Epoca, la Porsche 911 Carrera RS 2.7
Shop- Abbonati, acquista le prove, i libri, le versioni digitaliSpeciale Lancia Fulvia Coupé sul nuovo numero di Automobilismo dâEpocaIn edicola a partire da oggi, mercoledi 7 Dicembre, il numero dicembre/gennaio. In copertina la Fulvia Sport Zagato 1,3 S, protagonista di uno speciale che comprende anche un esemplare nel rarissimo colore rosa metallizzato e una 1,2 preparata per il Monte-Carlo StoricoArea Automobilismo dEpocaRegistratiSocialContatta la redazioneAutomobilismo d Epocaautomobilismodepoca@edisport.itSegnala problemi webwebmaster.moto@edisport.itArretrati e assistenzaassistenza.clienti@edisport.itin edicolaTutto newsSaloniSi scaldano i motori: manca poco più di un mese ad AutomotoretròLa manifestazione dedicata alle auto d’epoca, ma non soltanto, aprirà i battenti il 3 Febbraio. Abbinata ad Automotoracing, è ormai una kermesse motoristica a tutto tondo. Importanti anniversari, drifting in pista, supercar e DJ famosi a Torino presso Lingotto Fiere70ConcorsiDallâItalia con eleganza, il Tricolore sventola a KyotoConcorso di eleganza in Giappone, ed ennesima vittoria per Corrado Lopresto e la sua Alfa Romeo 6C Bertone. Premiate anche altre auto italiane e, in generale, lo stile di casa nostra100Aiutare la comunicazione: è nato il forum dei presidenti ASIPer ora interessa undici Club federati, che hanno deciso di usare la tecnologia digitale per abbattere la distanza e snellire le procedure. Il CMAE di Milano tra i principali fautori, lâadesione è aperta a tutti i sodalizi federati e il sito già attivo60Il Club Italia ha festeggiato lâattività 2016In una bella serata a Torino, tenutasi allâinterno della Aurora, storica fabbrica di penne. Premiazioni e novità 2017: largo ai giovani (con Biasion) e alle donne e tessera dâonore per il presidente ACI100Chiudi911 RSR: 40 anni di boxer ad altissime prestazioni
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in edicolaTutto newsSaloniSi scaldano i motori: manca poco più di un mese ad AutomotoretròLa manifestazione dedicata alle auto d’epoca, ma non soltanto, aprirà i battenti il 3 Febbraio. Abbinata ad Automotoracing, è ormai una kermesse motoristica a tutto tondo. Importanti anniversari, drifting in pista, supercar e DJ famosi a Torino presso Lingotto Fiere70ConcorsiDallâItalia con eleganza, il Tricolore sventola a KyotoConcorso di eleganza in Giappone, ed ennesima vittoria per Corrado Lopresto e la sua Alfa Romeo 6C Bertone. Premiate anche altre auto italiane e, in generale, lo stile di casa nostra100Aiutare la comunicazione: è nato il forum dei presidenti ASIPer ora interessa undici Club federati, che hanno deciso di usare la tecnologia digitale per abbattere la distanza e snellire le procedure. Il CMAE di Milano tra i principali fautori, lâadesione è aperta a tutti i sodalizi federati e il sito già attivo60Il Club Italia ha festeggiato lâattività 2016In una bella serata a Torino, tenutasi allâinterno della Aurora, storica fabbrica di penne. Premiazioni e novità 2017: largo ai giovani (con Biasion) e alle donne e tessera dâonore per il presidente ACI100Chiudi
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SaloniSi scaldano i motori: manca poco più di un mese ad AutomotoretròLa manifestazione dedicata alle auto d’epoca, ma non soltanto, aprirà i battenti il 3 Febbraio. Abbinata ad Automotoracing, è ormai una kermesse motoristica a tutto tondo. Importanti anniversari, drifting in pista, supercar e DJ famosi a Torino presso Lingotto Fiere70
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La manifestazione dedicata alle auto d’epoca, ma non soltanto, aprirà i battenti il 3 Febbraio. Abbinata ad Automotoracing, è ormai una kermesse motoristica a tutto tondo. Importanti anniversari, drifting in pista, supercar e DJ famosi a Torino presso Lingotto Fiere
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Concorso di eleganza in Giappone, ed ennesima vittoria per Corrado Lopresto e la sua Alfa Romeo 6C Bertone. Premiate anche altre auto italiane e, in generale, lo stile di casa nostra
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Per ora interessa undici Club federati, che hanno deciso di usare la tecnologia digitale per abbattere la distanza e snellire le procedure. Il CMAE di Milano tra i principali fautori, lâadesione è aperta a tutti i sodalizi federati e il sito già attivo
Il Club Italia ha festeggiato lâattività 2016In una bella serata a Torino, tenutasi allâinterno della Aurora, storica fabbrica di penne. Premiazioni e novità 2017: largo ai giovani (con Biasion) e alle donne e tessera dâonore per il presidente ACI100
In una bella serata a Torino, tenutasi allâinterno della Aurora, storica fabbrica di penne. Premiazioni e novità 2017: largo ai giovani (con Biasion) e alle donne e tessera dâonore per il presidente ACI
911 RSR: 40 anni di boxer ad altissime prestazioni
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911 RSR: 40 anni di boxer ad altissime prestazioni
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NewsEpoca, la Porsche 911 Carrera RS 2.74 aprile 2015La Carrera RS 2.7 è concepita come unâauto da corsa, ma entusiasma anche chi vuole andarci a spasso. Prevista in 500 esemplari per le corse, ne hanno fatte 1.580. à un mito dellâautomobilismo…INTROSolo alla soglia del nuovo millennio la 911 Carrera RS 2.7 del 1972/1973 (serie F)ha ceduto il primato della Porsche stradale più scattante di tutti i tempi. Ma ancora oggi affascinano le sue prestazioni e la bellezza asciutta e muscolosa, sulla quale spicca impertinente la âcoda dâanatraâ. Le linee sono quelle piacevolmente familiari del modello originale disegnato da Ferdinand Alexander âButziâ Porsche nel 1963. Non ci sono dunque i paraurti di sicurezza e le dotazioni che dal 1974 hanno ritoccato il volto delle 911. Qui ogni dettaglio è una delizia per lâappassionato della guida veloce. Solo a guardarla, la Carrera RS 2.7 promette un piacere quasi peccaminoso; oggi praticabile solo in pista, con tanta invidia per chi ha avuto il privilegio di guidarla negli annipre-Autovelox. Anche nella meccanica la Carrera RS 2.7 non scardina le radici del progetto originale.RAFFREDDATA AD ARIAPer intenderci è ancora raffreddata ad aria, non ha il Vario-cam e ha una sola candela per cilindro, eppure è una Porsche con contenuti nuovi per lâepoca: la prima che per prestazioni e immagine è entrata nellâolimpo delle grandi âsupercarâ. Leggenda La Carrera RS 2.7 rappresenta la massima evoluzione della 911 prima dei cambiamenti imposti dalle norme sulla sicurezza e sugli scarichi. à il risultato di un progetto teso unicamente a massimizzare le prestazioni per battere nelle corse qualsiasi altra GT, comprese le 12 cilindri. Non a caso il modello si chiama RS, che sta per Renn Sport, in italiano Corsa Sport, e ogni scelta tecnica è congruente con lâassunto del progetto. Come in ogni auto da leggenda, aleggia poâ di leggenda sulle sue origini. Si racconta che il 14 maggio 1972 lâingegnere Ernst Fuhrman, direttore tecnico Porsche e appassionato di corse, abbia assistito alla gara di Hockenheim dove la Porsche 911 T 2.4 maggiorata di Hartmut Kautz gareggiava nella Divisione 1 fra GT di Gr. 4 e Turismo di Gr. 2.  Dominarono proprio le âTurismoâ, con quattro Ford Capri RS 2600 nelle prime quattro posizioni, mentre Kautz si classificò sesto a un giro. Lâindomani Fuhrman espresse il suo forte disappunto nel reparto corse, dove Wolfang Bergher gli spiegò con chi doveva prendersela: Michael Kranefuss, responsabile sportivo della Ford che, da interprete scaltro dei regolamenti, aveva omologato un modello speciale svuotato di tutto per ottenere la massima riduzione del peso.ÂLEGGEREZZAFuhrman lasciò il reparto pensieroso. In effetti, la Porsche aveva sempre perseguito la leggerezza come strategia vincente nelle corse, ma fino ad allora nessuno aveva pensato di alleggerire in modo così radicale la 911. «Ora è giunto il momento» -pensò probabilmente fra sé e sé- e avviò una drastica cura dimagrante. I tecnici ridussero lo spessore delle lamiere della carrozzeria; ordinarono allospecialista Glaverbeli cristalli laterali spessi la metà degli originali e chiesero il parabrezza e il lunotto più sottili al consueto fornitore Saint Gobain. Per i paraurti, il cofano motore, lâarmatura dei sedili e il serbatoio scelsero le resine plastiche. Eliminarono tutti i materiali fonoassorbenti, lâorologio, i sedili posteriori, il cassetto portaoggetti, le tasche porta carte, le alette parasole, insomma, tutto ciò che non serviva per le corse. Ridussero così di circa 100 kg il peso, senza risparmiare sulla qualità e sulla cura nel montaggio. Le altre linee guida del progetto riguardarono lâaerodinamica, la caratterizzazione estetica e, ovviamente, il potenziamento del motore.ÂÂFILO DI FERROLa vistosa ala posteriore, che la fantasia popolare battezzò âEntenbürzelâ (coda dâanatra) è la modifica che più colpì lâimmaginario collettivo. Anche qui aleggia un poâ di leggenda. Allâorigine ci sarebbe addirittura la Fiat 850 Sport Coupé di Tillman Brodbeck, giovane tecnico della Porsche, che interrogò il suo professore di aerodinamica su quella specie di âlabbroâ che la vetturetta aveva sulla coda. Il professore sorrise osservando che le preoccupazioni della Fiat probabilmente non erano andate oltre lâestetica, ma ormai in Brodbeck era scattata la molla che lo spinse a chiudersi per una settimana nella galleria del vento dellâuniversità di Stoccarda con un cofano grezzo, un cannello da saldatore e un gran rotolo di filo di ferro. Iniziò a tagliare il filo, a sagomarlo, a sovrapporne i pezzi e a saldarli fino a ottenere una specie di ala, che fece crescere fino a quando ottenne buoni risultati nelle prove. Quando mostrò quel âcosoâ, tutti lo presero in giro, ma il collaudatore Günther Steckkönig accettò di provarlo in pista. Quando scese dalla macchina strillò: âFunziona!â A quel punto il designer della Casa, Tony Lapine, ricevette lâincarico di dare un aspetto gradevole a quellâimprovvisata appendice aerodinamica.ÂSPOILERLâala definitiva ridusse la portanza sul posteriore del 75%, migliorò il raffreddamento e aiutò anche a tenere puliti i fanali! Senza ala, a 230 km/h la portanza sul retrotreno arrivava a 145 kg, generando un netto sovrasterzo nelle curve veloci. Con il valore ridotto a 45 kg divenne però necessario fare qualcosa per evitare lâalleggerimento dellâavantreno. Si ideò dunque lo spoiler che, per le competizioni, poteva alloggiare un radiatore dellâolio. La combinazione dei due dispositivi aumentò lâaderenza del 20%, arretrò il centro di pressione aerodinamica e ridusse la sensibilità al vento laterale. Inoltre stabilì un rapporto ideale fra la portanza sugli assi (45% sullâanteriore e 55 % sul posteriore), la stessa proporzione che câera fra la distribuzione dei pesi, condizione ideale per un comportamento stradale costante alle varie velocità .ÂMOTOREContribuirono allâottimizzazione del comportamento anche la saldatura del supporto tra la traversa tubolare della sospensione posteriore e il tunnel centrale, che rese più rigido lâinsieme, le barre di torsione con diametro di 18 mm anziché 15 mm, gli ammortizzatori a gas Bilstein e i cerchi posteriori con canale di 7â invece di 6. Non è infine da trascurare il ruolo degli pneumatici a profilo ribassato. Lâinsieme permise di curvare con unâaccelerazione laterale di 0,912 g, il valore più alto raggiunto fino ad allora da unâautomobile di serie.MOTORESul motore di 2,7 litri (tipo 911/83) non ci sono leggende, ma pura tecnologia. Nella configurazione originale era difficile aumentare la cilindrata oltre i 2,5 litri senza cambiare i carter perché i cilindri, realizzati con il sistema Biral, avevano spesse canne di ghisa attorno alle quali erano fuse le alette di raffreddamento in alluminio. Perciò, se si lasciava invariato lâinterasse fra i perni di manovella e si allargava il diametro interno dei cilindri, le canne diventavano troppo sottili. Però per la 917 da corsa la Porsche aveva sviluppato la tecnologia Nikasil, cioè cilindri interamente in alluminio con sottili riporti elettrolitici di nichel-carburo di silicio nelle zone dâattrito.Bastò applicare al motore 911 questa tecnologia,che rendeva superflue le canne di ghisa, e di colpo divenne possibile allargare il diametro interno fino ad aumentare la cilindrata circa a 3,7 litri, cosa che in seguito effettivamente avvenne. Per il momento la Casa si limitò a maggiorare lâalesaggio a 90 mm per ottenere la cilindrata di 2687 cc. A parte questo, il motore di 2,7 litri tipo 911/83 non differiva dal 2,4 tipo 911/53 della contemporanea Porsche 911 S: stessa corsa, stesso diagramma della distribuzione, stesso diametro dei condotti e delle valvole, stesso rapporto di compressione: un bel risparmio dal punto di vista costruttivo!Solo la marmitta era diversa,realizzata per la prima volta in acciaio inossidabile per ragioni di peso e dotata anche di una sonorità inconfondibile come corollario. Musica pura, insomma. Marketing La cilindrata di 2,7 litri e il minor attrito dei cilindri al Nikasil, permisero di salire con la potenza a 210 CV, contro i 190 CV del 2,4 S, pari a un aumento del 10 %. Contemporaneamente la coppia massima salì da 22 kgm a 5200 giri a 26 kgm a 5100 giri con un incremento del 18 %, che rese necessaria una molla dellafrizione più dura.CAMBIOIl cambio a 5 marce rimase invariato, tranne i rapporti della quarta e della quinta leggermente più âlunghiâ a vantaggio della velocità massima (250 km/h). Dal canto loro i primi tre rapporti, divenuti âcortiâ, permisero uno scatto bruciante: 5,5 secondi per passare da 0 a 100 km/h, come la Lamborghini P 400 Miura! Si decise che una 911 con queste prestazioni doveva evocare immediatamente le corse e distinguersi dalle altre a prima vista. I tecnici e gli uomini del marketing concordarono nel recuperare il nome Carrera, che in passato aveva distinto i modelli più veloci,preferirono infine la sigla RS allâiniziale SC.Gli uomini del marketing sollecitarono ilcolore bianco,che era il colore da corsa nazionale delle auto tedesche, e stabilirono che le sigle Carrera e RS dovevano comparire un poâ dappertutto. Il già citato Tony Lapine ricevette lâincarico di mettere in pratica queste indicazioni. E qui torna un poâ di leggenda. Ecnalubma Lapine partì dalla scritta Carrera dellâomonima 356 del 1963. Cambiò un poâ la lettera C, compattò le altre lettere e poi passò la palla a Eric Strenger, fine grafico e illustratore dei poster della Casa. Strenger prese a cuore il compito: disegnò altre scritte aggiornate e di volta in volta appese i fogli con le sue elaborazioni fuori dalla porta del proprio studio in modo che chi passava potesse giudicare. Alla fine tutti concordarono su quella che poi divenne la grafica definitiva. Ma non è tutto.CARRERAI cataloghi e i depliant delle 911 Carrera 2.7 abbigliate con la scritta prescelta erano ormai stampati quando un giornalista suggerì a Lapine di mettere laparola Carreraalla rovescia sul muso, come ecnalubma (ambulance allo specchio) sul muso di certe ambulanze perché la parola riflessa si leggesse correttamente nei retrovisori delle auto che dovevano darle strada. Lapine non volle giocare sulle cose serie (ma lo fece un anno dopo la BMW con la scritta obruT sulla 2002 Turbo), però iniziò a pensare a qualcosa di altrettanto insolito per colpire lâattenzione. Lâidea giusta gli venne vedendo le pellicole negative delle foto della bianca Carrera RS 2.7 prototipo in prova con Edgard Barth. Negativi Osservò che le lettere in negativo avrebbero dato un effetto inedito e spettacolare perché lâocchio, specialmente da vicino, non avrebbe percepito tutti i contorni e lâosservatore, più o meno inconsciamente, avrebbe dovuto azionare il cervello per decifrare la scritta. Si impuntò quindi perché le Carrera RS di serie uscissero con le scritte in negativo, cioè nello stesso colore della carrozzeria, parzialmente delimitate da fasce nel colore dei cerchi.Cosa che effettivamente avvenne.BIANCOPer quanto riguarda il colore bianco che doveva distinguere le Carrera RS 2.7, la Casa effettivamente mise a punto la tinta speciale denominata Grandprixweiss (codice Glasurit 908, codice Porsche P5 o R4), che distinse poi molti esemplari, ma alla fine dovette fare i conti con la clientela, che espresse anche altre preferenze. Le scritte rimasero i soli elementi decorativi del modello, che per il resto nulla concedeva allâornato: nessuna finta presa dâaria, nessuna griglia supplementare, nessun fregio inutile, insomma tutto quello che câera, câera perché serviva e basta. Molto professionale. Ancora oggi la Carrera RS 2.7 mostra unâenergia intensa, quasi muscolare, in ogni particolare. Rimaneva il problema di vendere le 500 vetture programmate per ottenere lâomoloulgazione FIA nel Gr. 4 (vetture GT preparate). Gli uomini del marketing erano preoccupati, dove trovare 500 piloti da corsa ai quali vendere la vettura?Â500 ESEMPLARILa presentazione della 911 Carrera RS 2.7 al Salone di Parigi il 5 ottobre 1972 cancellò ogni dubbio. Il pubblico normale, che inconsciamente attendeva una 911 veramente esclusiva, quasi da corsa, ma legale per lâuso stradale, le riservò unâaccoglienza entusiastica. Nel primo giorno dâapertura la Casa vendette 51 esemplari e nei quindici giorni successivi la clientela prenotò lâintera produzione prevista.Le richieste tuttavia non accennarono a fermarsi.Fu quindi necessario prevedere una seconda serie: altri 500 esemplari che la Casa programmò volentieri per arrivare ai 1000 che le avrebbero consentito di omologare il modello nel Gr. 3 per le corse delle vetture GT di serie. Previde inoltre nuovi bracci delle sospensioni posteriori in alluminio più lunghi. In questo modo il passo aumentò da 2.268 mm a 2.271 mm, unâinezia che tuttavia servì per tenere le ruote posteriori più parallele al suolo. La millesima 911 Carrera RS 2.7 uscì dalla fabbrica il 9 aprile 1973, ma le richieste non si fermarono anche se nel passaggio dalla prima alla seconda serie il prezzo era un poâ aumentato.Lâultima 911 Carrera RS 2.7, distinta dal telaio # 9113601590,uscì dalla fabbrica nel luglio successivo. Alla fine dello stesso mese iniziarono i lavori per adeguare le linee di montaggio alla produzione dei nuovi modelli 911 della serie G, quelli con i âsoffiettiânei paraurti, per intenderci, che fecero automaticamente apparire la 911 Carrera RS 2.7 come un âvecchio modelloâ, anacronistico da tenere in produzione. Peccato: la nuova Carrera RS 3.0, che la sostituì al vertice della gamma, era più pesante e perciò meno scattante, anche se disponeva di 230 CV, 20 CV in più della gloriosa âRS 2.7â.QUOTA MEZZO MILIONELa Porsche 911 Carrera RS 2.7 debuttò nei listini italiani nel febbraio 1973 con le versionidenominate Stradale e Touring,vendute rispettivamente a 7.327.800 lire e 7.870.000 lire tasse escluse. Un mese dopo le Case tedesche aumentarono i prezzi e il nuovo listino della Stradale fu fissato in 7.694.190 lire mentre quello della Touring salì a 8.264.830 lire. In luglio un nuovo aumento portò il prezzo della Stradale a 8.354.400 lire e quello della Touring a 8.973.900 lire, che tasse comprese diventavano 8.748.000 per lâuna e 9.645.000 per lâaltra. Nel mese di settembre il modello uscì dai listini italiani.Tornò nel 1994nelle quotazioni delle principali riviste specializzate in auto storiche con una valutazione decisamente alta: 100 milioni di lire. Nel 1999 lo sgonfiarsi della bolla speculativa, che fino a lì aveva fatto lievitare i prezzi delle auto storiche, fece calare le valutazioni a 80 milioni di lire, che i listini riportarono con puntigliosa precisione anche al cambio in Euro 41.320. Nel 2005 le valutazioni correnti erano attorno ai 47.000 Euro, due anni dopo salivano a 48.000.Nel 2009 con un gran balzo siportavano a 125.000 Euro,che più o meno è la valutazione corrente. Oggi negli annunci di vendita italiani si può trovare qualche esemplare a un prezzo leggermente inferiore, ma la vera sorpresa viene dalle aste internazionali, dove le quotazioni sembrano davvero impazzite negli ultimi due anni. In pratica si è passati dai 232.500 dollari (172.000 Euro*) della Porsche 911 RS Touring telaio # 911 360 0463 venduta allâasta Bonhams al Quail Lodge Resort nel 2009 ai 550.000 Dollari (407.000 Euro*) pagati per la Carrera RS 2.7 Touring telaio 911 3600 813 allâasta Gooding di Amelia Island nel 2013 o ai 473.000 Dollari (350.000 Euro*) pagati per la Carrera RS 2.7 Touring telaio # 9113600631 nellâasta della stessa Gooding a Peeble Beach. Non è facile interpretare questi dati, come sempre bisogna considerare lo stato di originalità e di conservazione o restauro di ogni singola vettura, le circostanze in cui è stata venduta, il particolare momento socio-economico e così via. In ogni modo rimane il fatto che le quotazioni delle Carrera RS 2.7 hanno fatto un bello schizzo in alto. Resta da vedere se la tendenza al rialzo durerà ancora. *Al cambio del 6 novembre 2013.UN NOME DA CORSACarrera è un nome famoso per le Porsche. Deriva dalla Carrera Panamericana, la leggendaria competizione che negli anni â50 si correva su 3.000 km di strade e stradine dal confine del Guatemala a quello degli Stati Uniti. Una Porsche vi partecipò per la prima volta nel 1953 con il pilota privato José Herrarte, che vinse la classe con una 356. Lâanno dopo due Spyder 550 ufficiali occuparono i primi posti di classe, corrispondenti a clamorosi secondo e terzo assoluti. Nel 1955 la Casa mise in commercio una 356 molto sportiva,dotata del motore bialbero che aveva sbalordito in Sudamerica. Questa versione si chiamò Carrera proprio per ricordare lâaffermazione nella gara panamericana. Da allora il nome Carrera distinse i modelli più sportivi della Porsche, interessando tutte le evoluzioni dellâoriginaria 356 Carrera e i modelli speciali da corsa, come la 356 GL Carrera Abarth del 1959-1960, la 2000 GS GT detta âDreikantshaberâ del 1963, la 904 GTS del 1964 e infine la âsei cilindriâ 906 del 1966. Poi la denominazione cadde in disuso. Riprese nel 1972 proprio con la 911 Carrera RS e continua ai nostri giorni per definire i modelli più veloci della gamma.QUESTIONE DI PESODi solito si distinguono le Porsche 911 Carrera RS 2.7 in due versioni,Touring e Alleggerita,ma allâuscita della linea di produzione non câera distinzione: i primi 1000 esemplari erano identici in una configurazione definita RSH, dove âHâ sta per Homologation, cioè Omologazione. Completato il montaggio con quattro pneumatici 165-15 per contenere il peso, ogni esemplare era avviato a una pesa pubblica nei pressi di Stoccarda, dove le autorità competenti verificavano il peso (960 kg) e rilasciavano il certificato di conformità ai fini dellâomologazione. Dopo la pesa, ogni vettura rientrava in fabbrica per lapreparazione finale.Tagsauto epocaporsche911 CARRERA RS 2.7
NewsEpoca, la Porsche 911 Carrera RS 2.74 aprile 2015La Carrera RS 2.7 è concepita come unâauto da corsa, ma entusiasma anche chi vuole andarci a spasso. Prevista in 500 esemplari per le corse, ne hanno fatte 1.580. à un mito dellâautomobilismo…
La Carrera RS 2.7 è concepita come unâauto da corsa, ma entusiasma anche chi vuole andarci a spasso. Prevista in 500 esemplari per le corse, ne hanno fatte 1.580. à un mito dellâautomobilismo…
INTROSolo alla soglia del nuovo millennio la 911 Carrera RS 2.7 del 1972/1973 (serie F)ha ceduto il primato della Porsche stradale più scattante di tutti i tempi. Ma ancora oggi affascinano le sue prestazioni e la bellezza asciutta e muscolosa, sulla quale spicca impertinente la âcoda dâanatraâ. Le linee sono quelle piacevolmente familiari del modello originale disegnato da Ferdinand Alexander âButziâ Porsche nel 1963. Non ci sono dunque i paraurti di sicurezza e le dotazioni che dal 1974 hanno ritoccato il volto delle 911. Qui ogni dettaglio è una delizia per lâappassionato della guida veloce. Solo a guardarla, la Carrera RS 2.7 promette un piacere quasi peccaminoso; oggi praticabile solo in pista, con tanta invidia per chi ha avuto il privilegio di guidarla negli annipre-Autovelox. Anche nella meccanica la Carrera RS 2.7 non scardina le radici del progetto originale.RAFFREDDATA AD ARIAPer intenderci è ancora raffreddata ad aria, non ha il Vario-cam e ha una sola candela per cilindro, eppure è una Porsche con contenuti nuovi per lâepoca: la prima che per prestazioni e immagine è entrata nellâolimpo delle grandi âsupercarâ. Leggenda La Carrera RS 2.7 rappresenta la massima evoluzione della 911 prima dei cambiamenti imposti dalle norme sulla sicurezza e sugli scarichi. à il risultato di un progetto teso unicamente a massimizzare le prestazioni per battere nelle corse qualsiasi altra GT, comprese le 12 cilindri. Non a caso il modello si chiama RS, che sta per Renn Sport, in italiano Corsa Sport, e ogni scelta tecnica è congruente con lâassunto del progetto. Come in ogni auto da leggenda, aleggia poâ di leggenda sulle sue origini. Si racconta che il 14 maggio 1972 lâingegnere Ernst Fuhrman, direttore tecnico Porsche e appassionato di corse, abbia assistito alla gara di Hockenheim dove la Porsche 911 T 2.4 maggiorata di Hartmut Kautz gareggiava nella Divisione 1 fra GT di Gr. 4 e Turismo di Gr. 2.  Dominarono proprio le âTurismoâ, con quattro Ford Capri RS 2600 nelle prime quattro posizioni, mentre Kautz si classificò sesto a un giro. Lâindomani Fuhrman espresse il suo forte disappunto nel reparto corse, dove Wolfang Bergher gli spiegò con chi doveva prendersela: Michael Kranefuss, responsabile sportivo della Ford che, da interprete scaltro dei regolamenti, aveva omologato un modello speciale svuotato di tutto per ottenere la massima riduzione del peso.ÂLEGGEREZZAFuhrman lasciò il reparto pensieroso. In effetti, la Porsche aveva sempre perseguito la leggerezza come strategia vincente nelle corse, ma fino ad allora nessuno aveva pensato di alleggerire in modo così radicale la 911. «Ora è giunto il momento» -pensò probabilmente fra sé e sé- e avviò una drastica cura dimagrante. I tecnici ridussero lo spessore delle lamiere della carrozzeria; ordinarono allospecialista Glaverbeli cristalli laterali spessi la metà degli originali e chiesero il parabrezza e il lunotto più sottili al consueto fornitore Saint Gobain. Per i paraurti, il cofano motore, lâarmatura dei sedili e il serbatoio scelsero le resine plastiche. Eliminarono tutti i materiali fonoassorbenti, lâorologio, i sedili posteriori, il cassetto portaoggetti, le tasche porta carte, le alette parasole, insomma, tutto ciò che non serviva per le corse. Ridussero così di circa 100 kg il peso, senza risparmiare sulla qualità e sulla cura nel montaggio. Le altre linee guida del progetto riguardarono lâaerodinamica, la caratterizzazione estetica e, ovviamente, il potenziamento del motore.ÂÂFILO DI FERROLa vistosa ala posteriore, che la fantasia popolare battezzò âEntenbürzelâ (coda dâanatra) è la modifica che più colpì lâimmaginario collettivo. Anche qui aleggia un poâ di leggenda. Allâorigine ci sarebbe addirittura la Fiat 850 Sport Coupé di Tillman Brodbeck, giovane tecnico della Porsche, che interrogò il suo professore di aerodinamica su quella specie di âlabbroâ che la vetturetta aveva sulla coda. Il professore sorrise osservando che le preoccupazioni della Fiat probabilmente non erano andate oltre lâestetica, ma ormai in Brodbeck era scattata la molla che lo spinse a chiudersi per una settimana nella galleria del vento dellâuniversità di Stoccarda con un cofano grezzo, un cannello da saldatore e un gran rotolo di filo di ferro. Iniziò a tagliare il filo, a sagomarlo, a sovrapporne i pezzi e a saldarli fino a ottenere una specie di ala, che fece crescere fino a quando ottenne buoni risultati nelle prove. Quando mostrò quel âcosoâ, tutti lo presero in giro, ma il collaudatore Günther Steckkönig accettò di provarlo in pista. Quando scese dalla macchina strillò: âFunziona!â A quel punto il designer della Casa, Tony Lapine, ricevette lâincarico di dare un aspetto gradevole a quellâimprovvisata appendice aerodinamica.ÂSPOILERLâala definitiva ridusse la portanza sul posteriore del 75%, migliorò il raffreddamento e aiutò anche a tenere puliti i fanali! Senza ala, a 230 km/h la portanza sul retrotreno arrivava a 145 kg, generando un netto sovrasterzo nelle curve veloci. Con il valore ridotto a 45 kg divenne però necessario fare qualcosa per evitare lâalleggerimento dellâavantreno. Si ideò dunque lo spoiler che, per le competizioni, poteva alloggiare un radiatore dellâolio. La combinazione dei due dispositivi aumentò lâaderenza del 20%, arretrò il centro di pressione aerodinamica e ridusse la sensibilità al vento laterale. Inoltre stabilì un rapporto ideale fra la portanza sugli assi (45% sullâanteriore e 55 % sul posteriore), la stessa proporzione che câera fra la distribuzione dei pesi, condizione ideale per un comportamento stradale costante alle varie velocità .ÂMOTOREContribuirono allâottimizzazione del comportamento anche la saldatura del supporto tra la traversa tubolare della sospensione posteriore e il tunnel centrale, che rese più rigido lâinsieme, le barre di torsione con diametro di 18 mm anziché 15 mm, gli ammortizzatori a gas Bilstein e i cerchi posteriori con canale di 7â invece di 6. Non è infine da trascurare il ruolo degli pneumatici a profilo ribassato. Lâinsieme permise di curvare con unâaccelerazione laterale di 0,912 g, il valore più alto raggiunto fino ad allora da unâautomobile di serie.MOTORESul motore di 2,7 litri (tipo 911/83) non ci sono leggende, ma pura tecnologia. Nella configurazione originale era difficile aumentare la cilindrata oltre i 2,5 litri senza cambiare i carter perché i cilindri, realizzati con il sistema Biral, avevano spesse canne di ghisa attorno alle quali erano fuse le alette di raffreddamento in alluminio. Perciò, se si lasciava invariato lâinterasse fra i perni di manovella e si allargava il diametro interno dei cilindri, le canne diventavano troppo sottili. Però per la 917 da corsa la Porsche aveva sviluppato la tecnologia Nikasil, cioè cilindri interamente in alluminio con sottili riporti elettrolitici di nichel-carburo di silicio nelle zone dâattrito.Bastò applicare al motore 911 questa tecnologia,che rendeva superflue le canne di ghisa, e di colpo divenne possibile allargare il diametro interno fino ad aumentare la cilindrata circa a 3,7 litri, cosa che in seguito effettivamente avvenne. Per il momento la Casa si limitò a maggiorare lâalesaggio a 90 mm per ottenere la cilindrata di 2687 cc. A parte questo, il motore di 2,7 litri tipo 911/83 non differiva dal 2,4 tipo 911/53 della contemporanea Porsche 911 S: stessa corsa, stesso diagramma della distribuzione, stesso diametro dei condotti e delle valvole, stesso rapporto di compressione: un bel risparmio dal punto di vista costruttivo!Solo la marmitta era diversa,realizzata per la prima volta in acciaio inossidabile per ragioni di peso e dotata anche di una sonorità inconfondibile come corollario. Musica pura, insomma. Marketing La cilindrata di 2,7 litri e il minor attrito dei cilindri al Nikasil, permisero di salire con la potenza a 210 CV, contro i 190 CV del 2,4 S, pari a un aumento del 10 %. Contemporaneamente la coppia massima salì da 22 kgm a 5200 giri a 26 kgm a 5100 giri con un incremento del 18 %, che rese necessaria una molla dellafrizione più dura.CAMBIOIl cambio a 5 marce rimase invariato, tranne i rapporti della quarta e della quinta leggermente più âlunghiâ a vantaggio della velocità massima (250 km/h). Dal canto loro i primi tre rapporti, divenuti âcortiâ, permisero uno scatto bruciante: 5,5 secondi per passare da 0 a 100 km/h, come la Lamborghini P 400 Miura! Si decise che una 911 con queste prestazioni doveva evocare immediatamente le corse e distinguersi dalle altre a prima vista. I tecnici e gli uomini del marketing concordarono nel recuperare il nome Carrera, che in passato aveva distinto i modelli più veloci,preferirono infine la sigla RS allâiniziale SC.Gli uomini del marketing sollecitarono ilcolore bianco,che era il colore da corsa nazionale delle auto tedesche, e stabilirono che le sigle Carrera e RS dovevano comparire un poâ dappertutto. Il già citato Tony Lapine ricevette lâincarico di mettere in pratica queste indicazioni. E qui torna un poâ di leggenda. Ecnalubma Lapine partì dalla scritta Carrera dellâomonima 356 del 1963. Cambiò un poâ la lettera C, compattò le altre lettere e poi passò la palla a Eric Strenger, fine grafico e illustratore dei poster della Casa. Strenger prese a cuore il compito: disegnò altre scritte aggiornate e di volta in volta appese i fogli con le sue elaborazioni fuori dalla porta del proprio studio in modo che chi passava potesse giudicare. Alla fine tutti concordarono su quella che poi divenne la grafica definitiva. Ma non è tutto.CARRERAI cataloghi e i depliant delle 911 Carrera 2.7 abbigliate con la scritta prescelta erano ormai stampati quando un giornalista suggerì a Lapine di mettere laparola Carreraalla rovescia sul muso, come ecnalubma (ambulance allo specchio) sul muso di certe ambulanze perché la parola riflessa si leggesse correttamente nei retrovisori delle auto che dovevano darle strada. Lapine non volle giocare sulle cose serie (ma lo fece un anno dopo la BMW con la scritta obruT sulla 2002 Turbo), però iniziò a pensare a qualcosa di altrettanto insolito per colpire lâattenzione. Lâidea giusta gli venne vedendo le pellicole negative delle foto della bianca Carrera RS 2.7 prototipo in prova con Edgard Barth. Negativi Osservò che le lettere in negativo avrebbero dato un effetto inedito e spettacolare perché lâocchio, specialmente da vicino, non avrebbe percepito tutti i contorni e lâosservatore, più o meno inconsciamente, avrebbe dovuto azionare il cervello per decifrare la scritta. Si impuntò quindi perché le Carrera RS di serie uscissero con le scritte in negativo, cioè nello stesso colore della carrozzeria, parzialmente delimitate da fasce nel colore dei cerchi.Cosa che effettivamente avvenne.BIANCOPer quanto riguarda il colore bianco che doveva distinguere le Carrera RS 2.7, la Casa effettivamente mise a punto la tinta speciale denominata Grandprixweiss (codice Glasurit 908, codice Porsche P5 o R4), che distinse poi molti esemplari, ma alla fine dovette fare i conti con la clientela, che espresse anche altre preferenze. Le scritte rimasero i soli elementi decorativi del modello, che per il resto nulla concedeva allâornato: nessuna finta presa dâaria, nessuna griglia supplementare, nessun fregio inutile, insomma tutto quello che câera, câera perché serviva e basta. Molto professionale. Ancora oggi la Carrera RS 2.7 mostra unâenergia intensa, quasi muscolare, in ogni particolare. Rimaneva il problema di vendere le 500 vetture programmate per ottenere lâomoloulgazione FIA nel Gr. 4 (vetture GT preparate). Gli uomini del marketing erano preoccupati, dove trovare 500 piloti da corsa ai quali vendere la vettura?Â500 ESEMPLARILa presentazione della 911 Carrera RS 2.7 al Salone di Parigi il 5 ottobre 1972 cancellò ogni dubbio. Il pubblico normale, che inconsciamente attendeva una 911 veramente esclusiva, quasi da corsa, ma legale per lâuso stradale, le riservò unâaccoglienza entusiastica. Nel primo giorno dâapertura la Casa vendette 51 esemplari e nei quindici giorni successivi la clientela prenotò lâintera produzione prevista.Le richieste tuttavia non accennarono a fermarsi.Fu quindi necessario prevedere una seconda serie: altri 500 esemplari che la Casa programmò volentieri per arrivare ai 1000 che le avrebbero consentito di omologare il modello nel Gr. 3 per le corse delle vetture GT di serie. Previde inoltre nuovi bracci delle sospensioni posteriori in alluminio più lunghi. In questo modo il passo aumentò da 2.268 mm a 2.271 mm, unâinezia che tuttavia servì per tenere le ruote posteriori più parallele al suolo. La millesima 911 Carrera RS 2.7 uscì dalla fabbrica il 9 aprile 1973, ma le richieste non si fermarono anche se nel passaggio dalla prima alla seconda serie il prezzo era un poâ aumentato.Lâultima 911 Carrera RS 2.7, distinta dal telaio # 9113601590,uscì dalla fabbrica nel luglio successivo. Alla fine dello stesso mese iniziarono i lavori per adeguare le linee di montaggio alla produzione dei nuovi modelli 911 della serie G, quelli con i âsoffiettiânei paraurti, per intenderci, che fecero automaticamente apparire la 911 Carrera RS 2.7 come un âvecchio modelloâ, anacronistico da tenere in produzione. Peccato: la nuova Carrera RS 3.0, che la sostituì al vertice della gamma, era più pesante e perciò meno scattante, anche se disponeva di 230 CV, 20 CV in più della gloriosa âRS 2.7â.QUOTA MEZZO MILIONELa Porsche 911 Carrera RS 2.7 debuttò nei listini italiani nel febbraio 1973 con le versionidenominate Stradale e Touring,vendute rispettivamente a 7.327.800 lire e 7.870.000 lire tasse escluse. Un mese dopo le Case tedesche aumentarono i prezzi e il nuovo listino della Stradale fu fissato in 7.694.190 lire mentre quello della Touring salì a 8.264.830 lire. In luglio un nuovo aumento portò il prezzo della Stradale a 8.354.400 lire e quello della Touring a 8.973.900 lire, che tasse comprese diventavano 8.748.000 per lâuna e 9.645.000 per lâaltra. Nel mese di settembre il modello uscì dai listini italiani.Tornò nel 1994nelle quotazioni delle principali riviste specializzate in auto storiche con una valutazione decisamente alta: 100 milioni di lire. Nel 1999 lo sgonfiarsi della bolla speculativa, che fino a lì aveva fatto lievitare i prezzi delle auto storiche, fece calare le valutazioni a 80 milioni di lire, che i listini riportarono con puntigliosa precisione anche al cambio in Euro 41.320. Nel 2005 le valutazioni correnti erano attorno ai 47.000 Euro, due anni dopo salivano a 48.000.Nel 2009 con un gran balzo siportavano a 125.000 Euro,che più o meno è la valutazione corrente. Oggi negli annunci di vendita italiani si può trovare qualche esemplare a un prezzo leggermente inferiore, ma la vera sorpresa viene dalle aste internazionali, dove le quotazioni sembrano davvero impazzite negli ultimi due anni. In pratica si è passati dai 232.500 dollari (172.000 Euro*) della Porsche 911 RS Touring telaio # 911 360 0463 venduta allâasta Bonhams al Quail Lodge Resort nel 2009 ai 550.000 Dollari (407.000 Euro*) pagati per la Carrera RS 2.7 Touring telaio 911 3600 813 allâasta Gooding di Amelia Island nel 2013 o ai 473.000 Dollari (350.000 Euro*) pagati per la Carrera RS 2.7 Touring telaio # 9113600631 nellâasta della stessa Gooding a Peeble Beach. Non è facile interpretare questi dati, come sempre bisogna considerare lo stato di originalità e di conservazione o restauro di ogni singola vettura, le circostanze in cui è stata venduta, il particolare momento socio-economico e così via. In ogni modo rimane il fatto che le quotazioni delle Carrera RS 2.7 hanno fatto un bello schizzo in alto. Resta da vedere se la tendenza al rialzo durerà ancora. *Al cambio del 6 novembre 2013.UN NOME DA CORSACarrera è un nome famoso per le Porsche. Deriva dalla Carrera Panamericana, la leggendaria competizione che negli anni â50 si correva su 3.000 km di strade e stradine dal confine del Guatemala a quello degli Stati Uniti. Una Porsche vi partecipò per la prima volta nel 1953 con il pilota privato José Herrarte, che vinse la classe con una 356. Lâanno dopo due Spyder 550 ufficiali occuparono i primi posti di classe, corrispondenti a clamorosi secondo e terzo assoluti. Nel 1955 la Casa mise in commercio una 356 molto sportiva,dotata del motore bialbero che aveva sbalordito in Sudamerica. Questa versione si chiamò Carrera proprio per ricordare lâaffermazione nella gara panamericana. Da allora il nome Carrera distinse i modelli più sportivi della Porsche, interessando tutte le evoluzioni dellâoriginaria 356 Carrera e i modelli speciali da corsa, come la 356 GL Carrera Abarth del 1959-1960, la 2000 GS GT detta âDreikantshaberâ del 1963, la 904 GTS del 1964 e infine la âsei cilindriâ 906 del 1966. Poi la denominazione cadde in disuso. Riprese nel 1972 proprio con la 911 Carrera RS e continua ai nostri giorni per definire i modelli più veloci della gamma.QUESTIONE DI PESODi solito si distinguono le Porsche 911 Carrera RS 2.7 in due versioni,Touring e Alleggerita,ma allâuscita della linea di produzione non câera distinzione: i primi 1000 esemplari erano identici in una configurazione definita RSH, dove âHâ sta per Homologation, cioè Omologazione. Completato il montaggio con quattro pneumatici 165-15 per contenere il peso, ogni esemplare era avviato a una pesa pubblica nei pressi di Stoccarda, dove le autorità competenti verificavano il peso (960 kg) e rilasciavano il certificato di conformità ai fini dellâomologazione. Dopo la pesa, ogni vettura rientrava in fabbrica per lapreparazione finale.
INTROSolo alla soglia del nuovo millennio la 911 Carrera RS 2.7 del 1972/1973 (serie F)ha ceduto il primato della Porsche stradale più scattante di tutti i tempi. Ma ancora oggi affascinano le sue prestazioni e la bellezza asciutta e muscolosa, sulla quale spicca impertinente la âcoda dâanatraâ. Le linee sono quelle piacevolmente familiari del modello originale disegnato da Ferdinand Alexander âButziâ Porsche nel 1963. Non ci sono dunque i paraurti di sicurezza e le dotazioni che dal 1974 hanno ritoccato il volto delle 911. Qui ogni dettaglio è una delizia per lâappassionato della guida veloce. Solo a guardarla, la Carrera RS 2.7 promette un piacere quasi peccaminoso; oggi praticabile solo in pista, con tanta invidia per chi ha avuto il privilegio di guidarla negli annipre-Autovelox. Anche nella meccanica la Carrera RS 2.7 non scardina le radici del progetto originale.RAFFREDDATA AD ARIAPer intenderci è ancora raffreddata ad aria, non ha il Vario-cam e ha una sola candela per cilindro, eppure è una Porsche con contenuti nuovi per lâepoca: la prima che per prestazioni e immagine è entrata nellâolimpo delle grandi âsupercarâ. Leggenda La Carrera RS 2.7 rappresenta la massima evoluzione della 911 prima dei cambiamenti imposti dalle norme sulla sicurezza e sugli scarichi. à il risultato di un progetto teso unicamente a massimizzare le prestazioni per battere nelle corse qualsiasi altra GT, comprese le 12 cilindri. Non a caso il modello si chiama RS, che sta per Renn Sport, in italiano Corsa Sport, e ogni scelta tecnica è congruente con lâassunto del progetto. Come in ogni auto da leggenda, aleggia poâ di leggenda sulle sue origini. Si racconta che il 14 maggio 1972 lâingegnere Ernst Fuhrman, direttore tecnico Porsche e appassionato di corse, abbia assistito alla gara di Hockenheim dove la Porsche 911 T 2.4 maggiorata di Hartmut Kautz gareggiava nella Divisione 1 fra GT di Gr. 4 e Turismo di Gr. 2.  Dominarono proprio le âTurismoâ, con quattro Ford Capri RS 2600 nelle prime quattro posizioni, mentre Kautz si classificò sesto a un giro. Lâindomani Fuhrman espresse il suo forte disappunto nel reparto corse, dove Wolfang Bergher gli spiegò con chi doveva prendersela: Michael Kranefuss, responsabile sportivo della Ford che, da interprete scaltro dei regolamenti, aveva omologato un modello speciale svuotato di tutto per ottenere la massima riduzione del peso.ÂLEGGEREZZAFuhrman lasciò il reparto pensieroso. In effetti, la Porsche aveva sempre perseguito la leggerezza come strategia vincente nelle corse, ma fino ad allora nessuno aveva pensato di alleggerire in modo così radicale la 911. «Ora è giunto il momento» -pensò probabilmente fra sé e sé- e avviò una drastica cura dimagrante. I tecnici ridussero lo spessore delle lamiere della carrozzeria; ordinarono allospecialista Glaverbeli cristalli laterali spessi la metà degli originali e chiesero il parabrezza e il lunotto più sottili al consueto fornitore Saint Gobain. Per i paraurti, il cofano motore, lâarmatura dei sedili e il serbatoio scelsero le resine plastiche. Eliminarono tutti i materiali fonoassorbenti, lâorologio, i sedili posteriori, il cassetto portaoggetti, le tasche porta carte, le alette parasole, insomma, tutto ciò che non serviva per le corse. Ridussero così di circa 100 kg il peso, senza risparmiare sulla qualità e sulla cura nel montaggio. Le altre linee guida del progetto riguardarono lâaerodinamica, la caratterizzazione estetica e, ovviamente, il potenziamento del motore.ÂÂFILO DI FERROLa vistosa ala posteriore, che la fantasia popolare battezzò âEntenbürzelâ (coda dâanatra) è la modifica che più colpì lâimmaginario collettivo. Anche qui aleggia un poâ di leggenda. Allâorigine ci sarebbe addirittura la Fiat 850 Sport Coupé di Tillman Brodbeck, giovane tecnico della Porsche, che interrogò il suo professore di aerodinamica su quella specie di âlabbroâ che la vetturetta aveva sulla coda. Il professore sorrise osservando che le preoccupazioni della Fiat probabilmente non erano andate oltre lâestetica, ma ormai in Brodbeck era scattata la molla che lo spinse a chiudersi per una settimana nella galleria del vento dellâuniversità di Stoccarda con un cofano grezzo, un cannello da saldatore e un gran rotolo di filo di ferro. Iniziò a tagliare il filo, a sagomarlo, a sovrapporne i pezzi e a saldarli fino a ottenere una specie di ala, che fece crescere fino a quando ottenne buoni risultati nelle prove. Quando mostrò quel âcosoâ, tutti lo presero in giro, ma il collaudatore Günther Steckkönig accettò di provarlo in pista. Quando scese dalla macchina strillò: âFunziona!â A quel punto il designer della Casa, Tony Lapine, ricevette lâincarico di dare un aspetto gradevole a quellâimprovvisata appendice aerodinamica.ÂSPOILERLâala definitiva ridusse la portanza sul posteriore del 75%, migliorò il raffreddamento e aiutò anche a tenere puliti i fanali! Senza ala, a 230 km/h la portanza sul retrotreno arrivava a 145 kg, generando un netto sovrasterzo nelle curve veloci. Con il valore ridotto a 45 kg divenne però necessario fare qualcosa per evitare lâalleggerimento dellâavantreno. Si ideò dunque lo spoiler che, per le competizioni, poteva alloggiare un radiatore dellâolio. La combinazione dei due dispositivi aumentò lâaderenza del 20%, arretrò il centro di pressione aerodinamica e ridusse la sensibilità al vento laterale. Inoltre stabilì un rapporto ideale fra la portanza sugli assi (45% sullâanteriore e 55 % sul posteriore), la stessa proporzione che câera fra la distribuzione dei pesi, condizione ideale per un comportamento stradale costante alle varie velocità .ÂMOTOREContribuirono allâottimizzazione del comportamento anche la saldatura del supporto tra la traversa tubolare della sospensione posteriore e il tunnel centrale, che rese più rigido lâinsieme, le barre di torsione con diametro di 18 mm anziché 15 mm, gli ammortizzatori a gas Bilstein e i cerchi posteriori con canale di 7â invece di 6. Non è infine da trascurare il ruolo degli pneumatici a profilo ribassato. Lâinsieme permise di curvare con unâaccelerazione laterale di 0,912 g, il valore più alto raggiunto fino ad allora da unâautomobile di serie.MOTORESul motore di 2,7 litri (tipo 911/83) non ci sono leggende, ma pura tecnologia. Nella configurazione originale era difficile aumentare la cilindrata oltre i 2,5 litri senza cambiare i carter perché i cilindri, realizzati con il sistema Biral, avevano spesse canne di ghisa attorno alle quali erano fuse le alette di raffreddamento in alluminio. Perciò, se si lasciava invariato lâinterasse fra i perni di manovella e si allargava il diametro interno dei cilindri, le canne diventavano troppo sottili. Però per la 917 da corsa la Porsche aveva sviluppato la tecnologia Nikasil, cioè cilindri interamente in alluminio con sottili riporti elettrolitici di nichel-carburo di silicio nelle zone dâattrito.Bastò applicare al motore 911 questa tecnologia,che rendeva superflue le canne di ghisa, e di colpo divenne possibile allargare il diametro interno fino ad aumentare la cilindrata circa a 3,7 litri, cosa che in seguito effettivamente avvenne. Per il momento la Casa si limitò a maggiorare lâalesaggio a 90 mm per ottenere la cilindrata di 2687 cc. A parte questo, il motore di 2,7 litri tipo 911/83 non differiva dal 2,4 tipo 911/53 della contemporanea Porsche 911 S: stessa corsa, stesso diagramma della distribuzione, stesso diametro dei condotti e delle valvole, stesso rapporto di compressione: un bel risparmio dal punto di vista costruttivo!Solo la marmitta era diversa,realizzata per la prima volta in acciaio inossidabile per ragioni di peso e dotata anche di una sonorità inconfondibile come corollario. Musica pura, insomma. Marketing La cilindrata di 2,7 litri e il minor attrito dei cilindri al Nikasil, permisero di salire con la potenza a 210 CV, contro i 190 CV del 2,4 S, pari a un aumento del 10 %. Contemporaneamente la coppia massima salì da 22 kgm a 5200 giri a 26 kgm a 5100 giri con un incremento del 18 %, che rese necessaria una molla dellafrizione più dura.CAMBIOIl cambio a 5 marce rimase invariato, tranne i rapporti della quarta e della quinta leggermente più âlunghiâ a vantaggio della velocità massima (250 km/h). Dal canto loro i primi tre rapporti, divenuti âcortiâ, permisero uno scatto bruciante: 5,5 secondi per passare da 0 a 100 km/h, come la Lamborghini P 400 Miura! Si decise che una 911 con queste prestazioni doveva evocare immediatamente le corse e distinguersi dalle altre a prima vista. I tecnici e gli uomini del marketing concordarono nel recuperare il nome Carrera, che in passato aveva distinto i modelli più veloci,preferirono infine la sigla RS allâiniziale SC.Gli uomini del marketing sollecitarono ilcolore bianco,che era il colore da corsa nazionale delle auto tedesche, e stabilirono che le sigle Carrera e RS dovevano comparire un poâ dappertutto. Il già citato Tony Lapine ricevette lâincarico di mettere in pratica queste indicazioni. E qui torna un poâ di leggenda. Ecnalubma Lapine partì dalla scritta Carrera dellâomonima 356 del 1963. Cambiò un poâ la lettera C, compattò le altre lettere e poi passò la palla a Eric Strenger, fine grafico e illustratore dei poster della Casa. Strenger prese a cuore il compito: disegnò altre scritte aggiornate e di volta in volta appese i fogli con le sue elaborazioni fuori dalla porta del proprio studio in modo che chi passava potesse giudicare. Alla fine tutti concordarono su quella che poi divenne la grafica definitiva. Ma non è tutto.CARRERAI cataloghi e i depliant delle 911 Carrera 2.7 abbigliate con la scritta prescelta erano ormai stampati quando un giornalista suggerì a Lapine di mettere laparola Carreraalla rovescia sul muso, come ecnalubma (ambulance allo specchio) sul muso di certe ambulanze perché la parola riflessa si leggesse correttamente nei retrovisori delle auto che dovevano darle strada. Lapine non volle giocare sulle cose serie (ma lo fece un anno dopo la BMW con la scritta obruT sulla 2002 Turbo), però iniziò a pensare a qualcosa di altrettanto insolito per colpire lâattenzione. Lâidea giusta gli venne vedendo le pellicole negative delle foto della bianca Carrera RS 2.7 prototipo in prova con Edgard Barth. Negativi Osservò che le lettere in negativo avrebbero dato un effetto inedito e spettacolare perché lâocchio, specialmente da vicino, non avrebbe percepito tutti i contorni e lâosservatore, più o meno inconsciamente, avrebbe dovuto azionare il cervello per decifrare la scritta. Si impuntò quindi perché le Carrera RS di serie uscissero con le scritte in negativo, cioè nello stesso colore della carrozzeria, parzialmente delimitate da fasce nel colore dei cerchi.Cosa che effettivamente avvenne.BIANCOPer quanto riguarda il colore bianco che doveva distinguere le Carrera RS 2.7, la Casa effettivamente mise a punto la tinta speciale denominata Grandprixweiss (codice Glasurit 908, codice Porsche P5 o R4), che distinse poi molti esemplari, ma alla fine dovette fare i conti con la clientela, che espresse anche altre preferenze. Le scritte rimasero i soli elementi decorativi del modello, che per il resto nulla concedeva allâornato: nessuna finta presa dâaria, nessuna griglia supplementare, nessun fregio inutile, insomma tutto quello che câera, câera perché serviva e basta. Molto professionale. Ancora oggi la Carrera RS 2.7 mostra unâenergia intensa, quasi muscolare, in ogni particolare. Rimaneva il problema di vendere le 500 vetture programmate per ottenere lâomoloulgazione FIA nel Gr. 4 (vetture GT preparate). Gli uomini del marketing erano preoccupati, dove trovare 500 piloti da corsa ai quali vendere la vettura?Â500 ESEMPLARILa presentazione della 911 Carrera RS 2.7 al Salone di Parigi il 5 ottobre 1972 cancellò ogni dubbio. Il pubblico normale, che inconsciamente attendeva una 911 veramente esclusiva, quasi da corsa, ma legale per lâuso stradale, le riservò unâaccoglienza entusiastica. Nel primo giorno dâapertura la Casa vendette 51 esemplari e nei quindici giorni successivi la clientela prenotò lâintera produzione prevista.Le richieste tuttavia non accennarono a fermarsi.Fu quindi necessario prevedere una seconda serie: altri 500 esemplari che la Casa programmò volentieri per arrivare ai 1000 che le avrebbero consentito di omologare il modello nel Gr. 3 per le corse delle vetture GT di serie. Previde inoltre nuovi bracci delle sospensioni posteriori in alluminio più lunghi. In questo modo il passo aumentò da 2.268 mm a 2.271 mm, unâinezia che tuttavia servì per tenere le ruote posteriori più parallele al suolo. La millesima 911 Carrera RS 2.7 uscì dalla fabbrica il 9 aprile 1973, ma le richieste non si fermarono anche se nel passaggio dalla prima alla seconda serie il prezzo era un poâ aumentato.Lâultima 911 Carrera RS 2.7, distinta dal telaio # 9113601590,uscì dalla fabbrica nel luglio successivo. Alla fine dello stesso mese iniziarono i lavori per adeguare le linee di montaggio alla produzione dei nuovi modelli 911 della serie G, quelli con i âsoffiettiânei paraurti, per intenderci, che fecero automaticamente apparire la 911 Carrera RS 2.7 come un âvecchio modelloâ, anacronistico da tenere in produzione. Peccato: la nuova Carrera RS 3.0, che la sostituì al vertice della gamma, era più pesante e perciò meno scattante, anche se disponeva di 230 CV, 20 CV in più della gloriosa âRS 2.7â.QUOTA MEZZO MILIONELa Porsche 911 Carrera RS 2.7 debuttò nei listini italiani nel febbraio 1973 con le versionidenominate Stradale e Touring,vendute rispettivamente a 7.327.800 lire e 7.870.000 lire tasse escluse. Un mese dopo le Case tedesche aumentarono i prezzi e il nuovo listino della Stradale fu fissato in 7.694.190 lire mentre quello della Touring salì a 8.264.830 lire. In luglio un nuovo aumento portò il prezzo della Stradale a 8.354.400 lire e quello della Touring a 8.973.900 lire, che tasse comprese diventavano 8.748.000 per lâuna e 9.645.000 per lâaltra. Nel mese di settembre il modello uscì dai listini italiani.Tornò nel 1994nelle quotazioni delle principali riviste specializzate in auto storiche con una valutazione decisamente alta: 100 milioni di lire. Nel 1999 lo sgonfiarsi della bolla speculativa, che fino a lì aveva fatto lievitare i prezzi delle auto storiche, fece calare le valutazioni a 80 milioni di lire, che i listini riportarono con puntigliosa precisione anche al cambio in Euro 41.320. Nel 2005 le valutazioni correnti erano attorno ai 47.000 Euro, due anni dopo salivano a 48.000.Nel 2009 con un gran balzo siportavano a 125.000 Euro,che più o meno è la valutazione corrente. Oggi negli annunci di vendita italiani si può trovare qualche esemplare a un prezzo leggermente inferiore, ma la vera sorpresa viene dalle aste internazionali, dove le quotazioni sembrano davvero impazzite negli ultimi due anni. In pratica si è passati dai 232.500 dollari (172.000 Euro*) della Porsche 911 RS Touring telaio # 911 360 0463 venduta allâasta Bonhams al Quail Lodge Resort nel 2009 ai 550.000 Dollari (407.000 Euro*) pagati per la Carrera RS 2.7 Touring telaio 911 3600 813 allâasta Gooding di Amelia Island nel 2013 o ai 473.000 Dollari (350.000 Euro*) pagati per la Carrera RS 2.7 Touring telaio # 9113600631 nellâasta della stessa Gooding a Peeble Beach. Non è facile interpretare questi dati, come sempre bisogna considerare lo stato di originalità e di conservazione o restauro di ogni singola vettura, le circostanze in cui è stata venduta, il particolare momento socio-economico e così via. In ogni modo rimane il fatto che le quotazioni delle Carrera RS 2.7 hanno fatto un bello schizzo in alto. Resta da vedere se la tendenza al rialzo durerà ancora. *Al cambio del 6 novembre 2013.UN NOME DA CORSACarrera è un nome famoso per le Porsche. Deriva dalla Carrera Panamericana, la leggendaria competizione che negli anni â50 si correva su 3.000 km di strade e stradine dal confine del Guatemala a quello degli Stati Uniti. Una Porsche vi partecipò per la prima volta nel 1953 con il pilota privato José Herrarte, che vinse la classe con una 356. Lâanno dopo due Spyder 550 ufficiali occuparono i primi posti di classe, corrispondenti a clamorosi secondo e terzo assoluti. Nel 1955 la Casa mise in commercio una 356 molto sportiva,dotata del motore bialbero che aveva sbalordito in Sudamerica. Questa versione si chiamò Carrera proprio per ricordare lâaffermazione nella gara panamericana. Da allora il nome Carrera distinse i modelli più sportivi della Porsche, interessando tutte le evoluzioni dellâoriginaria 356 Carrera e i modelli speciali da corsa, come la 356 GL Carrera Abarth del 1959-1960, la 2000 GS GT detta âDreikantshaberâ del 1963, la 904 GTS del 1964 e infine la âsei cilindriâ 906 del 1966. Poi la denominazione cadde in disuso. Riprese nel 1972 proprio con la 911 Carrera RS e continua ai nostri giorni per definire i modelli più veloci della gamma.QUESTIONE DI PESODi solito si distinguono le Porsche 911 Carrera RS 2.7 in due versioni,Touring e Alleggerita,ma allâuscita della linea di produzione non câera distinzione: i primi 1000 esemplari erano identici in una configurazione definita RSH, dove âHâ sta per Homologation, cioè Omologazione. Completato il montaggio con quattro pneumatici 165-15 per contenere il peso, ogni esemplare era avviato a una pesa pubblica nei pressi di Stoccarda, dove le autorità competenti verificavano il peso (960 kg) e rilasciavano il certificato di conformità ai fini dellâomologazione. Dopo la pesa, ogni vettura rientrava in fabbrica per lapreparazione finale.
Solo alla soglia del nuovo millennio la 911 Carrera RS 2.7 del 1972/1973 (serie F)ha ceduto il primato della Porsche stradale più scattante di tutti i tempi. Ma ancora oggi affascinano le sue prestazioni e la bellezza asciutta e muscolosa, sulla quale spicca impertinente la âcoda dâanatraâ. Le linee sono quelle piacevolmente familiari del modello originale disegnato da Ferdinand Alexander âButziâ Porsche nel 1963. Non ci sono dunque i paraurti di sicurezza e le dotazioni che dal 1974 hanno ritoccato il volto delle 911. Qui ogni dettaglio è una delizia per lâappassionato della guida veloce. Solo a guardarla, la Carrera RS 2.7 promette un piacere quasi peccaminoso; oggi praticabile solo in pista, con tanta invidia per chi ha avuto il privilegio di guidarla negli annipre-Autovelox. Anche nella meccanica la Carrera RS 2.7 non scardina le radici del progetto originale.RAFFREDDATA AD ARIAPer intenderci è ancora raffreddata ad aria, non ha il Vario-cam e ha una sola candela per cilindro, eppure è una Porsche con contenuti nuovi per lâepoca: la prima che per prestazioni e immagine è entrata nellâolimpo delle grandi âsupercarâ. Leggenda La Carrera RS 2.7 rappresenta la massima evoluzione della 911 prima dei cambiamenti imposti dalle norme sulla sicurezza e sugli scarichi. à il risultato di un progetto teso unicamente a massimizzare le prestazioni per battere nelle corse qualsiasi altra GT, comprese le 12 cilindri. Non a caso il modello si chiama RS, che sta per Renn Sport, in italiano Corsa Sport, e ogni scelta tecnica è congruente con lâassunto del progetto. Come in ogni auto da leggenda, aleggia poâ di leggenda sulle sue origini. Si racconta che il 14 maggio 1972 lâingegnere Ernst Fuhrman, direttore tecnico Porsche e appassionato di corse, abbia assistito alla gara di Hockenheim dove la Porsche 911 T 2.4 maggiorata di Hartmut Kautz gareggiava nella Divisione 1 fra GT di Gr. 4 e Turismo di Gr. 2.  Dominarono proprio le âTurismoâ, con quattro Ford Capri RS 2600 nelle prime quattro posizioni, mentre Kautz si classificò sesto a un giro. Lâindomani Fuhrman espresse il suo forte disappunto nel reparto corse, dove Wolfang Bergher gli spiegò con chi doveva prendersela: Michael Kranefuss, responsabile sportivo della Ford che, da interprete scaltro dei regolamenti, aveva omologato un modello speciale svuotato di tutto per ottenere la massima riduzione del peso.Â
Solo alla soglia del nuovo millennio la 911 Carrera RS 2.7 del 1972/1973 (serie F)ha ceduto il primato della Porsche stradale più scattante di tutti i tempi. Ma ancora oggi affascinano le sue prestazioni e la bellezza asciutta e muscolosa, sulla quale spicca impertinente la âcoda dâanatraâ. Le linee sono quelle piacevolmente familiari del modello originale disegnato da Ferdinand Alexander âButziâ Porsche nel 1963. Non ci sono dunque i paraurti di sicurezza e le dotazioni che dal 1974 hanno ritoccato il volto delle 911. Qui ogni dettaglio è una delizia per lâappassionato della guida veloce. Solo a guardarla, la Carrera RS 2.7 promette un piacere quasi peccaminoso; oggi praticabile solo in pista, con tanta invidia per chi ha avuto il privilegio di guidarla negli annipre-Autovelox. Anche nella meccanica la Carrera RS 2.7 non scardina le radici del progetto originale.
RAFFREDDATA AD ARIAPer intenderci è ancora raffreddata ad aria, non ha il Vario-cam e ha una sola candela per cilindro, eppure è una Porsche con contenuti nuovi per lâepoca: la prima che per prestazioni e immagine è entrata nellâolimpo delle grandi âsupercarâ. Leggenda La Carrera RS 2.7 rappresenta la massima evoluzione della 911 prima dei cambiamenti imposti dalle norme sulla sicurezza e sugli scarichi. à il risultato di un progetto teso unicamente a massimizzare le prestazioni per battere nelle corse qualsiasi altra GT, comprese le 12 cilindri. Non a caso il modello si chiama RS, che sta per Renn Sport, in italiano Corsa Sport, e ogni scelta tecnica è congruente con lâassunto del progetto. Come in ogni auto da leggenda, aleggia poâ di leggenda sulle sue origini. Si racconta che il 14 maggio 1972 lâingegnere Ernst Fuhrman, direttore tecnico Porsche e appassionato di corse, abbia assistito alla gara di Hockenheim dove la Porsche 911 T 2.4 maggiorata di Hartmut Kautz gareggiava nella Divisione 1 fra GT di Gr. 4 e Turismo di Gr. 2.  Dominarono proprio le âTurismoâ, con quattro Ford Capri RS 2600 nelle prime quattro posizioni, mentre Kautz si classificò sesto a un giro. Lâindomani Fuhrman espresse il suo forte disappunto nel reparto corse, dove Wolfang Bergher gli spiegò con chi doveva prendersela: Michael Kranefuss, responsabile sportivo della Ford che, da interprete scaltro dei regolamenti, aveva omologato un modello speciale svuotato di tutto per ottenere la massima riduzione del peso.Â
Fuhrman lasciò il reparto pensieroso. In effetti, la Porsche aveva sempre perseguito la leggerezza come strategia vincente nelle corse, ma fino ad allora nessuno aveva pensato di alleggerire in modo così radicale la 911. «Ora è giunto il momento» -pensò probabilmente fra sé e sé- e avviò una drastica cura dimagrante. I tecnici ridussero lo spessore delle lamiere della carrozzeria; ordinarono allospecialista Glaverbeli cristalli laterali spessi la metà degli originali e chiesero il parabrezza e il lunotto più sottili al consueto fornitore Saint Gobain. Per i paraurti, il cofano motore, lâarmatura dei sedili e il serbatoio scelsero le resine plastiche. Eliminarono tutti i materiali fonoassorbenti, lâorologio, i sedili posteriori, il cassetto portaoggetti, le tasche porta carte, le alette parasole, insomma, tutto ciò che non serviva per le corse. Ridussero così di circa 100 kg il peso, senza risparmiare sulla qualità e sulla cura nel montaggio. Le altre linee guida del progetto riguardarono lâaerodinamica, la caratterizzazione estetica e, ovviamente, il potenziamento del motore.ÂÂFILO DI FERROLa vistosa ala posteriore, che la fantasia popolare battezzò âEntenbürzelâ (coda dâanatra) è la modifica che più colpì lâimmaginario collettivo. Anche qui aleggia un poâ di leggenda. Allâorigine ci sarebbe addirittura la Fiat 850 Sport Coupé di Tillman Brodbeck, giovane tecnico della Porsche, che interrogò il suo professore di aerodinamica su quella specie di âlabbroâ che la vetturetta aveva sulla coda. Il professore sorrise osservando che le preoccupazioni della Fiat probabilmente non erano andate oltre lâestetica, ma ormai in Brodbeck era scattata la molla che lo spinse a chiudersi per una settimana nella galleria del vento dellâuniversità di Stoccarda con un cofano grezzo, un cannello da saldatore e un gran rotolo di filo di ferro. Iniziò a tagliare il filo, a sagomarlo, a sovrapporne i pezzi e a saldarli fino a ottenere una specie di ala, che fece crescere fino a quando ottenne buoni risultati nelle prove. Quando mostrò quel âcosoâ, tutti lo presero in giro, ma il collaudatore Günther Steckkönig accettò di provarlo in pista. Quando scese dalla macchina strillò: âFunziona!â A quel punto il designer della Casa, Tony Lapine, ricevette lâincarico di dare un aspetto gradevole a quellâimprovvisata appendice aerodinamica.ÂSPOILERLâala definitiva ridusse la portanza sul posteriore del 75%, migliorò il raffreddamento e aiutò anche a tenere puliti i fanali! Senza ala, a 230 km/h la portanza sul retrotreno arrivava a 145 kg, generando un netto sovrasterzo nelle curve veloci. Con il valore ridotto a 45 kg divenne però necessario fare qualcosa per evitare lâalleggerimento dellâavantreno. Si ideò dunque lo spoiler che, per le competizioni, poteva alloggiare un radiatore dellâolio. La combinazione dei due dispositivi aumentò lâaderenza del 20%, arretrò il centro di pressione aerodinamica e ridusse la sensibilità al vento laterale. Inoltre stabilì un rapporto ideale fra la portanza sugli assi (45% sullâanteriore e 55 % sul posteriore), la stessa proporzione che câera fra la distribuzione dei pesi, condizione ideale per un comportamento stradale costante alle varie velocità .Â
Fuhrman lasciò il reparto pensieroso. In effetti, la Porsche aveva sempre perseguito la leggerezza come strategia vincente nelle corse, ma fino ad allora nessuno aveva pensato di alleggerire in modo così radicale la 911. «Ora è giunto il momento» -pensò probabilmente fra sé e sé- e avviò una drastica cura dimagrante. I tecnici ridussero lo spessore delle lamiere della carrozzeria; ordinarono allospecialista Glaverbeli cristalli laterali spessi la metà degli originali e chiesero il parabrezza e il lunotto più sottili al consueto fornitore Saint Gobain. Per i paraurti, il cofano motore, lâarmatura dei sedili e il serbatoio scelsero le resine plastiche. Eliminarono tutti i materiali fonoassorbenti, lâorologio, i sedili posteriori, il cassetto portaoggetti, le tasche porta carte, le alette parasole, insomma, tutto ciò che non serviva per le corse. Ridussero così di circa 100 kg il peso, senza risparmiare sulla qualità e sulla cura nel montaggio. Le altre linee guida del progetto riguardarono lâaerodinamica, la caratterizzazione estetica e, ovviamente, il potenziamento del motore.Â
FILO DI FERROLa vistosa ala posteriore, che la fantasia popolare battezzò âEntenbürzelâ (coda dâanatra) è la modifica che più colpì lâimmaginario collettivo. Anche qui aleggia un poâ di leggenda. Allâorigine ci sarebbe addirittura la Fiat 850 Sport Coupé di Tillman Brodbeck, giovane tecnico della Porsche, che interrogò il suo professore di aerodinamica su quella specie di âlabbroâ che la vetturetta aveva sulla coda. Il professore sorrise osservando che le preoccupazioni della Fiat probabilmente non erano andate oltre lâestetica, ma ormai in Brodbeck era scattata la molla che lo spinse a chiudersi per una settimana nella galleria del vento dellâuniversità di Stoccarda con un cofano grezzo, un cannello da saldatore e un gran rotolo di filo di ferro. Iniziò a tagliare il filo, a sagomarlo, a sovrapporne i pezzi e a saldarli fino a ottenere una specie di ala, che fece crescere fino a quando ottenne buoni risultati nelle prove. Quando mostrò quel âcosoâ, tutti lo presero in giro, ma il collaudatore Günther Steckkönig accettò di provarlo in pista. Quando scese dalla macchina strillò: âFunziona!â A quel punto il designer della Casa, Tony Lapine, ricevette lâincarico di dare un aspetto gradevole a quellâimprovvisata appendice aerodinamica.
SPOILERLâala definitiva ridusse la portanza sul posteriore del 75%, migliorò il raffreddamento e aiutò anche a tenere puliti i fanali! Senza ala, a 230 km/h la portanza sul retrotreno arrivava a 145 kg, generando un netto sovrasterzo nelle curve veloci. Con il valore ridotto a 45 kg divenne però necessario fare qualcosa per evitare lâalleggerimento dellâavantreno. Si ideò dunque lo spoiler che, per le competizioni, poteva alloggiare un radiatore dellâolio. La combinazione dei due dispositivi aumentò lâaderenza del 20%, arretrò il centro di pressione aerodinamica e ridusse la sensibilità al vento laterale. Inoltre stabilì un rapporto ideale fra la portanza sugli assi (45% sullâanteriore e 55 % sul posteriore), la stessa proporzione che câera fra la distribuzione dei pesi, condizione ideale per un comportamento stradale costante alle varie velocità .
Contribuirono allâottimizzazione del comportamento anche la saldatura del supporto tra la traversa tubolare della sospensione posteriore e il tunnel centrale, che rese più rigido lâinsieme, le barre di torsione con diametro di 18 mm anziché 15 mm, gli ammortizzatori a gas Bilstein e i cerchi posteriori con canale di 7â invece di 6. Non è infine da trascurare il ruolo degli pneumatici a profilo ribassato. Lâinsieme permise di curvare con unâaccelerazione laterale di 0,912 g, il valore più alto raggiunto fino ad allora da unâautomobile di serie.MOTORESul motore di 2,7 litri (tipo 911/83) non ci sono leggende, ma pura tecnologia. Nella configurazione originale era difficile aumentare la cilindrata oltre i 2,5 litri senza cambiare i carter perché i cilindri, realizzati con il sistema Biral, avevano spesse canne di ghisa attorno alle quali erano fuse le alette di raffreddamento in alluminio. Perciò, se si lasciava invariato lâinterasse fra i perni di manovella e si allargava il diametro interno dei cilindri, le canne diventavano troppo sottili. Però per la 917 da corsa la Porsche aveva sviluppato la tecnologia Nikasil, cioè cilindri interamente in alluminio con sottili riporti elettrolitici di nichel-carburo di silicio nelle zone dâattrito.Bastò applicare al motore 911 questa tecnologia,che rendeva superflue le canne di ghisa, e di colpo divenne possibile allargare il diametro interno fino ad aumentare la cilindrata circa a 3,7 litri, cosa che in seguito effettivamente avvenne. Per il momento la Casa si limitò a maggiorare lâalesaggio a 90 mm per ottenere la cilindrata di 2687 cc. A parte questo, il motore di 2,7 litri tipo 911/83 non differiva dal 2,4 tipo 911/53 della contemporanea Porsche 911 S: stessa corsa, stesso diagramma della distribuzione, stesso diametro dei condotti e delle valvole, stesso rapporto di compressione: un bel risparmio dal punto di vista costruttivo!Solo la marmitta era diversa,realizzata per la prima volta in acciaio inossidabile per ragioni di peso e dotata anche di una sonorità inconfondibile come corollario. Musica pura, insomma. Marketing La cilindrata di 2,7 litri e il minor attrito dei cilindri al Nikasil, permisero di salire con la potenza a 210 CV, contro i 190 CV del 2,4 S, pari a un aumento del 10 %. Contemporaneamente la coppia massima salì da 22 kgm a 5200 giri a 26 kgm a 5100 giri con un incremento del 18 %, che rese necessaria una molla dellafrizione più dura.CAMBIOIl cambio a 5 marce rimase invariato, tranne i rapporti della quarta e della quinta leggermente più âlunghiâ a vantaggio della velocità massima (250 km/h). Dal canto loro i primi tre rapporti, divenuti âcortiâ, permisero uno scatto bruciante: 5,5 secondi per passare da 0 a 100 km/h, come la Lamborghini P 400 Miura! Si decise che una 911 con queste prestazioni doveva evocare immediatamente le corse e distinguersi dalle altre a prima vista. I tecnici e gli uomini del marketing concordarono nel recuperare il nome Carrera, che in passato aveva distinto i modelli più veloci,preferirono infine la sigla RS allâiniziale SC.Gli uomini del marketing sollecitarono ilcolore bianco,che era il colore da corsa nazionale delle auto tedesche, e stabilirono che le sigle Carrera e RS dovevano comparire un poâ dappertutto. Il già citato Tony Lapine ricevette lâincarico di mettere in pratica queste indicazioni. E qui torna un poâ di leggenda. Ecnalubma Lapine partì dalla scritta Carrera dellâomonima 356 del 1963. Cambiò un poâ la lettera C, compattò le altre lettere e poi passò la palla a Eric Strenger, fine grafico e illustratore dei poster della Casa. Strenger prese a cuore il compito: disegnò altre scritte aggiornate e di volta in volta appese i fogli con le sue elaborazioni fuori dalla porta del proprio studio in modo che chi passava potesse giudicare. Alla fine tutti concordarono su quella che poi divenne la grafica definitiva. Ma non è tutto.CARRERAI cataloghi e i depliant delle 911 Carrera 2.7 abbigliate con la scritta prescelta erano ormai stampati quando un giornalista suggerì a Lapine di mettere laparola Carreraalla rovescia sul muso, come ecnalubma (ambulance allo specchio) sul muso di certe ambulanze perché la parola riflessa si leggesse correttamente nei retrovisori delle auto che dovevano darle strada. Lapine non volle giocare sulle cose serie (ma lo fece un anno dopo la BMW con la scritta obruT sulla 2002 Turbo), però iniziò a pensare a qualcosa di altrettanto insolito per colpire lâattenzione. Lâidea giusta gli venne vedendo le pellicole negative delle foto della bianca Carrera RS 2.7 prototipo in prova con Edgard Barth. Negativi Osservò che le lettere in negativo avrebbero dato un effetto inedito e spettacolare perché lâocchio, specialmente da vicino, non avrebbe percepito tutti i contorni e lâosservatore, più o meno inconsciamente, avrebbe dovuto azionare il cervello per decifrare la scritta. Si impuntò quindi perché le Carrera RS di serie uscissero con le scritte in negativo, cioè nello stesso colore della carrozzeria, parzialmente delimitate da fasce nel colore dei cerchi.Cosa che effettivamente avvenne.BIANCOPer quanto riguarda il colore bianco che doveva distinguere le Carrera RS 2.7, la Casa effettivamente mise a punto la tinta speciale denominata Grandprixweiss (codice Glasurit 908, codice Porsche P5 o R4), che distinse poi molti esemplari, ma alla fine dovette fare i conti con la clientela, che espresse anche altre preferenze. Le scritte rimasero i soli elementi decorativi del modello, che per il resto nulla concedeva allâornato: nessuna finta presa dâaria, nessuna griglia supplementare, nessun fregio inutile, insomma tutto quello che câera, câera perché serviva e basta. Molto professionale. Ancora oggi la Carrera RS 2.7 mostra unâenergia intensa, quasi muscolare, in ogni particolare. Rimaneva il problema di vendere le 500 vetture programmate per ottenere lâomoloulgazione FIA nel Gr. 4 (vetture GT preparate). Gli uomini del marketing erano preoccupati, dove trovare 500 piloti da corsa ai quali vendere la vettura?Â
Contribuirono allâottimizzazione del comportamento anche la saldatura del supporto tra la traversa tubolare della sospensione posteriore e il tunnel centrale, che rese più rigido lâinsieme, le barre di torsione con diametro di 18 mm anziché 15 mm, gli ammortizzatori a gas Bilstein e i cerchi posteriori con canale di 7â invece di 6. Non è infine da trascurare il ruolo degli pneumatici a profilo ribassato. Lâinsieme permise di curvare con unâaccelerazione laterale di 0,912 g, il valore più alto raggiunto fino ad allora da unâautomobile di serie.
MOTORESul motore di 2,7 litri (tipo 911/83) non ci sono leggende, ma pura tecnologia. Nella configurazione originale era difficile aumentare la cilindrata oltre i 2,5 litri senza cambiare i carter perché i cilindri, realizzati con il sistema Biral, avevano spesse canne di ghisa attorno alle quali erano fuse le alette di raffreddamento in alluminio. Perciò, se si lasciava invariato lâinterasse fra i perni di manovella e si allargava il diametro interno dei cilindri, le canne diventavano troppo sottili. Però per la 917 da corsa la Porsche aveva sviluppato la tecnologia Nikasil, cioè cilindri interamente in alluminio con sottili riporti elettrolitici di nichel-carburo di silicio nelle zone dâattrito.
Bastò applicare al motore 911 questa tecnologia,che rendeva superflue le canne di ghisa, e di colpo divenne possibile allargare il diametro interno fino ad aumentare la cilindrata circa a 3,7 litri, cosa che in seguito effettivamente avvenne. Per il momento la Casa si limitò a maggiorare lâalesaggio a 90 mm per ottenere la cilindrata di 2687 cc. A parte questo, il motore di 2,7 litri tipo 911/83 non differiva dal 2,4 tipo 911/53 della contemporanea Porsche 911 S: stessa corsa, stesso diagramma della distribuzione, stesso diametro dei condotti e delle valvole, stesso rapporto di compressione: un bel risparmio dal punto di vista costruttivo!
Solo la marmitta era diversa,realizzata per la prima volta in acciaio inossidabile per ragioni di peso e dotata anche di una sonorità inconfondibile come corollario. Musica pura, insomma. Marketing La cilindrata di 2,7 litri e il minor attrito dei cilindri al Nikasil, permisero di salire con la potenza a 210 CV, contro i 190 CV del 2,4 S, pari a un aumento del 10 %. Contemporaneamente la coppia massima salì da 22 kgm a 5200 giri a 26 kgm a 5100 giri con un incremento del 18 %, che rese necessaria una molla dellafrizione più dura.
CAMBIOIl cambio a 5 marce rimase invariato, tranne i rapporti della quarta e della quinta leggermente più âlunghiâ a vantaggio della velocità massima (250 km/h). Dal canto loro i primi tre rapporti, divenuti âcortiâ, permisero uno scatto bruciante: 5,5 secondi per passare da 0 a 100 km/h, come la Lamborghini P 400 Miura! Si decise che una 911 con queste prestazioni doveva evocare immediatamente le corse e distinguersi dalle altre a prima vista. I tecnici e gli uomini del marketing concordarono nel recuperare il nome Carrera, che in passato aveva distinto i modelli più veloci,preferirono infine la sigla RS allâiniziale SC.
Gli uomini del marketing sollecitarono ilcolore bianco,che era il colore da corsa nazionale delle auto tedesche, e stabilirono che le sigle Carrera e RS dovevano comparire un poâ dappertutto. Il già citato Tony Lapine ricevette lâincarico di mettere in pratica queste indicazioni. E qui torna un poâ di leggenda. Ecnalubma Lapine partì dalla scritta Carrera dellâomonima 356 del 1963. Cambiò un poâ la lettera C, compattò le altre lettere e poi passò la palla a Eric Strenger, fine grafico e illustratore dei poster della Casa. Strenger prese a cuore il compito: disegnò altre scritte aggiornate e di volta in volta appese i fogli con le sue elaborazioni fuori dalla porta del proprio studio in modo che chi passava potesse giudicare. Alla fine tutti concordarono su quella che poi divenne la grafica definitiva. Ma non è tutto.
CARRERAI cataloghi e i depliant delle 911 Carrera 2.7 abbigliate con la scritta prescelta erano ormai stampati quando un giornalista suggerì a Lapine di mettere laparola Carreraalla rovescia sul muso, come ecnalubma (ambulance allo specchio) sul muso di certe ambulanze perché la parola riflessa si leggesse correttamente nei retrovisori delle auto che dovevano darle strada. Lapine non volle giocare sulle cose serie (ma lo fece un anno dopo la BMW con la scritta obruT sulla 2002 Turbo), però iniziò a pensare a qualcosa di altrettanto insolito per colpire lâattenzione. Lâidea giusta gli venne vedendo le pellicole negative delle foto della bianca Carrera RS 2.7 prototipo in prova con Edgard Barth. Negativi Osservò che le lettere in negativo avrebbero dato un effetto inedito e spettacolare perché lâocchio, specialmente da vicino, non avrebbe percepito tutti i contorni e lâosservatore, più o meno inconsciamente, avrebbe dovuto azionare il cervello per decifrare la scritta. Si impuntò quindi perché le Carrera RS di serie uscissero con le scritte in negativo, cioè nello stesso colore della carrozzeria, parzialmente delimitate da fasce nel colore dei cerchi.Cosa che effettivamente avvenne.
BIANCOPer quanto riguarda il colore bianco che doveva distinguere le Carrera RS 2.7, la Casa effettivamente mise a punto la tinta speciale denominata Grandprixweiss (codice Glasurit 908, codice Porsche P5 o R4), che distinse poi molti esemplari, ma alla fine dovette fare i conti con la clientela, che espresse anche altre preferenze. Le scritte rimasero i soli elementi decorativi del modello, che per il resto nulla concedeva allâornato: nessuna finta presa dâaria, nessuna griglia supplementare, nessun fregio inutile, insomma tutto quello che câera, câera perché serviva e basta. Molto professionale. Ancora oggi la Carrera RS 2.7 mostra unâenergia intensa, quasi muscolare, in ogni particolare. Rimaneva il problema di vendere le 500 vetture programmate per ottenere lâomoloulgazione FIA nel Gr. 4 (vetture GT preparate). Gli uomini del marketing erano preoccupati, dove trovare 500 piloti da corsa ai quali vendere la vettura?Â
La presentazione della 911 Carrera RS 2.7 al Salone di Parigi il 5 ottobre 1972 cancellò ogni dubbio. Il pubblico normale, che inconsciamente attendeva una 911 veramente esclusiva, quasi da corsa, ma legale per lâuso stradale, le riservò unâaccoglienza entusiastica. Nel primo giorno dâapertura la Casa vendette 51 esemplari e nei quindici giorni successivi la clientela prenotò lâintera produzione prevista.Le richieste tuttavia non accennarono a fermarsi.Fu quindi necessario prevedere una seconda serie: altri 500 esemplari che la Casa programmò volentieri per arrivare ai 1000 che le avrebbero consentito di omologare il modello nel Gr. 3 per le corse delle vetture GT di serie. Previde inoltre nuovi bracci delle sospensioni posteriori in alluminio più lunghi. In questo modo il passo aumentò da 2.268 mm a 2.271 mm, unâinezia che tuttavia servì per tenere le ruote posteriori più parallele al suolo. La millesima 911 Carrera RS 2.7 uscì dalla fabbrica il 9 aprile 1973, ma le richieste non si fermarono anche se nel passaggio dalla prima alla seconda serie il prezzo era un poâ aumentato.Lâultima 911 Carrera RS 2.7, distinta dal telaio # 9113601590,uscì dalla fabbrica nel luglio successivo. Alla fine dello stesso mese iniziarono i lavori per adeguare le linee di montaggio alla produzione dei nuovi modelli 911 della serie G, quelli con i âsoffiettiânei paraurti, per intenderci, che fecero automaticamente apparire la 911 Carrera RS 2.7 come un âvecchio modelloâ, anacronistico da tenere in produzione. Peccato: la nuova Carrera RS 3.0, che la sostituì al vertice della gamma, era più pesante e perciò meno scattante, anche se disponeva di 230 CV, 20 CV in più della gloriosa âRS 2.7â.QUOTA MEZZO MILIONELa Porsche 911 Carrera RS 2.7 debuttò nei listini italiani nel febbraio 1973 con le versionidenominate Stradale e Touring,vendute rispettivamente a 7.327.800 lire e 7.870.000 lire tasse escluse. Un mese dopo le Case tedesche aumentarono i prezzi e il nuovo listino della Stradale fu fissato in 7.694.190 lire mentre quello della Touring salì a 8.264.830 lire. In luglio un nuovo aumento portò il prezzo della Stradale a 8.354.400 lire e quello della Touring a 8.973.900 lire, che tasse comprese diventavano 8.748.000 per lâuna e 9.645.000 per lâaltra. Nel mese di settembre il modello uscì dai listini italiani.Tornò nel 1994nelle quotazioni delle principali riviste specializzate in auto storiche con una valutazione decisamente alta: 100 milioni di lire. Nel 1999 lo sgonfiarsi della bolla speculativa, che fino a lì aveva fatto lievitare i prezzi delle auto storiche, fece calare le valutazioni a 80 milioni di lire, che i listini riportarono con puntigliosa precisione anche al cambio in Euro 41.320. Nel 2005 le valutazioni correnti erano attorno ai 47.000 Euro, due anni dopo salivano a 48.000.Nel 2009 con un gran balzo siportavano a 125.000 Euro,che più o meno è la valutazione corrente. Oggi negli annunci di vendita italiani si può trovare qualche esemplare a un prezzo leggermente inferiore, ma la vera sorpresa viene dalle aste internazionali, dove le quotazioni sembrano davvero impazzite negli ultimi due anni. In pratica si è passati dai 232.500 dollari (172.000 Euro*) della Porsche 911 RS Touring telaio # 911 360 0463 venduta allâasta Bonhams al Quail Lodge Resort nel 2009 ai 550.000 Dollari (407.000 Euro*) pagati per la Carrera RS 2.7 Touring telaio 911 3600 813 allâasta Gooding di Amelia Island nel 2013 o ai 473.000 Dollari (350.000 Euro*) pagati per la Carrera RS 2.7 Touring telaio # 9113600631 nellâasta della stessa Gooding a Peeble Beach. Non è facile interpretare questi dati, come sempre bisogna considerare lo stato di originalità e di conservazione o restauro di ogni singola vettura, le circostanze in cui è stata venduta, il particolare momento socio-economico e così via. In ogni modo rimane il fatto che le quotazioni delle Carrera RS 2.7 hanno fatto un bello schizzo in alto. Resta da vedere se la tendenza al rialzo durerà ancora. *Al cambio del 6 novembre 2013.UN NOME DA CORSACarrera è un nome famoso per le Porsche. Deriva dalla Carrera Panamericana, la leggendaria competizione che negli anni â50 si correva su 3.000 km di strade e stradine dal confine del Guatemala a quello degli Stati Uniti. Una Porsche vi partecipò per la prima volta nel 1953 con il pilota privato José Herrarte, che vinse la classe con una 356. Lâanno dopo due Spyder 550 ufficiali occuparono i primi posti di classe, corrispondenti a clamorosi secondo e terzo assoluti. Nel 1955 la Casa mise in commercio una 356 molto sportiva,dotata del motore bialbero che aveva sbalordito in Sudamerica. Questa versione si chiamò Carrera proprio per ricordare lâaffermazione nella gara panamericana. Da allora il nome Carrera distinse i modelli più sportivi della Porsche, interessando tutte le evoluzioni dellâoriginaria 356 Carrera e i modelli speciali da corsa, come la 356 GL Carrera Abarth del 1959-1960, la 2000 GS GT detta âDreikantshaberâ del 1963, la 904 GTS del 1964 e infine la âsei cilindriâ 906 del 1966. Poi la denominazione cadde in disuso. Riprese nel 1972 proprio con la 911 Carrera RS e continua ai nostri giorni per definire i modelli più veloci della gamma.QUESTIONE DI PESODi solito si distinguono le Porsche 911 Carrera RS 2.7 in due versioni,Touring e Alleggerita,ma allâuscita della linea di produzione non câera distinzione: i primi 1000 esemplari erano identici in una configurazione definita RSH, dove âHâ sta per Homologation, cioè Omologazione. Completato il montaggio con quattro pneumatici 165-15 per contenere il peso, ogni esemplare era avviato a una pesa pubblica nei pressi di Stoccarda, dove le autorità competenti verificavano il peso (960 kg) e rilasciavano il certificato di conformità ai fini dellâomologazione. Dopo la pesa, ogni vettura rientrava in fabbrica per lapreparazione finale.
La presentazione della 911 Carrera RS 2.7 al Salone di Parigi il 5 ottobre 1972 cancellò ogni dubbio. Il pubblico normale, che inconsciamente attendeva una 911 veramente esclusiva, quasi da corsa, ma legale per lâuso stradale, le riservò unâaccoglienza entusiastica. Nel primo giorno dâapertura la Casa vendette 51 esemplari e nei quindici giorni successivi la clientela prenotò lâintera produzione prevista.
Le richieste tuttavia non accennarono a fermarsi.Fu quindi necessario prevedere una seconda serie: altri 500 esemplari che la Casa programmò volentieri per arrivare ai 1000 che le avrebbero consentito di omologare il modello nel Gr. 3 per le corse delle vetture GT di serie. Previde inoltre nuovi bracci delle sospensioni posteriori in alluminio più lunghi. In questo modo il passo aumentò da 2.268 mm a 2.271 mm, unâinezia che tuttavia servì per tenere le ruote posteriori più parallele al suolo. La millesima 911 Carrera RS 2.7 uscì dalla fabbrica il 9 aprile 1973, ma le richieste non si fermarono anche se nel passaggio dalla prima alla seconda serie il prezzo era un poâ aumentato.
Lâultima 911 Carrera RS 2.7, distinta dal telaio # 9113601590,uscì dalla fabbrica nel luglio successivo. Alla fine dello stesso mese iniziarono i lavori per adeguare le linee di montaggio alla produzione dei nuovi modelli 911 della serie G, quelli con i âsoffiettiânei paraurti, per intenderci, che fecero automaticamente apparire la 911 Carrera RS 2.7 come un âvecchio modelloâ, anacronistico da tenere in produzione. Peccato: la nuova Carrera RS 3.0, che la sostituì al vertice della gamma, era più pesante e perciò meno scattante, anche se disponeva di 230 CV, 20 CV in più della gloriosa âRS 2.7â.
QUOTA MEZZO MILIONELa Porsche 911 Carrera RS 2.7 debuttò nei listini italiani nel febbraio 1973 con le versionidenominate Stradale e Touring,vendute rispettivamente a 7.327.800 lire e 7.870.000 lire tasse escluse. Un mese dopo le Case tedesche aumentarono i prezzi e il nuovo listino della Stradale fu fissato in 7.694.190 lire mentre quello della Touring salì a 8.264.830 lire. In luglio un nuovo aumento portò il prezzo della Stradale a 8.354.400 lire e quello della Touring a 8.973.900 lire, che tasse comprese diventavano 8.748.000 per lâuna e 9.645.000 per lâaltra. Nel mese di settembre il modello uscì dai listini italiani.
Tornò nel 1994nelle quotazioni delle principali riviste specializzate in auto storiche con una valutazione decisamente alta: 100 milioni di lire. Nel 1999 lo sgonfiarsi della bolla speculativa, che fino a lì aveva fatto lievitare i prezzi delle auto storiche, fece calare le valutazioni a 80 milioni di lire, che i listini riportarono con puntigliosa precisione anche al cambio in Euro 41.320. Nel 2005 le valutazioni correnti erano attorno ai 47.000 Euro, due anni dopo salivano a 48.000.
Nel 2009 con un gran balzo siportavano a 125.000 Euro,che più o meno è la valutazione corrente. Oggi negli annunci di vendita italiani si può trovare qualche esemplare a un prezzo leggermente inferiore, ma la vera sorpresa viene dalle aste internazionali, dove le quotazioni sembrano davvero impazzite negli ultimi due anni. In pratica si è passati dai 232.500 dollari (172.000 Euro*) della Porsche 911 RS Touring telaio # 911 360 0463 venduta allâasta Bonhams al Quail Lodge Resort nel 2009 ai 550.000 Dollari (407.000 Euro*) pagati per la Carrera RS 2.7 Touring telaio 911 3600 813 allâasta Gooding di Amelia Island nel 2013 o ai 473.000 Dollari (350.000 Euro*) pagati per la Carrera RS 2.7 Touring telaio # 9113600631 nellâasta della stessa Gooding a Peeble Beach. Non è facile interpretare questi dati, come sempre bisogna considerare lo stato di originalità e di conservazione o restauro di ogni singola vettura, le circostanze in cui è stata venduta, il particolare momento socio-economico e così via. In ogni modo rimane il fatto che le quotazioni delle Carrera RS 2.7 hanno fatto un bello schizzo in alto. Resta da vedere se la tendenza al rialzo durerà ancora. *Al cambio del 6 novembre 2013.
UN NOME DA CORSACarrera è un nome famoso per le Porsche. Deriva dalla Carrera Panamericana, la leggendaria competizione che negli anni â50 si correva su 3.000 km di strade e stradine dal confine del Guatemala a quello degli Stati Uniti. Una Porsche vi partecipò per la prima volta nel 1953 con il pilota privato José Herrarte, che vinse la classe con una 356. Lâanno dopo due Spyder 550 ufficiali occuparono i primi posti di classe, corrispondenti a clamorosi secondo e terzo assoluti. Nel 1955 la Casa mise in commercio una 356 molto sportiva,dotata del motore bialbero che aveva sbalordito in Sudamerica. Questa versione si chiamò Carrera proprio per ricordare lâaffermazione nella gara panamericana. Da allora il nome Carrera distinse i modelli più sportivi della Porsche, interessando tutte le evoluzioni dellâoriginaria 356 Carrera e i modelli speciali da corsa, come la 356 GL Carrera Abarth del 1959-1960, la 2000 GS GT detta âDreikantshaberâ del 1963, la 904 GTS del 1964 e infine la âsei cilindriâ 906 del 1966. Poi la denominazione cadde in disuso. Riprese nel 1972 proprio con la 911 Carrera RS e continua ai nostri giorni per definire i modelli più veloci della gamma.
QUESTIONE DI PESODi solito si distinguono le Porsche 911 Carrera RS 2.7 in due versioni,Touring e Alleggerita,ma allâuscita della linea di produzione non câera distinzione: i primi 1000 esemplari erano identici in una configurazione definita RSH, dove âHâ sta per Homologation, cioè Omologazione. Completato il montaggio con quattro pneumatici 165-15 per contenere il peso, ogni esemplare era avviato a una pesa pubblica nei pressi di Stoccarda, dove le autorità competenti verificavano il peso (960 kg) e rilasciavano il certificato di conformità ai fini dellâomologazione. Dopo la pesa, ogni vettura rientrava in fabbrica per lapreparazione finale.
Contattacivia Don Luigi Sturzo, 7- 20016 Pero (Mi) – Tel. 02/380851- Fax 02/38010393 – E-mail:automobilismodepoca@edisport.it
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Automobilismodepoca.it – Quotidiano di informazione Reg. Trib. di Milano n.394 in data 23.06.2003
