Automobilismo d'epoca

69 AUTOMOBILISMODEPOCA.IT |MAGGIO2022 L’approccio al mondo dei rally era già stato sperimentato da parte dell’Autodelta, e anche con buone prospettive di successo. L’Alfetta GT sembrava avere tutte le caratteristiche di base per poter recitare con onore la sua parte. La distribuzione dei pesi ottimale, la meccanica di provata validità viste le dirette discendenze dal glorioso 4 cilindri delle GTA e GTAm, già vincitrici di tutto quello che c’era da vincere, erano le credenziali migliori che si potessero avere. La prima versione col motore 1800 della coupé Alfetta aveva tentato l’avventura nel 1975, dopo gli assaggi fatti con la berlina sia nei rally sia nelle gare di durata in pista nel 1974, in attesa che anche la GT potesse ottenere l’omologazione in Gruppo 2. I risultati non avevano deluso, anzi: al Rally di SanMartino di Castrozza, Trombotto e Zanchetti vinsero la classe, mentre al Tour de Corse dello stesso anno Fréquelin e Thimonier arrivarono decimi assoluti. Ma la berlina era giunta al limite delle sue potenzialità, come racconta oggi Carlo Facetti che l’aveva portata in pista alla 4 Ore di Zandvoort del 1973 in coppia con Rolf Stommelen. Con la GT invece le prospettive di crescita potevano essere ben maggiori. Abbandonato il programma Europeo Turismo, l’ingegner Chiti decise inaspettatamente alla fine del 1974 di proseguire l’esperienza nei rally, anche se la sua sintonia con questa specialità non era massima. Infatti ai lusinghieri risultati del 1975 con una GT preparatissima e bellissima seguì un improvviso stop ad inizio 1976, nonostante alcuni tentativi fatti anche con la poderosa Alfetta GT equipaggiata con l’8 cilindri della Montreal a carter secco. Eppure ancora una volta le premesse c’erano tutte, l’auto era potentissimama necessitavadi una inevitabilemessa a punto. Dopo che nel ’76 e ’77 la presenza dell’Alfa Romeo nei rally venne assicurata dal Jolly Club con la vittoria di Leo Pittoni dell’EuropeoGr. 2, nel ’78 l’Autodelta ritornò in forma ufficiale e vinse con Mauro Pregliasco e la nuova Alfetta GTV il Campionato Italiano Rally Gr. 2. Arrivata anche questa al massimo dello sfruttamento possibile, Chiti si mise alla ricerca di nuove soluzioni tecniche: le trovò nell’applicazione del turbo. Iniziava così un nuovo capitolo agonistico, promettente e tuttavia tormentato anch’esso. Almeno 400 esemplari Abbandoniamo ora l’ambito rallistico e caliamoci nella realtàdellaproduzionedi serie. Ladecisione di Chiti di dare il via al progettoTurbodelta con l’obiettivo di ottenere l’omologazione inGr. 4 ha delle importanti implicazioni a livello progettuale e gestionale. E’ infatti necessario produrre almeno 400 vetture identiche, cercando di evitare un eccessivo carico di costi di produzione, difficilmente recuperabili. Sul frontemeccanico la decisione ovvia è quella di riattualizzare l’esperienza con la sovralimentazione fatta sia con la 33 SC12 Turbo del 1977 sia con la GTA SA del ’67. Analogamente a questa e contrariamente a quanto sembrerebbe usuale, Chiti decide di rinunciare all’iniezione e di mantenere i carburatori. Dato però che il turbocompressore KKK viene montato sul lato sinistro del motore in corrispondenza dei collettori di scarico e agisce prima dei due carburatori, occorre adattare questi ultimi a pressioni di esercizio enormemente più elevate rispetto a quella per cui sono stati progettati, tramite collegamenti pressurizzati e adottando guarnizioni metalliche. Sopra la testa viene fatto passare un tubo che porta l’aria in pressione al polmone dei carburatori, mentre una valvola waste-gate controlla che la pressione della turbina non superi le 0,7 atm. Questo nuovo impianto di alimentazione richiede una serie di adattamenti profondi del motore, che difatti viene dotato di nuovi pistoni e nuove canne, alberi a camme ridisegnati, nuovi collettori di scarico, guarnizione della testa metallica, frizione irrobustita, radiatore dell’acquamaggiorato, pompa della benzina di diversa portata. La batteria è spostata dal vanomotore al bagagliaio e gli ammortizzatori induriti. A livello estetico le modifiche sono di dettaglio, ma immediatamente visibili. La base di partenza è laGTV 2000 L, cui viene applicato un nuovo cofano motore con feritoie laterali di sfogo dell’aria calda e con verniciatura in nero opaco, in gradodi resistere allemaggiori temperature trasmesse dal gruppo propulsore. Alla parte bassa della fiancata sono applicate delle vistosissime bande arcobaleno con la scritta Turbodelta e sul parafango anteriore compare il prestigioso triangolo con il logo Autodelta. All’interno l’unica differenza è l’aggiunta alla strumentazione del manometro di pressione del turbo. Procedura complessa Il processo di produzione non era dei più semplici. Le GTV 2000 L venivano consegnate dall’Alfa Romeo all’Autodelta complete, e qui si provvedeva alla elaborazione del motore o sovente alla sua semplice sostituzione con un altro già pronto e corredato del nuovo impianto di sovralimentazione. E’ probabile che tale modalità operativa fosse dovuta alla necessità di razionalizzare in qualchemodoun sistema di lavoropiuttosto complesso, che tra smontaggio e rimontaggio richiedeva molte ore dimanodopera. Spesso l’Autodelta si riPOTENTE E PROGRESSIVA È bella cattiva da guidare laTurbodelta, pronta ad erogare potenza sopra i 3.000 giri ma anche dotata di una gran coppia che le consente di tenere la quinta marcia a 1.000 giri senza difficoltà per poi riprendere con vigore. Il divertimento sarebbe massimo se l’assetto fosse meno turistico, voluto così per non compromettere il comfort.

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