Fissano l’obbiettivo (qualcuno con aria truce), i semidei del volante: il tedesco Stuck che sembra Lawrence d’Arabia, gli italiani Varzi, Marinoni e Maserati, sotto gli occhi di un impettito Campari. Ma anche la tripletta della scuderia Fiat in un angolo di piazza Vittorio (oggi piazza Galimberti) fa la sua figura. O la squadra (piccola, ma sceltissima) dei meccanici e collaudatori. Nuvolari, il vincitore del 1930, è più nero e legnoso che mai e in uno degli scatti, praticamente inedito, è fermo davanti a un portone del Piemonte rurale. Intorno al palco c’è un tramestio di autorità, la Principessa di Savoia, il podestà con la tuba, una pletora di notabili e donne elegantissime. Ma le facce più interessanti, alcune da cinema, sono nel pubblico sorridente, tra i portici, la piazza e i picnic. Adriano Scoffone corre, non si sa come, al lago della Maddalena. E ancora più su. I visitatori della mostra potranno immaginarlo dall’alto del nostro tempo, interconnesso e viziato da Photoshop, mentre per strada riesce a catturare ancora una Bugatti ribaltata, e poi controsterzi, gli allunghi e i voli d’uccello, quasi avesse il drone. La musica è un altro elemento fondamentale del percorso di “Quei temerari delle strade bianche”; il “tappeto musicale”, di Marco Robino e degli Architorti, è diventato una suite tutta da ascoltare, una complessa partitura di undici minuti. Marco Robino ha lavorato molto con il regista Peter Greenaway, per il quale ha composto nel cinema, sul Cenacolo Vinciano e alla Venaria Reale. Ma ha composto in più occasioni anche con gli autori di questa mostra, a Villa Giulia a Roma, a Palazzo Pepoli a Bologna, al Museo Accorsi-Ometto di Torino e alla Castiglia di Saluzzo, per l’installazione “La scelta di Giulio”. Per la mostra di Adriano Scoffone, Robino ha creato un poema inebriante, che narra di motori, velocità, polvere e grandipaesaggi. L’esposizione è realizzata dal MAUTO - Museo Nazionale dell’Automobile e dalla Città di Cuneo, con il sostegno della Maison di orologeria svizzera Eberhard & Co.