PRIMO RESTYLING NEL 1965, PIÙ POTENZA DAL 1969
Per lo stile della nuova ammiraglia seguì immediatamente il lavoro dello stilista Pietro Frua, con il risultato eccellente che si vide ai saloni dell’auto del 1963. I notevoli volumi del padiglione e del corpo vettura apparvero ben innestati l’uno sull’altro, con un effetto finale di leggerezza e luminosità dovuto ai vetri con sezioni curve anche di lato, ai montanti sottili, ai finestrini alti, al parabrezza e al lunotto a doppia curvatura. Fra i motivi stilistici più originali (per l’epoca) c’erano i fendinebbia coordinati con gli indicatori di direzione, la linea a delta del montante posteriore e le creste sui parafanghi posteriori che evocavano due punte di un tridente. Il resto della composizione giocava su linee piane per dare il senso della solidità, su cromature ben distribuite per comunicare serena opulenza, su interni rivestiti con materiali pregiati per suggerire agiatezza e comfort. Il lusso era presente ovunque senza volgari ostentazioni, ma anche senza falsi pudori. Erano i segni di un’antica saggezza artigiana, ma i pulsanti degli alza cristalli e le bocchette del condizionatore d’aria, in una delle prime applicazioni di serie, erano i segni di una tecnologia del comfort nuova e al passo con i tempi, anzi molto avanti: “Abbiamo cercato di anticipare i desideri della clientela” disse l’ingegnar Alfieri presentando la vettura ai giornalisti. A dispetto delle dimensioni, la Quattroporte aveva prestazioni da vera sportiva. La stampa internazionale ne prese atto e la definì la più veloce berlina del mondo. Solo la stampa inglese si limitò a dire “fra le più veloci berline del mondo”, sottintendendo che dalle loro parti anche la Lagonda si dava da fare per costruire “la berlina più sportiva del mondo”. Col senno di poi (55 Lagonda Rapide in quattro anni contro 770 Quattroporte in sette), la superiorità del Tridente sulla berlina con la doppia ala, che costava tre volte tanto, appare schiacciante sia per numeri, sia per continuità nel tempo. Per obiettività, bisogna però osservare che la Rapide rimase invariata nel periodo della produzione, mentre la Maserati nel 1965 beneficiò di modifiche che la resero più gradita ai clienti. Quella più sostanziale fu il ponte posteriore rigido con balestre in luogo del ponte de Dion, che aveva un comportamento più sportivo ma più rumoroso e “ruvido” nel molleggio. Curiosamente i freni posteriori rimasero entrobordo anche con la nuova soluzione. Dal punto di vista estetico, la Quattroporte del 1965 si distinse per i quattro fari tondi in luogo dei due rettangolari e per l’esecuzione più matura, grazie alla razionalizzazione produttiva. Nel bel mondo la Quattroporte diventò l’automobile che “bisognava” avere, con il vantaggio di non essere né inglese né americana né tedesca: cioè di non apparire decadente, volgare o scontata. Nel 1969 l’ingegner Alfieri accontentò i clienti mai sazi di potenza deliberando la versione di 4.700 cc con 290 Cv. Ma solo l’anno dopo la buona stella della Quattroporte sarebbe tramontata improvvisamente perché la Citroën, proprietaria del marchio dal 1968, decise di sopprimerla per spianare la strada alla Indy, spaziosa coupé a quattro posti, che rinnegò il concetto formale della berlina per agganciarsi alla corrente stilistica lanciata dalla fortunata “due posti secchi” Ghibli. Poco dopo, la crisi energetica avrebbe spinto la Maserati, ancora nell’orbita della Citroën, a riprogettare la Quattroporte II col “piccolo” V6 Tipo 114 che equipaggiava la Citroën SM, la Maserati Merak e la Ligier JS2. L’influenza francese sulla Quattroporte II era fin troppo evidente nella trazione anteriore e nelle sospensioni idro-pneumatiche: due soluzioni troppo estranee alla tradizione della Casa di Modena, alla quale nessuno riconobbe di essere una vera Maserati. Ciò ne pregiudicò il successo, impedito inoltre dal ritiro della Citroën dalla proprietà della Maserati e dall’abbandono del progetto ancora prima dell’ottenimento dell’omologazione CEE. Ecco perché le 13 vetture pre-serie costruite finirono in Paesi accomodanti, dai quali sono tornate in Europa solo recentemente, omologate come auto storiche. Il ritiro della Citroën portò la Maserati a vivere un pericoloso periodo di stallo, da cui sarebbe uscita l’otto di agosto del 1975 con l’intervento della GEPI e di Alejandro de Tomaso. Un anno dopo lo sforzo del rilancio si concretò nella Quattroporte III, che riprese il motore V8 e la trazione posteriore. Fra le principali novità meccaniche rispetto al passato c’erano il cambio automatico di serie (a richiesta rimaneva un cinque marce manuale), le sospensioni posteriori a ruote indipendenti, lo sterzo a cremagliera servoassistito e l’accensione elettronica. Mentre il motore riprendeva l’apprezzato schema del Tipo 107, la linea era tutta nuova. Era opera di Giorgio Giugiaro, al quale la Casa aveva richiesto un progetto realizzabile con attrezzature poco costose. Al grande stilista bastarono tre linee: quella di cintura, lo sguscio a mezza altezza e la nervatura sotto le porte, per definire la fiancata “bloccandone” orizzontalmente la cospicua massa. Disegnò i finestrini come trapezi e al padiglione adattò il suo stilema dei montanti larghi, come nella Volkswagen Golf nel 1974 e nella Lancia Delta del 1979, per conferire riservatezza ai posti dietro. In definitiva, il lavoro che più impegnò il designer fu la ricerca dei rapporti più giusti fra le masse, per conferire all’insieme un aspetto importante ed allo steso tempo sportivo. Il risultato della ricerca è visibile nel massiccio volume del muso con paraurti alto e in quello del baule, leggermente rialzato rispetto alla linea di cintura per dare slancio alla coda. Purtroppo la ricerca dell’economia costruttiva portò qualche incongruenza nei fari anteriori e nelle maniglie, presi da auto di gran serie, perché costava troppo costruirli apposta. La Quattroporte III esprimeva il meglio del proprio stile nell’abitacolo, dominato da pelli e legni lavorati con un’artigianalità tutta italiana che non aveva nulla da invidiare a quella inglese e che crea va un’atmosfera calda .La tecnologia del comfort introdotta dalla Maserati nel 1963 con i vetri elettrici e il condizionatore dell’aria fece un altro passo avanti nella Quattroporte III con i sedili (tutti) regolabili elettricamente in altezza, lunghezza e inclinazione, con i retrovisori regolabili dall’interno, la chiusura centralizzata e il condizionamento separato per i posti dietro, con ripetizione dei comandi sulla console davanti ai passeggeri.