Falsa morte di Tatiana Tramacere, vera morte del giornalismo italiano | Fecero lo stesso con Fausto Gresini

Falsa morte di Tatiana Tramacere, vera morte del giornalismo italiano | Fecero lo stesso con Fausto Gresini

Tatiana Tramacere e Fausto Gresini @automobilismodepoca

Prima la notizia della morte, poi la smentita e infine il sollievo: il caso di Tatiana Tramacere è l’ennesimo promemoria che il giornalismo italiano ha dimenticato come si aspettano le conferme.

Per qualche ora, Tatiana Tramacere è morta. Almeno, questo raccontavano titoli e lanci di alcune testate, pronte a parlare di “cadavere ritrovato” mentre a Nardò la sua famiglia viveva l’angoscia più nera. Poi la realtà si è ripresa il suo spazio: la ragazza è stata trovata viva, in una mansarda, e la notizia che aveva fatto il giro del Paese è esplosa come quello che era fin dall’inizio, una falsa anticipazione trasformata in verità solo perché messa nero su bianco.

In mezzo, la consueta liturgia: aggiornamenti correttivi, precisazioni, la formula di rito “ci scusiamo per l’errore”. Ma il punto non è la smentita in sé, quanto il meccanismo che ci sta dietro. La vita e la morte di una ventisettenne diventano un flusso da presidiare a tutti i costi, un contenuto da spingere prima degli altri, con la tragedia trattata come una notizia di calciomercato: meglio un “forse” oggi che un “è successo davvero” domani.

Da Tatiana a Gresini: la morte data in anteprima come stile di lavoro

Se la storia di Tatiana Tramacere colpisce perché è accaduta ieri, quella di Fausto Gresini dimostra che non si tratta di una scivolata isolata. Come ricordano i colleghi di Pulp Podcast, nel febbraio 2021, l’ex pilota e manager MotoGP fu dato per morto mentre ancora lottava in ospedale contro il Covid. I messaggi di cordoglio iniziarono a moltiplicarsi, le home page si riempirono di necrologi, finché un comunicato del team e dei familiari fu costretto a ricordare al Paese che Gresini era “ancora fra noi, seppure in condizioni critiche”.

Solo il giorno dopo arrivò purtroppo la notizia vera del decesso, annunciata dalle stesse strutture che poche ore prima avevano dovuto smentire la sua “morte mediatica”. Il risultato è un cortocircuito per cui la realtà sembra inseguire i titoli, e non il contrario: prima si pubblica la versione più estrema, poi ci si regola in base alle smentite, come se la deontologia fosse un dettaglio secondario rispetto alla corsa al clic.

Il paradosso del giornalismo italiano @automobilismodepoca

Quando il dolore diventa contenuto e il lettore partecipa al disastro

Il problema non è solo morale, ma strutturale. Un ecosistema fatto di redazioni ridotte all’osso, turni infiniti, compensi minimi e dashboard che misurano in tempo reale le prestazioni di ogni articolo spinge a vedere nella tragedia un contenuto ad alta resa. Una scomparsa, un ricovero grave, un incidente: tutto diventa occasione per guadagnare qualche migliaio di visualizzazioni, anche al prezzo di anticipare la morte di qualcuno che, nel mondo reale, respira ancora.

La falsa morte di Tatiana Tramacere e quella, inizialmente smentita, di Fausto Gresini sono due facce della stessa malattia: un giornalismo che preferisce essere primo ad avere ragione, e un pubblico che continua a premiarlo finché la tragedia resta confinata nello schermo e non bussa alla propria porta.