Su Alejandro De Tomaso è stato scritto molto, sulla Maserati anche. Sulla Maserati gestita da Alejandro De Tomaso i pareri sono discordanti, ma va dato atto al costruttore argentino di aver saputo conservare le prerogative delle automobili del Tridente, fatte non solo di prestazioni, ma anche di finiture accurate, di bellezza, di materiali pregiati, di comfort e piacere di guida. Come si vede nella Kyalami, primo modello nato sotto la sua direzione e storicamente importante perché rappresenta la continuità con la precedente proprietà. Oggi si condividono piattaforme e componenti tra marchi diversi e in qualche caso anche tra costruttori diversi, consuetudine chiamata sinergia aziendale e adottata con l’obiettivo di ridurre i costi di produzione.
SCOCCA COMUNE
Bene, De Tomaso fu tra i primi, se non il primo, ad applicarla quando creò la Kyalami sulla base della scocca della De Tomaso Longchamp, il coupé costruito nella sua azienda di Sant’Agata Bolognese e presentato al Salone di Torino del 1972. Il bello è che per notare la somiglianza tra le due auto dobbiamo averle vicine, evento ieri come oggi statisticamente poco probabile.
Questo perché Pietro Frua seppe rielaborare in modo convincente il disegno della Longchamp, che è di Tom Tjaarda, diversificando la Kyalami quel tanto che basta a rispecchiare le prerogative e la tradizione del marchio che porta sulla calandra. Quanto al nome, a Modena l’alternativa ai venti o alle costellazioni erano i circuiti: di qui quello dell’autodromo di Kyalami in Sudafrica dove, nel 1967, il messicano Pedro Rodriguez aveva condotto la Cooper motorizzata Maserati a conquistare il primo GP di F1 della stagione, l’ultimo vinto dalla storica scuderia britannica.
SPAZIOSA
Erede della Mexico la Kyalami ne ripropone la filosofia di coupé gran turismo di elevate prestazioni: una vettura elegante, discreta, concepita per chi vuole un’auto prestigiosa, ma che resti quel tanto defilata (gli inglesi chiamano questo concetto “understatement”) da essere ammirata dall’estimatore delle belle automobili. Insomma, chi acquista una Kyalami non ama vedere la propria auto attorniata dai curiosi, come accade invece con le sportive estreme.
E non perché la Kyalami abbia una linea anonima, tutt’altro, ma per la ragione che è stata disegnata con elegante sobrietà, come un abito d’alta sartoria che l’occhio dell’uomo comune non nota, ma quello di chi se ne intende sì. La Kyalami si può usare quotidianamente per lavoro, per diporto, per andare in ferie. A bordo ci si dimentica di essere al volante di un coupé perché l’abitacolo spazioso, climatizzato, comodo anche per quattro adulti, ha ben poco da invidiare a quello di un’ammiraglia. È soprattutto la presenza delle due porte a dare la misura del coupé, oltre al fatto di essere seduti in basso come si conviene in una sportiva. Questa è la filosofia Maserati che De Tomaso sposa in pieno quando entra per gestire, attraverso la G.E.P.I. (società per le Gestioni e Partecipazioni Industria li), la storica fabbrica modenese. Il suo obiettivo è creare un legame con il passato per conservare ed espandere la clientela.
GINEVRA
Se consideriamo che la Longchamp è impostata secondo la medesima linea di principio, si intuisce come il passaggio che porta alla Kyalami ne sia la naturale conseguenza. Con il vantaggio di poter ricavare in tempo breve il modello che dà al mercato il segnale che la Maserati c’è, è viva e ci sarà ancora. L’azienda, tuttavia, vive un momento delicato dopo essere stata messa in liquidazione (il comunicato data 23 maggio 1975) dalla Citroën, a sua volta in crisi, che nel 1968 ne era divenuta proprietaria. L’azione congiunta dei dipendenti, delle forze sindacali, della cittadinanza stessa di Modena ne evitano la chiusura, ma i fondi per innovare sono pochi. De Tomaso, recepita la situazione, presenta al Salone di Ginevra del 1976 la Kyalami. Importante e leggera Il disegno rivela una personalità in linea con i modelli stradali Maserati che negli anni Sessanta hanno contribuito a crearne la leggenda.