Una presentazione così ufficiale lasciava intendere che la produzione fosse imminente: nella realtà dei fatti regnava ancora l’incertezza to in gran considerazione dalla Direzione Alfa Romeo, chiese e ottenne di tradurre in realtà l’idea lanciata nella cena con gli amici. Inizialmente l’Alfa Romeo ipotizzò di utilizzare le strutture della ATS di Bologna, dove Chiti era occupato in via principale, ma la decisione finale portò alla scelta di una struttura che Ludovico Chizzola aveva annesso alla propria concessionaria Innocenti. La società fra Chiti e Ludovico Chizzola per produrre la TZ nacque con atto notarile del 4 marzo 1963: per battezzarla Gianni Chizzola suggerì il nome Delta (lettera alfabetica greca con grafia a triangolo), considerando il triangolo che si veniva a formare fra Bologna, sede dell’ATS, Feletto Umberto, sede della neonata società, e Milano, patria storica dell’Alfa Romeo. La produzione della TZ prevedeva un iter piuttosto complesso: il telaio tubolare veniva fabbricato dalla Società Aeronautica Italiana Ambrosini di Passignano sul Trasimeno, in provincia di Perugia; i motori, i cambi e altre parti meccaniche provenivano dall’Alfa Romeo; i freni arrivavano direttamente dal fornitore inglese; altri fornitori consegnavano direttamente gli ammortizzatori e le trasmissioni; ai particolari in electron provvedeva l’industria motociclistica Gilera di Arcore, a due passi da Monza; infine, Zagato forniva le carrozzerie abbigliate. L’Auto Delta componeva il puzzle aggiungendovi di suo pochi componenti realizzati in loco da artigiani friulani. La produzione della Auto Delta (divenuta poi Autodelta S.p.a. il 30 novembre 1964) saltò le TZ con telai #001 e #002, costruite direttamente dall’Alfa Romeo presso la propria DiPreEspe (Direzione Progettazione ed Esperienze). La produzione a Feletto Umberto si stabilizzò sulle 5 auto a settimana, con l’obiettivo di completare all’inizio del 1964 i 100 esemplari necessari per l’omologazione nella categoria GT.
Nell’attesa dell’omologazione, la TZ debuttò in gara con due esemplari il 10 novembre 1963 nel Tour de Corse, ma entrambi si ritirarono per incidente. Due settimane dopo, nella Coppa FISA a Monza, quattro TZ ottennero i primi quattro posti nella categoria Prototipi. Bel risultato, anche se la loro unica avversaria degna di questo nome, la Condor Aguzzoli con motore Alfa Romeo posteriore, aveva dichiarato forfait, e a quel punto l’unico altro concorrente era il regolarista Fernando Tecilla con una Innocenti IM3 diventata Prototipo solo per aver montato due carburatori... L’anno seguente, regolarmente omologata nella categoria Gran Turismo, la TZ cominciò invece a dire la sua in pista vincendo la propria classe nella 12 Ore di Sebring, nella 24 Ore di Le Mans, nella 1.000 chilometri del Nürburgring, alla Targa Florio, al Circuito del Mugello, insomma nelle più importanti competizioni internazionali del Campionato GT, senza lasciarsi sfuggire la vittoria assoluta nella Coupe des Alpes e una miriade di successi in gare in salita. La collana di successi continuò nel 1965, fra le GT con le TZ nelle mani di piloti privati e con le nuove TZ2 (ma nella categoria Sport) con la squadra ufficiale: la TZ2 era la naturale evoluzione della TZ rivista nel telaio abbassato, nel motore con carter secco, nella misura dei pneumatici e nella carrozzeria più bassa e larga. Tutto sembrava filare alla perfezione quando, nel 1966, arrivò il nuovo regolamento sportivo internazionale, che elevava a 500 il numero degli esemplari da costruire per ottenere l’omologazione nella categoria GT e a 50 quelli necessari per la categoria Sport: la TZ si trovò così infilata d’ufficio nella categoria Sport e la TZ2 nella categoria Prototipi, e in entrambi i casi il confronto diventava impari. Nonostante tutto nel 1966, ultimo anno di corse ufficiali con la TZ2, l’Autodelta raccolse nuovi successi. Dopo il 1966 l’Autodelta, ormai trasferitasi a Settimo Milanese (in via Enrico Fermi 7) e trasformatasi a tutti gli effetti nel reparto corse dell’Alfa Romeo, avrebbe concentrato le proprie attenzioni sulle GTA, concepite per dominare nella categoria Turismo e quindi di maggiore supporto per le vendite delle Alfa di grande serie, oltre che sulle 33, vere e autentiche sport-prototipo (vedere Automobilismo d’Epoca n. 1-2005), mentre le sorti agonistiche della TZ sarebbero rimaste affidate ai numerosi piloti privati che avrebbero continuato ancora a lungo a correre (e a vincere) nei campionati nazionali e nelle corse in salita. L’Alfa Romeo Giulia TZ recitò, fra le supersportive di medio calibro, un ruolo analogo a quello che Ferrari 250 GTO aveva sostenuto tra quelle di vertice: entrambe gettate nella mischia come ultime espressioni vincenti dell’architettura del motore anteriore nelle auto da corsa, entrambe vincenti a lungo e capaci di segnare la propria epoca. Anche se, per onestà di cronaca, occorre osservare che nelle ultime gare le TZ superstiti, forzate dal regolamento nella categoria Sport e portate in gara “a oltranza” da appassionati volonterosi ma non più competitivi, finivano per fare da stridente contrasto a una nuova generazione di bassissime e asciutte Lola, Chevron, GRD e Abarth-Osella. Ma è altrettanto evidente che i successi avrebbero potuto (e forse anche dovuto) essere molto più copiosi e duraturi se la TZ avesse potuto debuttare un paio d’anni prima.