28 April 2015

Porsche 914, potenza per tutti

Nel 1966, alla vigilia di una stagione di importanti mutamenti sociali ed economici, anche due case automobilistiche apparentemente agli antipodi, Volkswagen e Porsche, unirono le loro esperienze per realizzare un’innovativa sportiva a basso costo

Porsche 914, potenza per tutti

Semplicemente bella o drammaticamente sgraziata? Coraggiosamente innovativa o inutilmente strana? Ci sono macchine che possono piacere o non piacere, ma che non lasciano indifferenti. E che, anche per questo, col trascorrere del tempo si assicurano un posto al sole sul vasto scenario delle auto da collezione. E’ il caso della Volkswagen-Porsche 914, inno all’originalità made in Germany datato fine anni 60 (anche se le sue linee tese e le superfici ampie e levigate la potrebbero collocare tranquillamente quasi un decennio più avanti). Estetica fuori dal coro, ma anche dal punto di vista meccanico la macchina presenta due soluzioni interessanti: il motore centrale e la scocca molto resistente alla torsione, nonostante il tetto asportabile, grazie alla presenza di un esteso roll-bar posto immediatamente alle spalle dell’abitacolo, con una soluzione che sarà di lì a poco ripresa da Nuccio Bertone per la Fiat X1-9. La linea della 914, insomma, ha fatto e farà ancora discutere gli appassionati, ma è perfettamente coerente con i canoni stilistici più avanzati della sua epoca ed è molto razionale. Ma vediamo come e perché nacque questo modello. Nel 1966, l’anno in cui fu siglato l’accordo tra le due Case automobilistiche, la Porsche aveva bisogno di sostituire la 356 nella fascia di cilindrata fra il litro e mezzo e i due litri, settore quest’ultimo in cui la 911 con il suo sei cilindri (e con le sue evoluzioni già in fase avanzata di progetto) si stava ormai già chiaramente affermando.

 

UN NUOVO PROGETTO PER RIMPIAZZARE LA PORSCHE 912

La Casa di Stoccarda aveva già provato ad abbinare il motore 1600 della 356 al corpo vettura della 911, dando vita alla 912 che però era troppo pesante rispetto alle prestazioni del propulsore e maledettamente costosa da costruire. La Volkswagen, invece, non vedeva l’ora di sostituire le coupé e spider Karmann-Ghia, costruite sul pianale del Maggiolino. Niente di meglio, quindi, che unire le forze per dare la stessa soluzione a un problema comune. Quando le due Case passarono alla fase operativa, venne buona la base di un progetto dello studio Gugelot per una Bmw mai realizzata, al quale il centro studi della Porsche aveva comunque dato il suo contributo. Ferma restando l’impostazione stilistica, tutto il resto cambiò attingendo al grande “supermarket” della componentistica Volkswagen e Porsche. La prima ci mise il boxer a 4 cilindri della 411, le sospensioni posteriori, molti accessori elettrici e la sua indiscutibile esperienza acquisita nei grandi numeri di produzione. La Porsche ci mise invece di suo il pianale, le sospensioni anteriori e lo sterzo derivati dalla 911, oltre naturalmente al motore boxer a sei cilindri e alla carica di “pepe” necessaria a rendere più attraente il robusto e affidabile, ma non proprio traboccante di grinta, propulsore a quattro cilindri della tranquilla berlina Volkswagen.

 

1973: LA CRISI DEL SETTIMO ANNO METTE FINE AL “MATRIMONIO”

L’idea di un simile modo di costruire una sportiva non era poi così strampalata: basta guardare l’accordo che, più o meno nello stesso periodo, sottoscrissero la Fiat e la Ferrari per dare vita alle Dino Gt e Spider. Le scocche delle 914 erano prodotte dalla Karmann, una sussidiaria della Volkswagen, che poi le allestiva nella versione a quattro cilindri per conto della Casa madre. La versione a sei cilindri (siglata 914/6) era invece montata direttamente dalla Porsche su scocche acquistate un prezzo di favore dalla Volkswagen. E proprio su questo punto l’accordo si deteriorò: nel 1973 il trattamento di favore cessò e la Porsche si trovò a pagare le scocche Karmann a un prezzo non più concorrenziale. Ecco perché la Casa di Stoccarda decise di cessare la produzione della versione a sei cilindri di due litri, che poi fu sostituita da una due litri con motore a quattro cilindri derivato da quello della Volkswagen 412. Ma poiché non c’è mai limite al peggio, la Volkswagen a un certo punto decise di ritirarsi del tutto dall’affare, lasciando sola la Porsche nel caso avesse voluto continuare. La casa di Stoccarda accettò. A quel punto la produzione passò totalmente alla Karmann con la supervisione della Porsche, che si occupò pure della distribuzione delle rinnovate 914/1.8 e 914/2.0 presso la propria rete commerciale.

 

Quando la 914 venne lanciata, nel 1969, la sua linea anticonvenzionale piacque subito, con i volumi insolitamente allargati, le superfici levigate appena mosse dalle increspature innescate dai lampeggiatori anteriori, il grosso roll-bar con il lunotto incassato, la coda pulitissima e il tetto che, una volta riposto nel baule, trasformava la carrozzeria da coupé a spider. Nel panorama delle sportive di costo magari non popolare, ma neppure da nababbi, era nato qualcosa di nuovo.

 

ROADSTER-COUPÉ, ANZI: SPIDER TARGA

Questa era la soluzione definita dalla Porsche come spider Targa, un nome toccato anche alla 911 a tetto apribile che presentava questo stesso escamotage studiato per accontentare tanto i puristi della coupé quanto gli irriducibili della guida a cielo aperto. Dovendo proprio fare una critica, lasciavano un po’ a desiderare (almeno per il palato esigente dell’epoca) alcuni particolari della finitura presi a prestito da modelli più economici: in special modo i cerchi d’acciaio della versione base, i pomelli, gli interruttori, le maniglie e i materiali dei rivestimenti interni. Se vogliamo era criticabile pure la formula “due posti secchi” che non lasciava spazio neppure per una borsa 24 ore. Ma questo era lo scotto da pagare per la straordinaria tenuta di strada consentita dal motore centrale, e poi c’erano due bagagliai che, almeno a tetto chiuso, assicuravano una capacità di trasporto più che apprezzabile per una vettura così sportiva.

 

UN CAMBIO A CINQUE MARCE A MISURA DI ESPERTO

Nella 914, in realtà, pochi erano gli aspetti che al pubblico piacquero poco. Tra questi, la scarsa manovrabilità della leva del cambio: alcuni l’attribuirono all’insolita posizione della scatola del cambio, posta dietro e non davanti al motore. Più probabilmente l’elasticità che si avvertiva era dovuta alla struttura della scatola stessa, molto simile a quella montata in altre sportive afflitte dallo stesso inconveniente. L’unico rimedio era una guida da esperti, strana contraddizione per una sportiva destinata a tutti. Per il resto, la guida della 914 era facile, piacevole e sicura a tutte le velocità. Beninteso, rimanendo nei limiti del consentito, perché superato il limite (per quanto elevato) la 914 richiedeva tanta sensibilità per capire in tempo che, insistendo ancora, sarebbe partita sulle quattro ruote rendendo qualunque correzione molto difficile. Una certa influenza sulla tenuta di strada l’avevano pure la qualità e la misura di cerchi e pneumatici.

 

CERCHI SPECIALI PRIMA MADE IN ITALY, POI PRODOTTI IN GERMANIA

A questo proposito, c’è una vera girandola di misure e di materiali. Sintetizzando al massimo: le 914 a quattro cilindri fino al 1973 hanno montato di serie cerchi d’acciaio da 4,5 x 15” o 5 x 15” (di serie sulla 1,8) con borchia cromata al centro con impresso lo stemma Volkswagen. A richiesta erano stati resi disponibili anche i cerchi in lega prodotti dalla italiana FPS (Fratelli Pedrini Sarezzo, nei pressi di Brescia); nello stesso periodo di tempo le 914/6 hanno montato cerchi da 5,5 x 15” o, a richiesta, 5,5 x 14” d’acciaio o di lega leggera, sempre prodotti dalla FPS (che all’epoca produceva ruote speciali anche per la Bmw). Nel 1974 le 4 cilindri adottarono cerchi d’acciaio di nuovo e più gradevole disegno, mentre fra i cerchi in lega leggera i Malhe con disegno a otto raggi, affiancati dai classici Fuchs a cinque razze forgiati, sostituirono gli FPS.

 

DESIGN INVARIATO FINO ALLA FINE DELLA PRODUZIONE

Lungo tutto l’arco della sua produzione, la Volkswagen Porsche 914 non ha mai subito modifiche ai lamierati e solo l’aggiornamento dei motori ha dato luogo ai vari modelli che compongono la serie. Restano varianti minori agli accessori e agli allestimenti, le cui modifiche sono materia di approfondimento per gli appassionati. Ma andiamo con ordine. Il primo aggiornamento ebbe luogo nell’autunno del 1970. Contemporaneamente all’adeguamento dell’impianto di iniezione della 914-1.7 per rispondere alle nuove norme anti-pollution americane, una bocchetta aggiunta al centro del cruscotto migliorò l’aerazione interna a tetto chiuso. Per la 1.7 rimase possibile scegliere fra Standard e Lusso (o altrimenti definita, a seconda del Paese di destinazione) con paraurti cromati, roll-bar rivestito in vinile, strumenti aggiuntivi e consolle centrale.

 

LA 914 A SEI CILINDRI ESCE DI SCENA ALLA FINE DEL 1972

Nell’agosto 1971, con la presentazione del model year ‘72, tutte le 914 guadagnarono una bocchetta di ventilazione in più (in tutto due ai lati del cruscotto) e il sedile del passeggero regolabile come quello del guidatore (prima era fisso e si regolava il poggiapiedi). Nell’autunno del 1972 cessò la produzione della 914/6, sostituita dalla 914/2.0 con motore sempre di 2 litri, ma questa volta a 4 cilindri, derivato da quello della Volkswagen 412 LE. Le 914/2.0 erano disponibili solo nelle note versioni Lusso (o Comfort) e Comfort Sport, queste ultime dotate di fari alogeni, ruote in lega leggera e barre stabilizzatrici. A partire dal model year ‘73 le scritte distintive dei vari modelli divennero di alluminio nero, anziché anodizzato in colore oro come prima. Nel settembre del 1973 (model year 74) la 914/1.8 sostituì la 914 1.7. Nell’occasione, il rivestimento in vinile del roll-bar venne esteso a tutti i modelli, che di serie montarono pure cerchi in acciaio riveduti e corretti nel loro disegno. A metà ’74 debuttò la serie speciale Jazzy. Gli ultimi aggiornamenti furono apportati nel settembre del 1974 con la presentazione del model year ‘75, dotato di paraurti più sottili (ad assorbimento di energia per le versioni Usa), fari antinebbia rettangolari, luci della targa posteriore ai lati e scritte identificative di plastica nera (adesive nei modelli per gli Stati Uniti). La carriera agonistica della VW/Porsche è stata breve, ma non avara di risultati. Nel 1970 una 914/6 schierata dall’importatore francese Sonauto e assistita dalla Casa si classificò sesta assoluta e prima fra le GT nella 24 Ore di Le Mans con i piloti francesi Guy Chasseuil e Claude Ballot-Léna. Nello stesso anno, il palmarès del modello si arricchì di un secondo posto nella 6 Ore di Watkins Glen e dei primi tre posti nella durissima Maratona della Strada, 86 ore sulla pista del Nürburgring.

 

UN BRILLANTE FUTURO AGONISTICO RIMASTO... DIETRO LE SPALLE

Nel gennaio del 1971 la 914/6 di Bjorn Waldegaard si classificò terza assoluta nel Rallye di Montecarlo. Ma, dopo quest’eccellente prestazione, sia la Volkswagen sia la Porsche iniziarono a disinteressarsi del futuro sportivo del modello. Una decisione che, con gli occhi di oggi, può apparire poco comprensibile, ma probabilmente motivata dalla convinzione (corretta o errata poco importa) che il prosieguo di un efficace sostegno all’attività agonistica della vettura avrebbe finito per avvantaggiare soprattutto l’altro partner. La Porsche 914/6 continuò in ogni modo a correre nei rally e in pista nelle mani dei piloti privati. In Italia l’interesse per il modello si accese dopo la vittoria della 914 Gt di Sepp Greger nella Trento-Bondone del 1971, valida per il Campionato Europeo della Montagna. Da allora parecchi piloti italiani (tra i quali meritano di esser ricordati Monticone, Migliarini, “Cam”, De Gregorio, Brancato, Zanini e Giordana) seguirono l’esempio di Greger sia nelle gare in salita sia nelle prove in pista, riportando diverse vittorie di classe. In ogni modo, il maggiore successo nello sport della 914/6 si registrò negli Stati Uniti, dove la macchina diventò la mattatrice della propria classe. Grazie anche all’interessamento di concessionari coscienti del fatto che ogni vittoria avrebbe contribuito a fare aumentare le vendite.

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