Fiat barchetta vs Mazda MX-5: l'università della guida

Due spider brillanti, dei favolosi anni '90: più motorizzata la barchetta, più equilibrata e “all’inglese” la MX-5. Validissime entrambe ancor oggi, ma la giapponese è più ricercata, quindi vale di più

Oggi sembrerebbe la cosa più naturale del mondo mettere a confronto queste due spiderine: si rivolgono infatti allo stesso pubblico. Ma si potrebbe anche dire che una sia la figlia dell’altra, anche se le loro casate non potrebbero essere più lontane e le date dei loro debutti siano sfalsate di soli sei anni. Affermiamo questo perché non siamo sicuri che, qualora lo strepitoso successo della Mazda MX-5 non avesse avuto luogo, alla Fiat sarebbe venuto in mente di impostare una macchina come la barchetta per intervenire in una nicchia di mercato abbandonata da anni e numericamente ridotta.

Giapponese o made in England?

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La Mazda MX-5 appare nel febbraio 1989 al Salone di Chicago, una mostra di non grande spicco ma che aveva il pregio di essere negli USA: la terra dove l’auto era stata concepita, a partire dal 1983, presso il centro Advanced Design and Engineering della Mazda con sede ad Irvine in California, il posto ideale per godersi qualsiasi auto scoperta. Ispiratore del progetto fu un certo Robert (Bob) Hall, giornalista americano dell’auto, che fu poi nominato suo responsabile dalla dirigenza della Casa nipponica. Egli non fu un innovatore ma semplicemente un grande appassionato di buon senso: per rendersene conto basta pensare che, per far bene intendere ai progettisti il tipo di auto che desiderava, fece portare nei locali del citato Centro una Lotus Elan prima serie R26 ed una Triumph Spitfire. Fu chiaro subito, quindi, che trazione posteriore, semplicità e leggerezza sarebbero state le caratteristiche irrinunciabili della nuova spider. Basta guardarla però, la MX-5, per capire che la Triumph contribuì poco o nulla alla sua creazione poiché i centri stile Mazda californiano e giapponese, che lavorarono in sinergia, si ispirarono quasi interamente alla creatura di Colin Chapman, partendo dai fari a scomparsa per finire con l’aspetto esteriore del motore. Meccanicamente però le analogie sono, se possibile ancora più spinte: motore quattro cilindri bialbero da 1,6 litri, sospensioni a quattro ruote indipendenti con bracci trasversali, quattro freni a disco le accomunano strettamente.

Niente telaio, ma…

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Dove invece i ventisette anni di differenza fanno sentire il loro peso (400 kg aggiuntivi, tra l’altro) è nella testata a sedici valvole anziché otto, nel cambio a cinque marce anziché quattro, nei freni anteriori autoventilati, nello sterzo servo assistito e nella costruzione a scocca portante della giapponesina contro il telaio a trave centrale. Per la verità i tecnici della Mazda si resero presto conto della bontà di tale struttura e predisposero qualcosa di simile collegando i due telaietti che sopportano le sospensioni con una robusta struttura in acciaio, denominata Power Plant Frame, che corre parallela sulla destra dell’albero di trasmissione scimmiottando appunto la trave Lotus. Alla fine la Mazda MX-5 risultò sufficientemente leggera da fornire prestazioni più che adeguate già nella versione originaria da 116 CV che finalmente fu importata in Italia dal 1990. Nel 1994, prima della dismissione della prima serie NA, fu offerto in opzione un motore da 1,8 litri e 131 CV accanto alla 1.6 nel frattempo depotenziata a 90 CV. Si tratta in ogni caso di un’auto dalla guida piacevolissima e portatrice di alcune prerogative degne di nota: la capote di straordinaria maneggevolezza (si può aprire e chiudere con una sola mano senza scendere dal posto di guida), il cambio di una precisione incredibile ed una qualità costruttiva generale da fare invidia alle tanto celebrate auto germaniche.

Mazda offrì poi una serie infinita di serie speciali: quella nelle foto è una “Montego Blue” del 1996 caratterizzata da interni più lussuosi e rivestiti, dalla capote beige e da una verniciatura micalizzata blu. La prima serie NA della Mazda MX-5 (o Eunos Miata come si fece conoscere negli USA) rimase in produzione fino al 1997 quando, al Salone di Tokio, apparve la sua sostituta NB senza fari a scomparsa; fu lei che, dopo poco, tagliò il traguardo del mezzo milione di esemplari costruiti, strappando il primato della più prolifica spider della storia alla MG B.

Stile anni '50 e motore corposo

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Fu questa inaspettata performance che spinse la Fiat a studiare, partendo dalla base della Punto, una spider da contrapporle: nacque così, dal lavoro congiunto degli ingegneri Domenico Bagnasco (responsabile di questo progetto 183) e Bruno Cena (direttore della sperimentazione), la “barchetta” che incontrò il pubblico al Salone di Ginevra del 1995. Verniciata nello strepitoso Arancio 570, evidenziò come meglio non si poteva le proprie linee seducenti ispirate, come il nome, alle barchette Ferrari Touring dei primi anni ‘50; estremamente evocativa, al riguardo, la modanatura sulla fiancata.

Il lavoro di Andreas Zapatinas, stilista ellenico di indubbio talento, apparve quindi in grado di conquistare già al primo sguardo i potenziali clienti; il resto lo fecero i tanti dettagli suggestivi come le maniglie delle porte anni ‘50, le parti in plastica in colore vettura distribuite sulla plancia e sui pannelli porta ed il pregevolissimo design della fanaleria e dei cerchi in lega leggera. Meccanicamente si presentava meno raffinata della Mazda: l’avantreno McPherson ed i bracci longitudinali posteriori poco potevano, almeno in teoria, contro le sospensioni “simil Lotus” della Mazda. Trasferendosi, però, dalla cartella stampa alla strada ci si rendeva subito conto che gli ingegneri nostrani riuscirono ancora una volta ad imbandire un pranzo di nozze, non diciamo con i fichi secchi, ma certamente con ingredienti molto caserecci. La macchina infatti è velocissima e divertentissima, in questo certamente aiutata dallo straordinario motore 1,8 litri bialbero a 16 valvole che la equipaggia. Conosciuto come “Pratola Serra”, dallo stabilimento in cui veniva costruito: con 4 valvole per cilindro e variatore di fase in aspirazione, sviluppa 130 CV e la robusta coppia massima di 16,7 kgm a 4.300 giri.

Bellissima e volubile

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In casa Fiat non sono però solo rose poiché la barchetta, spinta al limite, cambia atteggiamento e tiene a distanza con comportamenti che diventano impegnativi: il combinato disposto di trazione anteriore, passo corto, sospensioni “basiche” e grande energia può portare a situazioni di grande soddisfazione per i guidatori esperti ma poco gestibili dai guidatori “normali”. La prima serie della Fiat barchetta, quella che rimane bellissima nonostante nel 2000 gli spunti una brutta protuberanza sul bagagliaio per alloggiare il terzo stop, rimane in produzione fino a tutto il 2002; il restyling che seguì non fu ben gestito. Sono state realizzate diverse serie speciali che hanno caratterizzato la carriera di questo modello: particolarmente riuscite le Limited Edition del 1998, le Riviera del 2000 e le Naxos del 2002.

Equilibrio vs spinta

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Su strada, la Mazda è una libellula con un motorino (il 1.6) avido di giri ed un cambio che porta ad azionarlo anche a casaccio pur di assaporarne precisione e silenziosità. La trazione posteriore, pur non dovendo confrontarsi con potenze mozzafiato, è sempre una mano santa quando si guida velocemente sul misto in quanto l’auto è sempre perfettamente equilibrata. Degna di nota la qualità costruttiva di auto e capote. Prevedibilmente ottimi ed instancabili i freni.

Sulla barchetta ci si confronta con una situazione del tutto diversa: il motore spinge come un toro e se ciò provoca un largo sorriso nella stragrande maggioranza del tempo che si passa al volante, a volte, come accennato, ci si può trovare in difficoltà; seppellire l’acceleratore su di una strada sconnessa a schiena d’asino può portare a reazioni alle sterzo non immediatamente gestibili. Consigliabile anche sfruttare quest’auto non al 100% godendosi la souplesse di marcia che il suo generoso motore sa offrire ed il comfort generale dell’auto, superiore a quello che ci si potrebbe aspettare. Entrambe queste spider hanno una linea molto piacevole e ispirata al passato, ma con una grossa differenza: la barchetta è frutto di un insieme di richiami, mentre la MX-5 si rifà alla tradizione britannica, interpretata in chiave moderna, forse un filo anonima ma sicuramente piacevole. Nella Fiat (che era costruita presso la Maggiore, come ricorda la scritta in alto, il corpo vettura è evidentemente ispirato alla Ferrari 166 MM di Touring, le luci posteriori sono separate come su alcune sportive americane anni Sessanta e le maniglie a pulsante si trovano su moltissime auto europee dello stesso periodo.

SCHEDE TECNICHE

Fiat barchetta

Motore Tipo 183 A1.000 4 cilindri in linea Alesaggio 82 mm Corsa 82,7 mm Cilindrata 1.747 cc Rapporto di compressione 10,3:1 Potenza 130 CV a 6.300 giri Coppia 16,7 kgm a 4.300 giri Distribuzione a doppio albero a camme in testa (cinghia), 16 valvole, variatore di fase in aspirazione Alimentazione iniezione elettronica Lubrificazione forzata carter umido Capacità carter olio 4,1 litri Raffreddamento ad acqua Impianto elettrico 12V Alternatore 65 A Batteria 50 Ah Trasmissione Motore anteriore trasversale Trazione anteriore Frizione monodisco a secco comando meccanico Cambio manuale a cinque rapporti rapporti del cambio I 3,91 II 2,24 III 1,52 IV 1,16 V 0,95 RM 3,91 Rapporto al ponte 3,56 Pneumatici 195/55-15 Cerchi in lega leggera 6,5Jx15 Corpo vettura Carrozzeria portante spider due posti Sospensioni anteriori Mc Pherson, molle elicoidali, barra stabilizzatrice Sospensioni posteriori a ruote indipendenti, bracci longitudinali, molle elicoidali, barra stabilizzatrice Freni a disco sulle quattro ruote Sterzo a cremagliera con servocomando Capacità serbatoio 50 litri Dimensioni (in mm) e peso Passo 2.275 Carreggiate ant e post 1.410 Lunghezza 3.920 Larghezza 1.640 Altezza 1.270 Peso a vuoto 1.060 kg Prestazioni Velocità massima 200 km/h Accelerazione 0-100 km/h 8 sec

Mazda MX-5 1.6 (versione 1994)

Motore Tipo B61P 4 cilindri in linea Alesaggio 78 mm Corsa 83,6 mm Cilindrata 1.598 cc Rapporto di compressione 9,4:1 Potenza 116 (90) CV a 6.500 (6.000) giri Coppia 13,8 (12,9) kgm a 5.500 (4.000) giri Distribuzione doppio albero a camme in testa (catena), 16 valvole Alimentazione iniezione elettronica Bosch L-Jetronic Lubrificazione forzata carter umido Capacità carter olio 3,6 litri Raffreddamento ad acqua Impianto elettrico a 12V Alternatore 60 A Batteria 65 Ah Trasmissione Motore anteriore longitudinale Trazione posteriore Frizione monodisco a secco comando idraulico Cambio manuale a 5 marce Rapporti I 3,14 II 1,89 III 1,33 IV 1; V 0,81 RM 3,76 Rapporto al ponte 4,3 Pneumatici 185/60-14 Cerchi in lega leggera 5,5Jx14 Corpo vettura Carrozzeria portante spider due posti Sospensioni anteriori e posteriori a ruote indipendenti, bracci trasversali, molle elicoidali, barra stabilizzatrice Freni a disco sulle quattro ruote Sterzo a cremagliera con servocomando Capacità serbatoio 45 litri Dimensioni (in mm) e peso Passo 2.266 Carreggiate ant / post 1.410 / 1.430 Lunghezza 3.950 Larghezza 1.676 Altezza 1.224 Peso in ordine di marcia 960 kg Prestazioni Velocità massima 185 (175) km/h Accelerazione 0-100 km/h 9 sec

L'articolo completo su Automobilismo d'epoca 9/2021

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