Bruttissima sorpresa per un proprietario di Tesla a 1 ora da casa | Va alla colonnina ma la ricarica rapida si trasforma in un incubo

Bruttissima sorpresa per un proprietario di Tesla a 1 ora da casa | Va alla colonnina ma la ricarica rapida si trasforma in un incubo

Tesla brutta sorpresa @tik tok, automobilismodepoca

È a un’ora da casa, si ferma al Supercharger “più veloce”, ma scopre che per ripartire deve aspettare quasi un’ora.

La scena è quella tipica di un viaggio che sembra ormai agli sgoccioli: manca poco, “un’ora da casa”, e l’idea è arrivare senza altri pensieri. Solo che, a un certo punto, il proprietario della Tesla si ferma e decide di mostrare “la realtà dei fatti” di vivere con un’elettrica, proprio perché circolano frasi ripetute ovunque: “si carica in cinque minuti”, “in dieci minuti riparti”, “è come fare benzina”. Nel suo racconto, però, il finale è diverso: dice apertamente che non ci arriva, quindi deve ricaricare per forza, e sceglie quella che definisce “la ricarica più veloce che esiste, quella ufficiale Tesla”.

È qui che nasce la “bruttissima sorpresa” del titolo. Attacca l’auto alla colonnina e, invece di vedere un tempo breve e rassicurante, si ritrova davanti un’attesa che lo manda fuori di testa. Il punto, nel suo sfogo, non è soltanto il fatto di doversi fermare, ma l’effetto concreto sulla tabella di marcia: con una termica, sostiene, “in un’oretta finisco il mio viaggio”, mentre in quel momento lui sta per fare l’opposto, cioè aspettare quasi un’ora solo per poter fare un’ora di strada. Un ribaltamento che, nel modo in cui lo racconta, trasforma la ricarica rapida in un incubo.

Il momento in cui guarda il display e capisce che il viaggio si ferma davvero

Nel video, il proprietario scandisce bene la situazione: “ricordatevi, sono a un’ora da casa”, poi attacca e decide di mostrare “quanto tempo ci vuole realmente”. La risposta, per lui, è tutta in un numero: “Cinquanta minuti. Cinquanta minuti”. Lo ripete come a sottolineare che non si tratta di una stima vaga, ma di un tempo che, in quel contesto, gli pesa come un macigno. E il ragionamento che ne fa è immediato: non sta guadagnando tempo, lo sta perdendo.

Il confronto con le auto termiche è il cuore del suo discorso. Dice che per fare benzina “ci vogliono due minuti” e che, anche con un’auto molto assetata, “anche se è un RS6 che consuma tre chilometri per litro”, i tempi non cambiano: il pieno resta una sosta breve, mentre lui in quel momento deve mettere in conto un’attesa di quasi un’ora per poter proseguire. Da qui parte anche l’affondo più duro: invita a non credere alle frasi che, secondo lui, minimizzano tutto, perché “non è vero” che si ricarica in dieci minuti, almeno non in quella situazione concreta che sta mostrando.

Una Tesla model 3 @wikicommons, automobilismodepoca

Non è solo il tempo: l’altra parte dell’incubo è dove ti ritrovi ad aspettare

Nel suo racconto, l’incubo non è fatto soltanto di minuti che passano. C’è anche il contesto attorno, che lui descrive come un dettaglio spesso ignorato quando si parla di ricarica rapida. Dice che forse “in America” vicino ai charger ci sono bar e ristoranti, ma che da noi “la maggior parte dei nostri charger Tesla” si trova in posti “imboscati”, dove “hai paura praticamente di stare più di macchina”. È una sensazione che aggiunge disagio all’attesa: non è una pausa comoda, è un fermo che ti fa sentire fuori posto.

Per rendere ancora più chiaro lo scarto tra teoria e pratica, chiude con un dettaglio quasi ironico: “Ok, adesso mi guardo Netflix qui col theater”, perché l’auto glielo permette, ma subito dopo ammette che non è quello che vorrebbe. Non è una scelta, è un ripiego: preferirebbe continuare il viaggio e guardarsi Netflix a casa, non in macchina, fermo alla colonnina. Ed è proprio questa somma di fattori — tempo reale mostrato sul display, confronto con la termica, e sensazione di essere “parcheggiato” in un luogo scomodo — che nel suo racconto trasforma la ricarica rapida nella “bruttissima sorpresa” a un’ora da casa.