Ivan Capelli:

Shop- Abbonati, acquista le prove, i libri, le versioni digitaliSpeciale Lancia Fulvia Coupé sul nuovo numero di Automobilismo d’EpocaIn edicola a partire da oggi, mercoledi 7 Dicembre, il numero dicembre/gennaio. In copertina la Fulvia Sport Zagato 1,3 S, protagonista di uno speciale che comprende anche un esemplare nel rarissimo colore rosa metallizzato e una 1,2 preparata per il Monte-Carlo StoricoArea Automobilismo dEpocaRegistratiSocialContatta la redazioneAutomobilismo d Epocaautomobilismodepoca@edisport.itSegnala problemi webwebmaster.moto@edisport.itArretrati e assistenzaassistenza.clienti@edisport.itin edicolaTutto newsSaloniL’ASI ad Automotoretrò: uno stand pieno di appuntamentiGiacosa, la Cisitalia e i 60 anni della Nuova 500. Le premiazioni dei vari settori, la presentazione di ASIMotoShow e i 70 anni della Lambretta. Gli studenti dell’Università di Bologna presentano il progetto UniBo110Automobile e arteQuando i vetri dell’automobile (e della Vespa) diventano tele“Art al parabrise” è il titolo dell’esposizione di opere pittoriche aperta dal 26 gennaio al 26 febbraio prossimi a Torino. L’artista Guido Palmero dipinge su parabrezza e finestrini di automobili e Vespa110Ha fatto la storia“Pezzo grosso” nel catalogo RM a Parigi: la Porsche 901 CabrioletIl prototipo della berlinetta scoperta, realizzato da Karmann, non ebbe mai seguito produttivo. Esemplare di pre-serie, è una delle sole due 901 prototipo rimaste in circolazione, delle 13 realizzate.110SaloniSi scaldano i motori: manca poco più di un mese ad AutomotoretròLa manifestazione dedicata alle auto d’epoca, ma non soltanto, aprirà i battenti il 3 Febbraio. Abbinata ad Automotoracing, è ormai una kermesse motoristica a tutto tondo. Importanti anniversari, drifting in pista, supercar e DJ famosi a Torino presso Lingotto Fiere70Chiudi911 RSR: 40 anni di boxer ad altissime prestazioni

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Speciale Lancia Fulvia Coupé sul nuovo numero di Automobilismo d’EpocaIn edicola a partire da oggi, mercoledi 7 Dicembre, il numero dicembre/gennaio. In copertina la Fulvia Sport Zagato 1,3 S, protagonista di uno speciale che comprende anche un esemplare nel rarissimo colore rosa metallizzato e una 1,2 preparata per il Monte-Carlo StoricoArea Automobilismo dEpocaRegistratiSocialContatta la redazioneAutomobilismo d Epocaautomobilismodepoca@edisport.itSegnala problemi webwebmaster.moto@edisport.itArretrati e assistenzaassistenza.clienti@edisport.it

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In edicola a partire da oggi, mercoledi 7 Dicembre, il numero dicembre/gennaio. In copertina la Fulvia Sport Zagato 1,3 S, protagonista di uno speciale che comprende anche un esemplare nel rarissimo colore rosa metallizzato e una 1,2 preparata per il Monte-Carlo Storico

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in edicolaTutto newsSaloniL’ASI ad Automotoretrò: uno stand pieno di appuntamentiGiacosa, la Cisitalia e i 60 anni della Nuova 500. Le premiazioni dei vari settori, la presentazione di ASIMotoShow e i 70 anni della Lambretta. Gli studenti dell’Università di Bologna presentano il progetto UniBo110Automobile e arteQuando i vetri dell’automobile (e della Vespa) diventano tele“Art al parabrise” è il titolo dell’esposizione di opere pittoriche aperta dal 26 gennaio al 26 febbraio prossimi a Torino. L’artista Guido Palmero dipinge su parabrezza e finestrini di automobili e Vespa110Ha fatto la storia“Pezzo grosso” nel catalogo RM a Parigi: la Porsche 901 CabrioletIl prototipo della berlinetta scoperta, realizzato da Karmann, non ebbe mai seguito produttivo. Esemplare di pre-serie, è una delle sole due 901 prototipo rimaste in circolazione, delle 13 realizzate.110SaloniSi scaldano i motori: manca poco più di un mese ad AutomotoretròLa manifestazione dedicata alle auto d’epoca, ma non soltanto, aprirà i battenti il 3 Febbraio. Abbinata ad Automotoracing, è ormai una kermesse motoristica a tutto tondo. Importanti anniversari, drifting in pista, supercar e DJ famosi a Torino presso Lingotto Fiere70Chiudi

in edicolaTutto newsSaloniL’ASI ad Automotoretrò: uno stand pieno di appuntamentiGiacosa, la Cisitalia e i 60 anni della Nuova 500. Le premiazioni dei vari settori, la presentazione di ASIMotoShow e i 70 anni della Lambretta. Gli studenti dell’Università di Bologna presentano il progetto UniBo110Automobile e arteQuando i vetri dell’automobile (e della Vespa) diventano tele“Art al parabrise” è il titolo dell’esposizione di opere pittoriche aperta dal 26 gennaio al 26 febbraio prossimi a Torino. L’artista Guido Palmero dipinge su parabrezza e finestrini di automobili e Vespa110Ha fatto la storia“Pezzo grosso” nel catalogo RM a Parigi: la Porsche 901 CabrioletIl prototipo della berlinetta scoperta, realizzato da Karmann, non ebbe mai seguito produttivo. Esemplare di pre-serie, è una delle sole due 901 prototipo rimaste in circolazione, delle 13 realizzate.110SaloniSi scaldano i motori: manca poco più di un mese ad AutomotoretròLa manifestazione dedicata alle auto d’epoca, ma non soltanto, aprirà i battenti il 3 Febbraio. Abbinata ad Automotoracing, è ormai una kermesse motoristica a tutto tondo. Importanti anniversari, drifting in pista, supercar e DJ famosi a Torino presso Lingotto Fiere70Chiudi

SaloniL’ASI ad Automotoretrò: uno stand pieno di appuntamentiGiacosa, la Cisitalia e i 60 anni della Nuova 500. Le premiazioni dei vari settori, la presentazione di ASIMotoShow e i 70 anni della Lambretta. Gli studenti dell’Università di Bologna presentano il progetto UniBo110Automobile e arteQuando i vetri dell’automobile (e della Vespa) diventano tele“Art al parabrise” è il titolo dell’esposizione di opere pittoriche aperta dal 26 gennaio al 26 febbraio prossimi a Torino. L’artista Guido Palmero dipinge su parabrezza e finestrini di automobili e Vespa110Ha fatto la storia“Pezzo grosso” nel catalogo RM a Parigi: la Porsche 901 CabrioletIl prototipo della berlinetta scoperta, realizzato da Karmann, non ebbe mai seguito produttivo. Esemplare di pre-serie, è una delle sole due 901 prototipo rimaste in circolazione, delle 13 realizzate.110SaloniSi scaldano i motori: manca poco più di un mese ad AutomotoretròLa manifestazione dedicata alle auto d’epoca, ma non soltanto, aprirà i battenti il 3 Febbraio. Abbinata ad Automotoracing, è ormai una kermesse motoristica a tutto tondo. Importanti anniversari, drifting in pista, supercar e DJ famosi a Torino presso Lingotto Fiere70

SaloniL’ASI ad Automotoretrò: uno stand pieno di appuntamentiGiacosa, la Cisitalia e i 60 anni della Nuova 500. Le premiazioni dei vari settori, la presentazione di ASIMotoShow e i 70 anni della Lambretta. Gli studenti dell’Università di Bologna presentano il progetto UniBo110Automobile e arteQuando i vetri dell’automobile (e della Vespa) diventano tele“Art al parabrise” è il titolo dell’esposizione di opere pittoriche aperta dal 26 gennaio al 26 febbraio prossimi a Torino. L’artista Guido Palmero dipinge su parabrezza e finestrini di automobili e Vespa110Ha fatto la storia“Pezzo grosso” nel catalogo RM a Parigi: la Porsche 901 CabrioletIl prototipo della berlinetta scoperta, realizzato da Karmann, non ebbe mai seguito produttivo. Esemplare di pre-serie, è una delle sole due 901 prototipo rimaste in circolazione, delle 13 realizzate.110SaloniSi scaldano i motori: manca poco più di un mese ad AutomotoretròLa manifestazione dedicata alle auto d’epoca, ma non soltanto, aprirà i battenti il 3 Febbraio. Abbinata ad Automotoracing, è ormai una kermesse motoristica a tutto tondo. Importanti anniversari, drifting in pista, supercar e DJ famosi a Torino presso Lingotto Fiere70

SaloniL’ASI ad Automotoretrò: uno stand pieno di appuntamentiGiacosa, la Cisitalia e i 60 anni della Nuova 500. Le premiazioni dei vari settori, la presentazione di ASIMotoShow e i 70 anni della Lambretta. Gli studenti dell’Università di Bologna presentano il progetto UniBo110

Giacosa, la Cisitalia e i 60 anni della Nuova 500. Le premiazioni dei vari settori, la presentazione di ASIMotoShow e i 70 anni della Lambretta. Gli studenti dell’Università di Bologna presentano il progetto UniBo

Automobile e arteQuando i vetri dell’automobile (e della Vespa) diventano tele“Art al parabrise” è il titolo dell’esposizione di opere pittoriche aperta dal 26 gennaio al 26 febbraio prossimi a Torino. L’artista Guido Palmero dipinge su parabrezza e finestrini di automobili e Vespa110

Quando i vetri dell’automobile (e della Vespa) diventano tele

“Art al parabrise” è il titolo dell’esposizione di opere pittoriche aperta dal 26 gennaio al 26 febbraio prossimi a Torino. L’artista Guido Palmero dipinge su parabrezza e finestrini di automobili e Vespa

Ha fatto la storia“Pezzo grosso” nel catalogo RM a Parigi: la Porsche 901 CabrioletIl prototipo della berlinetta scoperta, realizzato da Karmann, non ebbe mai seguito produttivo. Esemplare di pre-serie, è una delle sole due 901 prototipo rimaste in circolazione, delle 13 realizzate.110

“Pezzo grosso” nel catalogo RM a Parigi: la Porsche 901 Cabriolet

Il prototipo della berlinetta scoperta, realizzato da Karmann, non ebbe mai seguito produttivo. Esemplare di pre-serie, è una delle sole due 901 prototipo rimaste in circolazione, delle 13 realizzate.

SaloniSi scaldano i motori: manca poco più di un mese ad AutomotoretròLa manifestazione dedicata alle auto d’epoca, ma non soltanto, aprirà i battenti il 3 Febbraio. Abbinata ad Automotoracing, è ormai una kermesse motoristica a tutto tondo. Importanti anniversari, drifting in pista, supercar e DJ famosi a Torino presso Lingotto Fiere70

Si scaldano i motori: manca poco più di un mese ad Automotoretrò

La manifestazione dedicata alle auto d’epoca, ma non soltanto, aprirà i battenti il 3 Febbraio. Abbinata ad Automotoracing, è ormai una kermesse motoristica a tutto tondo. Importanti anniversari, drifting in pista, supercar e DJ famosi a Torino presso Lingotto Fiere

911 RSR: 40 anni di boxer ad altissime prestazioni

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SportIvan Capelli: “Ferrari straniera”31 gennaio 2014Giovani piloti crescono. Sembra ieri quando Ivan Capelli era una promessa della scuola italiana. È stato pilota ufficiale Ferrari nel 1992, una delle stagioni più opache, per il buco nero in cui era precipitato il Cavallino dopo gli anni di Prost e Mansell e prima dell’era Schumacher.

Giovani piloti crescono. Sembra ieri quando Ivan Capelli era una promessa della scuola italiana. È stato pilota ufficiale Ferrari nel 1992, una delle stagioni più opache, per il buco nero in cui era precipitato il Cavallino dopo gli anni di Prost e Mansell e prima dell’era Schumacher.

Il 24 maggio 2013 Ivan Capelli ha compiuto cinquant’anni e oggi, alla vigilia di un traguardo importante, lancia un appello per aiutare i giovani talenti italiani, assentidalle griglie di partenza dei GP di F1 per il secondo anno consecutivo.Leggi la nostra intervistaLa Ferrari aiuta i piloti italiani?Non quanto potrebbe. Non dimentichiamo che l’ultimo pilota italianoa vincere a Monza su una Ferrari è stato Ludovico Scarfiotti. Correva l’anno 1966. Fra tre anni è mezzo secolo…Perché la Ferrari apre le porte ai piloti stranieri e le tienechiuse agli italiani?Perché gli italiani sono tendenzialmente esterofili e non hanno una grande considerazione dei loro meriti, delle loro risorse. Io ho vissuto in prima persona questo modo di pensare e di agire, nel 1992, quando alla Ferrari il mio compagno era Jean Alesi, con il quale, ci tengo a dirlo, sono rimasto in ottimi rapporti. Jean non era un personaggio facile. Eppure la squadra preferiva confrontarsi con lui e non con chi parlava la stessa lingua. Se c’era qualcosa da decidere, una modifica da adottare, decideva lui.Stefano Modena, anche lui cinquantenne da pochi giorni,ha detto a chiare lettere che se non ci sono italiani in F1 èperché non c’è gente che se lo merita. Sei d’accordo?Non del tutto. Può capitare che per un certo periodo una nazione nonriesca ad esprimere talenti. Ma da noi il periodo inizia a diventare unpo’ troppo lungo. Un pilota del massimo livello va formato nel tempo.Fisichella, Trulli e Liuzzi erano molto veloci. Ma non hanno avuto leopportunità di altri colleghi con il passaporto straniero.Come giornalista Rai, che cosa hanno visto i tuoi occhi ingiro per il mondo negli ultimi 15 anni?Quanto è forte l’appeal della Ferrari. Sapevo quanto fosse radicata lasua storia in Europa e negli Stati Uniti. Ma quando è iniziato il ciclo deicosiddetti nuovi GP, e mi riferisco in particolare a Turchia, Corea, Malesia,Cina, Abu Dhabi, ogni volta mi ha colpito vedere che metà delletribune centrali, quelle davanti ai box, erano di colore rosso, pienezeppe di tifosi Ferrari e nell’altra metà si ammucchiavano gli altri, ossiai sostenitori di McLaren, Red Bull, Lotus, Williams.Tu come hai iniziato? Qual è stato il tuo primo sponsor?Mio padre. Nel 1978, quando avevo quattordici anni, ho rotto il salvadanaioe non avevo nemmeno i soldi per comperare il casco.E allora?Per acquistare il primo kart è intervenuto lui. E per andare avanti,e permettermi di arrivare dove sono arrivato, di soldi ne ha spesiparecchi e si è ipotecato due volte la casa, all’insaputa di mia madre.Chi pratica l’automobilismo a livello professionale si trova due otre volte davanti a un bivio molto importante, direi decisivo. E in queimomenti, se davvero vuole andare avanti, deve giocarsi molto più diquello che ha.La tua fortuna?Il Giappone e la fiducia che ha riposto in me il presidente della LeytonHouse quando, nel 1986, ha stretto con me un accordo da quattro milionidi dollari con una semplice stretta di mano in aeroporto. Ero intesta al campionato di F3000, che ho poi vinto, con una vittoria e trepodi. Gli è bastato questo. Mi sembrava una favola, un altro mondo,perché da noi non gira così. Purtroppo non capita a tutti e mi dispiaceper i tanti piloti talentuosi che si perdono senza trovare le giusteopportunità.All’estero che fama hanno i driver italiani?Pochi una buona reputazione, per gli altri la considerazione è più modesta.Del resto, se la stessa Ferrari non crede nei piloti italiani comeè possibile che i team-manager delle squadre straniere possanocrederci?Com’è cambiata la F1 rispetto ai tuoi tempi?Ho fatto recentemente un confronto: oggi le F1, a parità di tracciati,impiegano 12 secondi al giro in meno rispetto a quelle che guidavoio vent’anni fa. Ma non c’è la percezione di questa maggior velocitàperché oggi le macchine viaggiano sui binari e non danno spettacolo.Quando, quasi trent’anni fa, al GP del Belgio, circuito di Spa-Francorchamps,mi buttavo giù dalla discesa che porta alla esse dell’EauRouge e poi al Radillon, mi chiedevo starà dentro la macchina, ce lafarò a venirne fuori? Oggi non è più così.Quando nel biennio 1983-1984 vinci il campionati italianoed europeo di F3 ci sono molti italiani fra i migliori. Perchéoggi quel vivaio non c’è più?Perché allora le corse erano più abbordabili e i campionati erano pochima buoni. Allora, se volevi crescere, dovevi scegliere fra FormulaAbarth e la F3. E da lì emergevano i migliori. Oggi abbiamo una miriadedi formule dove tutti sono campioni ma nessuno emerge.Nel 1986 hai dominato la F3000. Perché da quella Formulanon è mai maturato un campione del mondo di F1?Perché allora non c’era un legame così stretto fa F3000 e F1 come c’èinvece oggi fra GP2 e F1. Inoltre la F3000 era stata inventata da BernieEcclestone per riciclare i Cosworth dei vari team che avevano decisodi passare al turbo.Che emozioni ricordi al debutto in F1, anno 1985, passandodai 450 CV della F3000 ai 1000 del turbo?Fu un’esperienza unica perché all’epoca non c’erano i simulatori. Lamia “prima volta” fu alle prove del GP d’Europa 1985 che si correvaa Brands Hatch. La Tyrrell aveva il motore Renault turbo. Io ero statochiamato per sostituire Stefan Bellof, morto alla 1000 Km di Spa.Non avevo mai provato quella macchina, la pista non la conoscevo,intorno a me giravano Rosberg, Senna, Prost, Patrese, insomma erodavvero un ragazzo a “chilometri zero” e mi sentivo come un pulcinoin mezzo ai leoni.Anche al GP d’Australia le sorprese non mancarono…Avevo fatto un incidente il giovedì. I meccanici non si erano accortiche il sedile si era rotto e in gara si disancorò completamente. Ho finitola gara aggrappato al volante, la schiena martoriata, una tortura.Poche parole per ogni team di F1 che hai frequentato?In Tyrrell era tutto ridotto all’osso. Leyton House è stata la mia famiglia,la squadra dove mi sono sentito felice; Ferrari il sogno mancato.Ma una convergenza negativa di fattori fece sì la mia storia con Maranello,il mio sogno, il sogno di ogni italiano che corre, non finisse comesperavo.Perché?Perché se alla Ferrari approdi nel momento sbagliato e sei italianohai ottime probabilità di bruciarti la carriera. Il fatto è che a me, all’epoca,avevano messo davanti una scelta: o corri con la Scuderia Italiao con la Ferrari. Io avevo già un contratto con la Scuderia Italia. Emi dissero: “Ivan, vuoi restare lì o venire a Maranello?”. Vorrei propriovedere cos’avrebbe fatto un altro pilota di 29 anni, l’età che avevo io,quando si presentò quella possibilità. E invece in alcune gare Martinie Lehto, che avevano il motore Ferrari sulla Dallara-Scuderia Italia, avolte viaggiavano più forte di noi…Eppure la Ferrari F92A era anticipatrice di alcuni concettiche poi si sarebbero affermati in F1. Perché non funzionò?Quali problemi impedirono il successo?Concettualmente l’idea di portare più aria al diffusore posteriore eramolto valida. In galleria del vento funzionava. Il problema era che variearee della vettura non erano competitive. A inizio anno il motoregirava molto più forte ma alcuni problemi consigliarono di abbassareil regime massimo di rotazione. Il progetto della macchina era natocon il cambio trasversale ed io, per metà stagione, ho corso con il cambiolongitudinale, quindi con un retrotreno completamente diversorispetto a Jean Alesi. Nel 1992 la Williams aveva le sospensioni attivee andava come un treno, un secondo e mezzo più forte di noi. Infinela Ferrari non aveva la stabilità organizzativa necessaria per competereai massimi livelli.Tu hai lavorato a stretto contatto con Adrian Newey, chetutti vorrebbero come progettista…Adrian è l’unico vero genio che oggi c’è in F1. Ha dato l’impronta agliultimi vent’anni della F1. Ha portato titoli mondiali a Williams, Mc Laren e Red Bull. Un perfezionista, un grande appassionato e anche un buon pilota. Molti non lo sanno, ma Newey guida le macchine che progetta e sa che cosa vuol dire andare forte.Oggi che cosa serve per vincere?Concentrazione e determinazione a livelli assoluti. Le monoposto modernesi guidano con i bottoni e le differenze non sono più in decimi,ma in centesimi di secondo. Bisogna credere, essere convinti che lamacchina farà quello che tu vuoi. Il pilota sa soltanto che in quella curvadeve passare in quinta e lo fa perché ci crede, perché non può materialmenteavere il controllo del mezzo che avevamo noi. E questoper venti gare all’anno, tutte molto serrate.Si corre ancora contro un rivale?Non più. Schumacher con la Ferrari ha corso contro un rivale pervolta. Prima contro Damon Hill, poi contro Jacques Villeneuve, JuanPablo Montoya, Mika Hakkinen, David Coulthard, Fernando Alonso.Oggi non è più così perché gli aspiranti al titolo sono tanti e li hai tuttiaddosso, pronti ad approfittare di un tuo errore. Per questo Michaelha preso tanti schiaffoni nella sua seconda vita di pilota. Ha trovatoun mondo diverso da quello in cui era abituato a correre, con tantivincitori.CAMPIONE DA F1Ivan Franco Capelli è forse l’unico campione del volante che ha rischiato di diventare un calciatore professionista. Da ragazzo entra nella formazione giovanile della Pro Sesto. Poi si redime e nel 1978 inizia a correre in kart. Vince tutto nelle formule minori: nel 1983 il titolo italiano di F3 con record di vittorie (9 su 13 gare); nell’84 il GP di Monte-Carlo di F3; nel 1986 il campionato internazionale di F3000. Nel frattempo debutta in F1, con un 4° al GP  ’Australiasu Tyrrell, sua seconda gara in F1, nel 1985. Dal 1987 è stabile in F1 su March-Leyton House. Nell’88 è secondo al GP del Portogallo 1988 e terzo al GP del Belgio, con un aspirato contro i turbo. Il team non naviga nell’oro ma crede in lui e ha l’asso nella manica di Adrian Newey: arriva così un secondo posto al GP di Francia 1990, dopo aver condotto a lungo la gara. Nel 1992 passa alla Ferrari ma la squadra è in crisi e a fine stagione è sostituito da Nicola Larini, che non avrà maggior fortuna. L’anno dopo è con Jordan ma dopo due soli GP si ritira.DESTINATI AL RITIROIvan Capelli difende a spada tratta i piloti tricolore. E si lancia inun confronto oggettivo: “Abbiamo piloti come Emanuele Pirroche ha vinto cinque volte la 24 Ore di Le Mans e Dindo Capelloche l’ha vinta tre volte. Eppure non sono celebrati e riconosciuticome meriterebbero. Alcuni driver stranieri, che hanno vintomolto meno, sono più quotati. E questo non è giusto. Molti pilotistranieri vengano in Italia a formarsi, in kart o nelle formule minori.Fanno quello che facevano gli italiani negli anni ‘70 quando andavano a imparare in Inghilterra. Solo che gli stranieri poi diventanofamosi. I nostri invece non sono aiutati come meriterebbero e finiscono per ritirarsi.”

Il 24 maggio 2013 Ivan Capelli ha compiuto cinquant’anni e oggi, alla vigilia di un traguardo importante, lancia un appello per aiutare i giovani talenti italiani, assentidalle griglie di partenza dei GP di F1 per il secondo anno consecutivo.

Non quanto potrebbe. Non dimentichiamo che l’ultimo pilota italianoa vincere a Monza su una Ferrari è stato Ludovico Scarfiotti. Correva l’anno 1966. Fra tre anni è mezzo secolo…

Perché la Ferrari apre le porte ai piloti stranieri e le tienechiuse agli italiani?

Perché gli italiani sono tendenzialmente esterofili e non hanno una grande considerazione dei loro meriti, delle loro risorse. Io ho vissuto in prima persona questo modo di pensare e di agire, nel 1992, quando alla Ferrari il mio compagno era Jean Alesi, con il quale, ci tengo a dirlo, sono rimasto in ottimi rapporti. Jean non era un personaggio facile. Eppure la squadra preferiva confrontarsi con lui e non con chi parlava la stessa lingua. Se c’era qualcosa da decidere, una modifica da adottare, decideva lui.

Stefano Modena, anche lui cinquantenne da pochi giorni,ha detto a chiare lettere che se non ci sono italiani in F1 èperché non c’è gente che se lo merita. Sei d’accordo?

Non del tutto. Può capitare che per un certo periodo una nazione nonriesca ad esprimere talenti. Ma da noi il periodo inizia a diventare unpo’ troppo lungo. Un pilota del massimo livello va formato nel tempo.Fisichella, Trulli e Liuzzi erano molto veloci. Ma non hanno avuto leopportunità di altri colleghi con il passaporto straniero.

Come giornalista Rai, che cosa hanno visto i tuoi occhi ingiro per il mondo negli ultimi 15 anni?

Quanto è forte l’appeal della Ferrari. Sapevo quanto fosse radicata lasua storia in Europa e negli Stati Uniti. Ma quando è iniziato il ciclo deicosiddetti nuovi GP, e mi riferisco in particolare a Turchia, Corea, Malesia,Cina, Abu Dhabi, ogni volta mi ha colpito vedere che metà delletribune centrali, quelle davanti ai box, erano di colore rosso, pienezeppe di tifosi Ferrari e nell’altra metà si ammucchiavano gli altri, ossiai sostenitori di McLaren, Red Bull, Lotus, Williams.

Tu come hai iniziato? Qual è stato il tuo primo sponsor?

Mio padre. Nel 1978, quando avevo quattordici anni, ho rotto il salvadanaioe non avevo nemmeno i soldi per comperare il casco.

Per acquistare il primo kart è intervenuto lui. E per andare avanti,e permettermi di arrivare dove sono arrivato, di soldi ne ha spesiparecchi e si è ipotecato due volte la casa, all’insaputa di mia madre.Chi pratica l’automobilismo a livello professionale si trova due otre volte davanti a un bivio molto importante, direi decisivo. E in queimomenti, se davvero vuole andare avanti, deve giocarsi molto più diquello che ha.

Il Giappone e la fiducia che ha riposto in me il presidente della LeytonHouse quando, nel 1986, ha stretto con me un accordo da quattro milionidi dollari con una semplice stretta di mano in aeroporto. Ero intesta al campionato di F3000, che ho poi vinto, con una vittoria e trepodi. Gli è bastato questo. Mi sembrava una favola, un altro mondo,perché da noi non gira così. Purtroppo non capita a tutti e mi dispiaceper i tanti piloti talentuosi che si perdono senza trovare le giusteopportunità.

Pochi una buona reputazione, per gli altri la considerazione è più modesta.Del resto, se la stessa Ferrari non crede nei piloti italiani comeè possibile che i team-manager delle squadre straniere possanocrederci?

Ho fatto recentemente un confronto: oggi le F1, a parità di tracciati,impiegano 12 secondi al giro in meno rispetto a quelle che guidavoio vent’anni fa. Ma non c’è la percezione di questa maggior velocitàperché oggi le macchine viaggiano sui binari e non danno spettacolo.Quando, quasi trent’anni fa, al GP del Belgio, circuito di Spa-Francorchamps,mi buttavo giù dalla discesa che porta alla esse dell’EauRouge e poi al Radillon, mi chiedevo starà dentro la macchina, ce lafarò a venirne fuori? Oggi non è più così.

Quando nel biennio 1983-1984 vinci il campionati italianoed europeo di F3 ci sono molti italiani fra i migliori. Perchéoggi quel vivaio non c’è più?

Perché allora le corse erano più abbordabili e i campionati erano pochima buoni. Allora, se volevi crescere, dovevi scegliere fra FormulaAbarth e la F3. E da lì emergevano i migliori. Oggi abbiamo una miriadedi formule dove tutti sono campioni ma nessuno emerge.

Nel 1986 hai dominato la F3000. Perché da quella Formulanon è mai maturato un campione del mondo di F1?

Perché allora non c’era un legame così stretto fa F3000 e F1 come c’èinvece oggi fra GP2 e F1. Inoltre la F3000 era stata inventata da BernieEcclestone per riciclare i Cosworth dei vari team che avevano decisodi passare al turbo.

Che emozioni ricordi al debutto in F1, anno 1985, passandodai 450 CV della F3000 ai 1000 del turbo?

Fu un’esperienza unica perché all’epoca non c’erano i simulatori. Lamia “prima volta” fu alle prove del GP d’Europa 1985 che si correvaa Brands Hatch. La Tyrrell aveva il motore Renault turbo. Io ero statochiamato per sostituire Stefan Bellof, morto alla 1000 Km di Spa.Non avevo mai provato quella macchina, la pista non la conoscevo,intorno a me giravano Rosberg, Senna, Prost, Patrese, insomma erodavvero un ragazzo a “chilometri zero” e mi sentivo come un pulcinoin mezzo ai leoni.

Avevo fatto un incidente il giovedì. I meccanici non si erano accortiche il sedile si era rotto e in gara si disancorò completamente. Ho finitola gara aggrappato al volante, la schiena martoriata, una tortura.

Poche parole per ogni team di F1 che hai frequentato?

In Tyrrell era tutto ridotto all’osso. Leyton House è stata la mia famiglia,la squadra dove mi sono sentito felice; Ferrari il sogno mancato.Ma una convergenza negativa di fattori fece sì la mia storia con Maranello,il mio sogno, il sogno di ogni italiano che corre, non finisse comesperavo.

Perché se alla Ferrari approdi nel momento sbagliato e sei italianohai ottime probabilità di bruciarti la carriera. Il fatto è che a me, all’epoca,avevano messo davanti una scelta: o corri con la Scuderia Italiao con la Ferrari. Io avevo già un contratto con la Scuderia Italia. Emi dissero: “Ivan, vuoi restare lì o venire a Maranello?”. Vorrei propriovedere cos’avrebbe fatto un altro pilota di 29 anni, l’età che avevo io,quando si presentò quella possibilità. E invece in alcune gare Martinie Lehto, che avevano il motore Ferrari sulla Dallara-Scuderia Italia, avolte viaggiavano più forte di noi…

Eppure la Ferrari F92A era anticipatrice di alcuni concettiche poi si sarebbero affermati in F1. Perché non funzionò?Quali problemi impedirono il successo?

Concettualmente l’idea di portare più aria al diffusore posteriore eramolto valida. In galleria del vento funzionava. Il problema era che variearee della vettura non erano competitive. A inizio anno il motoregirava molto più forte ma alcuni problemi consigliarono di abbassareil regime massimo di rotazione. Il progetto della macchina era natocon il cambio trasversale ed io, per metà stagione, ho corso con il cambiolongitudinale, quindi con un retrotreno completamente diversorispetto a Jean Alesi. Nel 1992 la Williams aveva le sospensioni attivee andava come un treno, un secondo e mezzo più forte di noi. Infinela Ferrari non aveva la stabilità organizzativa necessaria per competereai massimi livelli.

Tu hai lavorato a stretto contatto con Adrian Newey, chetutti vorrebbero come progettista…

Adrian è l’unico vero genio che oggi c’è in F1. Ha dato l’impronta agliultimi vent’anni della F1. Ha portato titoli mondiali a Williams, Mc Laren e Red Bull. Un perfezionista, un grande appassionato e anche un buon pilota. Molti non lo sanno, ma Newey guida le macchine che progetta e sa che cosa vuol dire andare forte.

Concentrazione e determinazione a livelli assoluti. Le monoposto modernesi guidano con i bottoni e le differenze non sono più in decimi,ma in centesimi di secondo. Bisogna credere, essere convinti che lamacchina farà quello che tu vuoi. Il pilota sa soltanto che in quella curvadeve passare in quinta e lo fa perché ci crede, perché non può materialmenteavere il controllo del mezzo che avevamo noi. E questoper venti gare all’anno, tutte molto serrate.

Non più. Schumacher con la Ferrari ha corso contro un rivale pervolta. Prima contro Damon Hill, poi contro Jacques Villeneuve, JuanPablo Montoya, Mika Hakkinen, David Coulthard, Fernando Alonso.Oggi non è più così perché gli aspiranti al titolo sono tanti e li hai tuttiaddosso, pronti ad approfittare di un tuo errore. Per questo Michaelha preso tanti schiaffoni nella sua seconda vita di pilota. Ha trovatoun mondo diverso da quello in cui era abituato a correre, con tantivincitori.

CAMPIONE DA F1Ivan Franco Capelli è forse l’unico campione del volante che ha rischiato di diventare un calciatore professionista. Da ragazzo entra nella formazione giovanile della Pro Sesto. Poi si redime e nel 1978 inizia a correre in kart. Vince tutto nelle formule minori: nel 1983 il titolo italiano di F3 con record di vittorie (9 su 13 gare); nell’84 il GP di Monte-Carlo di F3; nel 1986 il campionato internazionale di F3000. Nel frattempo debutta in F1, con un 4° al GP  ’Australiasu Tyrrell, sua seconda gara in F1, nel 1985. Dal 1987 è stabile in F1 su March-Leyton House. Nell’88 è secondo al GP del Portogallo 1988 e terzo al GP del Belgio, con un aspirato contro i turbo. Il team non naviga nell’oro ma crede in lui e ha l’asso nella manica di Adrian Newey: arriva così un secondo posto al GP di Francia 1990, dopo aver condotto a lungo la gara. Nel 1992 passa alla Ferrari ma la squadra è in crisi e a fine stagione è sostituito da Nicola Larini, che non avrà maggior fortuna. L’anno dopo è con Jordan ma dopo due soli GP si ritira.

DESTINATI AL RITIROIvan Capelli difende a spada tratta i piloti tricolore. E si lancia inun confronto oggettivo: “Abbiamo piloti come Emanuele Pirroche ha vinto cinque volte la 24 Ore di Le Mans e Dindo Capelloche l’ha vinta tre volte. Eppure non sono celebrati e riconosciuticome meriterebbero. Alcuni driver stranieri, che hanno vintomolto meno, sono più quotati. E questo non è giusto. Molti pilotistranieri vengano in Italia a formarsi, in kart o nelle formule minori.Fanno quello che facevano gli italiani negli anni ‘70 quando andavano a imparare in Inghilterra. Solo che gli stranieri poi diventanofamosi. I nostri invece non sono aiutati come meriterebbero e finiscono per ritirarsi.”

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Automobilismodepoca.it – Quotidiano di informazione Reg. Trib. di Milano n.394 in data 23.06.2003