La più ingegnosa la racconta Klaus Gunther Jabobi, oggi ultra ottantenne guida del Museo del Muro e primo protagonista di questa incredibile storia. Tre anni prima della costruzione del muro Jabobi con la sua famiglia aveva lasciato Berlino Est, ma qualche anno dopo, nel 1964, il suo vecchio amico Manfred Koster gli chiese di aiutarlo a lasciare la Germania Orientale. Jabobi pensò a quale potesse essere un piano vincente e guardando la sua BMW Isetta giunse ad una conclusione: chi mai avrebbe potuto sospettare che una micro-vettura lunga 2,30 metri e larga 1,40 m, condotta da un guidatore alto due metri che occupava quasi tutto lo spazio vitale disponibile, avrebbe potuto nascondere un fuggitivo?
Si mise al lavoro e definì le modifiche da apportare alla sua vetturetta per renderla adatta allo scopo. La Isetta è nata ufficialmente nel 1953, presentata con grande scalpore al Salone di Torino di quell’anno. Un’idea geniale di Renzo Rivolta, titolare della Iso che all’epoca produceva motociclette e scooter, e del progettista Ermenegildo Preti, la prima microcar della storia non ottenne però un analogo successo commerciale: per quanto originale, il prezzo molto elevato non giustificava il bicilindrico motociclistico a due tempi da 10 CV scarsi, la complessa e scomoda abitabilità, il comfort modestissimo. Dopo tre anni fu tolta dal mercato italiano, ma all’estero piacque molto di più. La licenza di produzione fu ceduta in diversi Paesi, tra cui la Germania, dove nel 1955 la BMW iniziò a produrla. Qualche modifica estetica, il miglioramento della sospensione anteriore e l’adozione del monocilindrico a quattro tempi della moto R 25 le diedero gli ingredienti giusti per incontrare il favore del pubblico tedesco.
Jabobi aveva già una buona esperienza da meccanico: approfittando della disponibilità del suo ex laboratorio di Berlino pensò a come trasformare la sua Isetta e incominciò a lavorare alacremente. Eliminò la ruota di scorta e il filtro dell’aria e sostituì il serbatoio della benzina originale da 13 litri con una piccola tanica da due litri, quanto bastava per garantire l’autonomia necessaria per passare al di là del posto di blocco. Dietro il sedile di guida ritagliò un’apertura e ricavò un nascondiglio di fianco al motore, appena sufficiente per ospitare e nascondere un uomo debitamente rannicchiato.
È il 24 maggio 1964. Poco dopo la mezzanotte, orario di chiusura del valico custodito, Jabobi si presenta davanti alla sbarra con la sua Isetta e all’interno, ben nascosto, il suo amico Koster. I Vopos lo fermano, ispezionano con aria scettica la sua auto, arrivano persino a togliere lo sportello di accesso al motore e illuminarne l’interno, ma non trovano nulla di sospetto. La sbarra si alza e i due amici riescono ad arrivare incolumi e felici a destinazione.
La storia di questa fuga incredibile si sparse velocemente, e con grande cautela, per non far giungere la notizia alle orecchie lunghe della Stasi, la polizia segreta che tutto sapeva dei cittadini berlinesi, altri si prepararono a ripetere l’esperienza. Si cercarono altre Isetta da trasformare secondo la ricetta di Jabobi: per otto volte il tentativo di fuga riuscì perfettamente e trasformò la microscopica vetturetta in una protagonista di primo piano nella lunga storia del Muro di Berlino.