Ferrari 288 GTO: adrenalina pura

Tanta coppia, erogazione piena fin dai bassi regimi, zero elettronica, gomme relativamente strette: la guida della Ferrari 288 GTO è emozionantissima, ma bisogna saperci fare

Al Gran Premio d’Italia di F1 del settembre 1980, che per la prima e unica volta nella storia del mondiale non si disputa a Monza bensì a Imola, durante le prove la Ferrari fa girare anche la nuova monoposto: la 126 C, dotata di motore sovralimentato con turbocompressore. La macchina è tutt’altro che definitiva, ma è il segnale che il Commendatore ha reagito immediatamente alla competitività dimostrata dalla Renault.
A Imola quella monoposto del Cavallino, in pratica una T5 modificata per accogliere il nuovo motore V6, mostra di essere molto acerba, specie nell’erogazione del motore: nemmeno il funambolico Villeneuve riesce a tenere a bada l’enorme ritardo di risposta del turbo. Ma la decisione è già presa: nel 1981 si passa al motore sovralimentato.

Nel 1982 si parte con la 208 Turbo

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Sono anni in cui nelle corse ancora si sperimentano le tecnologie da riversare sulle auto stradali, così, di pari passo con le vittorie in pista, in listino compare la 208 Turbo, con il V8 2.0 che, grazie alla sovralimentazione ed all’iniezione meccanica, passa da 155 a 220 CV, un salto di ben 65 CV. Il turbo, insomma, sembra il futuro dei motori sportivi, anche per il Cavallino.

Ma non è abbastanza. Per tornare ai fasti del passato, anche dal punto di vista dell’immagine, serve una “supercar”, concetto all’epoca sconosciuto a tutti. È il Grande Vecchio, l’ingegner Ferrari, a inventarlo: anche se ha più di 80 anni, il suo sguardo è sempre rivolto al futuro. A Maranello lavora, al reparto corse, l’ingegnere Nicola Materazzi: è un appassionato di motori turbo, e li conosce per aver lavorato su quello della Lancia Strato’s Gruppo 5. Ferrari un giorno lo chiama nel suo ufficio: “Materazzi, guardi qui - lo incita il Grande Vecchio -:

In produzione vogliono mettere il turbo alla 308. Il tremila sovralimentato avrebbe 300 CV”

L'ing Materazzi si mette al lavoro

L'ing. Nicola Materazzi, scomparso nel mese di agosto del 2022

Ferrari dice a Materazzi che bisogna tornare a fare auto di serie con prestazioni degne della tradizione e dello spirito del marchio; il suo ingegnere gli risponde che, secondo lui, un turbo di quella cilindrata di CV deve darne almeno 400.

Allora lo faccia lei!”

ordina il Commendatore. Così, con questo colloquio, si mette la prima pietra della 288 GTO. A Maranello si crea un terzo ufficio tecnico, a fianco di quelli del reparto corse e della produzione, diretto da Nicola Materazzi e che si occuperà soltanto della nuova auto. L’ingegnere campano si mette all’opera e in circa un anno e mezzo realizza la nuova macchina. A parte le prestazioni assolute, si insisteva con il motore trasversale. È vero che si accentrano le masse, ma il baricentro così è più alto di 7-8 centimetri. Quindi la GTO avrebbe avuto motore e cambio longitudinali.

Per il cambio interpellai la ZF - ricorda Materazzi, intervistato prima della sua morte nell'agosto del 2022 -, ma mi dissero che per la coppia che si prevedeva avesse il V8 non erano sicuri di avere il cambio adatto. Mi proposero di portare la macchina al Nürburgring per fare dei collaudi. A quel punto, preferii progettare il cambio direttamente da noi”.

Salone di Ginevra: febbraio 1984

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Per il Salone di Ginevra del febbraio 1984 la macchina è pronta. L’obbiettivo è di produrne 200 esemplari: non una cifra a caso, come vedremo più avanti. Il successo è tale che a Maranello devono produrne un lotto supplementare di 72 esemplari.
La 288 GTO esteticamente ha il sapore delle auto da corsa o quasi, nate da continue modifiche e affinamenti che hanno il solo scopo di essere funzionali e aumentare le prestazioni. Assomiglia a prima vista alla 308 GTB, ma è sostanzialmente un’altra auto, e comunque osservandola con attenzione si notano il frontale con i quattro fari di profondità, le carreggiate più larghe (1.559 e 1.562 mm rispettivamente anteriore e posteriore contro 1.460 entrambe della 308), il passo maggiorato (2.450 mm contro 2.340), infine le feritoie laterali dietro le ruote posteriori, che riprendono quelle della 250 GTO creando il fil rouge che ritroviamo nel nome. In effetti la 288 GTO, che costa oltre 193 milioni di lire (71 milioni in più della 512 BBi, fino a quel momento la Ferrari di serie più costosa, e circa 123 in più della 308i quattrovalvole) è fin da subito destinata alla produzione di 200 esemplari perché si vuole omologarla per le competizioni, secondo il regolamento Gr. B.

Un centinaio di kg meno della 308

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Fu ancora Materazzi a spiegarci la situazione: “Ferrari voleva avere auto di serie prestanti come un tempo. L’unico modo era avere un raffronto con gli avversari. Il Gr. B permetteva di omologare auto con pochi esemplari prodotti, per correre sia nei Rallye sia in pista”.

La 288 GTO ha il classico telaio Ferrari, un traliccio di tubi d’acciaio su cui è montata la carrozzeria in materiali plastici, per mantenere il peso in soli 1.160 kg dichiarati (un centinaio meno della 308). Le sospensioni sono tipicamente corsaiole con quadrilateri deformabili sulle quattro ruote e regolabili. Il motore 2.8 è un V8 biturbo simile a quello che sarà montato sulla Lancia LC2, da 400 CV a 7.000 giri e ben 50,6 kgm di coppia a soli 3.800 giri, con pressione del turbo a 0,8 bar; le prestazioni dichiarate sono 305 km/h di velocità massima e accelerazione 0-200 km/h in soli 15,2 secondi.

L’abitacolo, simile a quello della 308, ha però sedili avvolgenti e rivestiti come sulla Daytona e la plancia è foderata di velluto nero opaco. Le finiture e la qualità costruttiva non sono all’altezza del prezzo richiesto, ma l’essenziale qui si trova altrove: nel tachimetro scalato fino a 320 km/h e nel contagiri con zona rossa a 8.000 giri, per esempio.
Oggi fa impressione pensare che un’auto del genere non abbia il benché minimo ausilio elettronico e, come ci conferma il proprietario dell’auto ritratta in queste pagine, che pure ha esperienza decennale di gare e di automobili ad alte prestazioni, se è vero che può essere usata per andare a spasso tranquillamente e con gusto grazie alla enorme coppia, è altrettanto vero che se si vuole spingere diventa un’auto adatta soltanto a piloti di talento e grande esperienza. Tanto più che i bellissimi cerchi scomponibili Speedline con fissaggio centrale ospitano pneumatici che erano il massimo disponibile come dimensioni trent’anni fa, ma che oggi ritroviamo su una normale vettura di classe media.

200 esemplari per il Gruppo B

Torniamo a Materazzi ed ai 200 esemplari: perché proprio duecento? “Perché erano quelli che servivano per l’omologazione in Gruppo B” – ci disse l’ingegnere campano -. “La GTO ha cilindrata 2.8 perché, quando partimmo con il progetto, il coefficiente dei turbo per raggiungere la cilindrata regolamentare di 4 litri era 1,4. Ferrari mi disse, ricordo esattamente le parole, che le sue auto si erano esageratamente imborghesite. Il suo amico Pietro Barilla gli aveva raccontato che il figlio aveva superato una Ferrari 308 con una BMW M3. Non ci poteva credere. Eppure le cose stavano così. Gli suggerii che le auto del Cavallino andavano sempre più in mano a clienti a cui forse non serviva la potenza di una Ferrari, dunque non potevano essere loro un riferimento adeguato su cui studiare nuovi modelli. In breve, per me si doveva tornare a correre anche in altri campionati che non fossero la F1”.

Come rispose Ferrari? “Mi disse di procedere con il progetto da cui poi derivare la GTO Evoluzione. Studiammo due motori, uno siglato CR per i Rallye, con 450 CV circa e uno, CK, per la pista con 650 CV. Ma l’abolizione del Gr. B nel 1986 bloccò il progetto, quando la macchina era pronta”.

Però sfruttaste quell’esperienza per l’F40? “Si, che avrebbe dovuto chiamarsi ‘3000 Le Mans’, poi un giornalista suggerì a Ferrari che sarebbe stata presentata nel 40° anno della Ferrari, così cambiò nome. In pratica la F40 è la GTO Evoluzione leggermente rivista esteticamente, e con un’ala posteriore senza limiti regolamentari”. Che ruolo ebbe Michelotto in questo progetto? “Mi rivolsi a lui per montare la Evoluzione, perché a Maranello serviva spazio per montare le nuove 328”. Perché se ne andò dalla Ferrari? “Me ne andai, a fine 1987, perché tornato dalle ferie trovai un direttore tecnico mandato da Fiat, dopo che Enzo Ferrari aveva promesso a me quel ruolo. Un ingegnere che arrivava dalla Carraro Trattori”.

SCHEDA TECNICA FERRARI 288 GTO

Motore 8 cilindri a V di 90° Alesaggio 80 mm Corsa 71 mm Cilindrata 2.855 cc Rapporto di compressione 7,6:1 Potenza 400 CV a 7.000 giri Coppia 50,6 kgm a 3.800 giri Distribuzione bialbero a camme in testa, 4 valvole per cilindro Alimentazione e accensione integrate elettroniche Weber-Marelli I.A.W., sovralimentazione con due turbocompressori e intercooler (pressione sovralimentazione 0,8 bar) Lubrificazione forzata, filtro olio sul circuito principale Raffreddamento ad acqua Trasmissione Motore centrale longitudinale, trazione posteriore Frizione bidisco a secco Cambio a 5 marce più RM Coppia conica ipoide Differenziale autobloccante in blocco con il cambio Pneumatici GoodYear, anteriori 255/55 VR16, posteriori 265/55 VR16 Cerchi componibili in lega di alluminio, anteriori 8x16”, posteriore 10x16” Corpo vettura Coupé due porte, due posti Telaio tubolare Sospensioni a ruote indipendenti, quadrilateri trasversali, molle elicoidali, ammortizzatori idraulici, barre antirollio Freni a disco ventilato sulle quattro ruote, doppio circuito, servofreno a depressione Sterzo a cremagliera Dimensioni (in mm) e peso Passo 2.450 Carreggiata anteriore 1.559 Carreggiata posteriore 1.562 Lunghezza 4.290 Larghezza 1.910 Altezza 1.120 Peso a secco 1.160 kg Prestazioni Velocità massima 305 km/h Accelerazione 0-100 km/h 4,9” Accelerazione 0-1.000 m 21,8” Rapporto peso/potenza 2,9 kg/Cv

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