Cessata l’attività nel mondo dei GP, Carcano si diede da fare per cercare nuove vie tecniche e industriali che potessero dare slancio commerciale alla Moto Guzzi. Si concentrò allora sul progetto di due motori a V frontale a 90°, disegnati a partire dal 1958. Uno era destinato ad essere provato su una Fiat 500 di proprietà dello stesso Carcano, il secondo per il “mulo meccanico” destinato all’esercito e denominato 3x3. I primi esperimenti erano stati realizzati munendo il mezzo militare chiamato a sostituire i muli in carne e ossa con un monocilindrico da 500 cc derivato dall’Ercole, motocarro da trasporto, ma le necessità dello straordinario mezzo alpino erano ben altre. Il motore doveva essere più flessibile e adeguato a traini decisamente pesanti su terreni difficili.
La prima fase costruttiva del “mulo meccanico”, compreso il motore, era stata avviata nel 1955 sotto la guida dell’ing.Antonio Micucci, altro nome importante della Moto Guzzi. Il compito di seguire lo sviluppo del 3x3 venne affidato poco dopo all’ing. Teodoro Soldavini.
Dopo un primo esperimento documentato da fotografie ancora esistenti di un 3x3 munito del monocilindrico dell’Ercole 500, il motore destinato a questo mezzo fu il primo bicilindrico frontale con V di 90° nella storia della Moto Guzzi. Di questa progettazione esistono oggi solo i disegni in tavole di piccolo formato. Il motore venne declinato in due versioni con diverse potenze: uno per il “mulo meccanico” e il secondo con destinazione sperimentale sull’auto di Carcano. Il Presidente della Guzzi Enrico Parodi era piuttosto incline alla sperimentazione e anche Carlo Guzzi non si oppose allo studio di fattibilità dei nuovi motori, anche se l’architettura non apparteneva alla storia di Mandello. Dei due motori iniziali restano poche tracce negli archivi della Moto Guzzi: della prima versione da 500 cc del V a 90° con alesaggio e corsa da 66x73 mm (449,5 cc) esistono uno studio di massima eseguito da Enrico Cantoni, pochi disegni di particolari e il prototipo provato sull’auto. Il motore è conservato nel magazzino del museo Moto Guzzi e sarà esposto in futuro con altri prototipi, si ipotizza sino all’ultima versione V2. Singolare è la denominazione che era stata scelta, ossia RLR, che stava per Roma-Liegi-Roma, attribuita a questo primo motore che non era certo destinato a partecipare alla corsa automobilistica per vetture turismo. Il nome forse venne scelto per non lasciare intuire che lo scopo finale era quello di esaminare con la Fiat l’ipotesi di montarlo su una versione speciale della Nuova 500, iniziativa del tutto estranea alla Casa torinese. Il bicilindrico realizzato alla fine degli anni Cinquanta come prototipo fu così montato sulla Nuova 500 di Carcano che utilizzava per spostarsi da casa alla fabbrica. Si trattava di un motore con carter di tipo automobilistico, distribuzione con asse a camme unico centrale comandato a catena e teste a tetto con valvole parallele inclinate di 12° sulla verticale. L’albero a gomiti e le bielle erano su bronzine, la lubrificazione affidata una pompa dell’olio posta frontalmente sotto l’albero motore, comandato da una coppia di ingranaggi. La coppa dell’olio era in lega leggera per dissipare il calore ed era corta e larga, imbullonata sotto il carter motore. La ventilazione forzata si avvaleva della ventola assiale all’albero motore con convogliatore in lamiera che indirizzava il flusso di aria su cilindri e teste. La dinamo era posta superiormente al motore, comandata da una cinghia trapezoidale, mentre l’accensione era a spinterogeno ed era affidata a due ruttori il cui accesso appariva quasi impossibile, coperti da uno dei supporti motore. Volano, frizione e cambio erano quelli della Fiat 500.