Alfa Romeo Giulia Diesel: economia di scambio

Costi di esercizio e smaltimento delle scorte di lamierati. Sono questi i motivi principali che spingono a produrre l’Alfa Romeo Giulia Diesel. Un esperimento con meno punti negativi di quanto si sia sempre detto

Il gasolio costava molto meno della benzina

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La Giulia Diesel è stata prodotta in 6.581 esemplari

Ufficialmente il suo nome è Nuova Super, perché così fu chiamata con il restyling del 1974. Però, visto che sulla plancia c’è la scritta Giulia, si continua giustamente a chiamarla con il nome di battesimo datole nel 1962. Con l’aggiunta, nello specifico, del termine Diesel per evidenziare la differenza del motore.

Andiamo ora all’anno 1976, quando il mercato dell’automobile stenta ancora a riprendersi dai problemi generati dal conflitto arabo-israeliano dell’ottobre 1973, che ha fatto lievitare il prezzo del petrolio. La benzina è schizzata alle stelle passando, in poco più di due anni, da 162 a 400 lire al litro, con un aumento di circa il 150%. Il gasolio per autotrazione invece è rimasto su valori inferiori perché è utilizzato dai camion, dai furgoni, dagli autobus e in generale nel trasporto. Un suo aumento ricadrebbe sul costo delle merci, facendo correre ulteriormente l’inflazione che in quegli anni ha già pesanti ricadute sul potere d’acquisto delle famiglie.

Per capire, tuttavia, la ragione per cui un marchio come l’Alfa Romeo, conosciuto per la brillantezza e la sportività delle sue automobili, sentisse l’esigenza di introdurre nel listino una vettura a gasolio, dobbiamo prima soffermarci su alcuni dati.

Motore Perkins ripreso dal furgone F12

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La mutata realtà suggerisce quindi ai costruttori di inserire a listino modelli a gasolio. Ad accelerare i tempi, giunge ad Arese, quartier generale Alfa Romeo, una voce secondo la quale Fiat stava studiando una soluzione simile per la 131. La notizia fece riflettere i vertici Alfa, in quel momento alle prese con il rinnovamento della gamma, inducendoli a mettere in cantiere un progetto per non essere presi in contropiede. Ma quale è il modello idoneo ad essere “Dieselizzato”? Non certo l’Alfetta: con la sua immagine di berlina brillante e veloce, ben difficilmente una sua versione Diesel potrebbe essere digerita dalla clientela.

La nuova Giulietta, destinata a sostituire la Giulia, è già delineata, mentre l’Alfasud, che ha il motore boxer, non è idonea al trapianto di un motore Diesel con cilindri in linea. Non resta quindi che la Giulia, modello ormai al tramonto dopo quattordici anni di onorata carriera che, con questa mossa votata all’economia, potrebbe anche godere di un rilancio. Ma quale motore mettere sotto il cofano? La Casa milanese in quegli anni ha in listino un pulmino, l’F12 che, accanto al 1300 a benzina derivato dalla Giulia, monta un quattro cilindri a gasolio dell’inglese Perkins. Con cilindrata 1,8 litri e potenza di 52 Cv-DIN, potrebbe essere la risposta. L’alternativa sarebbe quella di acquistare il motore dalla VM di Cento (FE), società di IRI-Finmeccanica al pari dell’Alfa, ma l’ipotesi è scartata: dopotutto il Perkins è ben conosciuto e problemi non ne ha dati. Ed è un motore collaudato, montato in Unione Sovietica su alcuni veicoli Moskvitch, e sulle Jeep fabbricate dalla spagnola VIASA.

Adattarlo alla Giulia è facile: sono sufficienti una flangia di accoppiamento al cambio, un nuovo carter dell’olio e qualche modifica al raffreddamento del motore. Prende così il via il programma di proporre per primi una macchina Diesel italiana, un obiettivo raggiunto in tempi brevi perché in sostanza non si è dovuto progettare e costruire quasi nulla di nuovo e, cosa importante, si è anticipata la Fiat.

Prestazioni ai vertici nella sua categoria

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Il modello Giulia Nuova Super 1300 e 1600, come abbiamo visto, è destinato a fine 1977 a cedere il posto alla Giulietta, che sarà assemblata ad Arese su linee produttive che sostituiranno quelle della Giulia. Il programma Giulia Diesel, per quanto a breve termine, è utile all’azienda per tastare il terreno in vista di possibili, analoghe soluzioni future. E lo è anche nell’ottica di utilizzare il materiale Giulia presente a magazzino, come lamierati, interni e quant’altro, per non ritrovarsi a fine produzione con parti residue non utilizzabili.

Per l’ufficio marketing l’operazione è valida perché la Giulia Diesel ha un numero limitato di concorrenti

Vediamone i punti forti: le prestazioni sono di vertice nel mondo del Diesel automobilistico. Soltanto la Citroën CX la supera di 8 km/h in velocità massima, ma ha un motore di 2,2 litri. La Giulia fa meglio di concorrenti comunque di maggiore cilindrata ma più voluminose e pesanti, come la Mercedes 200 D e 220 D, la Peugeot 504 LD e la Opel Rekord 2.0 D. Ha una tenuta di strada migliore, un cambio che è un’altra cosa, uno sterzo preciso e una superiore maneggevolezza, pur pagando un certo sottosterzo in virtù della maggior pesantezza del motore a gasolio in ghisa rispetto ai leggeri bialbero di alluminio.

L’unica Diesel con 5 marce

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In quegli anni le auto Diesel costano di listino parecchio di più delle equivalenti a benzina, che è un altro fattore da tenere in considerazione quando si fanno i calcoli per risolvere il dubbio per cui, a fronte di una determinata percorrenza annua, convenga acquistare una vettura a benzina o una a gasolio.

Ma anche qui la Giulia è in vantaggio perché sul nostro mercato di più economico c’è soltanto la Peugeot 204, che però monta un motore di cilindrata inferiore (1357 cc ) e non vanta lo stesso livello di finiture. La berlina di Arese presenta inoltre i consumi più bassi, pari a quelli della più piccola Peugeot. Il terreno ideale per la Giulia è l’autostrada

Qui la quinta marcia, che la Giulia è la sola auto Diesel ad avere, e l’ottima aerodinamica della carrozzeria permettono di spuntare percorrenze con un litro di gasolio non raggiungibili dalle concorrenti.

Ma allora, come mai oggi se ne parla come di un fallimento? Un po’ per superficialità, un po’ perché si sono sempre visti i soli lati negativi spesso amplificandoli. Con questo non si vuole dire che non ci siano stati, ma vanno analizzati, contestualizzati e trattati in modo obiettivo.

Vibrazioni e rumorosità comuni a tutti i Diesel dell’epoca

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La fretta di arrivare per primi non consentì di riscontrare gli inconvenienti derivanti dall’uso differente del quattro cilindri Perkins rispetto a quello per cui era stato progettato (nautica). Una Giulia, con la fama di vettura brillante che si era meritata, veniva scelta anche in versione Diesel dai clienti che amavano le prestazioni e che, pur consci di trovarsi al volante di una vettura a gasolio, tendevano a guidarla in modo sportivo. E si sa, i Diesel di allora erano motori aspirati concepiti per uno scopo completamente diverso. A tal proposito, smentiamo la leggenda metropolitana secondo cui le vibrazioni del Perkins avrebbero causato cedimenti strutturali della scocca: nessuna Giulia Diesel ha mai presentato inconvenienti di questo tipo.

Il rumore all’avviamento e le vibrazioni: erano una caratteristica intrinseca dei motori Diesel dell’epoca. Tuttavia, se in un veicolo pesante o in un furgone venivano accettati come normali, in un’automobile facevano storcere il naso; figuriamoci nel caso di un’Alfa Romeo. Sulla Giulia ,la rumorosità, evidente a freddo, si attenuava una volta raggiunto il normale regime termico. Tuttavia restava un rumore residuo ai bassi regimi e ne risentiva il comfort. E questo malgrado il lavoro svolto per migliorare le caratteristiche di funzionamento del motore, a cui va aggiunta l’applicazione di ben cinque chili di materiale fonoassorbente supplementare, il montaggio di appositi supporti elastici tra scocca e motore e l’aggiunta di un ammortizzatore.

Altro problema era l’arricchimento eccessivo della miscela durante l’avviamento, un difetto intrinseco del motore Perkins, che comportava un’indesiderata presenza di gasolio incombusto nell’olio di lubrificazione.

Sul piano della finizione, scritta identificativa a parte, quasi nulla differenzia la Diesel dalla sorella a benzina: le sole diversità stanno nella strumentazione con fondo scala del contagiri e del tachimetro adattato e nella presenza dei comandi tipici del motore Diesel, come il pomello di azzeramento della mandata di gasolio per lo spegnimento del motore e la posizione della chiave di avviamento per l’accensione delle candelette di pre-riscaldamento.

Per concludere, checché se ne dica, la Giulia Diesel non fu un esperimento sbagliato. Il motore scelto non sarà stato il più indicato, però quest’auto ha il merito di aver aperto per prima, nell’Italia degli anni ‘70, una via che qualche anno dopo sarà seguita dalla stessa Alfa Romeo con i tutti suoi modelli, quando il fenomeno del Diesel automobilistico assumerà dimensioni che nessuno prima avrebbe immaginato.

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