Prima ancora di essere conquistati dalla linea e dalle prestazioni della 240 Z gli americani furono sedotti dal prezzo di 3.526 dollari. Pochi, (siamo nel 1969) visti i contenuti tecnici dell’auto e il costo delle sportive europee. La nuova coupé raggiungeva i 200 km/h, era divertente da guidare ma non era una sportiva estrema. Più che brillare per grinta, il suo 6 cilindri manifestava un’indole pastosa, vivace e propensa ai lunghi viaggi. Quanto al riuscito comportamento stradale, contribuirono la perfetta ripartizione dei pesi fra i due assali, quasi 50/50 e il cambio manuale preciso negli innesti (a 4 rapporti per gli USA e a 5 per l’Europa ma c’era anche l’automatico a tre marce). Degno di nota era anche il moderno schema a ruote indipendenti delle sospensioni.
Fin da subito, la Datsun 240 Z si dimostrò affidabile. L’unica modifica, nel 1972, interessò la nuova angolazione dei semi alberi che escono dalla scatola del differenziale posteriore per non forzare i giunti cardanici.
Lo sterzo a cremagliera, il primo costruito dalla Datsun, fu sviluppato specificatamente per la 240 Z e aveva una taratura prettamente americana che, agli occhi degli europei, non brillava per precisione. In ogni modo piacque anche in Europa (soprattutto agli inglesi), anche se i numeri di vendita totalizzati nel Vecchio Continente non avvicinarono nemmeno lontanamente quelli al di là dell’oceano.
Nel 1996, a dimostrazione di quanto la 240 Z fosse popolare negli Stati Uniti, la Nissan, che è proprietaria del marchio Datsun, diede vita allo Z Vintage Program. La filiale americana acquistò 200 coupé usate e le restaura da cima a fondo appoggiandosi allo specialista Pierre Perot di Los Angeles, utilizzando ricambi provenienti anche dal Giappone. Le vetture ricostruite sono poi rivendute a 24.950 dollari, compresa una garanzia di due anni. Si trattò di un’operazione sia di marketing sia di salvaguardia del patrimonio storico.