L’ultima volta che i cinesi ci copiarono la Panda, li cacciammo dal suolo italiano | Bandita dal tribunale di Torino
GW Peri, l'auto cinese che fu bandita dal suolo italiano @automobilismodepoca
Nel 2008 un giudice italiano fermò la citycar cinese fotocopia della Fiat Panda: per la “Panda cinese” fu uno stop esemplare, con divieto d’ingresso in Italia e in Europa.
A metà anni Duemila la Cina comincia a invadere anche il mondo dell’auto con modelli economici e dall’aria fin troppo familiare. Tra questi spicca la Great Wall Peri, subito ribattezzata “Panda cinese” per le somiglianze impressionanti con la Fiat Panda di seconda generazione: stessa impostazione da citycar alta e compatta, stessa coda verticale, interni quasi fotocopiati. Un’auto straniera che osa sfidare apertamente “mamma Fiat” sul terreno del design di casa.
Il Lingotto non la prende affatto come una semplice coincidenza stilistica e porta la questione davanti ai giudici. Il cuore della contestazione è semplice: la Peri non sarebbe un modello ispirato, ma un vero e proprio clone, tanto da rischiare di confondere il pubblico. Inizia così la guerra legale sulla “Panda cinese”, con un Tribunale italiano chiamato a decidere se quella piccola utilitaria dagli occhi a mandorla potesse circolare liberamente accanto all’originale torinese.
Quando il Tribunale di Torino fermò la “Panda cinese”
La svolta arriva nel luglio 2008, quando il Tribunale di Torino emette un’ordinanza destinata a fare scuola. Secondo una rivista specializzata del settore, i giudici stabiliscono che la Great Wall Peri è troppo simile alla Fiat Panda, al punto da vietarne l’importazione in Italia con effetto immediato. Non solo: la casa cinese viene colpita da una multa di 15.000 euro per il primo esemplare immesso sul mercato, con sanzioni fino a 50.000 euro per ogni eventuale violazione futura del divieto.
Nelle motivazioni viene sottolineato come la Peri non appaia “un’auto diversa” se non per la parte frontale, mentre proporzioni, fiancata e coda ricalcano in modo evidente l’utilitaria del Lingotto. La “Panda cinese” monta un motore 1.3 litri ed è lunga circa tre metri e mezzo, praticamente sovrapponibile alla Fiat Panda di seconda generazione. Il messaggio è chiaro: copiare in modo così spinto non è più tollerato, nemmeno se il prezzo d’attacco è molto più basso di quello dell’originale.

Cancellata dal mercato europeo, ma contesa nei tribunali cinesi
Con quella decisione, la piccola Peri viene di fatto bandita dal suolo europeo, trasformandosi nel simbolo della linea dura contro le auto clonate. Le autorità italiane possono sequestrare gli esemplari importati e bloccare ogni tentativo di nuova commercializzazione. Per i potenziali acquirenti europei, la “Panda cinese” resta soprattutto una curiosità da foto in rete e articoli di cronaca industriale, più che un’auto da trovare davvero in concessionaria.
Paradossalmente, mentre in Italia i giudici chiudono la porta alla Great Wall Peri, in Cina la battaglia legale prende una piega opposta: un tribunale locale respinge il ricorso di Fiat, ritenendo che tra i due modelli esistano differenze sufficienti a evitare confusione. Così, quella citycar cinese che per il diritto europeo ha osato copiare troppo da “mamma Fiat” e ne ha pagato il prezzo viene tenuta lontana dalle nostre strade, mentre continua a circolare in patria. La storia della “Panda cinese” resta come un monito: in un mondo di cloni e copie, non sempre il confine tra ispirazione e plagio è solo una questione di stile.
