FERRARI F40, L’EREDITÀ DEL DRAKE

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FERRARI F40, L’EREDITÀ DEL DRAKE19 Immagini24/02/2016Invia emailStampa articoloIl tuo nome:La tua email:L’email del destinatario:È una specie di testamento del Drake: 478 Cv, 1.100 kg, niente elettronica, telaio da F1. Alcuni clienti di Maranello non la capirono, ma alla fine ne furono prodotte ben 1.300. Ha gareggiato per molti anni, anche se i risultati…Pagina 1PESOSU STRADAD’altra parte, la meccanica era allo stato dell’arte.Partendo dall’otto cilindri, già sviluppato in chiave turbo per la GTO, secondo la moda dell’epoca (il 1988 sarebbe stato l’ultimo anno dei motori sovralimentati in F1, dopo dodici anni), i tecnici Ferrari erano intervenuti ottimizzando ed esasperando le componenti: due turbine, una per bancata, ognuna con intercooler, alimentavano tramite teste bialbero a 32 valvole gli otto cilindri. Il risultato era la potenza, straordinaria, di 478 Cv, pari a 163 Cv/litro. Distribuiti su 1.100 kg, fanno 2,3 kg per ogni Cv. L’eccellente 599 dei giorni nostri, dopo vent’anni, si ferma a 2,7 kg/Cv. Facile, con queste cifre, comprendere l’inebriamento che dà la guida della F40, con una coppia brutale in grado di far pattinare le ruote per metri e metri (non c’è alcun controllo elettronico) e con una riserva di potenza che pare non finire mai. Altrettanto agevole comprendere anche come tutto questo fece schizzare, oltre alle quotazioni sul mercato, anche la produzione: doveva essere in serie limitata, totalizzò alla fine più di 1.300 esemplari.Tutti venduti subito ai quattro angoli della Terra.Le ragioni di questo successo non erano soltanto nella linea, o nelle prestazioni: la F40 era una specie di testamento materiale di Enzo Ferrari, sintesi del suo credo e del suo modo di concepire le automobili. Con il massimo che la tecnologia potesse offrire. Oltre a un motore sofisticato e ad una meccanica allo stato dell’arte, aspetto peraltro abbastanza comune a tutte le Ferrari, la F40 presentava importanti innovazioni nel telaio e nell’impiego di materiali leggeri e innovativi, quali kevlar e fibra di carbonio. Il telaio, in tubi di acciaio a traliccio con pannelli scatolati di rinforzo in materassino di kevlar e fibra di carbonio impregnati con resina epossidica, unisce leggerezza, rigidità e tecnologia da corsa. Anche la carrozzeria, formata da un sandwich di materiale composito imbottito con una struttura a nido d’ape in nomex, è studiata per fornire la massima leggerezza, ed è incollata al traliccio del telaio. Sterzo senza servocomando, cambio diretto e sospensioni con schema corsaiolo completano il pacchetto di questa straordinaria vettura da competizione omologata per uso stradale. Una supercar come non ne hanno più fatte, forse perché non ci sono più personaggi come quello che l’ha voluta.Pagina 1PESOSU STRADATutto su:f40ferrariferrari f40SocialIn edicola Automobilismo d’Epoca di Aprile 2016Ferruccio Lamborghini e la Miura protagonisti della copertina di questo mese: ricorrono i 100 anni della nascita del fondatore e cinquant’anni dell’automobile. E poi Bianchi, Abarth-Simca, Austin-Healey, la De Sanctis sport-prototipo e… una Fulvia coupé spider!Sfoglia il numeroAbbonatiRivista cartaceaAbbonati alla versione cartacea di Automobilismo d’Epoca!Rivista su tabletScarica la versione per tablet e leggi Automobilismo d’Epoca quando vuoi!Rivista per smartphoneScarica la versione per smartphone e leggi Automobilismo d’Epoca quando vuoi!

FERRARI F40, L’EREDITÀ DEL DRAKE19 Immagini24/02/2016Invia emailStampa articoloIl tuo nome:La tua email:L’email del destinatario:È una specie di testamento del Drake: 478 Cv, 1.100 kg, niente elettronica, telaio da F1. Alcuni clienti di Maranello non la capirono, ma alla fine ne furono prodotte ben 1.300. Ha gareggiato per molti anni, anche se i risultati…Pagina 1PESOSU STRADAD’altra parte, la meccanica era allo stato dell’arte.Partendo dall’otto cilindri, già sviluppato in chiave turbo per la GTO, secondo la moda dell’epoca (il 1988 sarebbe stato l’ultimo anno dei motori sovralimentati in F1, dopo dodici anni), i tecnici Ferrari erano intervenuti ottimizzando ed esasperando le componenti: due turbine, una per bancata, ognuna con intercooler, alimentavano tramite teste bialbero a 32 valvole gli otto cilindri. Il risultato era la potenza, straordinaria, di 478 Cv, pari a 163 Cv/litro. Distribuiti su 1.100 kg, fanno 2,3 kg per ogni Cv. L’eccellente 599 dei giorni nostri, dopo vent’anni, si ferma a 2,7 kg/Cv. Facile, con queste cifre, comprendere l’inebriamento che dà la guida della F40, con una coppia brutale in grado di far pattinare le ruote per metri e metri (non c’è alcun controllo elettronico) e con una riserva di potenza che pare non finire mai. Altrettanto agevole comprendere anche come tutto questo fece schizzare, oltre alle quotazioni sul mercato, anche la produzione: doveva essere in serie limitata, totalizzò alla fine più di 1.300 esemplari.Tutti venduti subito ai quattro angoli della Terra.Le ragioni di questo successo non erano soltanto nella linea, o nelle prestazioni: la F40 era una specie di testamento materiale di Enzo Ferrari, sintesi del suo credo e del suo modo di concepire le automobili. Con il massimo che la tecnologia potesse offrire. Oltre a un motore sofisticato e ad una meccanica allo stato dell’arte, aspetto peraltro abbastanza comune a tutte le Ferrari, la F40 presentava importanti innovazioni nel telaio e nell’impiego di materiali leggeri e innovativi, quali kevlar e fibra di carbonio. Il telaio, in tubi di acciaio a traliccio con pannelli scatolati di rinforzo in materassino di kevlar e fibra di carbonio impregnati con resina epossidica, unisce leggerezza, rigidità e tecnologia da corsa. Anche la carrozzeria, formata da un sandwich di materiale composito imbottito con una struttura a nido d’ape in nomex, è studiata per fornire la massima leggerezza, ed è incollata al traliccio del telaio. Sterzo senza servocomando, cambio diretto e sospensioni con schema corsaiolo completano il pacchetto di questa straordinaria vettura da competizione omologata per uso stradale. Una supercar come non ne hanno più fatte, forse perché non ci sono più personaggi come quello che l’ha voluta.Pagina 1PESOSU STRADATutto su:f40ferrariferrari f40

24/02/2016Invia emailStampa articoloIl tuo nome:La tua email:L’email del destinatario:È una specie di testamento del Drake: 478 Cv, 1.100 kg, niente elettronica, telaio da F1. Alcuni clienti di Maranello non la capirono, ma alla fine ne furono prodotte ben 1.300. Ha gareggiato per molti anni, anche se i risultati…

24/02/2016Invia emailStampa articoloIl tuo nome:La tua email:L’email del destinatario:

È una specie di testamento del Drake: 478 Cv, 1.100 kg, niente elettronica, telaio da F1. Alcuni clienti di Maranello non la capirono, ma alla fine ne furono prodotte ben 1.300. Ha gareggiato per molti anni, anche se i risultati…

D’altra parte, la meccanica era allo stato dell’arte.Partendo dall’otto cilindri, già sviluppato in chiave turbo per la GTO, secondo la moda dell’epoca (il 1988 sarebbe stato l’ultimo anno dei motori sovralimentati in F1, dopo dodici anni), i tecnici Ferrari erano intervenuti ottimizzando ed esasperando le componenti: due turbine, una per bancata, ognuna con intercooler, alimentavano tramite teste bialbero a 32 valvole gli otto cilindri. Il risultato era la potenza, straordinaria, di 478 Cv, pari a 163 Cv/litro. Distribuiti su 1.100 kg, fanno 2,3 kg per ogni Cv. L’eccellente 599 dei giorni nostri, dopo vent’anni, si ferma a 2,7 kg/Cv. Facile, con queste cifre, comprendere l’inebriamento che dà la guida della F40, con una coppia brutale in grado di far pattinare le ruote per metri e metri (non c’è alcun controllo elettronico) e con una riserva di potenza che pare non finire mai. Altrettanto agevole comprendere anche come tutto questo fece schizzare, oltre alle quotazioni sul mercato, anche la produzione: doveva essere in serie limitata, totalizzò alla fine più di 1.300 esemplari.Tutti venduti subito ai quattro angoli della Terra.Le ragioni di questo successo non erano soltanto nella linea, o nelle prestazioni: la F40 era una specie di testamento materiale di Enzo Ferrari, sintesi del suo credo e del suo modo di concepire le automobili. Con il massimo che la tecnologia potesse offrire. Oltre a un motore sofisticato e ad una meccanica allo stato dell’arte, aspetto peraltro abbastanza comune a tutte le Ferrari, la F40 presentava importanti innovazioni nel telaio e nell’impiego di materiali leggeri e innovativi, quali kevlar e fibra di carbonio. Il telaio, in tubi di acciaio a traliccio con pannelli scatolati di rinforzo in materassino di kevlar e fibra di carbonio impregnati con resina epossidica, unisce leggerezza, rigidità e tecnologia da corsa. Anche la carrozzeria, formata da un sandwich di materiale composito imbottito con una struttura a nido d’ape in nomex, è studiata per fornire la massima leggerezza, ed è incollata al traliccio del telaio. Sterzo senza servocomando, cambio diretto e sospensioni con schema corsaiolo completano il pacchetto di questa straordinaria vettura da competizione omologata per uso stradale. Una supercar come non ne hanno più fatte, forse perché non ci sono più personaggi come quello che l’ha voluta.Pagina 1PESOSU STRADATutto su:f40ferrariferrari f40

D’altra parte, la meccanica era allo stato dell’arte.Partendo dall’otto cilindri, già sviluppato in chiave turbo per la GTO, secondo la moda dell’epoca (il 1988 sarebbe stato l’ultimo anno dei motori sovralimentati in F1, dopo dodici anni), i tecnici Ferrari erano intervenuti ottimizzando ed esasperando le componenti: due turbine, una per bancata, ognuna con intercooler, alimentavano tramite teste bialbero a 32 valvole gli otto cilindri. Il risultato era la potenza, straordinaria, di 478 Cv, pari a 163 Cv/litro. Distribuiti su 1.100 kg, fanno 2,3 kg per ogni Cv. L’eccellente 599 dei giorni nostri, dopo vent’anni, si ferma a 2,7 kg/Cv. Facile, con queste cifre, comprendere l’inebriamento che dà la guida della F40, con una coppia brutale in grado di far pattinare le ruote per metri e metri (non c’è alcun controllo elettronico) e con una riserva di potenza che pare non finire mai. Altrettanto agevole comprendere anche come tutto questo fece schizzare, oltre alle quotazioni sul mercato, anche la produzione: doveva essere in serie limitata, totalizzò alla fine più di 1.300 esemplari.Tutti venduti subito ai quattro angoli della Terra.Le ragioni di questo successo non erano soltanto nella linea, o nelle prestazioni: la F40 era una specie di testamento materiale di Enzo Ferrari, sintesi del suo credo e del suo modo di concepire le automobili. Con il massimo che la tecnologia potesse offrire. Oltre a un motore sofisticato e ad una meccanica allo stato dell’arte, aspetto peraltro abbastanza comune a tutte le Ferrari, la F40 presentava importanti innovazioni nel telaio e nell’impiego di materiali leggeri e innovativi, quali kevlar e fibra di carbonio. Il telaio, in tubi di acciaio a traliccio con pannelli scatolati di rinforzo in materassino di kevlar e fibra di carbonio impregnati con resina epossidica, unisce leggerezza, rigidità e tecnologia da corsa. Anche la carrozzeria, formata da un sandwich di materiale composito imbottito con una struttura a nido d’ape in nomex, è studiata per fornire la massima leggerezza, ed è incollata al traliccio del telaio. Sterzo senza servocomando, cambio diretto e sospensioni con schema corsaiolo completano il pacchetto di questa straordinaria vettura da competizione omologata per uso stradale. Una supercar come non ne hanno più fatte, forse perché non ci sono più personaggi come quello che l’ha voluta.

D’altra parte, la meccanica era allo stato dell’arte.Partendo dall’otto cilindri, già sviluppato in chiave turbo per la GTO, secondo la moda dell’epoca (il 1988 sarebbe stato l’ultimo anno dei motori sovralimentati in F1, dopo dodici anni), i tecnici Ferrari erano intervenuti ottimizzando ed esasperando le componenti: due turbine, una per bancata, ognuna con intercooler, alimentavano tramite teste bialbero a 32 valvole gli otto cilindri. Il risultato era la potenza, straordinaria, di 478 Cv, pari a 163 Cv/litro. Distribuiti su 1.100 kg, fanno 2,3 kg per ogni Cv. L’eccellente 599 dei giorni nostri, dopo vent’anni, si ferma a 2,7 kg/Cv. Facile, con queste cifre, comprendere l’inebriamento che dà la guida della F40, con una coppia brutale in grado di far pattinare le ruote per metri e metri (non c’è alcun controllo elettronico) e con una riserva di potenza che pare non finire mai. Altrettanto agevole comprendere anche come tutto questo fece schizzare, oltre alle quotazioni sul mercato, anche la produzione: doveva essere in serie limitata, totalizzò alla fine più di 1.300 esemplari.Tutti venduti subito ai quattro angoli della Terra.Le ragioni di questo successo non erano soltanto nella linea, o nelle prestazioni: la F40 era una specie di testamento materiale di Enzo Ferrari, sintesi del suo credo e del suo modo di concepire le automobili. Con il massimo che la tecnologia potesse offrire. Oltre a un motore sofisticato e ad una meccanica allo stato dell’arte, aspetto peraltro abbastanza comune a tutte le Ferrari, la F40 presentava importanti innovazioni nel telaio e nell’impiego di materiali leggeri e innovativi, quali kevlar e fibra di carbonio. Il telaio, in tubi di acciaio a traliccio con pannelli scatolati di rinforzo in materassino di kevlar e fibra di carbonio impregnati con resina epossidica, unisce leggerezza, rigidità e tecnologia da corsa. Anche la carrozzeria, formata da un sandwich di materiale composito imbottito con una struttura a nido d’ape in nomex, è studiata per fornire la massima leggerezza, ed è incollata al traliccio del telaio. Sterzo senza servocomando, cambio diretto e sospensioni con schema corsaiolo completano il pacchetto di questa straordinaria vettura da competizione omologata per uso stradale. Una supercar come non ne hanno più fatte, forse perché non ci sono più personaggi come quello che l’ha voluta.

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