Automobilismo d'epoca

91 AUTOMOBILISMODEPOCA.IT |MAGGIO2022 La Formula Italia è stata una formidabile fucina di campioni poi saliti ai vertici dell’automobilismo. Questo grazie ai costi abbordabili, che hanno consentito a tanti giovani piloti di formarsi e mettere in mostra le proprie doti. Frutto di un progetto firmato dal geniale Carlo Abarth. Abbiamo provato, in pista a Castelletto di Branduzzo, le monoposto SE025 di KAA Racing DI EUGENIO MOSCA – FOTO DARIO PELLIZZONI Formula Italia, detto così potrebbe sembrare uno slogan politico. E in parte potremmo dire che lo fosse, perché questa denominazione racchiudeva un progetto nazionale… ma sportivo. La Formula Italia, che quest’anno compie 50 anni, fu infatti la prima categoria propedeutica nazionale promossa dalla CSAI (Commissione Sportiva Automobilistica Italiana) per formare e lanciare i giovani piloti, con un limite massimo di età di accesso fissato a 26 anni, verso le categorie di vertice dell’automobilismo sportivo. Per questo obbiettivo la filosofia fu quella di realizzare una monoposto semplice ed economica, sia come costo di acquisto che di gestione, ma formativa e uguale per tutti in modo tale da evidenziare il talento del pilota. Missione compiuta Obbiettivo centrato. Perché la Formula Italia negli otto anni di attività, dal 1972 al 1979, ha consentito a molti ragazzi di iniziare a correre in auto, tanto che nel corso delle stagioni si arrivò a disputare ben tre batterie di qualificazione alla finale, potendosi mettere inmostra a livello nazionale e favorendo così il lancio di una generazione di campioni che culminònegli anni 80 conuna folta pattuglia di piloti presenti inFormula 1. Tantoper fare dei nomi, inordine sparso: Giorgio Francia, Riccardo Patrese, Michele Alboreto, Siegfried Stohr, Beppe Gabbiani, Bruno Giacomelli, Gianfranco Brancatelli, Piercarlo Ghinzani e tanti altri ancora che corsero poi da professionisti in altre categorie come F.2 o Prototipi. Tra questi Giorgio Francia, che dopo essersi laureato campione il primo anno proseguì in F.2 e Prototipi per diventare poi pilota e collaudatore Alfa Romeo per tanti anni. “Fu una formula azzeccatissima – conferma Francia -, perché la monoposto era formativa ed economica, grazie al fatto che utilizzavamolte componenti che provenivano dalle auto di serie. Perciò metteva tutti sullo stesso piano, consentendo a chi aveva i numeri di mettersi in mostra. Cosa purtroppo impossibile ai giorni nostri, dove per correre sono necessarie risorse alla portata di pochissimi, perciò diminuisce il bacino di giovani piloti da cui attingere per pescare i futuri campioni”.

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