06 February 2023

Intervista Gianfranco Cunico

Gianfranco Cunico ha un record di 72 vittorie assolute, di cui una sola iridata. Tre volte campione italiano, non è mai riuscito a disputare un mondiale per intero: “All’epoca non mi vollero in Fiat” ...

Gianfranco Cunico, classe 1957, è stato uno dei piloti più veloci della sua generazione. Forse il più veloce, tra gli italiani; di sicuro il più longevo: ha debuttato nel 1977 e ha smesso nel 2012, dopo trentacinque anni di gare.

È soddisfatto della sua carriera?

Sicuramente, ho vinto tre campionati italiani e un International Rally Cup, con 72 vittorie assolute.

Di queste però una soltanto mondiale, e non ha avuto spesso l’occasione di gareggiare in Rallye iridati: come mai?

Beh, quando ero giovane non ho avuto la possibilità di correre con il Gruppo Fiat, decisero che non dovessi essere un loro pilota. E a quel punto tutto si complicò in partenza: da italiano, se non correvi con Fiat all’epoca non avevi molte speranze. Nel 1983 finii secondo nel Campionato italiano dietro Biasion. Correvamo con la stessa auto, la Lancia Delta 037: lui quella della Casa, io con la Scuderia Grifone. Vinsi quattro gare contro le tre di Miki, ma le sue avevano un coefficiente superiore e così arrivai secondo per cinque punti soltanto.

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Ha disputato quasi 200 gare con Lancia, Ford, Subaru, Renault, Mitsubishi e l’A112 Abarth del trofeo: ce n’è una preferita?

Hai dimenticato la Skoda R5, che ho collaudato fino a tre anni fa! Ogni periodo ha le sue auto, è difficile tirarne fuori qualcuna dal mazzo. Con quasi tutte sono riuscito a vincere, forse questa è la più grande soddisfazione. Oltre ai collaudi con la Skoda appunto, che abbiamo portato a una bella competitività. Queste R5 di oggi (una via di mezzo tra Gr. A e Gr. N, ndr) vanno più forte delle WRC di pochi anni fa. E d’altra parte quando torni sulle auto d’epoca ti rendi conto di quanto fossero faticose. Qui al Legend nelle speciali notturne per la prima volta mi sono sentito in difficoltà. Gli anni passano…

Come vede il futuro dei Rally? La formula spettacolo come quella del Legend potrebbe rappresentare una possibilità?

Questo è un tema interessante. Ne parlavo proprio pochi giorni fa con Massimo Nalli, il presidente di Suzuki Italia, e dicevamo che siamo all’ultima generazione che vede i Rallye come li conosciamo oggi. Ma è difficile prevedere come evolveranno. Potrebbero anche assomigliare più al Rallycross, chissà…

Non ha mai pensato di dedicarti ai Raid africani, come hanno fatto molti tuoi colleghi?

No, niente Africa, ma forse avrei dovuto, è una specialità che ti allunga la carriera.

Ai suoi tempi i Rallye erano diversi rispetto a ora, più lunghi, si correva anche di notte e spesso su fondi misti, anche nei campionati nazionali. Lei preferiva la terra o l’asfalto?

Io mi sono sempre considerato un “terraiolo”, contrariamente a quanto si diceva all’epoca quando si ritenevano gli italiani piloti da asfalto. Secondo me questa era soltanto una diceria, alla fine chi va forte in assoluto è forte su tutti i terreni. Ovviamente l’allenamento può aiutare.

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