Alfa Romeo 90

All’inizio degli anni ’80 le novità Alfa Romeo sono aggiornamenti alla gamma,insufficienti a sostenere le vendite. È necessario dare al mercato anche un segnale di svolta, che faccia capire che si sta lavorando per rinnovare il listino. Viene così varato il progetto di una berlina destinata a sostituire l’Alfetta tra le medie di classe superiore: il lavoro sfocia nell’Alfa 90, come il decennio del quale dovrebbe essere protagonista. La base meccanica a motore anteriore e trazione posteriore deriva dall’Alfetta: ritroviamo quindi la sospensione posteriore a ponte De Dion con parallelogramma di Watt, il gruppo frizione-cambio-differenziale in blocco al retrotreno e i freni posteriori all’uscita del differenziale. È una tecnica raffinata, soprattutto per il bilanciamento ottimale delle masse che rende le berline di Arese sicure, maneggevoli e facili da guidare. E poi, a detta degli stessi tecnici guidati dall’ingegnere Filippo Surace, progettare e costruire ex-novo un pianale diverso e migliore di quello dell’Alfetta, investimenti a parte, non è cosa facile e scontata. Un nuovo modello ha bisogno di motori adeguati: ci sono per questo i bialbero a carburatori di 1,8 e 2 litri, il duemila 4 cilindri a iniezione, il 2.0 V6 con variatore di fase e controllo elettronico dell’iniezione e dell’accensione (CEM) e il V6 iniezione di 2,5 litri mutuato dall’ammiraglia Alfa 6.MOTORISono motori all’avanguardia della tecnologia motoristica del tempo,potenti e nello stesso tempo parsimoniosi. In più, per chi macina chilometri, c’è il VM turbodiesel 2400 con intercooler. Presentata al Salone di Torino nell’autunno del 1984, la 90 divide la critica: per alcuni è un restyling dell’Alfetta, per altri un modello del tutto nuovo per gli aspetti innovativi. C’è del vero in entrambe le valutazioni: l’obiettivo della Casa, del resto, era stato di ripetere i contenuti che avevano decretato il successo dell’Alfetta, rinnovandoli e posizionandoli a un livello più alto nel mercato. Se lo stile è simile, le novità nella 90 sono numerose, a cominciare proprio dal lamierato che ha poco in comune con l’Alfetta. Bertone disegna linee tese e una forma compatta a cuneo, una scelta che poteva sembrare controcorrente in un periodo in cui ci si orientava verso le rotondità e l’aumento delle dimensioni. La ragione era duplice: da un lato non si voleva creare un modello simile alla concorrenza, dall’altro era una scelta in sintonia con l’immagine di sportività che un’Alfa Romeo deve rendere visibile anche attraverso il linguaggio formale. Sul piano estetico il vincolo costituito dal giro porte (lo stesso dell’Alfetta) e da un pianale esistente, pone dei limiti a Bertone, che deve inventare una nuova carrozzeria con passo e carreggiate prefissati.L’impostazione meccanica,inoltre, suggerisce una forma a tre volumi, comunque attuale e adottata dalla quasi totalità delle berline di quel segmento. Spoiler Si cerca di migliorare l’aerodinamica per stare al passo con la concorrenza: il risultato è soddisfacente perché il Cx di 0,37 è di sei punti inferiore rispetto all’Alfetta. La migliore penetrazione aerodinamica è dovuta al taglio più morbido della carrozzeria, all’eliminazione dei gocciolatoi e all’integrazione più efficace del paraurti con il frontale. Il quale presenta una novità: uno spoiler che si abbassa quando la velocità supera gli 80 km/h, favorendo con ciò anche la ventilazione del vano motore. Questa particolarità, oltre alle modifiche al disegno della carrozzeria, rende la portanza dell’avantreno circa la metà di quella dell’Alfetta. A vettura ferma lo spoiler si solleva eliminando il problema degli urti contro i marciapiedi. L’idea dello spoiler anteriore mobile è ripresa dal prototipo Navajo che Bertone aveva disegnato per l’Alfa Romeo in occasione del Salone di Ginevra del 1976. Con una differenza: nell’Alfa 90 a comandare l’abbassamento dello spoiler è la spinta dell’aria, mentre nella Navajo è un servomotore elettrico. La calandra, con lo scudetto al centro, è completata da una griglia percorsa da quattro larghi profili orizzontali a lato dei quali si trovano i fari rettangolari con a fianco i gruppi secondari. La linea, oltre che da alcuni tratti tipici di Bertone come il taglio squadrato dei passaruota, è influenzata da precise scelte tecniche che riguardano i materiali impiegati. Nella 90 è stato fatto largo uso di acciai altoresistenziali, per usare lamiere più sottili a parità di rigidezza. Di qui alcune soluzioni estetiche, come il profilo aggiunto sul montante posteriore disegnato per mascherare una nervatura di rinforzo e la scalfatura lungo la fiancata, utile a migliorare la rigidezza delle lamiere. Il risultato è una scocca più leggera di 21 kg.

All’inizio degli anni ’80 le novità Alfa Romeo sono aggiornamenti alla gamma,insufficienti a sostenere le vendite. È necessario dare al mercato anche un segnale di svolta, che faccia capire che si sta lavorando per rinnovare il listino. Viene così varato il progetto di una berlina destinata a sostituire l’Alfetta tra le medie di classe superiore: il lavoro sfocia nell’Alfa 90, come il decennio del quale dovrebbe essere protagonista. La base meccanica a motore anteriore e trazione posteriore deriva dall’Alfetta: ritroviamo quindi la sospensione posteriore a ponte De Dion con parallelogramma di Watt, il gruppo frizione-cambio-differenziale in blocco al retrotreno e i freni posteriori all’uscita del differenziale. È una tecnica raffinata, soprattutto per il bilanciamento ottimale delle masse che rende le berline di Arese sicure, maneggevoli e facili da guidare. E poi, a detta degli stessi tecnici guidati dall’ingegnere Filippo Surace, progettare e costruire ex-novo un pianale diverso e migliore di quello dell’Alfetta, investimenti a parte, non è cosa facile e scontata. Un nuovo modello ha bisogno di motori adeguati: ci sono per questo i bialbero a carburatori di 1,8 e 2 litri, il duemila 4 cilindri a iniezione, il 2.0 V6 con variatore di fase e controllo elettronico dell’iniezione e dell’accensione (CEM) e il V6 iniezione di 2,5 litri mutuato dall’ammiraglia Alfa 6.

MOTORISono motori all’avanguardia della tecnologia motoristica del tempo,potenti e nello stesso tempo parsimoniosi. In più, per chi macina chilometri, c’è il VM turbodiesel 2400 con intercooler. Presentata al Salone di Torino nell’autunno del 1984, la 90 divide la critica: per alcuni è un restyling dell’Alfetta, per altri un modello del tutto nuovo per gli aspetti innovativi. C’è del vero in entrambe le valutazioni: l’obiettivo della Casa, del resto, era stato di ripetere i contenuti che avevano decretato il successo dell’Alfetta, rinnovandoli e posizionandoli a un livello più alto nel mercato. Se lo stile è simile, le novità nella 90 sono numerose, a cominciare proprio dal lamierato che ha poco in comune con l’Alfetta. Bertone disegna linee tese e una forma compatta a cuneo, una scelta che poteva sembrare controcorrente in un periodo in cui ci si orientava verso le rotondità e l’aumento delle dimensioni. La ragione era duplice: da un lato non si voleva creare un modello simile alla concorrenza, dall’altro era una scelta in sintonia con l’immagine di sportività che un’Alfa Romeo deve rendere visibile anche attraverso il linguaggio formale. Sul piano estetico il vincolo costituito dal giro porte (lo stesso dell’Alfetta) e da un pianale esistente, pone dei limiti a Bertone, che deve inventare una nuova carrozzeria con passo e carreggiate prefissati.

L’impostazione meccanica,inoltre, suggerisce una forma a tre volumi, comunque attuale e adottata dalla quasi totalità delle berline di quel segmento. Spoiler Si cerca di migliorare l’aerodinamica per stare al passo con la concorrenza: il risultato è soddisfacente perché il Cx di 0,37 è di sei punti inferiore rispetto all’Alfetta. La migliore penetrazione aerodinamica è dovuta al taglio più morbido della carrozzeria, all’eliminazione dei gocciolatoi e all’integrazione più efficace del paraurti con il frontale. Il quale presenta una novità: uno spoiler che si abbassa quando la velocità supera gli 80 km/h, favorendo con ciò anche la ventilazione del vano motore. Questa particolarità, oltre alle modifiche al disegno della carrozzeria, rende la portanza dell’avantreno circa la metà di quella dell’Alfetta. A vettura ferma lo spoiler si solleva eliminando il problema degli urti contro i marciapiedi. L’idea dello spoiler anteriore mobile è ripresa dal prototipo Navajo che Bertone aveva disegnato per l’Alfa Romeo in occasione del Salone di Ginevra del 1976. Con una differenza: nell’Alfa 90 a comandare l’abbassamento dello spoiler è la spinta dell’aria, mentre nella Navajo è un servomotore elettrico. La calandra, con lo scudetto al centro, è completata da una griglia percorsa da quattro larghi profili orizzontali a lato dei quali si trovano i fari rettangolari con a fianco i gruppi secondari. La linea, oltre che da alcuni tratti tipici di Bertone come il taglio squadrato dei passaruota, è influenzata da precise scelte tecniche che riguardano i materiali impiegati. Nella 90 è stato fatto largo uso di acciai altoresistenziali, per usare lamiere più sottili a parità di rigidezza. Di qui alcune soluzioni estetiche, come il profilo aggiunto sul montante posteriore disegnato per mascherare una nervatura di rinforzo e la scalfatura lungo la fiancata, utile a migliorare la rigidezza delle lamiere. Il risultato è una scocca più leggera di 21 kg.