Serenissima V8 Competizione
Per tradizione il Concorso d’Eleganza di Villa d’Este riporta alla luce pezzi
speciali. Spesso di tratta di esemplari unici, dei quali s’era persa memoria o
si credevano perduti: lo scorso anno l’ambiente fu sorpreso dal ritrovamento
dell’Alfa Romeo Giulia Canguro.
Introduzione
Per tradizione il Concorso d’Eleganza
di Villa d’Este riporta alla luce pezzi
speciali. Spesso di tratta di esemplari unici, dei quali s’era persa memoria
o
si credevano perduti: lo scorso anno l’ambiente fu sorpreso dal ritrovamento
dell’Alfa Romeo Giulia Canguro. La sorpresa di quest’anno è venuta dalla
Serenissima Jungla, una rara biposto Sport emersa dal più profondo oblio
dopo
40 anni.
Conoscere la storia di questa vettura equivale a ripercorrere la vicenda
produttiva del marchio del Leone di San Marco, attivo per soli sei anni,
dal
1964 al 1970. La sua storia aveva preso le mosse nel 1963, quando Enzo
Ferrari
si era rifiutato di consegnare una 250 GTO alla Scuderia Serenissima del
conte
Giovanni Volpi di Misurata per “punirlo” del suo coinvolgimento nella
costruzione della ATS (Automobili Turismo e Sport), una piccola factory
che
aveva debuttato con una monoposto di Formula 1 nel 1962 e in cui erano
confluiti parecchi illustri esuli di Maranello, a partire dall’ingegner
Carlo
Chiti, autore della monoposto 156 di F. 1 fresca vincitrice con il californiano
Phil Hill del titolo mondiale 1961, e dallo stesso pilota. Quella dell’ATS
non
fu esattamente un’avventura fortunata e il nobiluomo veneto abbandonò
ben
presto la compagnia, per fondare il proprio marchio automobilistico anche
nell’
intento, più o meno dichiarato, di creare un’alternativa (e una spina
nel
fianco) alla Ferrari: la Serenissima, appunto.
La 308/V
Alla fine del 1964 apparve il primo
prodotto della nuova impresa: la 308/V, una berlinetta con un motore
8V di 3.000 cc frazionato come i motori delle ATS. La
meccanica
era però stata realizzata dalla SaSaMotor di Modena su progetto dell’
ingegner
Alberto Massimino, che si era avvalso della collaborazione
dell’ingegner
Girolamo Ferrari Amorotti. La carrozzeria era stata costruita dalla modenese
GranSport di Vaccari e Baccarini su disegno dello stilista Francesco Salomone,
che aveva già lavorato per la Fiat e la Pininfarina.
Fra il dicembre del 1964 e il gennaio
del 1965 Luigi Bertocco, ex collaudatore della Ferrari, provò
ripetutamente
la 308/V sul circuito di Modena e dichiarò che l’obiettivo primario della
nuova berlinetta era la 24 Ore di Le Mans. Come la storia
racconta,
la vettura non avrebbe mai brillato a Le Mans, ma la Serenissima avrebbe
comunque fatto parlare di sé in maggio, in occasione del primo restyling
della berlinetta da parte della GranSport, e in luglio per la presentazione
della versione spider con carrozzeria curata da Medardo
Fantuzzi.
Il risultato estetico del nuovo frontale
di quest’ultima, con presa d’aria sdoppiata, fu così felice che poco
dopo anche la berlinetta adottò la stessa soluzione. La berlinetta così
aggiornata, ribattezzata Jungla, avrebbe dovuto debuttare al Salone dell’
Automobile
Sportiva di Torino il 26 febbraio del 1966: sotto le volte dell’
esposizione,
allora un appuntamento classico per le vetture sportive e da competizione,
arrivò invece solo la spider 358/V, ribattezzata per l’occasione Torpedo
dopo alcune modifiche di finitura alla carrozzeria spider-corsa eseguita
da Medardo Fantuzzi.
Alla
fine del 1964 apparve il primo prodotto della nuova impresa: la 308/V,
una berlinetta con un motore 8V di 3.000 cc frazionato come i motori delle
ATS. La meccanica era però stata realizzata dalla
SaSaMotor
di Modena su progetto dell’ingegner Alberto Massimino,
che
si era avvalso della collaborazione dell’ingegner Girolamo Ferrari
Amorotti.
La carrozzeria era stata costruita dalla modenese GranSport di Vaccari
e Baccarini su disegno dello stilista Francesco Salomone, che aveva già
lavorato per la Fiat e la Pininfarina.
Fra
il dicembre del 1964 e il gennaio del 1965 Luigi Bertocco, ex
collaudatore
della Ferrari, provò ripetutamente la 308/V sul circuito di Modena e
dichiarò
che l’obiettivo primario della nuova berlinetta era la 24 Ore di Le Mans.
Come la storia racconta, la vettura non avrebbe mai brillato
a Le Mans, ma la Serenissima avrebbe comunque fatto parlare di sé in
maggio,
in occasione del primo restyling della berlinetta da parte della GranSport,
e in luglio per la presentazione della versione spider con carrozzeria
curata da Medardo Fantuzzi.
Il
risultato estetico del nuovo frontale di quest’ultima, con presa
d’aria
sdoppiata, fu così felice che poco dopo anche la berlinetta
adottò la stessa
soluzione. La berlinetta così aggiornata, ribattezzata Jungla,
avrebbe
dovuto debuttare al Salone dell’Automobile Sportiva di Torino il 26
febbraio
del 1966: sotto le volte dell’esposizione, allora un
appuntamento
classico per le vetture sportive e da competizione, arrivò invece solo
la spider 358/V, ribattezzata per l’occasione Torpedo dopo alcune
modifiche
di finitura alla carrozzeria spider-corsa eseguita da Medardo Fantuzzi.
La "Jungla"
La Serenissima Jungla era stata pensata
per battere le Ferrari a Le Mans, ma corse solo la gara in
salita
Castione Baratti–Neviano Arduini, il 15 maggio 1966, con Luigi Bertocco
che ottenne il secondo posto di classe osservando che le sospensioni non
erano ancora a punto. Lo staff della Casa si trasferì poco dopo in una
nuova sede a Formigine, presso Modena, dove iniziò a progettare una nuova
vettura in collaborazione con il tecnico inglese Alf Francis, ex meccanico
di Stirling Moss.
Adottare un cambio Colotti al
posto dell’originario cambio Serenissima fu il primo intervento di
Francis.
La vettura aggiornata fu presentata nel maggio 1968 con il solito motore
V8 3.000 cc dell’ing. Massimino, ma Alf Francis annunciò che per la
24 Ore di Le Mans sarebbe stato pronto un nuovo motore V8 a iniezione studiato
in Gran Bretagna. Per il momento, però, le uniche novità
riguardavano
la carrozzeria, in vetroresina e realizzata dalla Ghia, e il telaio aggiornato
con pannelli d’alluminio rivettati alla struttura principale.
La
Serenissima Jungla era stata pensata per battere le Ferrari a Le
Mans,
ma corse solo la gara in salita Castione Baratti–Neviano Arduini, il 15
maggio 1966, con Luigi Bertocco che ottenne il secondo posto di classe
osservando che le sospensioni non erano ancora a punto. Lo staff della
Casa si trasferì poco dopo in una nuova sede a Formigine, presso Modena,
dove iniziò a progettare una nuova vettura in collaborazione con il
tecnico
inglese Alf Francis, ex meccanico di Stirling Moss.
Adottare
un cambio Colotti al posto dell’originario cambio Serenissima fu il primo
intervento di Francis. La vettura aggiornata fu presentata nel
maggio 1968 con il solito motore V8 3.000 cc dell’ing. Massimino,
ma
Alf Francis annunciò che per la 24 Ore di Le Mans sarebbe stato pronto
un nuovo motore V8 a iniezione studiato in Gran Bretagna. Per
il momento, però, le uniche novità riguardavano la carrozzeria,
in vetroresina
e realizzata dalla Ghia, e il telaio aggiornato con pannelli d’alluminio
rivettati alla struttura principale.
Le gare
Il bianco prototipo 3000 debuttò
in gara il 15 agosto 1968 a Pergusa con il pilota-collaudatore
Jonathan Williams (il noto “Inglesino di Roma”, gran protagonista della
Formula 3 italiana nelle stagioni 1965 e 1966 al volante delle monoposto
De Sanctis, poi passato alla Ferrari per il programma Dino Formula 2 e
Sport), che il Conte Volpi aveva appena portato via da Maranello. La rinnovata
berlinetta guidata da Williams rimase in testa dal nono al dodicesimo giro,
ma alla fine giunse seconda dietro la più leggera ed efficiente Porsche
910 due litri guidata dall’elvetico Jo Siffert. Dal risultato si capì
che la 3000 era troppo pesante.
Iniziò così una cura dimagrante che,
nel 1969, diede come risultato la M67 con un nuovo telaio scatolato,
completamente riprogettato, un motore ampiamente rimaneggiato e una nuova
carrozzeria spider costruita dalla SportCar. Questa quarta
versione
della Serenissima non sarebbe mai andata a Le Mans, e il suo debutto fu
rimandato a Pergusa il 15 agosto 1969 dove la biposto corsa presentò un
nuovo alettone costruito in collaborazione con Piero Drogo. La gara siciliana
vide pure il debutto europeo dell’Alfa Romeo 33/3. Vaccarella con l’Alfa
e Williams con la Serenissima furono i grandi protagonisti delle prove:
nella prima giornata Williams ottenne il miglior tempo, nella seconda tornò
in testa Vaccarella che si aggiudicò la pole position. In gara la M67 resse
il ritmo dell’Alfa Romeo, ma al 14° giro Williams fu costretto a ritirarsi
per surriscaldamento.
Fu questa l’ultima corsa di un’automobile
che portava l’antico nome della Repubblica di Venezia. Un mese
dopo il prototipo M67 provò a Modena con il pilota Maurizio Montagnani,
subentrato a Williams come collaudatore.
Il
bianco prototipo 3000 debuttò in gara il 15 agosto
1968 a Pergusa
con il pilota-collaudatore Jonathan Williams (il noto “Inglesino di
Roma”,
gran protagonista della Formula 3 italiana nelle stagioni 1965 e 1966 al
volante delle monoposto De Sanctis, poi passato alla Ferrari per il programma
Dino Formula 2 e Sport), che il Conte Volpi aveva appena portato via da
Maranello. La rinnovata berlinetta guidata da Williams rimase in testa
dal nono al dodicesimo giro, ma alla fine giunse seconda dietro la più
leggera ed efficiente Porsche 910 due litri guidata dall’elvetico Jo
Siffert.
Dal risultato si capì che la 3000 era troppo
pesante.
Inizi&o
grave;
così una cura dimagrante che, nel 1969, diede come risultato la
M67
con un nuovo telaio scatolato, completamente riprogettato, un motore ampiamente
rimaneggiato e una nuova carrozzeria spider costruita dalla
SportCar.
Questa quarta versione della Serenissima non sarebbe mai andata a Le Mans,
e il suo debutto fu rimandato a Pergusa il 15 agosto 1969 dove la biposto
corsa presentò un nuovo alettone costruito in collaborazione con Piero
Drogo. La gara siciliana vide pure il debutto europeo dell’Alfa Romeo
33/3. Vaccarella con l’Alfa e Williams con la Serenissima furono i grandi
protagonisti delle prove: nella prima giornata Williams ottenne il miglior
tempo, nella seconda tornò in testa Vaccarella che si aggiudicò
la pole
position. In gara la M67 resse il ritmo dell’Alfa Romeo, ma al 14°
giro
Williams fu costretto a ritirarsi per surriscaldamento.
Fu
questa l’ultima corsa di un’automobile che portava l’antico
nome della
Repubblica di Venezia. Un mese dopo il prototipo M67
provò a
Modena con il pilota Maurizio Montagnani, subentrato a Williams come
collaudatore.
La Gt Agena
L’avventura della Serenissima aveva
avuto, nel frattempo, anche un capitolo “stradale” nel 1968, con la
presentazione
al Salone di Torino della Gt Agena, carrozzata da
Ghia su
disegno dello stilista Tom Tjaarda. Questa vettura, destinata all’uso
privato del Conte e di pochi altri clienti, non corse mai, ma fu ugualmente
importante perché servì per sviluppare alcune idee che Tom Tjarda avrebbe
poi trasferito alla De Tomaso Pantera.
La storia della Serenissima non
finì qui. Il 23 febbraio 1970, al Saloncino dell’Auto Sportiva
di Torino, fu esposta una nuova versione della 3000 Sport con
carrozzeria
aggiornata da Piero Drogo. L’iniziativa non era partita dal
conte Volpi, che di lì a poco avrebbe chiuso l’attività, ma dalla volontà
di Alf Francis e dall’interessamento dell’ex direttore sportivo della
Ferrari, il “Maestro” Nello Ugolini, personaggio di spicco dell’automobilismo
sportivo Modenese, che forse aveva sperato di coinvolgere nell’avventura
un nuovo finanziatore: ma la benzina, questa volta, era davvero
finita.
L’avventura della Serenissima aveva
avuto, nel frattempo, anche un capitolo “stradale” nel 1968, con la
presentazione
al Salone di Torino della Gt Agena, carrozzata da
Ghia su
disegno dello stilista Tom Tjaarda. Questa vettura, destinata all’uso
privato del Conte e di pochi altri clienti, non corse mai, ma fu ugualmente
importante perché servì per sviluppare alcune idee che Tom Tjarda
avrebbe
poi trasferito alla De Tomaso Pantera.
La
storia della Serenissima non finì qui. Il 23 febbraio
1970,
al Saloncino dell’Auto Sportiva di Torino, fu esposta una nuova versione
della 3000 Sport con carrozzeria aggiornata da Piero
Drogo.
L’iniziativa non era partita dal conte Volpi, che di lì a poco
avrebbe
chiuso l’attività, ma dalla volontà di Alf Francis e
dall’interessamento
dell’ex direttore sportivo della Ferrari, il “Maestro” Nello
Ugolini,
personaggio di spicco dell’automobilismo sportivo Modenese, che forse
aveva sperato di coinvolgere nell’avventura un nuovo finanziatore: ma
la benzina, questa volta, era davvero finita.
Schede tecniche
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300/V8 (1965)
MOTORE: posteriore a 8 cilindri a V
di 90°; alesaggio mm. 85, corsa mm. 66 - cilindrata tot. 2.996 cc. - potenza
max. 307 HP a 8.500 giri/min. - distribuzione con 4 alberi a camme in testa
comandati da catena - lubrificazione forzata con 2 pompe di recupero e
radiatore - raffreddamento ad acqua con 2 pompe centrifughe e radiatore
- accensione con motorino elettrico e batteria 12 V - 40 Amp. alimentata
con alternatore - camera di combustione emisferica con 2 valvole per cilindro
- alimentazione con 4 carburatori Weber bicorpo 42 IDF 2 - doppia accensione
con 2 spinterogeni Marelli.
TRASMISSIONE: motore posteriore - frizione
monodisco a secco - cambio Serenissima in blocco col differenziale a cinque
rapporti più Rm (II, III, IV e V sincronizzate), con leva sul pavimento
- differenziale autobloccante.
TELAIO: tubolare con longheroni di grande
diametro - sospensioni anteriori e posteriori indipendenti a quadrilateri
trasversali con molle a elica, ammortizzatori telescopici e barre
stabilizzatrici
- freni a disco sulle quattro ruote - ruote a raggi - sterzo a cremagliera
con ammortizzatore idraulico.
CARROZZERIA: coupé a due posti costruzione
SportCars.
DIMENSIONI: passo mm. 2.500, carreggiata
ant. mm. 1.390, carreggiata post. mm. 1.345, gomme anteriori mm. 600 L
x 15”, posteriori mm. 700 L x 15” - capacità dei due
serbatoi carburante
65 litri cadauno, capacità serbatoio olio 15 litri - peso a secco kg.
790.
358/V (1966)
Stesse caratteristiche della 308/V tranne:
MOTORE: alesaggio mm 91,5 - corsa mm.
66 - cilindrata totale 3.471,8 cc.; rapporto di compressione 9,5:1 - potenza
max. 340 Cv a 7.800 giri/min. - coppia max. 42 mkg a 6.200 giri/minuto
- alimentazione con 4 carburatori Weber 46 IDA 2 - lubrificazione a carter
secco.
TELAIO: tubolare con longheroni di grande
diametro - pneumatici 5.50 M – 15” anteriori, 6,50 M –
15” posteriori.
CARROZZERIA: roadster a 2 posti (Torpedo)
o berlinetta (Jungla).
DIMENSIONI: passo mm. 2.425; carreggiata
ant. mm. - peso a vuoto dichiarato kg. 750.
PRESTAZIONI: velocità max 280 km/h.
3000 (1968)
Stesse caratteristiche della 308/V tranne:
TELAIO: tubolare rinforzato con pannelli
d’alluminio – ruote in lega leggera.
CARROZZERIA: berlinetta Ghia in vetroresina.
V8 M67 (1969)
Stesse caratteristiche della 3000 tranne:
MOTORE: posteriore a 8 cilindri a V
di 90° - alesaggio mm 91,5 - corsa mm. 57 - cilindrata totale 2.996,6 cc.
- potenza max. 380 Cv – alimentazione a iniezione.
TELAIO: a elementi scatolati.
CARROZZERIA: spider corsa.
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