Automobilismo d'epoca

WWW.AUTOMOBILISMODEPOCA.IT AUTOMOBILISMOD’EPOCAMAGGIO '22 ISSN 1723-4549 p.i.14/05/2022 gCLASSIC TRADERh EURO 7,00 IN ITALIA - MENSILE - ANNO 20 - N. 5 - MAGGIO 2022 120 OCCASIONI DA NON PERDERE! un coupé da sogno, dalla 4 alla 6 cilindri ALFETTA GT-GTV Sport • La Mille Miglia del 1932 • Formula 1: McLaren M7 • Formula Italia • Rally Storico Costa Smeralda e Kimera EVO37 Da Mandello a Torino Il motore Guzzi per la Fiat 500 Mini Cooper 1300 Mini Cooper 1300 Export Le inglesine firmate Innocenti Eventi • Youngtimer Stylefest • Automotoretrò

22 AUTOMOBILISMODEPOCA.IT |MAGGIO2022 YOUNGTIMER STYLEFEST ASI 2022 IN BELLA MOSTRA Panoramica delle coppe destinate alle sette categorie del concorso più premi speciali e le vetture in bella mostra nel parco di Villa Carrara.

23 AUTOMOBILISMODEPOCA.IT |MAGGIO2022 Abbiamo partecipato alla prima edizione del concorso di stile dedicato alle Youngtimer, a bordo di una seducente e bellissima Ferrari 355 GTS Targa. Manifestazione impeccabile e tante auto di fascino TESTO E FOTO DI TOMMASO FERRARI Una volta esistevano le autovecchie e le autonuove. Ora ci sono le auto d’epoca ma anche le Instant classic, i Restomod e le Modern classic, le Youngtimer, le Homologation specials, le Hypercar, le Continuation… e qualunque altra categoria possa venirvi in mente. Vi sono talmente tante suddivisioni da farvi venire il mal di testa, ed è un’ottima cosa perché significa che la passione per le auto è ancora focosa e presente, a dispetto del periodo “finto moralista-elettrico” che stiamo vivendo. La categoria più in voga attualmente è quella delle Youngtimer: non esiste una vera e propria definizione ma tendenzialmente vi rientrano quelle vetture anni 80 e 90 (con qualche sporadico caso di inizio 2000) che nell’immaginario collettivo – seppur ultraventennali – non sono ancora viste come effettive auto classiche. Uno Turbo, 205 Rallye, Delta, Golf GTI, Porsche Boxster, Bmw M3, 5 GT Turbo, Clio Williams, Toyota Supra A80, Skyline GTRR32, sono solo alcuni degli esempi più lampanti edivertenti di Youngtimer chehannocresciuto intere generazioni. Perché stanno avendo tanto successo? Inparte per l’enorme bolla speculativa che ha attirato chiunque denigrasse fino a ieri queste sportive in parte perché molti giovani si sono avvicinati alle auto più datate, certamente illuminati dal divertimento e dal coinvolgimento che sono in grado di offrire… in opposizione alle auto moInno alla gioventù

30 AUTOMOBILISMODEPOCA.IT |MAGGIO2022 Una quattro giorni entusiasmante per i circa 60.000 visitatori al Lingotto. Molti i temi affrontati e tutti di grande interesse per un coinvolgimento totale, dalle origini ai giorni nostri TESTO E FOTO DI ALBERTO CALLIANO Scusate il ritardo... Mache successo! AUTOMOTORETRÒ 2022

“Scusate il ritardo”. Questa frase utilizzata da ValentinoRossi per festeggiare la conquista del suo ottavo titolo iridato nel 2008 è stata presa a prestito dallo staff di Automotoretrò e Automotoracing per salutare il ritorno della rassegna internazionale torinese dopo lo stop imposto dalla pandemia. Un ritorno in grande stile, sottolineato anche dal claim della manifestazione: “Sarà una rivoluzione”. “La sosta forzata del 2021 - spiega Beppe Gianoglio, da sempre impeccabile e vulcanico organizzatore dell’evento, affiancato da qualche anno a questa parte dal figlio Alberto - aveva acceso qualche dubbio, ma quando c’è stata la certezza di poter ripartire, per questa trentanovesima edizione, spostandoper cautela la tradizionaledatadi febbraio a fine aprile/primo maggio, abbiamo ottenuto la risposta entusiastica degli espositori e di tutte le realtà che “RIVOLUZIONI IN MOSTRA” Coinvolgendo gli studenti del terzo anno Transportation IAD, lo scrittore e storico Luca Beatrice ha allestito questa interessante esposizione, al fine di legare alcuni modelli di auto (e di moto) agli anni di cui sono diventati il simbolo. Numerosi pannelli sono stati utilizzati per “raccontare” gli eventi, nonché per accedere alla playlist dei motivi musicali trainanti delle varie epoche. DOLCE VITA, FIGLI DEI FIORI E... L’Aurelia B24 Spider protagonista del film “Il sorpasso” del 1962 fotografa l’Italia del boom. Fra gli Anni Sessanta e Settanta il VW Bulli racchiude invece l’anima freak e hippie. A piede pagina, la buffa Trabant richiama la DDR e la caduta del Muro (1989), mentre la BMW GS del 1980 apre alla moto tuttofare; negli anni Duemila l’ibrida Prius è la prima risposta di Toyota alle future esigenze ambientali.

38 AUTOMOBILISMODEPOCA.IT |MAGGIO2022 Retroscena di una storia poco nota. Il possibile matrimonio tra la Moto Guzzi, che cercava una via per uscire dalla crisi, e la Fiat. Obbiettivo: realizzare una versione sportiva della Nuova 500. A Mandello infatti sperimentarono per alcuni anni un bicilindrico nel tentativo di proporlo al colosso di Torino. Che valutò, ringraziò, ma respinse DI ROBERTO MANIERI, FOTO ARCHIVIO MOTO GUZZI Il motore che valeva il futuro AUTO MAI NATE/LA FIAT A MOTORE GUZZI

39 AUTOMOBILISMODEPOCA.IT |MAGGIO2022 Dopo la cessazione dell’attività agonistica dellaMotoGuzzi con la sottoscrizione del «Patto di astensione» con Mondial e Gilera della fine del 1957, l’ufficio studi che faceva capo all’ingegnere Giulio Cesare Carcano (nominatonell’occasioneDirettoredellaprogettazione)con i progettistiEnricoCantoni eUmbertoTodero, iniziòa lavoraresualtri progetti. La CasadiMandellostavaattraversandounperiododi crisi: leautoutilitarie stavanodiventandoaccessibili a tutti ederanodiventate l’oggetto del desiderio delle famiglie a danno delle moto, le cui vendite stavano crollando. Carcano aveva da poco impostato lo Stornello 125, concepito all’insegna dellamassima economia di costruzione ed esercizio e che darà importanti riscontri di mercato una voltamessa in produzione. Ma da tecnicomotorista di vaglia chiedeva per sé e l’azienda ben altro. Cessata l’attività nel mondo dei GP, Carcano si diede da fare per cercare nuove vie tecniche e industriali che potessero dare slancio commerciale alla Moto Guzzi. Si concentrò allora sul progetto di duemotori aV frontale a 90°, disegnati apartiredal 1958. Unoera destinatoadessereprovatosuunaFiat 500di proprietàdellostesso Carcano, il secondo per il “mulo meccanico” destinato all’esercito e denominato 3x3. I primi esperimenti erano stati realizzatimunendo il mezzomilitare chiamato a sostituire i muli in carne e ossa con unmonocilindricoda500ccderivatodall’Ercole,motocarroda trasporto, ma le necessità dello straordinariomezzo alpino erano ben altre. Il motore doveva essere più flessibile e adeguato a traini decisamente pesanti su terreni difficili. La prima fase costruttiva del “mulomeccanico”, compreso il motore, erastataavviatanel 1955sotto laguidadell’ing.AntonioMicucci, altronome importantedellaMotoGuzzi. Il compitodi seguire losviluppo del 3x3 venne affidato poco dopo all’ing. Teodoro Soldavini. Dopounprimoesperimentodocumentatoda fotografieancoraesistenti di un 3x3munito del monocilindrico dell’Ercole 500, il motoredestinatoaquestomezzo fu il primobicilindrico frontaleconVdi 90° nella storia della Moto Guzzi. Di questa progettazione esistono oggi solo i disegni in tavole di piccolo formato. Il motore venne declinato indueversioni condiversepotenze: unoper il “mulomeccanico” e il secondocondestinazionesperimentalesull’autodiCarcano. Il Presidente della Guzzi Enrico Parodi era piuttosto incline alla sperimentazione e ancheCarloGuzzi non si oppose allo studiodi fattibilitàdei nuovimotori, anche se l’architetturanonapparteneva alla storia di Mandello. Dei due motori iniziali restano poche tracce negli archivi dellaMotoGuzzi: della prima versione da 500 cc del V a 90° con alesaggio e corsa da 66x73 mm (449,5 cc) esistono uno studiodimassima eseguitodaEnricoCantoni, pochi disegni di particolari e il prototipo provato sull’auto. Il motore è conservato nel magazzino del museoMoto Guzzi e sarà esposto in futuro con altri prototipi, si ipotizza sinoall’ultima versioneV2. Singolare è ladenominazione che era stata scelta, ossia RLR, che stava per Roma-Liegi-Roma, attribuita a questo primo motore che non era certo destinato a partecipare alla corsa automobilistica per vetture turismo. Il nome forse venne scelto per non lasciare intuire che lo scopo finale era quello di esaminare con la Fiat l’ipotesi di montarlo su una versione speciale della Nuova 500, iniziativa del tutto estranea alla Casa torinese. Il bicilindrico realizzato alla fine degli anni Cinquanta come prototipo fu così montato sulla Nuova 500 di Carcano che utilizzava per spostarsi da casa alla fabbrica. Si trattava di unmotore con carter di tipo automobilistico, distribuzione con asse a cammeunicocentralecomandatoacatenae testea tettoconvalvoleparallele inclinatedi 12° sullaverticale. L’alberoagomiti e lebielleerano su bronzine, la lubrificazione affidata una pompa dell’olio posta frontalmente sotto l’alberomotore, comandatodauna coppiadi ingranaggi. La coppa dell’olio era in lega leggera per dissipare il caloreederacortae larga, imbullonatasotto il cartermotore. Laventilazione forzata si avvaleva della ventola assiale all’alberomotore con convogliatore in lamiera che indirizzava il flusso di aria su cilindri e teste. La dinamo era posta superiormente al motore, comandata da una cinghia trapezoidale, mentre l’accensione era a spinterogeno ed era affidata a due ruttori il cui accesso appariva quasi impossibile, coperti da uno dei supporti motore. Volano, frizione e cambio erano quelli della Fiat 500. La proposta Questo motore fu testato con successo dallo stesso Carcano che usava quotidianamente la piccola Fiat per i suoi spostamenti. La DUE VERSIONI La collocazione del motore a V nel cofano motore della Fiat 500. Di questa progettazione esistono oggi solo i disegni in tavole di piccolo formato. Il motore venne declinato in due diverse versioni: uno per il “mulo meccanico” con prestazioni più mirate alla coppia bassa, l’altro con destinazione sperimentale montato sull’auto dell’ingegner Giulio Cesare Carcano.

42 AUTOMOBILISMODEPOCA.IT |MAGGIO2022 LaMini di prima generazione, permolti l’unica “vera”Mini, è un caposaldo della storia dell’automobile. Nata da un progettodellaBMC(BritishMotorCorporation)eprodottaper oltre40anni, èstata realizzataevenduta su licenzadadiverse Case automobilistiche in vari Paesi; tra queste, come tanti ricorderanno, anche la nostra Innocenti di Lambrate. La Mini arriva sul mercato (anche) per contrastare l’aumento del costo dei carburanti successivo alla crisi di Suez del 1956, proponendo un veicolo che, seppur estremamente compatto, fosse una vera automobile, un’alternativa più matura rispetto alle tante microcar e bubblecar fiorite negli anni Cinquanta per favorire il diffondersi di una nuovamobilità economica. Il compitoaffidatoall’ingegnere grecoAlec Issigonis dai vertici della BMCprevede infatti la progettazione di un veicolo sì piccolo, ma con quattro posti, quattro ruote e quattro cilindri, equipaggiato con lo stesso propulsore dell’Austin A35. Il genio creativo di Issigonis crea un oggetto rivoluzionario, con un rapporto tra ingombri esterni e abitabilità interna mai visto prima: merito di alcune soluzioni Piccole INNOCENTI MINI COOPER 1972 – MINI COOPER EXPORT 1973 gioie

43 AUTOMOBILISMODEPOCA.IT |MAGGIO2022 Sono due versioni della Mini italiana che si avvicendano all’inizio del 1973, cambiando qualcosa nella forma, ma poco nella sostanza. In poco più di tre metri c’è tutto il fascino senza tempo di un modello che ha fatto storia. Passo cortissimo, peso piuma e una bella potenza esaltano la guida sui percorsi tutte curve TESTO E FOTO DI MICHELE DI MAURO

52 AUTOMOBILISMODEPOCA.IT |MAGGIO2022 SPIRITO ALFA Non ha forse la stessa linea perfetta e intramontabile della precedente Giulia GT e derivate,ma l’Alfetta GT vanta comunque quella forte personalità, quel design innovativo e quelle prestazioni inavvicinabili per le dirette concorrenti sue coetanee che ne fanno un vero must per il collezionistaAlfa Romeo. Le protagoniste di queste pagine sono una GT 1600 e una GTV 2000. ALFA ROMEO ALFETTA GT-GTV

53 AUTOMOBILISMODEPOCA.IT |MAGGIO2022 È stata l’ultima coupé Alfa Romeo concepita secondo lo schema classico: motore anteriore e trazione posteriore, stretta derivazione dalla berlina di riferimento. Tecnicamente all’avanguardia, l’Alfetta GT-GTV è nata in un momento difficile, ma oggi che è nel mirino dei collezionisti sta riprendendo rapidamente il posto che merita DI RODOLFO SOLERA - FOTO ENRICO SCHIAVI È dagli anni 50 che nella storia dell’AlfaRomeo, quella “vera” naturalmente, conclusasi con lo sfumare degli anni 80, il concetto di berlina sportiva è indissolubilmente legato a quello di coupé da essa derivato. Non è mai stata soltanto una pura scelta di marketing, quanto piuttosto una naturale conseguenza dell’amore per l’automobile tecnologicamente all’avanguardia e per la guida brillante, da sempre cifra identitaria dell’anima appassionata dei progettisti del Biscione. E anche della dirigenza, in particolare di Giuseppe Luraghi, coinvolto in Alfa a partire dal 1951 come Direttore Generale di Finmeccanica e dal 1960 promosso Presidente. Coadiuvato da uomini di grande valore, Rudolf Hruska a capo della Direzione Tecnica e Orazio Satta Puliga, il responsabile del Reparto Progetti ed Esperienze cui si devono capolavori come la 1900, la Giulietta, la Giulia, la 1750, la 2000 e infine proprio l’Alfetta. Luraghi riesce a trasformare in grande azienda automobilistica quella che fino ai primi anni del Dopoguerra eraun’ottimamapiccola fabbricadi autod’élite. Puntando su due armi vincenti e complementari: l’eccellenza progettuale e l’impegno agonistico. Come la berlina, anche l’AlfettaGT è l’erede diretta di questo entusiasta spirito innovatore. L’ultimo capitolo

64 AUTOMOBILISMODEPOCA.IT |MAGGIO2022 Il V6 eleva l’Alfetta GTV ad un gradino superiore, quello delle sportive di classe. La linea è vecchiotta e la concorrenza agguerrita, ma le prestazioni e il sound del rinnovato sei cilindri piacciono molto, sia in Italia che all’estero DI RODOLFO SOLERA – FOTO DI ENRICO SCHIAVI ALFETTA GTV6 Un’altra musica Sono dei primi mesi del 1978 le prime sperimentazioni fatte in Alfa Romeo per montare sulla scocca della Alfetta GT il sei cilindri a V progettato da Giuseppe Busso, addirittura in netto anticipo rispetto alla presentazione dell’Alfa 6, avvenuta nell’aprile dell’anno successivo. La versione definitiva dellaGTV6 viene presentata soltanto tre anni dopo, alla fine del 1980, inconcomitanza con il lanciodella seconda serie dell’AlfettaGTV: la nuova gamma dunque comprende la tradizionale versione 2000 a quattro cilindri e la nuova 2,5 a 6 cilindri a V. Gli aggiornamenti estetici sono estesi all’intera gamma, ma la 2,5 si distingue per alcune particolarità che ne esaltano le caratteristiche sportive. Prima fra tutte la grande gobba sul cofano anteriore, resasi necessaria per poter ospitare il 6V, decisamente più ingombrantedel precedente 4 cilindri. Questamodifica, giudicata subito fin troppo vistosa, appare ai puristi non ben risolta stilisticamente, poco studiata e poco raffinata. In effetti tutto il design originale del coupé di Giugiaro appare piuttosto compromesso, avendo perso buona parte di quella pulizia generale che aveva reso molto gradevole l’aspetto di per sé inconsueto dell’Alfetta GT. Il tentativo di aggiornare ai nuovi gusti uno stile ormai datato rompe quell’equilibrio iniziale: è un fenomeno ricorrente nella progettazione Alfa Romeo degli anni ’80, quando ormai la crisi economica che porterà poi alla cessione al gruppo Fiat obbliga ad intervenire sul materiale disponibile con la preoccupazione di ridurre al minimo gli investimenti necessari. Lo stesso Giugiaro ha almeno in due occasioni proposto delle soluzioni stilistiche tese a svec-

65 AUTOMOBILISMODEPOCA.IT |MAGGIO2022 IL BELLO DELLA GOBBA Grazie al 6 cilindri a V disegnato da Busso la GTV acquista nuovo fascino: la meccanica è di pregio, il piacere di guida è ulteriormente esaltato, l’estetica ha un che di sofisticato specie nelle tonalità di grigio e nonostante il design datato. La gobba sul cofano da elemento poco gradito che era, oggi è un tratto distintivo. chiare l’Alfetta GTV limitando l’aggiunta di vistose sovrastrutture in plastica, ma entrambe sono state bocciate proprio a causa della necessità di rifare i costosi stampi di alcuni lamierati. Tra le novità estetiche introdotte con la GTV6 e già descritte per la seconda serie dell’Alfetta GTV, detto della gobba sul cofano chiusa da un improbabile coperchio di plastica nera, rileviamo la presenza dei getti lavafari sul massiccio paraurti anteriore inmateriale plastico, la modanatura in plastica nera sulla fiancata e l’adozione dei nuovi cerchi in lega di maggior diametro (6x15”) con la novità dei cinque bulloni di fissaggio. Anche gli interni sono molto simili a quelli della sorella di minor cilindrata, tranne per alcune lievi variazioni nella strumentazione, per la presenza degli alzacristalli elettrici e per la disponibilità a richiesta dell’aria condizionata, comune quest’ultima ad entrambe le versioni. Quando nel marzo del 1983 viene introdotta la terza serie dell’Alfetta GTV, e quindi la seconda serie delle GTV6, la prima differenza che balza all’occhio è la drastica riduzione delle tinte disponibili, ridotte a quattro: il rosso Alfa e i metallizzati nero, grigio nube e grigio chiaro; inoltre la parte bassa della fiancata e tutti i particolari esterni sono rifiniti in grigio scuro, i vetri sono azzurrati e nel parabrezza è incorporata l’antenna radio. All’interno compaiono dei nuovi sedili anteriori più avvolgenti e rivestiti in velluto gessato o a richiesta in pelle con poggiatesta fissi e parte centrale in rete, pannelli laterali di disegno rinnovato e cinture di sicurezza posteriori di serie. Èperò a livellomeccanico che la GTV6 fa la vera differenza. Rispetto al motoremontato sulla berlina Alfa 6, questa versione del 6 cilindri è re-

AUTOMOBILISMODEPOCA.IT |MAGGIO2022 68 L’ingegner Chiti l’ha voluta per farne la vettura vincente nei rally. Non c’è riuscito, ma ha dato vita alla versione oggi più ricercata tra tutte le Alfetta GT DI RODOLFO SOLERA, FOTO DI LUCA DANILO ORSI Turbo da Rally ALFETTA GTV TURBODELTA

69 AUTOMOBILISMODEPOCA.IT |MAGGIO2022 L’approccio al mondo dei rally era già stato sperimentato da parte dell’Autodelta, e anche con buone prospettive di successo. L’Alfetta GT sembrava avere tutte le caratteristiche di base per poter recitare con onore la sua parte. La distribuzione dei pesi ottimale, la meccanica di provata validità viste le dirette discendenze dal glorioso 4 cilindri delle GTA e GTAm, già vincitrici di tutto quello che c’era da vincere, erano le credenziali migliori che si potessero avere. La prima versione col motore 1800 della coupé Alfetta aveva tentato l’avventura nel 1975, dopo gli assaggi fatti con la berlina sia nei rally sia nelle gare di durata in pista nel 1974, in attesa che anche la GT potesse ottenere l’omologazione in Gruppo 2. I risultati non avevano deluso, anzi: al Rally di SanMartino di Castrozza, Trombotto e Zanchetti vinsero la classe, mentre al Tour de Corse dello stesso anno Fréquelin e Thimonier arrivarono decimi assoluti. Ma la berlina era giunta al limite delle sue potenzialità, come racconta oggi Carlo Facetti che l’aveva portata in pista alla 4 Ore di Zandvoort del 1973 in coppia con Rolf Stommelen. Con la GT invece le prospettive di crescita potevano essere ben maggiori. Abbandonato il programma Europeo Turismo, l’ingegner Chiti decise inaspettatamente alla fine del 1974 di proseguire l’esperienza nei rally, anche se la sua sintonia con questa specialità non era massima. Infatti ai lusinghieri risultati del 1975 con una GT preparatissima e bellissima seguì un improvviso stop ad inizio 1976, nonostante alcuni tentativi fatti anche con la poderosa Alfetta GT equipaggiata con l’8 cilindri della Montreal a carter secco. Eppure ancora una volta le premesse c’erano tutte, l’auto era potentissimama necessitavadi una inevitabilemessa a punto. Dopo che nel ’76 e ’77 la presenza dell’Alfa Romeo nei rally venne assicurata dal Jolly Club con la vittoria di Leo Pittoni dell’EuropeoGr. 2, nel ’78 l’Autodelta ritornò in forma ufficiale e vinse con Mauro Pregliasco e la nuova Alfetta GTV il Campionato Italiano Rally Gr. 2. Arrivata anche questa al massimo dello sfruttamento possibile, Chiti si mise alla ricerca di nuove soluzioni tecniche: le trovò nell’applicazione del turbo. Iniziava così un nuovo capitolo agonistico, promettente e tuttavia tormentato anch’esso. Almeno 400 esemplari Abbandoniamo ora l’ambito rallistico e caliamoci nella realtàdellaproduzionedi serie. Ladecisione di Chiti di dare il via al progettoTurbodelta con l’obiettivo di ottenere l’omologazione inGr. 4 ha delle importanti implicazioni a livello progettuale e gestionale. E’ infatti necessario produrre almeno 400 vetture identiche, cercando di evitare un eccessivo carico di costi di produzione, difficilmente recuperabili. Sul frontemeccanico la decisione ovvia è quella di riattualizzare l’esperienza con la sovralimentazione fatta sia con la 33 SC12 Turbo del 1977 sia con la GTA SA del ’67. Analogamente a questa e contrariamente a quanto sembrerebbe usuale, Chiti decide di rinunciare all’iniezione e di mantenere i carburatori. Dato però che il turbocompressore KKK viene montato sul lato sinistro del motore in corrispondenza dei collettori di scarico e agisce prima dei due carburatori, occorre adattare questi ultimi a pressioni di esercizio enormemente più elevate rispetto a quella per cui sono stati progettati, tramite collegamenti pressurizzati e adottando guarnizioni metalliche. Sopra la testa viene fatto passare un tubo che porta l’aria in pressione al polmone dei carburatori, mentre una valvola waste-gate controlla che la pressione della turbina non superi le 0,7 atm. Questo nuovo impianto di alimentazione richiede una serie di adattamenti profondi del motore, che difatti viene dotato di nuovi pistoni e nuove canne, alberi a camme ridisegnati, nuovi collettori di scarico, guarnizione della testa metallica, frizione irrobustita, radiatore dell’acquamaggiorato, pompa della benzina di diversa portata. La batteria è spostata dal vanomotore al bagagliaio e gli ammortizzatori induriti. A livello estetico le modifiche sono di dettaglio, ma immediatamente visibili. La base di partenza è laGTV 2000 L, cui viene applicato un nuovo cofano motore con feritoie laterali di sfogo dell’aria calda e con verniciatura in nero opaco, in gradodi resistere allemaggiori temperature trasmesse dal gruppo propulsore. Alla parte bassa della fiancata sono applicate delle vistosissime bande arcobaleno con la scritta Turbodelta e sul parafango anteriore compare il prestigioso triangolo con il logo Autodelta. All’interno l’unica differenza è l’aggiunta alla strumentazione del manometro di pressione del turbo. Procedura complessa Il processo di produzione non era dei più semplici. Le GTV 2000 L venivano consegnate dall’Alfa Romeo all’Autodelta complete, e qui si provvedeva alla elaborazione del motore o sovente alla sua semplice sostituzione con un altro già pronto e corredato del nuovo impianto di sovralimentazione. E’ probabile che tale modalità operativa fosse dovuta alla necessità di razionalizzare in qualchemodoun sistema di lavoropiuttosto complesso, che tra smontaggio e rimontaggio richiedeva molte ore dimanodopera. Spesso l’Autodelta si riPOTENTE E PROGRESSIVA È bella cattiva da guidare laTurbodelta, pronta ad erogare potenza sopra i 3.000 giri ma anche dotata di una gran coppia che le consente di tenere la quinta marcia a 1.000 giri senza difficoltà per poi riprendere con vigore. Il divertimento sarebbe massimo se l’assetto fosse meno turistico, voluto così per non compromettere il comfort.

72 AUTOMOBILISMODEPOCA.IT |MAGGIO2022 Èla versione stradale più vistosa della numerosa famiglia delle Alfetta GT, ed è tra quelle che oggi riscontrano il maggiore interesse da parte dei collezionisti. A giustificazione di questo c’è il numero basso di esemplari prodotti, solo 650 di cui circa 400 destinati al mercato italiano. E’ stata presentata alla fine del 1981, quindi esattamente un anno dopo il lancio dell’Alfetta GTV seconda serie. Da essa quindi prende le mosse, adottando però una caratterizzazione estetica particolare e piuttosto vistosa: la verniciatura è esclusivamente rosso Alfa, resa ancora più appariscente dalle bande adesive nere applicate lungo la fiancata, una alla linea di cintura e l’altra in basso con la scritta Grand Prix; paraurti, spoiler anteriore, minigonne e calotta dello specchietto esterno in tinta e cerchi in lega leggera in neroopaco con canale esterno argento completano il pacchetto. L’interno ripropone lo stesso abbinamento cromatico, con i sedili rivestiti in velluto a coste nero e grigio scuro e sul pavimento una moLa Grand Prix è la versione speciale a 4 cilindri più affascinante, lanciata per dare riscontro commerciale all’impegno dell’Alfa Romeo in F1. La sua tiratura limitata è alla base delle attuali quotazioni crescenti DI RODOLFO SOLERA – FOTO DI LUCA DANILO ORSI quette rossa. Trattandosi di una serie limitata e numerata, al centro della plancia è applicata una targhetta con la sigla Grand Prix e il numero dell’esemplare. Nessuna novità a livellomeccanico, se non una anticipazione degli aggiornamenti introdotti nel 1982 come l’accensione elettronica e lievi cambiamenti ai rapporti della trasmissione. L’evidente sottolineatura sportiva, come testimonia il nome stesso Grand Prix, vuole celebrare la partecipazione dell’Alfa Romeo al Mondiale di F1 con una macchina interamente di progettazione propria, tanto che nelle immagini pubblicitarie ufficiali compare come testimonial il pilota del momento, Bruno Giacomelli. L’esemplare presentato in queste pagine è del 1981 ed è stato comprato nuovo da un signore di Firenze che l’ha lasciato alle figlie quando è passato a miglior vita. Ceduta poi ad un collezionista di Milano, l’Alfetta GTV è stata acquistata dall’attuale proprietario Silvio Gallo circa 15 anni fa. Rosso corsa ALFETTA GTV GRAND PRIX

73 AUTOMOBILISMODEPOCA.IT |MAGGIO2022 Era in buone condizioni, ma non perfetta: come naturale il desiderio di sistemare gli inevitabili problemi causati dal tempo e dall’usura ha preso ben presto il sopravvento. La carrozzeria e gli interni restano conservati dopo qualche lavoretto di ripristino, mentre per la meccanica e la ciclistica gli interventi sono stati molto più approfonditi. Il quattro cilindri è stato smontato e rifatto, i carburatori completamente revisionati, così come l’impianto elettrico e quello idraulico sono stati rimessi a nuovo. Anche il cambio, nota dolente come tutti gli alfisti ben sanno, lo si è aperto e ricondizionato, ma dopo circa 5.000 km inesorabilmente si è ripresentata la famosa “grattata” all’innesto della seconda marcia. Tuttavia come saggiamente spiega Gallo, il problema può essere brillantemente risolto usando un po’ di malizia ed accortezza: da quando ha imparato ad utilizzarlo correttamente senza pretendere cambiate velocissime, si trova benissimo ed anzi ne è perfino entusiasta. Appassionato delle auto del biscione, è sempre rimasto fedele all’Alfa Romeo anche per l’uso quotidiano. L’Alfetta GT però resta la sua prediletta, questa Grand Prix è la terza che possiede. La muove spesso per conservarla al meglio e mantenerla in perfetta forma, percorrendo all’incirca un migliaio di chilometri all’anno. In quelle occasioni si diverte a stuzzicare la suscettibilità dei guidatori di moderne berline ultra prestazionali, che restano sorpresi dall’agilitàedallabrillantezzadi una sportivaconpiùdi quarant’anni nelle ruote. E che ha scoperto non essere per niente assetata di benzina: “Abbiamo fatto di recente una prova di consumo: a 130 km/h in autostrada abbiamo registrato un consumomedio di 13 km/litro. Risultato davvero fantastico, frutto anche di una messa a punto perfetta.” Un legame talmente forte tra uomo e macchina da risultare per ora indissolubile, come confessa Gallo: “Ho provato per ben tre volte a venderla ma non ci sono mai riuscito. Ogni volta mi sono pentito e ho deciso di tenermela.” Probabilmente per sempre. SECONDA SERIE SPECIALE Il rosso domina sulla Grand Prix, perfetto per esaltare il carattere sportivo tipico dell’Alfetta GTV e ricordare agli appassionati l’impegno in Formula 1 dell’Alfa Romeo. Tutte le finiture esterne ed interne sono giocate sull’abbinamento rosso-nero, mentre le caratteristiche di base restano identiche a quelle del modello di grande produzione.

74 AUTOMOBILISMODEPOCA.IT |MAGGIO2022 AlfaRomeo Dominio 1932: VI COPPA DELLE MILLE MIGLIA PASSA NUVOLARI Tazio Nuvolari, in coppia con Giovanni Battista Guidotti, è concentratissimo al volante dell’Alfa Romeo 8C 2300 Touring mentre transita a Parma. Nella parte anteriore del cofano appare evidente lo stemma del Regno d’Italia. Nella corsa del 1932 anche le Alfa di Borzacchini-Bignami e Campari-Sozzi si fregiano dello stemma.

75 AUTOMOBILISMODEPOCA.IT |MAGGIO2022 In attesa dell’edizione n. 40 della rievocazione della Miglia Miglia (15-18 giugno) riviviamo la corsa di 90 anni fa, davvero epica! Che dimostrò al mondo la supremazia delle vetture milanesi e dei piloti italiani DI ATTILIO FACCONI, FOTO ARCHIVIO ALFA ROMEO E ACI PARMA Sono bastate solo cinque edizioni della Coppa delleMilleMiglia e l’insolita gara su strada è diventata la corsa più entusiasmante, la più impegnativa e la più ambita competizione automobilistica. La sesta edizione è fissata per la primavera del 1932, che si corre ancora sull’ideale pista stradale Brescia-Roma-Brescia. Il fermento per questa nuova galoppata automobilistica è attivodamesi, coinvolge fortemente ilmondo industriale delle competizioni in auto e gli sportivi vivono intensamente l’attesa per il ripetersi dell’evento. La singolare formula della corsa di velocità su strada trascina, affascina e appassiona lapopolazione:migliaia e migliaia di spettatori seguono con ansia e partecipazione il passaggio delle auto ai bordi delle strade. L’economia mondiale stenta a riprendersi dopo i nefasti effetti della crisi del 1929. Per l’Italia è ancorapiùdura, perché le cifre sull’andamentoeconomico sonodesolanti. In tre anni laproduzionemondiale di auto è crollata della metà e la stessa caduta produttiva si è registratadanoi. Di fronte a questa grave situazionemondiale, ogni Paese ha messo in atto svariate forme di protezione doganale. Le nostre Case nazionali soffrono terribilmente della crisi in atto perché sonoprevalentemente improntate all’esportazione. Una condizione, che le vede costrette a ripensare ad una produzione diversa, indirizzata almercato interno. Inquestogrigiore economicoperdurante, laMilleMiglia rappresentaunmomentovitaledovenonmancano idee nuove ed ottimismo per il mondo delle quattro ruote. Alla competizione bresciana guardano con speranza non solo leCase automobilistiche, ma tutto l’indotto e i più svariati segmenti industriali e commerciali toccati dall’evento. Senza scendere nei dettagli delle cifre, è assodato che questo eventomuove e determina un ragguardevole movimento di capitale. Nei giorni della grande maratona automobilistica, la rete telefonica e telegrafica dello Stato è quasi interamente occupata al servizio della corsa. È innegabile che laMilleMiglia “vale” molto in termini industriali ed economici. La VI edizione preannunciata da tempo dagli organizzatori del R.A.C.I di Brescia, con la super regia di Renzo Castagneto, Aimo Maggi, FrancoMazzotti e Giovanni Canestrini ovvero i quattro storici ideatori, è in calendario per il secondo fine settimana di aprile. Il percorso già sperimentato nell’anno precedente, con il felice inserimento di alcune città, rimane identico, ad esclusione di una variantenel viterbese, edè lungo1.670km. I concorrenti raggiungono Roma, percorrendo ladorsaleappenninicae risalgonoal nord, fiancheggiando l’Adriatico. Il tracciato disegnato sulla carta forma un ottocon l’incrociodi Bologna. Il confrontocon i dati tecnici dell’anno prima è naturale ed è facile prevedere una corsa con l’attacco veloce dei potenti bolidi sulle piatte strade della Pianura Padana fino al centro bolognese. Fa eccezione il breve tratto da Casalmaggiore a Parma, per l’attraversamento del fiume Po sul ponte di barche, che riduce notevolmente la velocità delle auto. Lasciato il capoluogoemiliano, iniziano le rampedel PassodellaRaticosae inrapida successione quelle della Futa prima dell’arrivo a Firenze. Fino al giro di boa nella Capitale, i concorrenti sono continuamente sollecitati dai saliscendi delle strade toscane e dell’alto Lazio, senza trascurare la difficoltà per l’attraversamento dei borghi medioevali di San Quirico d’Orcia e Radicofani. Lasciata Roma, dopo il controllo a Ponte Milvio, inizia per gli equipaggi la risalita al nord con l’attraversamento del tratto appenninico da ovest a est. Tra Terni e

AUTOMOBILISMODEPOCA.IT |MAGGIO2022 82 Nel 1968 questa monoposto fa capire al mondo che la McLaren, a due anni dal debutto in F1, è e sarà una grande protagonista. Progettata da Robin Herd con la collaborazione dello stesso pilota-costruttore neozelandese, vince tre GP, i primi per la scuderia, piazzandosi seconda nella classifica Costruttori dietro la Lotus. E andrà bene anche l’anno successivo DI DARIO MELLA, FOTO ACTUALFOTO E ARCHIVIO BRUCE MCLAREN L’inizio della leggenda FORMUA 1/MCLAREN M7 FORD

83 AUTOMOBILISMODEPOCA.IT |MAGGIO2022 C’è una monoposto divenuta un caposaldo nella storia ormai quasi sessantennale della scuderia McLaren: è la M7. Il perché è presto detto. Ha dato al neozelandese Bruce McLaren, pilota, costruttore e fondatore dell’omonima scuderia, la prima affermazione nel Campionato del Mondo di Formula 1 di una monoposto da lui stesso realizzata. A questo risultato il Bruce McLaren Racing Team era giunto dopo due stagioni passate a ricercare un motore all’altezza del telaiodelleMcLaren, vetture ben costruite, solide ed esenti da azzardi tecnici votati alla ricerca esasperata della leggerezza. Il problema legato al motore aveva trovato soluzione alla fine del 1967 quando si era reso disponibile il Ford Cosworth DFV 8 cilindri fin lì utilizzato in esclusiva dalla Lotus, un’unità progettata da Keith Duckworth eMike Costin con il sostegno economico della Ford e costruita appositamente per la Formula 1, a differenza di altri motori utilizzati nella massima formula che derivavano da unità stradali rielaborate o da altre categorie di competizioni. Con il nuovo V8 il passo avanti era stato notevole: la M7A, progettata da Robin Herd (che dopo questa monoposto lascerà il team per passare prima alla Cosworth poi alla March, lasciando il suo posto a Gordon Coppuck), si inserisce nel novero delle monoposto più competitive permettendo a Bruce McLaren e Denny Hulme di inserirsi tra i pretendenti alla vittoria. E questo da subito, perché già al suo apparire laM7A, oltre a una linea molto bella esaltata dal colore giallo papaya abbinato al verde del plexiglass trasparente che contorna l’abitacoFESTA GRANDE Un raggiante Bruce McLaren innalza il mazzo di fiori donatogli per la vittoria al Gran Premio del Belgio 1968, la prima di una McLaren nel Mondiale di Formula Uno. Nella foto grande Denny Hulme vittorioso al GP d’Italia a Monza dello stesso anno.

90 AUTOMOBILISMODEPOCA.IT |MAGGIO2022 Idea vincente FORMULA ITALIA SE025 IN PISTA! Eccoci al volante della F. Italia SE025 della KAA Racing, monoposto conservata e tuttora attiva, con la quale Alessandro Trentini ha vinto il Tricolore salita 5° Raggruppamento nel 2015. Alla nostra sinistra, Giambattista Girola con una monoposto appena restaurata nella sua officina.

91 AUTOMOBILISMODEPOCA.IT |MAGGIO2022 La Formula Italia è stata una formidabile fucina di campioni poi saliti ai vertici dell’automobilismo. Questo grazie ai costi abbordabili, che hanno consentito a tanti giovani piloti di formarsi e mettere in mostra le proprie doti. Frutto di un progetto firmato dal geniale Carlo Abarth. Abbiamo provato, in pista a Castelletto di Branduzzo, le monoposto SE025 di KAA Racing DI EUGENIO MOSCA – FOTO DARIO PELLIZZONI Formula Italia, detto così potrebbe sembrare uno slogan politico. E in parte potremmo dire che lo fosse, perché questa denominazione racchiudeva un progetto nazionale… ma sportivo. La Formula Italia, che quest’anno compie 50 anni, fu infatti la prima categoria propedeutica nazionale promossa dalla CSAI (Commissione Sportiva Automobilistica Italiana) per formare e lanciare i giovani piloti, con un limite massimo di età di accesso fissato a 26 anni, verso le categorie di vertice dell’automobilismo sportivo. Per questo obbiettivo la filosofia fu quella di realizzare una monoposto semplice ed economica, sia come costo di acquisto che di gestione, ma formativa e uguale per tutti in modo tale da evidenziare il talento del pilota. Missione compiuta Obbiettivo centrato. Perché la Formula Italia negli otto anni di attività, dal 1972 al 1979, ha consentito a molti ragazzi di iniziare a correre in auto, tanto che nel corso delle stagioni si arrivò a disputare ben tre batterie di qualificazione alla finale, potendosi mettere inmostra a livello nazionale e favorendo così il lancio di una generazione di campioni che culminònegli anni 80 conuna folta pattuglia di piloti presenti inFormula 1. Tantoper fare dei nomi, inordine sparso: Giorgio Francia, Riccardo Patrese, Michele Alboreto, Siegfried Stohr, Beppe Gabbiani, Bruno Giacomelli, Gianfranco Brancatelli, Piercarlo Ghinzani e tanti altri ancora che corsero poi da professionisti in altre categorie come F.2 o Prototipi. Tra questi Giorgio Francia, che dopo essersi laureato campione il primo anno proseguì in F.2 e Prototipi per diventare poi pilota e collaudatore Alfa Romeo per tanti anni. “Fu una formula azzeccatissima – conferma Francia -, perché la monoposto era formativa ed economica, grazie al fatto che utilizzavamolte componenti che provenivano dalle auto di serie. Perciò metteva tutti sullo stesso piano, consentendo a chi aveva i numeri di mettersi in mostra. Cosa purtroppo impossibile ai giorni nostri, dove per correre sono necessarie risorse alla portata di pochissimi, perciò diminuisce il bacino di giovani piloti da cui attingere per pescare i futuri campioni”.

100 AUTOMOBILISMODEPOCA.IT |MAGGIO2022 RALLY STORICO COSTA SMERALDA

101 AUTOMOBILISMODEPOCA.IT |MAGGIO2022 La quinta edizione del Rally Internazionale Storico Costa Smeralda torna grande protagonista, rinverdendo i fasti delle edizioni anni 80 quando partecipavano alla corsa i grandi piloti come Toivonen, Alen, Bettega, Kankkunen, Cerrato. Quest’anno ad aprire le danze la formidabile Kimera EVO37 pilotata da Biasion-Siviero TESTO E FOTO DI ANTONIO BIASIOLI Una doppia festa L’apertura di questo servizio la vogliamo dedicare alla Kimera, una vera superstar che ha aperto lamanifestazione regalandogrande spettacolo all’appassionato pubblico della Costa Smeralda. Nata dall’idea di Luca Betti e dei suoi collaboratori piemontesi, ha visto la luce ed ora è in piena produzione. La EVO37 è un progetto di “Restomod” finalizzato alla riedizione di una serie limitata di 37 esemplari di LanciaRally 037 costruiti secondo l‘originaleprogettodel 1982, attualizzatoattraverso la conoscenza, i materiali, gli strumenti e le applicazioni tecnologiche del 2021. La vettura, concettualmente, rimane fedele ed identica, con la sola aggiunta di citazioni tecniche, strutturali, stilistiche e funzionali in tributo alle successive vetture del gruppo di vetture definito comeMartini Racing Team (ovvero dalla 037, poi Delta S4, fino all’Evoluzione). La filosofia è quella di mantenere l’essenza della vettura dell’epoca evolvendola senza stravolgerla. LaEVO37, come la sua progenitrice 037Rally, è una biposto, con cellula abitacolo derivata dalla Beta Montecarlo, telai anteriore e posteriore a traliccio tubolare, motore centrale e trazione sull’asse posteriore. Ogni componente meccanico è stato rivisto ed evoluto. DUE SUPERSTAR Nella foto grande la Kimera EVO37 e qui accanto i vincitori assoluti del Rally, Mannino-Giannone su Porsche 911.

WWW.AUTOMOBILISMODEPOCA.IT AUTOMOBILISMOD’EPOCAMAGGIO '22 ISSN 1723-4549 p.i.14/05/2022 gCLASSIC TRADERh EURO 7,00 IN ITALIA - MENSILE - ANNO 20 - N. 5 - MAGGIO 2022 120 OCCASIONI DA NON PERDERE! un coupé da sogno, dalla 4 alla 6 cilindri ALFETTA GT-GTV Sport • La Mille Miglia del 1932 • Formula 1: McLaren M7 • Formula Italia • Rally Storico Costa Smeralda e Kimera EVO37 Da Mandello a Torino Il motore Guzzi per la Fiat 500 Mini Cooper 1300 Mini Cooper 1300 Export Le inglesine firmate Innocenti Eventi • Youngtimer Stylefest • Automotoretrò

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