È fuor di dubbio che questo modello parta con il piede sbagliato: un insieme di circostanze la penalizzano fin dal suo apparire. Una parte di esse sfugge al controllo della Casa, come la prima grande crisi energetica, superata da troppo poco tempo quando, nel 1975, la Jaguar XJ-S appare sul mercato. E’ un ricordo ancora incombente, che rende impopolare lo spaventoso consumo del suo V12 di 5,3 litri.
In altri casi, invece, è lo strano e misterioso approccio a questo nuovo modello da parte della stessa Jaguar. A partire dalla provocatoria campagna pubblicitaria di esordio, dove si preconizzano giorni difficili per le concorrenti costruite a Modena, Stoccarda e via discorrendo: modelli a cui la XJ-S mai si contrapporrà direttamente (salvo forse le grosse Mercedes). Per continuare con la decisione di rinunciare alla radica nella finizione degli interni: e qui si potrebbe cominciare la solita requisitoria (fondata, peraltro) contro la British Leyland, incapace di rifinire un qualsiasi modello in maniera attraente neanche sotto tortura, se non fosse che proprio fino al 1975 la Jaguar può contare, pur in seno al Gruppo, su un proprio comitato di progettazione. Proprio per questo motivo, accanto a Malcom Sayer, il responsabile dello stile, può ancora dire la sua Sir Willian Lyons, il cui buon gusto e intuito commerciale non si discutono.
E’ molto più probabile che questa sia stata una scelta, ponderata e sciagurata nello stesso tempo, di “modernità” che anche oggi qualche commentatore snob dichiara di approvare. Ma come!? Il “calore” degli interni è una componente fondamentale dell’immagine stessa della Jaguar e qui vi rinunciamo!? Incredibile! Perché, se è vero che il legno non ha mai abitato all’interno delle Jaguar E delle quali la XJ-S dovrebbe essere l’erede, è altrettanto vero che questa eredità è solo temporale, visto che i due modelli, in realtà, hanno caratteristiche e destinazione d’uso del tutto diversi. La E-Type, per quanto ci si sia applicati per anni ad imbruttirla, imborghesirla e appesantirla, resta fino all’ultimo una magnifica, anche se rallentata, auto sportiva, mentre la XJ-S è una comoda e lussuosa gran turismo, che finirà per rendere superflua l’offerta, nella terza serie delle berline XJ (dove invece il legno la fa da padrone) della versione a due porte XJ-C.
Comunque è un fatto che, quando la nuova Jaguar si presenta al pubblico al Salone di Londra del 1975, è sufficiente uno sguardo per capire la discontinuità con la E-Type: lunga quasi 4,9 metri, larga 1,8 e con grossi paraurti neri ad assorbimento d’urto, dalla progenitrice la XJ-S eredita solo il retrotreno con i freni a ridosso del differenziale e il cambio che può essere, oltre che automatico a tre rapporti (il Borg Warner tipo 12), anche manuale a quattro; il motore, invece, è quello della berlina XJ 12 EFI (Electronic Fuel Injection) che, alimentato a iniezione elettronica Bosch D-Jetronic, eroga, in versione europea non catalizzata, 288 CV-DIN. Altre novità sono nell’impianto frenante, con i dischi anteriori ventilati e nelle sospensioni con barra antirollio anche posteriore e molle elicoidali davanti al posto delle barre di torsione. La dotazione di accessori conferma questa nuova impostazione granturistica: alzacristalli elettrici, chiusura centralizzata e condizionatore d’aria, di serie o a richiesta a seconda dei mercati.
ACCOLGIENZA TIEPIDA
Come abbiamo anticipato all’inizio l’accoglienza dei Jaguaristi è tiepida, pur se la stampa specializzata internazionale capisce (e divulga) di trovarsi davanti ad una vettura ottima: le prestazioni sono di tutto rispetto, con una velocità massima dichiarata di oltre 240 km/h, e accompagnate a un comfort di marcia da prima classe permettono viaggi velocissimi senza stancarsi, aiutati in questo dalle frequenti soste al distributore che consentono, durante il rifornimento dei 91 litri (sufficienti per 3-400 km), di fare una breve passeggiata. Sempre la stampa sottolinea che le immense doti del motore sono enfatizzate dal cambio manuale che in un colpo solo permette economia nei consumi (relativa), migliore accelerazione (avvertibile) e maggiore piacere di guida lasciando comunque, per i momenti di svogliatezza, la possibilità di usare mai la leva dimostrando con prove pratiche che la XJ-S è in grado di partire… in quarta.
Capiamo come la linea, altra imputata eccellente, di primo acchito sia piaciuta a pochi: se la XJ-S fosse una donna verrebbe probabilmente definita “un tipo” con quel cofano sterminato, i fari “sgranati”e il lunotto incavato con quelle strane pinne che lo raccordano alla coda ma, come per tutto ciò che ha molto carattere, e qui ce n’è in abbondanza, pian piano il fascino emana e conquista. La Jaguar lo sa bene e non si scoraggia, giustamente crede in questa gattona (forse fece anche di necessità virtù) e nel corso degli anni inanella una serie di interventi di ottimizzazione e rifinitura di rara efficacia, che alla fine ne decretano il successo
PERCHÉ COMPRARLA
E’ un’auto dedicata agli apassionati del Marchio: qui la “Jaguarità” è spinta all’estremo limite di souplesse di marcia, prestazioni, gioia visiva, tattile e personalità. Per capire cosa si intende per personalità, non fossero sufficienti i tratti stilistici, si dia un occhiata al bagagliaio: è vero che la disposizione delle ruota di scorta, della batteria e degli attrezzi di bordo è condizionata dagli ingombri della meccanica, ma è innegabile che la stramberia di quello che appare faccia innamorare qualsiasi romantico. Come romantica è tutta l’atmosfera che circonda questa auto: chiusa è un lussuoso bozzolo dove ascoltare la musica preferita, mentre aperta è un tappeto volante (termine inflazionato, ma qui… provare per credere) dove farsi accarezzare dal vento; ma sempre durante lunghi e sereni viaggi in coppia con destinazioni, possibilmente, altrettanto romantiche. A questo scopo aiuta molto la sei cilindri che, oltre a dimezzare (quasi) la spesa in benzina, vi toglie quella piccola ansia di non arrivare a destinazione insita nella complessità del motore dodici cilindri. Venendo ad aspetti più venali, la quotazione delle XJ-S è oggi ai minimi storici ma, attenzione, l’interesse dei collezionisti, come dicevamo nell’introduzione, è già scattato: il consiglio è l’acquisto immediato perché la rivalutazione è sicura. Sul piano della gestione infine, pur con tutti i distinguo fatti, occorre dire che una 6 cilindri bisognosa solo di ordinaria manutenzione ha dei costi non elevatissimi considerando di che po’ po’ di macchina stiamo parlando.
PERCHÉ NON COMPRARLA
Modello inadatto ai neofiti del collezionismo, essenzialmente per un problema di natura psicologica: per confrontarsi in maniera serena con la proprietà di un mezzo del genere è bene avere già una buona esperienza in questo campo perché ciò evita di farsi prendere dallo scoramento e fare mosse avventate ogni volta che si presenta qualche inconveniente. Per chi volesse scegliere una V12 il consiglio è anche quello di essere ben certo di avere un carattere tranquillo e razionale onde evitare, una volta o l’altra, di prendere a mazzate la bellissima carrozzeria di queste complicatissime e capricciose bestie; un test importante è la reazione avuta la prima volta che avete dato uno sguardo al vano motore: se la vista del più complicato intrico di tubi e cavi elettrici al mondo non vi ha provocato brividi nella schiena, allora siete sulla buona strada.
Le cure richieste da queste auto sono molte ed è un bene affrontarle con la giusta esperienza; altrimenti si possono seguire le indicazioni del Jaguar Club of America che consiglia, in certi casi, di non usare la propria XJ-S V12 limitandosi a guardarla e sedersi a leggere al suo interno come fosse un salotto. Il consiglio valido per tutti è di individuare prima dell’acquisto lo specialista che vi possa assistere nella gestione della vostra auto facendo particolare attenzione al costo orario della sua manodopera perché ce ne vuole molta.