Peugeot 205 Rallye vs Renault 5 GT Turbo vs VW Golf GTI

Tre icone degli anni 80 abbastanza simili nell’impostazione, ma con tre caratteri molto diversi. Vi raccontiamo come vanno

Golf: la capostipite

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Sera tarda, musica anni ’80, scarico che fa le fusa in scalata e un vivido cruscotto digitale che all’epoca doveva farvi sentire come Michael Knight in Supercar. I quattro fari della GTI stanno fendendo il buio in cerca del prossimo punto di corda, con il corposo quattro cilindri che stressa le gomme ad ogni uscita di curva lasciando dietro sé solo benzina e decibel. Niente fronzoli, niente controlli elettronici o infotainment a distrarvi dalla guida: un tempo il necessario per emozionarsi erano semplicemente un volante, tre pedali e un pacchetto meccanico competente.

La Golf non sarà l’esempio di sportiva più raffinato del periodo, ma ha un grande, enorme merito: ha inventato la categoria delle hot hatch (due volumi pepate, ndr).

La “nostra” GTI Mk2 è di inizio 1987, una delle ultime pre-restyling con ancora il finestrino con deflettore, lo specchio arretrato e la griglia anteriore a sei listelli anziché cinque. Il motore 8 valvole ha un sacco di coppia, la guida è confortevole e composta e gli interni sono davvero ben fatti. Così, mentre passiamo da una marcia all’altra pensiamo: “Cosa potrebbe esserci di paragonabile, con cosa potremmo confrontare questa bella Golf sportiva?”.

Imbarazzo della scelta

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La risposta è piuttosto semplice, anche se molto articolata. Uno Turbo i.e. 1^ serie, 205 GTI 1.9, Corsa Gsi, Fiesta XR2, AX Sport, 5 GT Turbo, Clio 1.8 16v, Rover 114 GTI. Ma quanto erano belli gli anni Ottanta? Una lunga riflessione ci ha fatto decidere per due notevoli esponenti della categoria, due auto rimaste nel nostro cuore per il loro carattere esuberante e il loro coinvolgimento: Peugeot 205 Rallye 1.3 e Renault 5 GT Turbo. La 205 esisteva anche nelle versioni 1.6 GTI e 1.9 GTI, ma la Rallye (sviluppata insieme a Peugeot-Talbot Sport e presentata nel 1988) è la versione definitiva per chi vuole pensare solamente alla guida. Niente clima o radio di serie, via quasi tutto il materiale fonoassorbente, l’impianto elettrico è ridotto al minimo, i cerchi sono di semplice ferro bianco, non ci sono i fendinebbia o posacenere e la livrea riprende quella della mostruosa 205 T16. Il motore TU24 è un 1.3 con albero a camme dal profilo più aggressivo e una coppia di grossi carburatori Weber, per 103 CV su 794 kg che, insieme alle sospensioni affinate, assicurano un comportamento stradale fantastico.

Negli stessi anni la Renault 5 GT Turbo cercava di conquistare i medesimi “impallinati” di motori con una ricetta diversa: quattro cilindri sovralimentato 1.4 da 120 CV, erogazione “vecchia scuola”, look squadrato e agguerrito e una guida più muscoli e meno finezze; 850 kg di peso e la foga del turbo minavano la clientela delle “GTI” promettendo emozioni forti e una connessione non troppo velata al Motorsport. La VW punta dunque tutte le carte sulla completezza, Peugeot sul più puro e genuino divertimento alla guida e la Renault sul carattere ruvido e preciso. Ho il sospetto che ci divertiremo.

La compostezza della GTI

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Dato che l’idea è partita dalla Golf, per buona creanza galantemente le danze con lei, lasciandoci accogliere dagli interni vivaci e da quel famoso pomello del cambio che ricorda una pallina da golf. La solidità tedesca si nota subito: questa Golf ha percorso 254.000 km eppure il motore si avvia con mezzo giro di chiave e il minimo è regolare, idem gli interni che non hanno una singola lucina bruciata né problemi con la futuristica strumentazione. Il quadro digitale infatti è bellissimo, chiaro e intuitivo nel comunicarvi – già 34 anni fa – velocità media, consumo medio, temperatura di acqua e olio e benzina residua. Facciamo risalire fin quasi alla cima le barrette verdi del contagiri in partenza e in pochi chilometri restiamo colpiti dall’otto valvole tedesco. Il motore della Mk2 si presenta con una coppia impressionante e riprende senza indugi persino in quarta marcia; tra i 2.500 e i 4.500 avete già tutta la spinta che vi serve, senza bisogno di avvicinarvi al fondoscala. Il sound non è grossolano ed è godurioso specialmente in scalata eseguendo il punta tacco. Il cambio regge bene nonostante i tanti chilometri percorsi: sì, è un po’ “gommoso”, eppure riesce ancora a restituire una sensazione solida e “meccanica” attraverso la leva. I freni confermano la bontà tedesca con un pedale solido e una buona potenza, è l’impianto più efficace delle tre. Ciò che invece non ha retto la sfida del tempo – ma probabilmente anche da nuovo non era eccelso – è lo sterzo: la corona è troppo grossa, è impreciso e l’avantreno sottosterza davvero tanto. Nel complesso la GTI Mk2 è una vettura onesta e divertente, ci mettete del tempo ad affezionarvi a lei ma prima o poi accade.

Il soffio del turbo Renault

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Dopo la Golf saliamo sulla Supercinque, quella che conosciamo meno tra le tre: look arrogante con passaruota allargati, linee più tese e squadrate e decals laterali che a chiare lettere recano la scritta “Gt Turbo. Sprofondiamo in sedili molto infossati e contenitivi e subito ci accorgiamo della buffa seduta, con il volante leggermente disassato verso destra così come i pedali, che in più hanno freno e acceleratore (super reattivo) molto ravvicinati.

Ci aspettavamo la classica bombetta tutta turbo, foga e telaio di marzapane invece l’avantreno è preciso in inserimento, l’assetto ottimo e il retrotreno obbediente e raramente nervoso. Lo sterzo non assistito è un bel “macigno”, ma permette facili correzioni, le sospensioni (ancora le sue originali) lavorano bene, assorbendo le sconnessioni maggiori senza sforzi nonostante la ovvia rigidità di base e il cambio è la classica trasmissione che accetta tutto con benevolenza. Altra cosa che apprezziamo della 5 è il sound, molto vario con gorgoglii e sibili dalla turbina, educati sbuffi dalla pop-off e un grezzo brontolio in accelerazione, assai coinvolgente. Il motore turbocompresso però è a sorpresa fin troppo lineare nell’erogazione fino ai 4.500 giri, ottima notizia per la trazione in uscita di curva e un po’ meno per l’entusiasmo al volante anche se le prestazioni (contando gli 850 kg a secco) sono di tutto rispetto. Scendiamo dalla piccola Renault colpiti per motivi imprevisti: non la pensavamo così composta e agile in curva, mentre avremmo apprezzato un po’ più di “ruvidità vecchia scuola” dall’unico quattro cilindri turbo di questo test.

L'esuberanza della Rallye

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Ora manca solo la Peugeot, la hooligan del gruppo. Classe 1992 (questo esemplare), livrea ispirata alla T16, 794 kg di peso e un motore da 1,3 litri vorace di giri, oltre a tonnellate di carattere.

Che dire: la Rallye è un gioiello, uno di quelli da custodire con gelosia maniacale. Il quattro cilindri ha un sound fantastico tra aspirazione e scarico (qua leggermente modificati), è penetrante, acuto, criminoso e con una fame di giri tale che il limitatore a 7.300 giri gli va assolutamente stretto.

Ai bassi se la cava bene vista la massa ridicola, per poi infervorarsi passati i 5.000 giri, sfoderando prestazioni impressionanti per soli 103 CV. Il cambio è comandato da un’asta lunga e sottile, molto tattile, il tutto condito da una precisione esclusivamente meccanica. E non siete ancora arrivati al comportamento dinamico, la vera ciliegina sulla torta. La 205 tuttavia non è per animi deboli: il telaio è accurato e dannatamente comunicativo ma prevalentemente sovrasterzante, soprattutto se le gomme montate sono del… ehm, 2006. Rilasciate l’acceleratore sterzando e il muso chiuderà la traiettoria con il posteriore che allarga allegro, e se proprio volete esagerare basterà staccare in ingresso curva per illudere chi vi guarda che la 205 sia a trazione posteriore. I freni invece sono debolucci, mentre lo sterzo – penalizzato dalle gomme – non è affilato come dovrebbe essere, anche se ciò non influisce sulla bontà dell’avantreno.

A conti fatti, la Golf è la ragazza matura della compagnia, quella che cerca di fare tutto alla perfezione, e quasi ci riesce, sacrificando però l’eccitazione per la serietà; la 5 GT Turbo è impegnativa e fisica ma non quanto vorrebbe farvi credere, garantendovi parecchie emozioni sotto la scorza riservata; e infine c’è la ragazza anarchica, estroversa come poche, quella che se ne frega di tutto e pensa solo al divertimento. E se deve divertirsi, lo fa in grande stile.

Questa comparativa è un omaggio a tre compatte che mettevano – e mettono – al primo posto il coinvolgimento e il piacere di guida, senza marketing o false campagne politically correct pronte a sbiadirne il carattere. Una però spicca fra tutte: per quanto la 5 e la GTI siano fantastiche (e chiunque le possieda possa ritenersi fortunato) la 205 Rallye è davvero eccezionale, ed è proprio quella che vorremmo in garage.

Articolo pubblicato su Automobilismo d'epoca ottobre 2021

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