizzatrice sotto l’egida di ACI e FIVAPrevisti vari gradi di certificazione per esemplari, modelli, vincitrici di classe e assolute della gara di Velocità0

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Un sogno chiamato Ferrari Testa Rossa: la nostra nuova copertina

Un appassionato l’ha ricostruita con parti originali, partendo dal relitto di un telaio. In questo numero si parlaanche di Fiat coupé 2300, la prima Corvette, Maserati 3500 Vignale e un’auto del 1911 fece anche da schiacciasassi…

replica fedeleLa Miura Jota in esposizione al Museo Ferruccio LamborghiniFino al 15 giugno, nella sede di Funo di Argelato, si potrà ammirare l’unico esemplaredi Miura Jota, l’auto ideata nel 1970 dal celebre collaudatore Bob Wallace60

La Miura Jota in esposizione al Museo Ferruccio Lamborghini

Fino al 15 giugno, nella sede di Funo di Argelato, si potrà ammirare l’unico esemplaredi Miura Jota, l’auto ideata nel 1970 dal celebre collaudatore Bob Wallace

a settembreUn evento, tre anime: a Best Of Italy Race il meglio di auto, moto e bici italianeGiunta alla terza edizione, la manifestazione è la sola che garantisce oltre 25 kmdi strade chiuse al traffico per godere dei propri veicoli. Una festa dell’italianità a 4 e 2 ruote0

Un evento, tre anime: a Best Of Italy Race il meglio di auto, moto e bici italiane

Giunta alla terza edizione, la manifestazione è la sola che garantisce oltre 25 kmdi strade chiuse al traffico per godere dei propri veicoli. Una festa dell’italianità a 4 e 2 ruote

Alla 1000 Miglia del futuro soltanto auto certificate dal Registro omonimoPresentato a Technoclassica Essen, ideato dalla società organizzatrice sotto l’egida di ACI e FIVAPrevisti vari gradi di certificazione per esemplari, modelli, vincitrici di classe e assolute della gara di Velocità0

Alla 1000 Miglia del futuro soltanto auto certificate dal Registro omonimo

Presentato a Technoclassica Essen, ideato dalla società organizzatrice sotto l’egida di ACI e FIVAPrevisti vari gradi di certificazione per esemplari, modelli, vincitrici di classe e assolute della gara di Velocità

rievocazioneTorna a maggio il Trofeo Tollegno, revival del Rally della Lana

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Torna a maggio il Trofeo Tollegno, revival del Rally della Lana

Nella seconda metà degli Anni ‘70 i rally erano seguiti con grande attenzione, anche quelli minori, e la vittoria di una prova aveva spesso la stessa considerazione di un trionfo in pista nei campionati Turismo…

Nella seconda metà degli Anni ‘70 i rally erano seguiti con grande attenzione, anche quelli minori, e la vittoria di una prova aveva spesso la stessa considerazione di un trionfo in pista nei campionati Turismo…

IntroduzioneNella seconda metà degli Anni ‘70 i rally erano seguiti con grande attenzione, anche quelli minori, e la vittoria di una prova aveva spesso la stessa considerazione di un trionfo in pista nei campionati Turismo. E dire che, spesso, i modelli che correvano erano gli stessi. All’epoca, per l’Alfa Romeo, l’auto che mostrò subito un buon potenziale fu l’Alfetta Gt e fu naturale pensare a lei come base per dare vita a una vettura capace di giocarsela nel mondiale Rally.L’auto, una bella coupé dalla linea filante e aggressiva, fu presentata nel 1974 con motore 1,8 litri da 122 CV.Nel 1976 fu la volta della Gtv, col nuovo 2 litri ma dalla potenza invariata e nel 1978 debuttò la Gtv 2000L con potenza cresciuta a 130 CV. Per esaltare le prestazioni della nascente versione da rally i tecnici pensarono di ricorrere al turbo: una soluzione che, sul finire degli anni Settanta, non era molto amata ad Arese.La SovralimentazioneTramontata la possibilità di fruire dell’otto cilindri a V derivato dalla Montreal (che era uscita di produzione),l’attenzione si spostò sul come fare per ottenere un consistente vantaggio di potenza nei confronti delle migliori vetture da competizione concorrenti, traendolo giocoforza dal quattro cilindri in linea bialbero di due litri, vale a dire dal motore allora al top della produzione di Arese.La soluzione fu quindi quella di ricorrere alla sovralimentazione.Per l’Alfa Romeo non si sarebbe, inoltre, trattato di una prima assoluta: già nel 1977 la Casa milanese aveva sviluppato per il Campionato Mondiale Marche la versione turbo della Sport 33 SC 12. Va anche considerato che, all’epoca, il classico coupé non incontrava più il favore dei clienti (e dei giovani in particolare) che preferivano le sportive derivate dalle piccole berline da famiglia: tipo la Volkswagen Golf GTI, la Fiat 127 Sport 70 HP o la stessa Alfa Romeo Alfasud Ti per citarne qualcuna.In più erano anche anni d’inflazione a due cifre e nel pieno d’una seconda crisi energetica. Per questo ad Arese ragionavano anche sull’obiettivo di ridurre il consumo di carburante e migliorare il comfort di marcia piuttosto che sull’incremento delle prestazioni, ritenute sufficienti per le sue vetture di serie. Quindi – vuoi per la congiuntura, vuoi perché la versione base era sulla scena dal 1974 – c’erano fondati dubbi sulle sorti commerciali della nascente Alfetta GTV in versione sovralimentata. Infatti una vettura da rally preparata secondo le norme del Gruppo 4 doveva derivare dal corrispondente modello di serie, prodotto in almeno 400 esemplari. Che poi andavano venduti.In Alfa Romeo, quindi, non vollero correre rischi e si limitarono a pianificare l’allestimento del quantitativo minimo per ottenere l’omologazione.Come Produrla?Scelta – bene o male – la politica commerciale, si poneva l’interrogativo di come produrre le vetture. La volontà, visto il numero limitato, era di ridurre quanto più possibile l’impatto sulle linee di produzione.Se farle correre era compito del reparto corse, vale a dire dell’Autodelta, non era però pensabile che una struttura di dimensioni limitate, concepita per preparare le vetture da competizione, fosse in grado di sfornare una produzione di quell’ordine di grandezza, oltretutto in tempo utile per l’inizio del Mondiale.Così fu trovata una soluzione tampone, ma efficace.All’Alfa si prendevano le Alfetta GTV 2000 L dalla normale linea di produzione e si modificavano lo stretto necessario per l’applicazione del gruppo di sovralimentazione.Tali modifiche erano finalizzate a migliorare il raffreddamento del vano motore. Furono allo scopo praticate delle aperture sul cofano e sui passaruota anteriori. Lo spazio per il gruppo di sovralimentazione fu ricavato spostando la batteria dal cofano alla bagagliera e collocando la vaschetta d’espansione del liquido di raffreddamento sul parafiamma dal lato opposto del motore.Le vetture così modificate erano spedite all’Autodelta che montava il gruppo di sovralimentazione KKK e apportava le rimanenti modifiche meccaniche. La sequenza descritta non era rigida. Il lavoro era artigianale e come tale era svincolato dalla sequenza programmata delle linee ad alta produzione.Per questo riesce difficile dire con esattezza quali fossero gli interventi effettivamente operati su ciascuna macchina presso l’Autodelta piuttosto che in fabbrica.Le ModificheIl progetto della Turbodelta si basa su scelte che ritroveremo nella successiva Giulietta Turbo, come il turbocompressore situato a monte dei carburatoriche operano così in pressione, in una condizione che i tecnici chiamarono “soffiata”.I carburatori furono dotati di nuove guarnizioni per pressurizzarli: si dovettero inoltre chiudere le aperture verso l’esterno lasciando in  comunicazione le prese d’aria delle vaschette con l’aspirazione. Una pompa elettrica della benzina, il cui sottile ronzio era percepibile al momento di avviare il motore, sostituiva l’originale di tipo meccanico.L’abbassamento del rapporto di compressione da 9:1 a 7,1:1, necessario per scongiurare la detonazione, fu ottenuto per mezzo di pistoni stampati di maggiore spessore. Nuovi erano anche gli alberi a cammeper adeguare la fasatura del motore alle diverse esigenze.Guarnizioni della testata di tipo metallico, regolazioni di carburazione e accensione specifiche, radiatore d’acqua più grande e collettori di scarico in acciaio speciale completavano il quadro tecnico d’adattamento alla sovralimentazione. La maggiore potenza, ma soprattutto l’aumento di coppia motrice, rese necessario rinforzare la frizione. L’assetto invece non subì mutamenti, fatta salva una taratura più rigida degli ammortizzatori.Internamente, a parte il manometro del turbo, l’Alfetta GTV Turbodelta era uguale alla versione aspirata, persino nei colori e nei materiali della selleria.A renderla riconoscibile bastava il cofano motore nero opaco con feritoie praticate sui due lati e una larga banda arcobaleno sulle fiancate, sopra la quale spiccava la scritta “Turbodelta”.Il logo Autodelta, posto sul parafango anteriore, dichiarava la prestigiosa paternità del reparto corse Alfa Romeo. Sollevando il cofano si nota infine il voluminoso corpo cilindrico del filtro dell’aria situato a sinistra del motore.Più CoppiaIl progetto Turbodelta non era stato finalizzato al solo incremento di potenza (che avrebbe potuto essere ben più alto), quanto invece a privilegiare l’aumento di coppia motrice e la sua erogazione. L’obiettivo era migliorare la guidabilità della vettura ai bassi regimi e contenere il “turbo-lag”, vale a dire il ritardo nella risposta.E l’obiettivo fu centrato in pieno, dato che la Turbodelta non manifesta praticamente alcun vuoto del motore ai comandi dell’acceleratore.I CV in più, rispetto all’aspirato, non erano moltissimi: venti, per la precisione (150 contro 130), erogati, fra l’altro, a un regime in pratica uguale a prima (5.500 giri contro 5.400).La sovralimentazione incrementò soprattutto la coppia massima che crebbe del 30% (da 18,1 a 23,5 kgm)oltretutto a un regime inferiore che in precedenza: 3.500 giri contro 4.000.Ne derivò una vettura godibilissima. Potente, veloce ed elastica, la Turbodelta riprende con vigore a partire da 1.500 giri. A 3000 giri il turbo comincia già a far sentire una robusta parte della sua spinta, che diventa massima superati i 3.500 giri.La curva di coppia motrice è particolarmente favorevole, dato che si può contare su un valore superiore ai 20 kgm lungo un arco di utilizzazione che va da 2.500 a 5.500 giri, supportati per di più da adeguati valori di potenza che, nell’intervallo considerato, sono compresi tra 77 CV e il valore massimo di 150.PrestazioniL’Alfetta GTV possedeva finalmente una motorizzazione in grado di sfruttare nel modo più completo le grandi qualità del telaio.Miglioravano l’ accelerazione e la velocità di punta. Nelle classiche prove d’accelerazione l’Alfetta GTV Turbodelta spuntò valori notevolissimi per la cilindrata:il chilometro da fermo fu coperto in soli 28 secondi mentre la velocità massima si attestava attorno ai 205 orari.Che avrebbero potuto essere parecchi di più se il rapporto finale, che era quello della 2000 aspirata, fosse stato allungato.Ne avrebbero tratto beneficio anche i consumi, specie lungo le strade pianeggianti o in autostrada.La scelta di non allungarlo, per quanto dettata dall’ esigenza di modificare il meno possibile il quadro tecnico di base, era apprezzata però in ripresa.Infatti nella prova sui 1.000 metri percorsi in quinta da 30 orari, la Turbodelta primeggiava su tutte le concorrenti (BMW 323, Porsche 924 Turbo e Saab 900 Turbo per citare le più blasonate),guadagnando un paio di secondi rispetto al già eccellente valore fatto segnare dalla GTV aspirata.Su StradaSu strada il supplemento di cavalleria aveva ulteriormente migliorato il comportamentoin uscita di curva, conservando, della versione base, la proverbiale sicurezza.Rapida nell’inserimento, graduale e progressiva nel passaggio dal sottosterzo al sovrasterzo, non metteva mai il pilota in difficoltà con reazioni improvvise.Solo nelle curve a corto raggio o sul bagnato persisteva il sottosterzo della GTV “atmosferica”.L’ ottimale ripartizione delle masse – uguale all’avantreno come al retrotreno – e la costante perpendicolarità delle ruote motrici al terreno garantita dal ponte De Dion guidato dal parallelogramma di Watt, rendevano la Turbodelta esaltante da guidare e a suo agio su tutti i percorsi.Con poco sviluppo in più, si sarebbe potuto affinarla per porla in posizione di assoluto dominio su qualsiasi concorrente.Sarebbe bastato, per esempio, caratterizzare l’abitacolo più sportivamente, montare pneumatici più larghi e ribassati su ruote di maggior diametro, studiare un assetto più rigido e adottare all’avantreno i freni  autoventilanti dell’ammiraglia Alfa 6 che si erano dimostrati eccellenti.Invece l’unica variante estetica nel frontale fu la griglia a maglie larghe che, dopo le prime esperienze in competizione, sostituì quella a fitti listelli orizzontali derivata dalla normale GTV.GTV StradaPer il mercato Inglese, Bell&Colvill, sul finire degli Anni ‘70, misero a punto una versione turbo stradale da 175 CV.La versione per la Gran Bretagna montava di serie accessori che per l’Italia non erano neppure disponibili.La GTV Strada (questo era il nome) aveva fari fendinebbia Hella, tettuccio apribile, tergilunotto, vetri elettrici e impianto stereo Blaupunkt. E oltre a questo si distingueva per un profilo protettivo applicato lungo la fiancata.Bell&Colvill sostituirono anche gli originali pistoni con altri Cosworth per portare a 7,2:1 il rapporto di compressione, montarono collettori di scarico in acciaio inox, spostarono dal lato aspirazione il gruppo pompa-servofreno(per adattamento con la guida a destra e così si evitava il loro surriscaldamento)e dotarono la vettura di un radiatore-olioper meglio sopportare le elevate temperature che il gruppo di sovralimentazione (Garrett in questo caso) originava. In proposito è da notare che le trasformazioni del rivenditore del Surrey furono eseguite in totale autonomia dal momento che l’Alfa Romeo non aveva previsto l’esportazione in Inghilterra della vettura (forse per problemi d’adattamento in Autodelta della guida a destra).Bell&Colvill adattarono l’assetto alla nuova potenza (nuovi cerchi con gomme più larghe e ribassate) e personalizzarono l’allestimento esterno con una sottile filettatura lungo la linea di cintura.Il cofano – stavolta in tinta con la vettura – fu dotato di analoghe feritoie laterali di ventilazione, ma sviluppate su una maggiore lunghezza.La scritta “Turbo Bell&Colvill” posta sul musetto sopra i fari di sinistra, identificava il modello.Il marchio personalizzato era ripetuto sul condotto che origina dal gruppo di sovralimentazione e sovrasta il coperchio degli alberi a camme.V6 2.5 a iniezioneL’Alfetta GTV Turbodelta era una “bella macchina”. E forse avrebbe potuto arginare il nascente fenomeno delle nuove e compatte “GTI”grazie alle sue qualità stradali e al fascino di una linea indiscutibilmente azzeccata.Leggendo i dati di vendita del coupé Alfetta, si vede che la versione più gettonata era proprio la più potente 2000, a dimostrazione che lo spazio di mercato per una Turbodelta personalizzata ad hoc e spinta tecnicamente fino in fondo, crisi o non crisi, esisteva.Ad Arese però stavano preparando la nuova versione aspirata, con motore V6 a iniezione di 2,5 litri e 160 CV che vide la luce nel 1981. Ma in Italia era penalizzata dall’Iva pesante che colpiva le vetture a benzina con cilindrata superiore ai due litri.La Turbodelta avrebbe invece potuto offrire prestazioni vicinissime a quelle della prestigiosa GTV a sei cilindri, senza per questo dover soffrire per questioni fiscali.Scheda TecnicaScheda Tecnica Alfa Romeo Alfetta GTV Turbodelta (1979)MotoreTipo: AR01655Numero cilindri e disposizione: anteriore longitudinale a quattro cilindri in linea, basamento e testata in lega leggera, canne cilindri in umido, camere di scoppio emisferiche, albero motore su cinque supporti di bancoCilindrata: 1962 ccAlesaggio: 84 mmCorsa: 88,5 mmVelocità media del pistone (m/sec): 16,23 a 5.500 giriRapporto di compressione: 7,1:1Potenza massima: 150 CV a 5.500 giriCoppia massima: 23,5 kgm a 3.500 giriIndice d’elasticità:: 1,89Distribuzione: due alberi a camme in testa, doppia catena silenziosa con tenditore, valvole a V di 80, quelle di scarico al sodioDiametro valvole aspirazione 38 mm, scarico 31 mmAlimentazione due carburatori a doppio corpo orizzontali Dell’Orto DHLA 40, oppure Solex C 40 ADDHE/16 oppure Weber 40 DCOE 106/107 a farfalle sincronizzate, pompa benzina elettrica, ricircolo dei gas di sfiato, gruppo di sovralimentazione con turbina mossa dai gas di scarico e turbocompressore centrifugo KKK, pressione di sovralimentazione 0,7 bar regolata da valvola Waste-gateAccensione Marelli elettronicaCandele Golden Lodge Spica da 14 mmLubrificazione forzata mediante pompa a ingranaggi e valvola bypass, filtro olio sul circuito principaleCapacità circuito olio 6,5 litri (filtro compreso)Raffreddamento ad acqua forzata mediante pompa centrifuga, radiatore, serbatoio d’espansione, ventilatore a innesto termostatico, capacità circuito litri 8Impianto elettrico a 12 VoltAlternatore 540 W Batteria: 12 V- 60 AhTrasmissioneTrazione posteriore, schema transaxle con gruppo frizione-cambio-differenziale in un unico blocco al retrotreno collegato alla scocca con interposizione di tamponi in gommaFrizione monodisco a secco, comando idraulicoCambio a cinque velocità sincronizzate + RM Rapporti al cambio 1a 3,30:1 – 2a 2,00:1 – 3° 1,37:1 – 4a 1,04:1 – 5a 0,83:1 – RM 2,62:1Differenziale a coppia conica ipoidaleRapporto finale 10/41Cerchi 5”1/2 J x 14” (optional cerchiCampagnolo in lega di magnesio)Pneumatici 185/70 HR 14Corpo vetturaTipo vettura coupé a quattro posti, due porte più portelloneSigla del modello 116.36DTipo telaio a scocca portante a struttura differenziata in acciaioTipo carrozzeria coupé a due porte, quattro postiSospensione anteriore a ruote indipendenti, quadrilateri trasversali con regolazione dell’angolo d’incidenza, barre di torsione longitudinali, ammortizzatori idraulici telescopici, barra stabilizzatriceSospensione posteriore ad assale rigido De Dion con guida di Watt, molle elicoidali, ammortizzatori idraulici telescopici, barra stabilizzatriceFreni anteriori e posteriori a disco, servofreno a depressione, regolatore di frenata al retrotreno, doppio circuito frenante, freno a mano sulle ruote posteriori, dischi posteriori collocati all’uscita del differenzialeSterzo a cremagliera, piantone dello sterzo ad assorbimento d’urtoDiametro di sterzata 10 metriCapacità serbatoio carburante 54 litriCapacità bagagliera 370 dmcDimensioni (in mm) e pesoLunghezza 4.205 Larghezza 1.664 Altezza 1.330 Passo 2.400Carreggiata ant. 1.360 Carreggiata post. 1.358Peso 1090 kg in ordine di marciaPrestazioniVelocità massima: oltre 205 km/hAccelerazione: 0-1000 m in 28”0© RIPRODUZIONE RISERVATA

Nella seconda metà degli Anni ‘70 i rally erano seguiti con grande attenzione, anche quelli minori, e la vittoria di una prova aveva spesso la stessa considerazione di un trionfo in pista nei campionati Turismo. E dire che, spesso, i modelli che correvano erano gli stessi. All’epoca, per l’Alfa Romeo, l’auto che mostrò subito un buon potenziale fu l’Alfetta Gt e fu naturale pensare a lei come base per dare vita a una vettura capace di giocarsela nel mondiale Rally.L’auto, una bella coupé dalla linea filante e aggressiva, fu presentata nel 1974 con motore 1,8 litri da 122 CV.Nel 1976 fu la volta della Gtv, col nuovo 2 litri ma dalla potenza invariata e nel 1978 debuttò la Gtv 2000L con potenza cresciuta a 130 CV. Per esaltare le prestazioni della nascente versione da rally i tecnici pensarono di ricorrere al turbo: una soluzione che, sul finire degli anni Settanta, non era molto amata ad Arese.

Nella seconda metà degli Anni ‘70 i rally erano seguiti con grande attenzione, anche quelli minori, e la vittoria di una prova aveva spesso la stessa considerazione di un trionfo in pista nei campionati Turismo. E dire che, spesso, i modelli che correvano erano gli stessi. All’epoca, per l’Alfa Romeo, l’auto che mostrò subito un buon potenziale fu l’Alfetta Gt e fu naturale pensare a lei come base per dare vita a una vettura capace di giocarsela nel mondiale Rally.L’auto, una bella coupé dalla linea filante e aggressiva, fu presentata nel 1974 con motore 1,8 litri da 122 CV.Nel 1976 fu la volta della Gtv, col nuovo 2 litri ma dalla potenza invariata e nel 1978 debuttò la Gtv 2000L con potenza cresciuta a 130 CV. Per esaltare le prestazioni della nascente versione da rally i tecnici pensarono di ricorrere al turbo: una soluzione che, sul finire degli anni Settanta, non era molto amata ad Arese.

Tramontata la possibilità di fruire dell’otto cilindri a V derivato dalla Montreal (che era uscita di produzione),l’attenzione si spostò sul come fare per ottenere un consistente vantaggio di potenza nei confronti delle migliori vetture da competizione concorrenti, traendolo giocoforza dal quattro cilindri in linea bialbero di due litri, vale a dire dal motore allora al top della produzione di Arese.La soluzione fu quindi quella di ricorrere alla sovralimentazione.Per l’Alfa Romeo non si sarebbe, inoltre, trattato di una prima assoluta: già nel 1977 la Casa milanese aveva sviluppato per il Campionato Mondiale Marche la versione turbo della Sport 33 SC 12. Va anche considerato che, all’epoca, il classico coupé non incontrava più il favore dei clienti (e dei giovani in particolare) che preferivano le sportive derivate dalle piccole berline da famiglia: tipo la Volkswagen Golf GTI, la Fiat 127 Sport 70 HP o la stessa Alfa Romeo Alfasud Ti per citarne qualcuna.In più erano anche anni d’inflazione a due cifre e nel pieno d’una seconda crisi energetica. Per questo ad Arese ragionavano anche sull’obiettivo di ridurre il consumo di carburante e migliorare il comfort di marcia piuttosto che sull’incremento delle prestazioni, ritenute sufficienti per le sue vetture di serie. Quindi – vuoi per la congiuntura, vuoi perché la versione base era sulla scena dal 1974 – c’erano fondati dubbi sulle sorti commerciali della nascente Alfetta GTV in versione sovralimentata. Infatti una vettura da rally preparata secondo le norme del Gruppo 4 doveva derivare dal corrispondente modello di serie, prodotto in almeno 400 esemplari. Che poi andavano venduti.In Alfa Romeo, quindi, non vollero correre rischi e si limitarono a pianificare l’allestimento del quantitativo minimo per ottenere l’omologazione.

Tramontata la possibilità di fruire dell’otto cilindri a V derivato dalla Montreal (che era uscita di produzione),l’attenzione si spostò sul come fare per ottenere un consistente vantaggio di potenza nei confronti delle migliori vetture da competizione concorrenti, traendolo giocoforza dal quattro cilindri in linea bialbero di due litri, vale a dire dal motore allora al top della produzione di Arese.La soluzione fu quindi quella di ricorrere alla sovralimentazione.Per l’Alfa Romeo non si sarebbe, inoltre, trattato di una prima assoluta: già nel 1977 la Casa milanese aveva sviluppato per il Campionato Mondiale Marche la versione turbo della Sport 33 SC 12. Va anche considerato che, all’epoca, il classico coupé non incontrava più il favore dei clienti (e dei giovani in particolare) che preferivano le sportive derivate dalle piccole berline da famiglia: tipo la Volkswagen Golf GTI, la Fiat 127 Sport 70 HP o la stessa Alfa Romeo Alfasud Ti per citarne qualcuna.In più erano anche anni d’inflazione a due cifre e nel pieno d’una seconda crisi energetica. Per questo ad Arese ragionavano anche sull’obiettivo di ridurre il consumo di carburante e migliorare il comfort di marcia piuttosto che sull’incremento delle prestazioni, ritenute sufficienti per le sue vetture di serie. Quindi – vuoi per la congiuntura, vuoi perché la versione base era sulla scena dal 1974 – c’erano fondati dubbi sulle sorti commerciali della nascente Alfetta GTV in versione sovralimentata. Infatti una vettura da rally preparata secondo le norme del Gruppo 4 doveva derivare dal corrispondente modello di serie, prodotto in almeno 400 esemplari. Che poi andavano venduti.In Alfa Romeo, quindi, non vollero correre rischi e si limitarono a pianificare l’allestimento del quantitativo minimo per ottenere l’omologazione.

Scelta – bene o male – la politica commerciale, si poneva l’interrogativo di come produrre le vetture. La volontà, visto il numero limitato, era di ridurre quanto più possibile l’impatto sulle linee di produzione.Se farle correre era compito del reparto corse, vale a dire dell’Autodelta, non era però pensabile che una struttura di dimensioni limitate, concepita per preparare le vetture da competizione, fosse in grado di sfornare una produzione di quell’ordine di grandezza, oltretutto in tempo utile per l’inizio del Mondiale.Così fu trovata una soluzione tampone, ma efficace.All’Alfa si prendevano le Alfetta GTV 2000 L dalla normale linea di produzione e si modificavano lo stretto necessario per l’applicazione del gruppo di sovralimentazione.Tali modifiche erano finalizzate a migliorare il raffreddamento del vano motore. Furono allo scopo praticate delle aperture sul cofano e sui passaruota anteriori. Lo spazio per il gruppo di sovralimentazione fu ricavato spostando la batteria dal cofano alla bagagliera e collocando la vaschetta d’espansione del liquido di raffreddamento sul parafiamma dal lato opposto del motore.Le vetture così modificate erano spedite all’Autodelta che montava il gruppo di sovralimentazione KKK e apportava le rimanenti modifiche meccaniche. La sequenza descritta non era rigida. Il lavoro era artigianale e come tale era svincolato dalla sequenza programmata delle linee ad alta produzione.Per questo riesce difficile dire con esattezza quali fossero gli interventi effettivamente operati su ciascuna macchina presso l’Autodelta piuttosto che in fabbrica.

Scelta – bene o male – la politica commerciale, si poneva l’interrogativo di come produrre le vetture. La volontà, visto il numero limitato, era di ridurre quanto più possibile l’impatto sulle linee di produzione.Se farle correre era compito del reparto corse, vale a dire dell’Autodelta, non era però pensabile che una struttura di dimensioni limitate, concepita per preparare le vetture da competizione, fosse in grado di sfornare una produzione di quell’ordine di grandezza, oltretutto in tempo utile per l’inizio del Mondiale.Così fu trovata una soluzione tampone, ma efficace.All’Alfa si prendevano le Alfetta GTV 2000 L dalla normale linea di produzione e si modificavano lo stretto necessario per l’applicazione del gruppo di sovralimentazione.Tali modifiche erano finalizzate a migliorare il raffreddamento del vano motore. Furono allo scopo praticate delle aperture sul cofano e sui passaruota anteriori. Lo spazio per il gruppo di sovralimentazione fu ricavato spostando la batteria dal cofano alla bagagliera e collocando la vaschetta d’espansione del liquido di raffreddamento sul parafiamma dal lato opposto del motore.Le vetture così modificate erano spedite all’Autodelta che montava il gruppo di sovralimentazione KKK e apportava le rimanenti modifiche meccaniche. La sequenza descritta non era rigida. Il lavoro era artigianale e come tale era svincolato dalla sequenza programmata delle linee ad alta produzione.Per questo riesce difficile dire con esattezza quali fossero gli interventi effettivamente operati su ciascuna macchina presso l’Autodelta piuttosto che in fabbrica.

Il progetto della Turbodelta si basa su scelte che ritroveremo nella successiva Giulietta Turbo, come il turbocompressore situato a monte dei carburatoriche operano così in pressione, in una condizione che i tecnici chiamarono “soffiata”.I carburatori furono dotati di nuove guarnizioni per pressurizzarli: si dovettero inoltre chiudere le aperture verso l’esterno lasciando in  comunicazione le prese d’aria delle vaschette con l’aspirazione. Una pompa elettrica della benzina, il cui sottile ronzio era percepibile al momento di avviare il motore, sostituiva l’originale di tipo meccanico.L’abbassamento del rapporto di compressione da 9:1 a 7,1:1, necessario per scongiurare la detonazione, fu ottenuto per mezzo di pistoni stampati di maggiore spessore. Nuovi erano anche gli alberi a cammeper adeguare la fasatura del motore alle diverse esigenze.Guarnizioni della testata di tipo metallico, regolazioni di carburazione e accensione specifiche, radiatore d’acqua più grande e collettori di scarico in acciaio speciale completavano il quadro tecnico d’adattamento alla sovralimentazione. La maggiore potenza, ma soprattutto l’aumento di coppia motrice, rese necessario rinforzare la frizione. L’assetto invece non subì mutamenti, fatta salva una taratura più rigida degli ammortizzatori.Internamente, a parte il manometro del turbo, l’Alfetta GTV Turbodelta era uguale alla versione aspirata, persino nei colori e nei materiali della selleria.A renderla riconoscibile bastava il cofano motore nero opaco con feritoie praticate sui due lati e una larga banda arcobaleno sulle fiancate, sopra la quale spiccava la scritta “Turbodelta”.Il logo Autodelta, posto sul parafango anteriore, dichiarava la prestigiosa paternità del reparto corse Alfa Romeo. Sollevando il cofano si nota infine il voluminoso corpo cilindrico del filtro dell’aria situato a sinistra del motore.

Il progetto della Turbodelta si basa su scelte che ritroveremo nella successiva Giulietta Turbo, come il turbocompressore situato a monte dei carburatoriche operano così in pressione, in una condizione che i tecnici chiamarono “soffiata”.I carburatori furono dotati di nuove guarnizioni per pressurizzarli: si dovettero inoltre chiudere le aperture verso l’esterno lasciando in  comunicazione le prese d’aria delle vaschette con l’aspirazione. Una pompa elettrica della benzina, il cui sottile ronzio era percepibile al momento di avviare il motore, sostituiva l’originale di tipo meccanico.L’abbassamento del rapporto di compressione da 9:1 a 7,1:1, necessario per scongiurare la detonazione, fu ottenuto per mezzo di pistoni stampati di maggiore spessore. Nuovi erano anche gli alberi a cammeper adeguare la fasatura del motore alle diverse esigenze.Guarnizioni della testata di tipo metallico, regolazioni di carburazione e accensione specifiche, radiatore d’acqua più grande e collettori di scarico in acciaio speciale completavano il quadro tecnico d’adattamento alla sovralimentazione. La maggiore potenza, ma soprattutto l’aumento di coppia motrice, rese necessario rinforzare la frizione. L’assetto invece non subì mutamenti, fatta salva una taratura più rigida degli ammortizzatori.Internamente, a parte il manometro del turbo, l’Alfetta GTV Turbodelta era uguale alla versione aspirata, persino nei colori e nei materiali della selleria.A renderla riconoscibile bastava il cofano motore nero opaco con feritoie praticate sui due lati e una larga banda arcobaleno sulle fiancate, sopra la quale spiccava la scritta “Turbodelta”.Il logo Autodelta, posto sul parafango anteriore, dichiarava la prestigiosa paternità del reparto corse Alfa Romeo. Sollevando il cofano si nota infine il voluminoso corpo cilindrico del filtro dell’aria situato a sinistra del motore.

Il progetto Turbodelta non era stato finalizzato al solo incremento di potenza (che avrebbe potuto essere ben più alto), quanto invece a privilegiare l’aumento di coppia motrice e la sua erogazione. L’obiettivo era migliorare la guidabilità della vettura ai bassi regimi e contenere il “turbo-lag”, vale a dire il ritardo nella risposta.E l’obiettivo fu centrato in pieno, dato che la Turbodelta non manifesta praticamente alcun vuoto del motore ai comandi dell’acceleratore.I CV in più, rispetto all’aspirato, non erano moltissimi: venti, per la precisione (150 contro 130), erogati, fra l’altro, a un regime in pratica uguale a prima (5.500 giri contro 5.400).La sovralimentazione incrementò soprattutto la coppia massima che crebbe del 30% (da 18,1 a 23,5 kgm)oltretutto a un regime inferiore che in precedenza: 3.500 giri contro 4.000.Ne derivò una vettura godibilissima. Potente, veloce ed elastica, la Turbodelta riprende con vigore a partire da 1.500 giri. A 3000 giri il turbo comincia già a far sentire una robusta parte della sua spinta, che diventa massima superati i 3.500 giri.La curva di coppia motrice è particolarmente favorevole, dato che si può contare su un valore superiore ai 20 kgm lungo un arco di utilizzazione che va da 2.500 a 5.500 giri, supportati per di più da adeguati valori di potenza che, nell’intervallo considerato, sono compresi tra 77 CV e il valore massimo di 150.

Il progetto Turbodelta non era stato finalizzato al solo incremento di potenza (che avrebbe potuto essere ben più alto), quanto invece a privilegiare l’aumento di coppia motrice e la sua erogazione. L’obiettivo era migliorare la guidabilità della vettura ai bassi regimi e contenere il “turbo-lag”, vale a dire il ritardo nella risposta.E l’obiettivo fu centrato in pieno, dato che la Turbodelta non manifesta praticamente alcun vuoto del motore ai comandi dell’acceleratore.I CV in più, rispetto all’aspirato, non erano moltissimi: venti, per la precisione (150 contro 130), erogati, fra l’altro, a un regime in pratica uguale a prima (5.500 giri contro 5.400).La sovralimentazione incrementò soprattutto la coppia massima che crebbe del 30% (da 18,1 a 23,5 kgm)oltretutto a un regime inferiore che in precedenza: 3.500 giri contro 4.000.Ne derivò una vettura godibilissima. Potente, veloce ed elastica, la Turbodelta riprende con vigore a partire da 1.500 giri. A 3000 giri il turbo comincia già a far sentire una robusta parte della sua spinta, che diventa massima superati i 3.500 giri.La curva di coppia motrice è particolarmente favorevole, dato che si può contare su un valore superiore ai 20 kgm lungo un arco di utilizzazione che va da 2.500 a 5.500 giri, supportati per di più da adeguati valori di potenza che, nell’intervallo considerato, sono compresi tra 77 CV e il valore massimo di 150.

L’Alfetta GTV possedeva finalmente una motorizzazione in grado di sfruttare nel modo più completo le grandi qualità del telaio.Miglioravano l’ accelerazione e la velocità di punta. Nelle classiche prove d’accelerazione l’Alfetta GTV Turbodelta spuntò valori notevolissimi per la cilindrata:il chilometro da fermo fu coperto in soli 28 secondi mentre la velocità massima si attestava attorno ai 205 orari.Che avrebbero potuto essere parecchi di più se il rapporto finale, che era quello della 2000 aspirata, fosse stato allungato.Ne avrebbero tratto beneficio anche i consumi, specie lungo le strade pianeggianti o in autostrada.La scelta di non allungarlo, per quanto dettata dall’ esigenza di modificare il meno possibile il quadro tecnico di base, era apprezzata però in ripresa.Infatti nella prova sui 1.000 metri percorsi in quinta da 30 orari, la Turbodelta primeggiava su tutte le concorrenti (BMW 323, Porsche 924 Turbo e Saab 900 Turbo per citare le più blasonate),guadagnando un paio di secondi rispetto al già eccellente valore fatto segnare dalla GTV aspirata.

L’Alfetta GTV possedeva finalmente una motorizzazione in grado di sfruttare nel modo più completo le grandi qualità del telaio.Miglioravano l’ accelerazione e la velocità di punta. Nelle classiche prove d’accelerazione l’Alfetta GTV Turbodelta spuntò valori notevolissimi per la cilindrata:il chilometro da fermo fu coperto in soli 28 secondi mentre la velocità massima si attestava attorno ai 205 orari.Che avrebbero potuto essere parecchi di più se il rapporto finale, che era quello della 2000 aspirata, fosse stato allungato.Ne avrebbero tratto beneficio anche i consumi, specie lungo le strade pianeggianti o in autostrada.La scelta di non allungarlo, per quanto dettata dall’ esigenza di modificare il meno possibile il quadro tecnico di base, era apprezzata però in ripresa.Infatti nella prova sui 1.000 metri percorsi in quinta da 30 orari, la Turbodelta primeggiava su tutte le concorrenti (BMW 323, Porsche 924 Turbo e Saab 900 Turbo per citare le più blasonate),guadagnando un paio di secondi rispetto al già eccellente valore fatto segnare dalla GTV aspirata.

Su strada il supplemento di cavalleria aveva ulteriormente migliorato il comportamentoin uscita di curva, conservando, della versione base, la proverbiale sicurezza.Rapida nell’inserimento, graduale e progressiva nel passaggio dal sottosterzo al sovrasterzo, non metteva mai il pilota in difficoltà con reazioni improvvise.Solo nelle curve a corto raggio o sul bagnato persisteva il sottosterzo della GTV “atmosferica”.L’ ottimale ripartizione delle masse – uguale all’avantreno come al retrotreno – e la costante perpendicolarità delle ruote motrici al terreno garantita dal ponte De Dion guidato dal parallelogramma di Watt, rendevano la Turbodelta esaltante da guidare e a suo agio su tutti i percorsi.Con poco sviluppo in più, si sarebbe potuto affinarla per porla in posizione di assoluto dominio su qualsiasi concorrente.Sarebbe bastato, per esempio, caratterizzare l’abitacolo più sportivamente, montare pneumatici più larghi e ribassati su ruote di maggior diametro, studiare un assetto più rigido e adottare all’avantreno i freni  autoventilanti dell’ammiraglia Alfa 6 che si erano dimostrati eccellenti.Invece l’unica variante estetica nel frontale fu la griglia a maglie larghe che, dopo le prime esperienze in competizione, sostituì quella a fitti listelli orizzontali derivata dalla normale GTV.

Su strada il supplemento di cavalleria aveva ulteriormente migliorato il comportamentoin uscita di curva, conservando, della versione base, la proverbiale sicurezza.Rapida nell’inserimento, graduale e progressiva nel passaggio dal sottosterzo al sovrasterzo, non metteva mai il pilota in difficoltà con reazioni improvvise.Solo nelle curve a corto raggio o sul bagnato persisteva il sottosterzo della GTV “atmosferica”.L’ ottimale ripartizione delle masse – uguale all’avantreno come al retrotreno – e la costante perpendicolarità delle ruote motrici al terreno garantita dal ponte De Dion guidato dal parallelogramma di Watt, rendevano la Turbodelta esaltante da guidare e a suo agio su tutti i percorsi.Con poco sviluppo in più, si sarebbe potuto affinarla per porla in posizione di assoluto dominio su qualsiasi concorrente.Sarebbe bastato, per esempio, caratterizzare l’abitacolo più sportivamente, montare pneumatici più larghi e ribassati su ruote di maggior diametro, studiare un assetto più rigido e adottare all’avantreno i freni  autoventilanti dell’ammiraglia Alfa 6 che si erano dimostrati eccellenti.Invece l’unica variante estetica nel frontale fu la griglia a maglie larghe che, dopo le prime esperienze in competizione, sostituì quella a fitti listelli orizzontali derivata dalla normale GTV.

Per il mercato Inglese, Bell&Colvill, sul finire degli Anni ‘70, misero a punto una versione turbo stradale da 175 CV.La versione per la Gran Bretagna montava di serie accessori che per l’Italia non erano neppure disponibili.La GTV Strada (questo era il nome) aveva fari fendinebbia Hella, tettuccio apribile, tergilunotto, vetri elettrici e impianto stereo Blaupunkt. E oltre a questo si distingueva per un profilo protettivo applicato lungo la fiancata.Bell&Colvill sostituirono anche gli originali pistoni con altri Cosworth per portare a 7,2:1 il rapporto di compressione, montarono collettori di scarico in acciaio inox, spostarono dal lato aspirazione il gruppo pompa-servofreno(per adattamento con la guida a destra e così si evitava il loro surriscaldamento)e dotarono la vettura di un radiatore-olioper meglio sopportare le elevate temperature che il gruppo di sovralimentazione (Garrett in questo caso) originava. In proposito è da notare che le trasformazioni del rivenditore del Surrey furono eseguite in totale autonomia dal momento che l’Alfa Romeo non aveva previsto l’esportazione in Inghilterra della vettura (forse per problemi d’adattamento in Autodelta della guida a destra).Bell&Colvill adattarono l’assetto alla nuova potenza (nuovi cerchi con gomme più larghe e ribassate) e personalizzarono l’allestimento esterno con una sottile filettatura lungo la linea di cintura.Il cofano – stavolta in tinta con la vettura – fu dotato di analoghe feritoie laterali di ventilazione, ma sviluppate su una maggiore lunghezza.La scritta “Turbo Bell&Colvill” posta sul musetto sopra i fari di sinistra, identificava il modello.Il marchio personalizzato era ripetuto sul condotto che origina dal gruppo di sovralimentazione e sovrasta il coperchio degli alberi a camme.

Per il mercato Inglese, Bell&Colvill, sul finire degli Anni ‘70, misero a punto una versione turbo stradale da 175 CV.La versione per la Gran Bretagna montava di serie accessori che per l’Italia non erano neppure disponibili.La GTV Strada (questo era il nome) aveva fari fendinebbia Hella, tettuccio apribile, tergilunotto, vetri elettrici e impianto stereo Blaupunkt. E oltre a questo si distingueva per un profilo protettivo applicato lungo la fiancata.Bell&Colvill sostituirono anche gli originali pistoni con altri Cosworth per portare a 7,2:1 il rapporto di compressione, montarono collettori di scarico in acciaio inox, spostarono dal lato aspirazione il gruppo pompa-servofreno(per adattamento con la guida a destra e così si evitava il loro surriscaldamento)e dotarono la vettura di un radiatore-olioper meglio sopportare le elevate temperature che il gruppo di sovralimentazione (Garrett in questo caso) originava. In proposito è da notare che le trasformazioni del rivenditore del Surrey furono eseguite in totale autonomia dal momento che l’Alfa Romeo non aveva previsto l’esportazione in Inghilterra della vettura (forse per problemi d’adattamento in Autodelta della guida a destra).Bell&Colvill adattarono l’assetto alla nuova potenza (nuovi cerchi con gomme più larghe e ribassate) e personalizzarono l’allestimento esterno con una sottile filettatura lungo la linea di cintura.Il cofano – stavolta in tinta con la vettura – fu dotato di analoghe feritoie laterali di ventilazione, ma sviluppate su una maggiore lunghezza.La scritta “Turbo Bell&Colvill” posta sul musetto sopra i fari di sinistra, identificava il modello.Il marchio personalizzato era ripetuto sul condotto che origina dal gruppo di sovralimentazione e sovrasta il coperchio degli alberi a camme.

L’Alfetta GTV Turbodelta era una “bella macchina”. E forse avrebbe potuto arginare il nascente fenomeno delle nuove e compatte “GTI”grazie alle sue qualità stradali e al fascino di una linea indiscutibilmente azzeccata.Leggendo i dati di vendita del coupé Alfetta, si vede che la versione più gettonata era proprio la più potente 2000, a dimostrazione che lo spazio di mercato per una Turbodelta personalizzata ad hoc e spinta tecnicamente fino in fondo, crisi o non crisi, esisteva.Ad Arese però stavano preparando la nuova versione aspirata, con motore V6 a iniezione di 2,5 litri e 160 CV che vide la luce nel 1981. Ma in Italia era penalizzata dall’Iva pesante che colpiva le vetture a benzina con cilindrata superiore ai due litri.La Turbodelta avrebbe invece potuto offrire prestazioni vicinissime a quelle della prestigiosa GTV a sei cilindri, senza per questo dover soffrire per questioni fiscali.

L’Alfetta GTV Turbodelta era una “bella macchina”. E forse avrebbe potuto arginare il nascente fenomeno delle nuove e compatte “GTI”grazie alle sue qualità stradali e al fascino di una linea indiscutibilmente azzeccata.Leggendo i dati di vendita del coupé Alfetta, si vede che la versione più gettonata era proprio la più potente 2000, a dimostrazione che lo spazio di mercato per una Turbodelta personalizzata ad hoc e spinta tecnicamente fino in fondo, crisi o non crisi, esisteva.Ad Arese però stavano preparando la nuova versione aspirata, con motore V6 a iniezione di 2,5 litri e 160 CV che vide la luce nel 1981. Ma in Italia era penalizzata dall’Iva pesante che colpiva le vetture a benzina con cilindrata superiore ai due litri.La Turbodelta avrebbe invece potuto offrire prestazioni vicinissime a quelle della prestigiosa GTV a sei cilindri, senza per questo dover soffrire per questioni fiscali.

Scheda Tecnica Alfa Romeo Alfetta GTV Turbodelta (1979)MotoreTipo: AR01655Numero cilindri e disposizione: anteriore longitudinale a quattro cilindri in linea, basamento e testata in lega leggera, canne cilindri in umido, camere di scoppio emisferiche, albero motore su cinque supporti di bancoCilindrata: 1962 ccAlesaggio: 84 mmCorsa: 88,5 mmVelocità media del pistone (m/sec): 16,23 a 5.500 giriRapporto di compressione: 7,1:1Potenza massima: 150 CV a 5.500 giriCoppia massima: 23,5 kgm a 3.500 giriIndice d’elasticità:: 1,89Distribuzione: due alberi a camme in testa, doppia catena silenziosa con tenditore, valvole a V di 80, quelle di scarico al sodioDiametro valvole aspirazione 38 mm, scarico 31 mmAlimentazione due carburatori a doppio corpo orizzontali Dell’Orto DHLA 40, oppure Solex C 40 ADDHE/16 oppure Weber 40 DCOE 106/107 a farfalle sincronizzate, pompa benzina elettrica, ricircolo dei gas di sfiato, gruppo di sovralimentazione con turbina mossa dai gas di scarico e turbocompressore centrifugo KKK, pressione di sovralimentazione 0,7 bar regolata da valvola Waste-gateAccensione Marelli elettronicaCandele Golden Lodge Spica da 14 mmLubrificazione forzata mediante pompa a ingranaggi e valvola bypass, filtro olio sul circuito principaleCapacità circuito olio 6,5 litri (filtro compreso)Raffreddamento ad acqua forzata mediante pompa centrifuga, radiatore, serbatoio d’espansione, ventilatore a innesto termostatico, capacità circuito litri 8Impianto elettrico a 12 VoltAlternatore 540 W Batteria: 12 V- 60 AhTrasmissioneTrazione posteriore, schema transaxle con gruppo frizione-cambio-differenziale in un unico blocco al retrotreno collegato alla scocca con interposizione di tamponi in gommaFrizione monodisco a secco, comando idraulicoCambio a cinque velocità sincronizzate + RM Rapporti al cambio 1a 3,30:1 – 2a 2,00:1 – 3° 1,37:1 – 4a 1,04:1 – 5a 0,83:1 – RM 2,62:1Differenziale a coppia conica ipoidaleRapporto finale 10/41Cerchi 5”1/2 J x 14” (optional cerchiCampagnolo in lega di magnesio)Pneumatici 185/70 HR 14Corpo vetturaTipo vettura coupé a quattro posti, due porte più portelloneSigla del modello 116.36DTipo telaio a scocca portante a struttura differenziata in acciaioTipo carrozzeria coupé a due porte, quattro postiSospensione anteriore a ruote indipendenti, quadrilateri trasversali con regolazione dell’angolo d’incidenza, barre di torsione longitudinali, ammortizzatori idraulici telescopici, barra stabilizzatriceSospensione posteriore ad assale rigido De Dion con guida di Watt, molle elicoidali, ammortizzatori idraulici telescopici, barra stabilizzatriceFreni anteriori e posteriori a disco, servofreno a depressione, regolatore di frenata al retrotreno, doppio circuito frenante, freno a mano sulle ruote posteriori, dischi posteriori collocati all’uscita del differenzialeSterzo a cremagliera, piantone dello sterzo ad assorbimento d’urtoDiametro di sterzata 10 metriCapacità serbatoio carburante 54 litriCapacità bagagliera 370 dmcDimensioni (in mm) e pesoLunghezza 4.205 Larghezza 1.664 Altezza 1.330 Passo 2.400Carreggiata ant. 1.360 Carreggiata post. 1.358Peso 1090 kg in ordine di marciaPrestazioniVelocità massima: oltre 205 km/hAccelerazione: 0-1000 m in 28”0

Scheda Tecnica Alfa Romeo Alfetta GTV Turbodelta (1979)MotoreTipo: AR01655Numero cilindri e disposizione: anteriore longitudinale a quattro cilindri in linea, basamento e testata in lega leggera, canne cilindri in umido, camere di scoppio emisferiche, albero motore su cinque supporti di bancoCilindrata: 1962 ccAlesaggio: 84 mmCorsa: 88,5 mmVelocità media del pistone (m/sec): 16,23 a 5.500 giriRapporto di compressione: 7,1:1Potenza massima: 150 CV a 5.500 giriCoppia massima: 23,5 kgm a 3.500 giriIndice d’elasticità:: 1,89Distribuzione: due alberi a camme in testa, doppia catena silenziosa con tenditore, valvole a V di 80, quelle di scarico al sodioDiametro valvole aspirazione 38 mm, scarico 31 mmAlimentazione due carburatori a doppio corpo orizzontali Dell’Orto DHLA 40, oppure Solex C 40 ADDHE/16 oppure Weber 40 DCOE 106/107 a farfalle sincronizzate, pompa benzina elettrica, ricircolo dei gas di sfiato, gruppo di sovralimentazione con turbina mossa dai gas di scarico e turbocompressore centrifugo KKK, pressione di sovralimentazione 0,7 bar regolata da valvola Waste-gateAccensione Marelli elettronicaCandele Golden Lodge Spica da 14 mmLubrificazione forzata mediante pompa a ingranaggi e valvola bypass, filtro olio sul circuito principaleCapacità circuito olio 6,5 litri (filtro compreso)Raffreddamento ad acqua forzata mediante pompa centrifuga, radiatore, serbatoio d’espansione, ventilatore a innesto termostatico, capacità circuito litri 8Impianto elettrico a 12 VoltAlternatore 540 W Batteria: 12 V- 60 AhTrasmissioneTrazione posteriore, schema transaxle con gruppo frizione-cambio-differenziale in un unico blocco al retrotreno collegato alla scocca con interposizione di tamponi in gommaFrizione monodisco a secco, comando idraulicoCambio a cinque velocità sincronizzate + RM Rapporti al cambio 1a 3,30:1 – 2a 2,00:1 – 3° 1,37:1 – 4a 1,04:1 – 5a 0,83:1 – RM 2,62:1Differenziale a coppia conica ipoidaleRapporto finale 10/41Cerchi 5”1/2 J x 14” (optional cerchiCampagnolo in lega di magnesio)Pneumatici 185/70 HR 14Corpo vetturaTipo vettura coupé a quattro posti, due porte più portelloneSigla del modello 116.36DTipo telaio a scocca portante a struttura differenziata in acciaioTipo carrozzeria coupé a due porte, quattro postiSospensione anteriore a ruote indipendenti, quadrilateri trasversali con regolazione dell’angolo d’incidenza, barre di torsione longitudinali, ammortizzatori idraulici telescopici, barra stabilizzatriceSospensione posteriore ad assale rigido De Dion con guida di Watt, molle elicoidali, ammortizzatori idraulici telescopici, barra stabilizzatriceFreni anteriori e posteriori a disco, servofreno a depressione, regolatore di frenata al retrotreno, doppio circuito frenante, freno a mano sulle ruote posteriori, dischi posteriori collocati all’uscita del differenzialeSterzo a cremagliera, piantone dello sterzo ad assorbimento d’urtoDiametro di sterzata 10 metriCapacità serbatoio carburante 54 litriCapacità bagagliera 370 dmcDimensioni (in mm) e pesoLunghezza 4.205 Larghezza 1.664 Altezza 1.330 Passo 2.400Carreggiata ant. 1.360 Carreggiata post. 1.358Peso 1090 kg in ordine di marciaPrestazioniVelocità massima: oltre 205 km/hAccelerazione: 0-1000 m in 28”0

Contattacivia Don Luigi Sturzo, 7- 20016 Pero (Mi) – Tel. 02/380851- Fax 02/38010393 – E-mail:automobilismodepoca@edisport.it

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Automobilismodepoca.it – Quotidiano di informazione Reg. Trib. di Milano n.394 in data 23.06.2003